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Autore: vero511    30/01/2017    1 recensioni
Ellie Wilson 24 anni, appena arrivata a New York insieme alla sua gioia più grande: il figlio Alex. Lo scopo della giovane è quello di ricominciare da zero, per dare la possibilità ad Alex di avere un futuro diverso dal passato tumultuoso che lei ha vissuto fino al momento del suo trasferimento. Quale occasione migliore, se non un prestigioso incarico alla Evans Enterprise per riscattarsi da vecchi errori? Ma Ellie, nei suoi progetti, avrà preso in considerazione il dispotico quanto affascinante capo e tutte le insidie che si celano tra le mura di una delle aziende più influenti d’America?
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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ELLIE’S POV
Finalmente Alex sta meglio e dopo averlo lasciato alle amorevoli cure di Kim, che sono riuscita a contattare tramite il telefono della reception, posso tornare al lavoro. Jennifer non sembrava essere troppo arrabbiata e mi ha chiesto immediatamente come stesse il bambino. Deve averle detto qualcosa Zack. In ogni caso, sono contenta di riprendere la mia routine senza dover fornire troppe spiegazioni. “Signorina Wilson?” Una giovane donna si affaccia alla porta del mio ufficio e richiama la mia attenzione. Non l’ho mai vista prima, probabilmente è una stagista. Ha i boccoli color caramello e gli occhi piccoli e scuri; è piuttosto graziosa e sembra essere particolarmente timida. “Il signor Evans la desidera un momento nel suo ufficio” abbassa subito lo sguardo e la ringrazio  per l’informazione, congedandola. Mi domando cosa mai vorrà il capo. Nel dubbio, mi alzo velocemente da dietro la scrivania e faccio come mi è stato detto: sto per bussare, quando Matt mi raggiunge. “Ehi!” “Ciao”  ricambio il cenno. “Ora sta avendo un colloquio con un altro dipendente, appena questo esce puoi entrare. Comunque stai pure tranquilla” detto questo, sparisce nel corridoio per tornare alle sue mansioni. Rimasta ormai sola, appoggio la schiena alla parete che, nonostante la camicetta e la giacca ricoprano la pelle, sento gelida al minimo contatto. Sposto il peso da un piede all’altro mentre cerco di capire la reale scansione del tempo, che sembra immobile. Improvvisamente, ecco che la porta finalmente si apre e lascia uscire un impiegato con il volto verso il lucido pavimento che nemmeno sembra notarmi. Tiro un profondo sospiro e mi decido a farmi strada all’interno dell’ufficio. “Buongiorno Signor Evans, aveva bisogno di qualcosa?” “In realtà, sono io ad avere qualcosa di cui tu potresti aver bisogno” mi fa cenno di sedermi e, presa da un moto di curiosità, faccio come mi ha indirettamente chiesto. “Solo un momento, deve essere qui da qualche parte” è indaffarato a cercare l’oggetto, che a detta sua potrebbe servirmi, sotto la scrivania. “Eccolo!” Estrae da un cassetto una scatola con tanto di carta colorata e fiocco. Ora sì che sono confusa. “Non è il mio compleanno” scherzo e l’aria si fa improvvisamente leggera. Non sembriamo capo e dipendente sul posto di lavoro, ma semplicemente due amici di vecchia data. “Oh, lo so. Non l’ho incartato io infatti” Ovviamente. In effetti, mi pareva molto strano che mi facesse un regalo. “Be? Sei sempre così curiosa, cosa ti frena adesso?” mi osserva interrogativo con il mento poggiato sulle mani congiunte. Ha ragione, quindi perché attendere ancora? Prendo il pacchetto e senza più indugiare, lo scarto. I miei occhi si spalancano alla vista dell’immagine illustrativa di un iphone. “È uno scherzo?” domando allibita. “No, è stata un’idea della tua amica segretaria ed io l’ho appoggiata dal momento che, in veste di tuo capo, ho bisogno che tu sia sempre reperibile e possa avvisare in caso di un’assenza sul posto di lavoro”. Il ragionamento non fa un piega e mi appunto mentalmente di ringraziare Jennifer più tardi. “Non credo di poter accettare” se da un lato sono felicissima per il pensiero, dall’altra, considerando il costo del prodotto, non me la sento di accoglierlo. “Non puoi, devi. Prendilo come un gadget di lavoro che sei obbligata ad avere. Se può tranquillizzarti, non sei la prima a cui l’azienda fornisce questo tipo di sostegno. Essendo una multinazionale particolarmente ricca, ce lo possiamo permettere. In cambio di un buon impegno da parte del ricevente, naturalmente”. Effettivamente ciò mi ha rassicurata e dopo un ulteriore tentennamento, ringrazio educatamente e torno al mio impiego lasciando Zack alle sue mansioni.

“Jen ti ringrazio!” Le corro incontro appena la vedo. “Per?” Non sembra capire. “Magari per questo fantastico cellulare nuovo!” “Ehm…si, io…figurati”. Non mi pare troppo convinta, ma si è fatta ora di andare e di conseguenza non do troppo peso alla cosa.

“Come sta il mio ometto?” Esordisco entrando nell’appartamento. “Direi molto bene, non è stato fermo un secondo e ha fatto scomparire in un secondo il pranzo” ridacchia Kim. Porta i capelli legati in una treccia da cui fuoriescono diversi ciuffi e le mani ricoperte di segni colorati, che mi fungono da conferma alle sue parole. “Alla fine di questo mese direi che ti meriti una promozione, vuoi fermarti a cena?” Le domando. “No, mi piacerebbe ma ho un appuntamento” le sue gote prendono colore e mi domando chi sia questo misterioso ragazzo con cui esce da diverse settimane. “Pare che mi porterà in un ristorantino molto elegante e non ho ancora deciso cosa mettere per cui è meglio che corra a casa”. Raccoglie rapidamente borsa e giacca quando la trattengo: “Vuoi che ti presti qualcosa?” “Oh no, ci mancherebbe”. “Insisto! Non ho chissà quanti abiti, ma potrei avere qualcosa che fa al caso tuo. Lavorando per la Evans Enterprise, sono stati messi a mia disposizione dei vestitini niente male per le cene con i soci”. Le spiego mentre la accompagno verso la cabina armadio. “Ecco qua! Pochi, ma buoni”. “Buonissimi, direi” osserva con aria trasognata. In effetti, hanno l’aria di essere piuttosto costosi: i materiali sono morbidi e sembrano accarezzare la pelle. Il mio corpo ricorda ancora la sensazione di quando ne indossai  uno per la prima volta. “Prova pure, fai come se fossi a casa tua”, “Ci proverò, anche se non ho una cabina armadio” ridiamo insieme e torno a giocare con Alex per poi preparare la cena. “Com’è?” Mi giro all’udire la voce della ragazza e la ritrovo splendida nel semplice abitino nero che le scende perfettamente sui fianchi. “Sei favolosa! Questo misterioso ragazzo è proprio fortunato.” “Ti ringrazio di cuore Ellie, come posso ricambiare il favore?” Sto per dirle che non è assolutamente necessario, quando la pettegola che è in me decide di emergere: “Mm…un modo ci sarebbe…potresti dirmi chi è costui” la guardo maliziosa e mi sorride. “Si chiama Zack, ha degli occhi da paura” Il mio cuore perde un battito e il mio cervello sembra spegnersi per un momento, per poi ripartire ad un ritmo di ragionamento ancora più frenetico di prima. Okay, quanti Zack esisteranno a New York? Tanti. Quante persone con degli occhi stupendi esistono a New York? Idem come sopra. Ma quante persone che si chiamano Zack e hanno degli occhi stupendi esistono a New York? Probabilmente un po’ meno rispetto alle due categorie separate. “Ellie? Stai bene?” “Certamente! Ora dovresti andare, altrimenti farai tardi!” La sprono, complimentandomi ancora per la sua scelta d’abito impeccabile e la saluto.

Mentre Alex è impegnato a guardare i cartoni, dopo cena, telefono a Jennifer spiegandole l’accaduto. “Be, ci sono tanti Zack con gli occhi da favola. Credo.” “Quello che ho pensato anche io, però…” “Come mai ti interessa tanto?” “Non mi interessa” rispondo sbrigativa. “E invece si” “E invece no” “Ellie?” “Cosa?” “Non ti innamorare di Zack Evans, non ti conviene”.
La conversazione con Jennifer mi ha lasciato uno strano peso sul petto, contrariamente al solito quando invece parlare con lei mi aiuta a liberare la mente. Sono una ragazza madre occupata con il lavoro e un figlio da crescere, non ho tempo di innamorarmi e non ne ho neanche voglia. Dal padre di Alex ho imparato che sono rari gli uomini per cui vale la pena lottare e fare sacrifici, per ora non conosco nessuno che soddisfi queste qualità. Persa nei miei pensieri, mi accorgo a mala pena che il mio telefono si è illuminato segnalando l’arrivo di una notifica. “Tra poco è il compleanno del bambino, ho un regalo per lui. Sono appena atterrato a New York, voglio vedervi”. “E se io non volessi vedere te?” rispondo immediatamente. Con lui è sempre stato così, il sarcasmo come unica fonte di unione. “Magari Alex vuole”. “Hai detto bene, magari. E poi come hai avuto il mio numero?” Nessuna risposta.

“Qual è il problema?” “Qual è il problema? Jen, sei seria?” La guardo esterrefatta. “Si, insomma, se sei così preoccupata chiama la polizia. In caso contrario, ha il diritto di vedere Alex. A meno che tu non abbia un valido motivo per non farli incontrare, ma se così fosse, ti consiglierei di andare in tribunale e far mettere tutto per iscritto.” No, la verità è che non ho un buon motivo, o quantomeno, non abbastanza buono per un giudice. A quanto pare, sarò costretta a lasciare che Allen veda suo figlio. Gli scrivo immediatamente un messaggio: “Okay, non mi interessa come hai avuto il numero. Ci vediamo domani davanti all’Empire State Building alle tre. Vedi di essere puntuale, non ti darò una seconda occasione”. “A domani, mia cara Ellie”.

-N/A-
Buonasera ragazze! Innazitutto spero che il capitolo vi piaccia, inoltre volevo precisare che se vi sembra che ci siano dei dettagli che non combaciano con i capitoli precedenti, non vi preoccupate! Prima o poi tutto avrà un senso. Un bacio.
  
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