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Autore: jaki star    30/01/2017    1 recensioni
Nel giorno del proprio compleanno, Erza Scarlett perde i genitori in un drammatico incidente stradale.
Il vuoto della perdita corrode la sua armatura e la solitudine s'impossessa dei suoi occhi.
Ma un pendolo rintocca la mezzanotte ed una misteriosa foto d'altri tempi compare nella nebbia dei ricordi:
Un villaggio. Una famiglia. Un maniero di campagna. Un ragazzo misterioso a cui sembra essere legata dal destino. Una promessa e il rumore della pioggia, fine e maestoso nel verde di una foresta proibita.
Fra antiche credenze e fitte ombre, Erza dovrà fare i conti con un passato soffocato nel sangue e nascosto nella luce di una pietra... Prima che la Creatura canti l'agonia della sua ultima ora.
[Kirisame ga furu mori crossover] [Principalmente Gerza] [Gale!accenniGruvia]
Presenza di linguaggio scurrile, enjoy!
Genere: Avventura, Mistero, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Erza Scarlet, Gajil Redfox, Gerard, Levy McGarden, Un po' tutti
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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THE FOREST OF DRIZZLING RAIN
 

 
Capitolo quattordicesimo: Awakening - The truth beyond the apparences



“Grazie mille, Gerard!”
 
“Sei una brava persona”
 
“Penso che gli altri ti temano perché non riescono a capire chi sei veramente.
Ti vedono ma non ti osservano.
Non sanno interpretare i tuoi silenzi”
 
“Sei… Buono. Riservato, criptico, ma sei buono.
Infondo so che tutti i tuoi comportamenti erano atti in qualche modo ad aiutarmi o a tenermi lontano dai guai.
Sei… Gerard”

“Rispetterò il tuo silenzio finché non vorrai parlarne.
Ma non credere di non essere abbastanza.
Sono sicura che il mondo ti ha già perdonato per ciò che hai fatto.
Sei tu a non volertene accorgere”.

 
“… Sai, per quanto tu agli occhi degli altri possa sembrare ombroso o raccapricciante, io non la vedo in questa maniera!
Lo dicono solo perché non sanno capirti…
È vero, a volte parli poco, ma sei gentile.
Sei un po’ strano lo ammetto, ma è questo ciò che ti rende interessante ed è questo che mi piace di te!
Tu non sei come tutti gli altri”
 
“ALLORA STIPULERÒ IO LA PROMESSA AL POSTO SUO!”

“Perché è semplicemente troppo triste! Ti sei ritrovato solo, senza nessuno accanto: prima tua madre,
poi anche tuo padre ti è stato strappato via troppo presto e Dio solo sa quanto devi aver sofferto.
Non c’era più nessuno a darti la buonanotte, non c’era più nessuno ad accoglierti al rientro da scuola,
non c’era più nessuno nella tua immensa casa vuota.
Tu non ti meriti tutto questo…”

 
“... Sarò io a sacrificarmi… PERCHÈ IO HO PROMESSO DI PROTEGGERE GERARD-KUN!”
 
“Questo non è uno sgorbio… La tua faccia non è uno schifo…
E non sei un codardo, lo hai dimostrato anche senza entrare nella foresta: per tutte le volte che mi hai difeso…
Per tutto il dolore che hai combattuto…
Ora sarò io a proteggere te, Gerard-kun”

Gerard arpionò la terra con rabbia, la testa buttata all’indietro ed il viso esposto alla tempesta: davanti ai suoi occhi colanti d’agonia si susseguirono i frammenti di una memoria dilaniata dal dolore, momenti intrisi di felicità che si erano rivelati il carburante fondamentale della sua stessa esistenza. A labbra dischiuse pianse per ciò che aveva irrimediabilmente perduto, mentre nelle sue iridi liquide si avvicendavano i sorrisi ed i cambiamenti dell’unica persona che avesse mai amato: una bambina dai capelli rossi danzava nell’aria davanti a lui, i bordi indefiniti tipici di uno spirito astratto. Come una farfalla, la piccola spiegò le braccia nella sua direzione, trasformandosi poco a poco: il custode avvertì le mani eteree di una Erza adulta lambirgli il viso umido d’amarezza, mentre un petto piacevolmente conosciuto premeva contro il suo, scosso da violenti quanto inarrestabili singhiozzi. Gerard avvertì i polmoni e la gola bruciare come se avesse gridato tutto il male che gli stava dilaniando l’anima: una frustrante rabbia gli addensò il sangue, aggiungendo un’ulteriore componente di dolore a tutto lo schifo che stava provando.

Come se potessi urlare veramente” si piegò sul corpo senza vita del suo tesoro più prezioso, incurante del fastidio provocato dal fango fra le unghie “Come se la mia voce potesse echeggiare il suo nome!”.

Qualcosa gli strinse improvvisamente la mano, intrecciandoglisi fra le nocche lacere. Rigido e repentino abbassò il viso, avvertendo la morsa attorno al suo arto intensificarsi: fragili dita pallide gli sfiorarono la pelle gelida, tracciando invisibili scie di bollente emozione.

“Ehi…”.

Gerard spalancò gli occhi più di quanto già non fossero, lasciando così che le lacrime cadessero dalle lunghe ciglia blu, andando a bagnare il sorriso tirato e sincero di Erza: la giovane osservò il ragazzo con una luce infinitamente affettuosa nelle iridi fondenti, una patina di sollievo e stanchezza a mascherare la sua espressione amorevole.

Er-chan…”.

Una curvatura storta e spezzata dal pianto si allungò sul viso provato del custode, i lineamenti contratti in una smorfia di incredula felicità: senza riflettere strinse il suo più grande tesoro fra le braccia, affondandole il capo tremante nell’incavo del collo. Senza contegno immerse il naso nei capelli scarlatti che da sempre gli piacevano, riscoprendosi un bambino spaurito e bisognoso di certezze, esattamente come lo era stato tanti, troppi anni prima.

“Mi dispiace… Per averti fatto preoccupare così tanto” mormorò la Scarlett, ancora troppo debole per riuscire a muoversi “Non era… Mia intenzione…”.
Il custode scosse appena la testa, sospirando tremante: Erza avvertì le sue lacrime bollenti discenderle il collo gelido e non riuscì a trattenere un sorriso.
“Io ho… Ho ricordato, sai?” proferì, la voce tesa dall’emozione ed un groppo in gola: avvertì gli occhi farsi incredibilmente lucidi e le venne da ridere nel realizzare che si stava commuovendo.

“Ho ricordato tutto, Gerard-kun”.

Il guardiano si staccò dalla ragazza solo per guardarla dritta in volto: lei mosse appena una mano, raccogliendogli con delicatezza gli ultimi residui di pianto che ancora scintillavano sulla pelle segnata.
“Ora smetti di piangere, altrimenti dovrò dare ragione agli idioti di quinta che ti prendevano in giro!”.
Fernandes allungò un mezzo sorriso, socchiudendo le palpebre in un’espressione piacevolmente divertita: Erza schiuse appena le labbra, donandogli uno sguardo di intenso affetto.
Lentamente fece scorrere le dita sulla gola silente del giovane, per poi scendere sul braccio destro, tonico e muscoloso: i suoi polpastrelli si fermarono poco sopra il gomito, dove la manica del dolcevita si era strappata. Una grossa cicatrice solcava trasversalmente la pelle pallida: la rossa alzò lo sguardo pieno di gratitudine sul compagno, ammirata.

“Eri veramente tu…” asserì, accarezzandogli il gomito segnato dalle tracce di un’operazione chirurgica “… Mi sei mancato da morire, Gerard-kun: grazie per avermi salvato la vita”.
Il ragazzo fece per ribattere, ma un tuono ruggì più del dovuto: il custode si riscosse, assumendo un’aria improvvisamente troppo seriosa. Si alzò in piedi con uno scatto, per poi invitare la compagna ad imitarlo con un gesto concitato: Titania lo guardò senza capire, confusa.

Hai ricordato la promessa” digitò sbrigativo, mostrandole il display del telefono “Dobbiamo lasciare la foresta il prima possibile!”.

 
“Devi dimenticare tutto. Della promessa, di questo villaggio, della vita che hai vissuto fino ad ora. Solo in questa maniera c’è qualche speranza per sfuggire al patto con quel mostro…”

Erza annuì, mentre le parole del padre le riaffiorarono dolorosamente al cuore: senza pensarci afferrò la mano del guardiano, pronta a fuggire.

Andrà tutto bene, saremo presto fuori da questo inferno”.

La ragazza puntò gli occhi sulla schiena contratta di Gerard, iniziando poi a correre: la pioggia prese a calare con più intensità, sicuramente il preludio dell’ennesima lotta contro il destino.
La loro partita non era ancora terminata.

*

Erza rallentò improvvisamente il passo, il petto ansante ed il respiro affannoso fra i denti: il blu si fermò, girandosi a guardarla con fare nervosamente interrogativo.
“Gerard-kun” lo chiamò, mentre cercava di riprendere fiato “Nell’ipotesi in cui riuscissimo ad uscire dalla foresta… Come faremo a recuperare la tua voce?”.
Il ragazzo si rabbuiò, per poi rivolgerle uno sguardo severo: mosse appena le labbra, scandendo ogni parola.

Non preoccuparti” “Ma-” “Non preoccuparti, ho detto. Ce la fai a continuare?”.

La giovane annuì, alzando una mano per farsi concedere ancora qualche minuto: il guardiano si agitò nervosamente sul posto, spostando di continuo gli occhi dall’ambiente circostante alla figura della compagna. Erza si sfiorò il collo segnato, per poi incrociare l’espressione interrogativa dell’amico d’infanzia.
“Stai pensando all’amuleto protettivo?” gli chiese, intuendo al volo i suoi silenziosi quesiti “Bè… Quando sono riuscita a raggiungere Levy nella foresta, sono stata circondata dalla Kotori Obake e dai suoi scagnozzi: le pietre hanno reagito in una maniera insolita e sono saltate per aria. Mi… Mi dispiace, ecco io… Non era mia intenzione rompere quella bellissima collana”.
Gerard la guardò qualche secondo, per poi scuotere la testa.

È questa la funzione degli amuleti protettivi: se per sbaglio qualche spirito ti avesse toccata, provando a ferirti, la potenza della Luce della Notte lo avrebbe dissolto. Tuttavia, una volta usata, la pietra si sarebbe rotta: essendo di dimensioni esigue, è normale che la collana sia saltata per aria al cospetto di così tanta malvagità”.

Erza sbatté le palpebre nel leggere la spiegazione del guardiano: sollevata sospirò, riacquistando il buonumore.
“Perfetto, così non mi sentirò più in colpa” asserì quindi, per poi focalizzarsi sull’arma che il ragazzo stringeva fra le dita “A proposito: la tua spada, Gerard, mi dà l’impressione di essere lievemente luccicante… Per caso anche quella è fatta di Luce della Notte?”.
Il blu glissò, alzando improvvisamente gli occhi al cielo: la Scarlett dischiuse le labbra, basita.
“L’hai fatta tu?” esclamò, stupefatta “E hai fatto anche la collana?”.
Fernandes fischiò in segno d’assenso, imbarazzato: gli occhi della rossa si illuminarono di gioia.
“Ma è fantastico!” affermò, tutta contenta “Sei diventato esattamente ciò a cui ambivi in passato”.
Gerard arrossì, sviando il discorso con un cenno della mano: veloce digitò una risposta, per poi focalizzarsi sul proseguo del sentiero.

Perfino la Luce della Notte ha un limite e questa katana lo ha praticamente raggiunto: forza, andiamo”.

Si rimisero in marcia, i nervi tesi ed i sensi in allerta: ogni ombra improvvisa li costringeva a fermarsi, mentre gli ululati lamentosi del vento cercava di ostacolare ogni loro passo.
La pioggia rendeva sempre più difficoltoso correre sul fango: il freddo della tempesta erodeva con lentezza la forza e la determinazione dei due fuggitivi.
La foresta pretendeva il conto.

*

Erza si spaventò nel vedere Gerard perdere di colpo le energie: strillò nello scorgere la sua espressione stupita e contratta dal dolore che all’improvviso gli aveva paralizzato i tessuti.
Il ragazzo cadde rovinosamente in ginocchio, riuscendo a non spalmarsi faccia a terra grazie ai proverbiali riflessi: in un moto di sofferenza affondò le dita nel fango, un ronzio sempre più forte nei timpani e la vista incredibilmente sfocata. Erza cercò di affiancarlo, ma il giovane la allontanò con uno scatto brusco: si trascinò in avanti, per poi essere colto da una tremenda fitta al petto. Cercò di boccheggiare in preda all’agonia, ma gli risultò tremendamente difficile: un forte bruciore gli invase i polmoni, per poi dilaniargli i bronchi e risalire per la trachea. La Scarlett mosse un passo verso la sua figura agonizzante, per poi impietrirsi di fronte al fiotto vermiglio che improvvisamente tagliò l’aria: Gerard tossì violentemente, insozzando di vivido liquido il terreno. Titania osservò lo spettacolo impotente e tremante, domandandosi quante volte il ragazzo avesse dovuto sopportare un simile dolore. Fernandes vomitò un’ingente quantità di sangue, per poi prendere a sputare energicamente: si afferrò con rabbia la gola, le labbra dischiuse in un’imprecazione molto colorita. La ragazza gli si inginocchiò accanto, il viso congelato in una smorfia di preoccupazione: l’altro non smise di tossire.
“Gerard-kun, la tua gola…” mormorò, passandogli un braccio dietro la schiena “È tutta colpa mia”.
Lui la guardò di traverso, due pronunciate ombre scure sulle gote: scosse appena il volto in senso di diniego, cercando di asciugarsi il mento sozzo di sangue sulla spalla.
Ansimava pericolosamente, come fosse preda dell’asma: forse non sarebbe stato in grado di reggere la fuga.
Una risata folle ed isterica squarciò l’aria, trapanando senza pietà le menti provate dei due ragazzi: il guardiano digrignò i denti, facendo leva sulla compagna per alzarsi.
“Merda” sentenziò la rossa, sostenendo prontamente il custode “Quella stronza… Presto, raggiungiamo il sotterraneo da cui Gajeel è tornato al museo, altrimenti anche tu rischierai di-”.

“Non vi lascerò scappare
Non vi lascerò scappare
NON VI LASCERÒ SCAPPARE!”

“Gerard, tutto ok?” Titania osservò il compagno voltarsi di scatto, nuovamente pieno di energie: con somma preoccupazione scrutava il folto della foresta, come se si aspettasse l’arrivo di qualcuno, o qualcosa, da un momento all’altro. Eppure lei non aveva sentito nulla a parte la solita sghignazzata. Si dovette rimangiare i suoi pensieri nello scorgere un’improvvisa colonna di fiamme scarlatte bruciare al centro della radura: la Kotori Obake fece la sua comparsa, la testa piegata e un ghigno mostruoso a tagliarle il viso.

“TROVATO
MIO BEL, BEL BAMBINO”

La luce si colorò di rosso ed Erza fu sorpresa nel sentire la mano di Gerard stringere violentemente la sua: aveva l’odio negli occhi e la furia nel cuore. Il guardiano si lanciò in una corsa sfrenata, incurante del crollo fisico avuto soli pochi secondi prima. I piedi della ragazza si mossero in automatismo, ormai abituati alla fuga: l’aria si fece di colpo più tesa ed elettrica, mentre ogni piccola parte della foresta trasudava una malignità fuori dal comune.

“IL SENTIERO A DESTRA!” gridò la rossa, ricevendo una stretta d’assenso dal compagno. Imboccarono il cunicolo di vegetazione a rotta di collo, saltando e schivando per non inciampare negli infidi ostacoli della natura. Si scagliarono letteralmente dalla sommità delle scale, atterrando accanto al piedistallo protettivo: Gerard mise a fuoco il monumento, per poi scartare improvvisamente di lato. Erza si sentì avvolta dalle braccia del ragazzo, le quali la fecero ruotare bruscamente: un rumore di cristallo infranto si sparse nell’aria e l’ingresso della caverna si fece di colpo più buio. La ragazza intravide i lineamenti del custode farsi neri di rabbia: la Luce della Notte si era quasi del tutto esaurita.
Fernandes contrasse appena gli zigomi, per poi scrollarsi i capelli da residui di minerale che si erano scagliati nell’aria: il bagliore della pietra era così flebile da non rischiarargli nemmeno il viso. Erza intrecciò le dita alle sue, toccandogli appena il costato con il gomito: gli regalò uno sguardo urgentemente deciso.
“Avanti, siamo quasi fuori” mormorò, l’intonazione tesa: l’altro annuì, scattando verso la scalinata che scendeva nelle profondità della terra.

Senza degnare di uno sguardo il paesaggio, il custode puntò dritto alla grotta collegata al pozzo del museo: un brandello di speranza lo animò nello scorgere il bagliore dell’acqua sotterranea, ma il tutto fu inghiottito nelle tenebre. Si arrestò bruscamente ed Erza andò a sbattere contro la sua schiena: strizzò le palpebre, intuendo che qualcosa sicuramente era andato storto. Si sporse dalla sua spalla, per poi sgranare gli occhi in preda ad un terrorizzato stupore: la pioggia aveva allagato l’intera grotta, ormai velata da spesse tenebre a causa dell’ora tarda.

“Merda…” sibilò, per poi udire i piedi di Gerard pestare energicamente nell’acqua alta: improvvisamente allarmata brancò il compagno per la maglietta, stringendolo fino ad avvertire il tessuto tendersi pericolosamente.
“Gerard-kun, non ti muovere! È troppo buio, sarebbe un suicidio sconsiderato nuotare in queste acque! C’è una scala nell’altra stanza, forse in questo modo potremmo essere in grado di raggiungere l’altro lato della cava” esclamò, la mente freddamente lucida: il ragazzo le rivolse uno sguardo intenso, per poi afferrarle bruscamente la mano e ritornare nell’androne della grotta.

In poco tempo i due si trovarono inginocchiati ai piedi della fantomatica scala: Erza ne saggiò i pioli, per poi ricordarsi di averla vista ancorata al terreno. Gerard intuì il problema e con un colpo secco recise la vecchia corda: senza perdere tempo si caricò l’oggetto sulla spalla, totalmente incurante delle numerose schegge che gli mordevano la pelle. La Scarlett provò ad aiutarlo, ma lui la scansò con delicata fermezza: le fece cenno di fargli strada, conducendolo così al punto ideale per utilizzare la loro rudimentale passerella. Erza corse fino ad arrivare al torrente che tagliava in due la cava, soffermandosi a rimirare la piccola cascata che cadeva nel buio: deglutì, un senso di vuoto ad opprimerle lo stomaco. Il rumore della scala gettata a terra la fece rinsavire, mentre la mano del guardiano scivolava nuovamente nella sua: il ragazzo saggiò la solidità del ponte, per poi attraversare senza problemi la fenditura. La rossa lo seguì, fidandosi completamente delle sue movenze decise.
La seconda parte della grotta non era diversa dalla prima: uno stretto corridoio non offriva vie di fuga, eccetto due pesanti porte di legno massiccio dall’aria vecchia ed inquietante. Gerard provò ad entrare nella prima stanza, invano: si chinò ad osservare la serratura, per poi scuotere la testa in cenno di diniego. Non v’era la possibilità di forzare il marchingegno. Erza lo precedette nell’altra stanza, spalancando il portone con inquieta fretta: un piccolo ed umido spiazzo si presentò agli occhi della ragazza, mentre un piedistallo in pietra grigia si ergeva al centro del terreno impolverato.
Gerard la affiancò, per poi passare rapidamente al fondo della stanza: si arrestò davanti ad una porta metallica, fatta da sbarre simili a quelle di un carcere.

“Perché diamine ci sono così tante porte in un sotterraneo come questo?” commentò la giovane, ricevendo in risposta una scrollata di spalle: senza molti convenevoli oltrepassò la soglia, riempiendosi le iridi di grigiore e sporco.

*

“Che posto è questo?”.

La domanda della ragazza dai capelli rossi aleggiò nell’aria: il guardiano del museo di Azakawa si guardò intorno perplesso, le sopracciglia corrugate in una smorfia concentrata. La stanza era incredibilmente lunga e totalmente composta di pietra grigia: un numero considerevole di scaffali correva rasente il muro portante, mentre sulle mattonelle sbeccate del pavimento giacevano tomi rovinati e fogli sparsi.
Gerard si chinò, raccogliendo delle pagine ingiallite: Erza lo affiancò, constatando quanto la superficie fosse rovinata.

“Sembrano annotazioni scritte di fretta” mormorò, meditabonda “Ho l’impressione che… Qualcuno ci tenesse particolarmente a divulgare le informazioni riportate, tuttavia questa persona deve essere stata costretta alla fuga o peggio ancora: da qui si spiegherebbe il motivo di tutta questa confusione”.
Il ragazzo annuì, vagamente consenziente: le sue pupille si muovevano veloci, cercando di assimilare quante più informazioni possibili.

“L’interno della Foresta della Pioggia Sottile è un vortice di anime intrise di amore e odio. Chi ha creato una cosa simile? Comunque sia, quelli che hanno ingannato il villaggio siamo noi, noi e nessun altro”

“Cosa vuol dire?” le parole le uscirono di getto, pregne di gelido dubbio: Erza avvertì le iridi del compagno scrutarla a fondo, indecifrabili ed intense.
La giovane si chiese quali strane teorie, quali intuizioni si stessero movendo nella mente del ragazzo: lo vide tornare a focalizzarsi sui fogli che aveva raccolto, scorrendoli fra le dita al fine di trovare qualche brandello di testo ancora leggibile. Dopo qualche istante di ricerca picchiettò con l’indice sulla carta ingiallita, appoggiandosi al ripiano polveroso di una scrivania che, miracolosamente, non crollò a pezzi: Titania si sedette accanto a lui, cercando di capire cosa avesse trovato d’altro.

“La maschera santa è sicuramente questa. Gli atti disgustosi sono stati compiuti sia nell’interno della foresta che nel sacrario sotterraneo”

Erza avvertì le forze mancarle: una fitta le lacerò il cervello, mentre alla sua memoria si riaffacciavano confusi i ricordi di ciò che aveva visto nella prigione sotterranea. Le sembrò di sentire ancora l’odore del sangue e dell’affanno nelle narici, l’oppressione dell’afa nella gola: boccheggiò, le sequenze di ciò a cui aveva assistito nella Stanza del Piacere brucianti sulla cornea. Avvertì le gambe cederle, un dolore sordo alle tempie pulsanti: solo la salda ed improvvisa presa di Gerard le impedì di rovinare a terra. Il viso del ragazzo era contratto dalla preoccupazione, mentre un accenno di sempre più ampia consapevolezza gli animava gli occhi chiari: Erza poggiò il viso sudato contro la spalla del compagno, lo stomaco schiacciato da un peso fastidioso.
“Forse sto iniziando a capire qualcosa di tutta questa follia…” esalò, mentre la stretta del custode si intensificava: alla sua mente si avvicendarono frasi spezzate e parole ambigue, troppi parallelismi che iniziavano ad incastonarsi in una cornice ben definita.
 
“L’uomo del villaggio è impazzito.
Ogni notte, ogni notte viene per compiere l’atto più osceno che possa fare.
Tuttavia, gli esseri più bisognosi di pietà non sono le donne.
Sono i bambini uccisi, gli esseri da commiserare.
Se scappassi, questo inferno finirebbe.
Ma morirei”
 
Rabbrividì al ricordo di ciò che aveva letto prima di trovare l’uscita dal carcere sotterraneo: la sua espressione si fece distante ma il guardiano non le permise di scivolare nell’oblio.
I suoi occhi vacui si scontrarono con quelli decisi del compagno: il blu ebbe il potere di riscuoterla senza troppe storie.
Non abbiamo tempo” le sillabò, contratto “Continuiamo a cercare”.
La Scarlett annuì, insultandosi mentalmente per la debolezza appena dimostrata: il ragazzo le rivolse un breve sorriso, per poi immergersi nelle scartoffie incomprensibili che sguazzavano allegramente sulla scrivania alla quale si era appoggiato. La rossa prese un profondo respiro, camminando per riattivare la circolazione: la sua attenzione vagò sui ripiani degli scaffali, senza trovare nulla di interessante. Un colpo di tosse la fece girare improvvisamente: Gerard le fece segno di avvicinarsi, mentre con un gesto fulminio si estraeva dalla tasca dei pantaloni penna e taccuino. Non appena lo raggiunse gli lanciò uno sguardo stranito: lui se lo lasciò scivolare addosso, iniziando a scrivere.

È più comodo del telefono, ora che siamo all’asciutto” si giustificò, scrollando le spalle “In questo libro c’è qualcosa che può fare luce sul punto morto in cui ci troviamo. Molte parole sono relativamente antiche, per cui mi ci vorrà qualche minuto per parafrasarlo decentemente… Tuttavia sono convinto che qui ci possa essere la soluzione in grado di offrirci un’uscita sicura: anche se dovessimo abbandonare la cava e tornare al museo, la luce all’ingresso non potrebbe mai trattenere la Kotori Obake. È per questo motivo che ci deve essere una soluzione per confinarla qui ed andarcene incolumi: altrimenti, qualsiasi strada imboccheremo ci porterà alla morte”.

L’erede degli Scarlett si limitò ad annuire, cercando di fare luce al compagno: Gerard si morse appena il pollice, gli ingranaggi del suo sapere lanciati in una corsa sfrenata.
Forse ci sono” scrisse, privo d’incertezza “Ciò che è contenuto in queste pagine suona più o meno così: in un lontano passato, i nostri antenati ricevettero le Luci della Notte da un certo uomo…”.
Il ragazzo si bloccò, le gote improvvisamente arrossate: posò con delicatezza la penna sul taccuino aperto, per poi artigliare le pagine del libro. Lo vide trafficare con la carta e tirare con violenza, senza ottenere alcun risultato: Erza lo guardò con un sopracciglio alzato, dubbiosa.
“Che stai facendo? Perché non continui a tradurre?” chiese, confusa: il giovane le lanciò uno sguardo nervosamente imbarazzato.
Le pagine di questo bastardo non girano” si lamentò, calcando fin troppo sulla carta del suo libretto: la rossa lo guardò con tanto d’occhi.
“Come? Perché mai dovrebbero essere incollate tutte insieme?” asserì, avvicinandosi al manoscritto: Gerard si rigirò il tomo fra le mani, cercando di capire il meccanismo.
“Che diamine… Ragioniamo: se proviamo a girare le pagine così forzatamente, potrebbe rompersi… Forse è questo il suo destino” “Non riesco a capire il senso” “Nemmeno io. Quindi usiamo la violenza e al diavolo le buone maniere”.
Fernandes annuì solenne, per poi dare un colpo secco alle pagine incollate: sorprendentemente si staccarono con relativa facilità, mostrando ai due ragazzi una cavità all’interno della quale splendeva una piccola chiave metallica.
I due stettero in silenzio per qualche secondo, guardandosi sgomenti negli occhi: il blu alzò la mano con il piccolo tesoro, allibito.

Bè… Forse la risposta non si trovava nelle parole. Dobbiamo seguire queste… Indicazioni pratiche” “Lo credo anche io. Comunque sia, abbiamo degli elementi in nostro possesso: prima di tutto, ciò che hai tradotto inizia a minare la storia dell’Ogami-San… Nessuno si è mai rivolto a lui in questa maniera vaga, negli altri testi storici. E questa è una testimonianza sicuramente attendibile…” “Già, tra l’altro negli appunti sono chiaramente riportati dei riferimenti ad una maschera e ad un sacrario al quale non abbiamo ancora avuto accesso: magari, tutto questo fa parte di un processo…” “Un rituale!” “Esattamente! E noi abbiamo la chiave per svelare l’ultima stanza che non siamo ancora riusciti a perlustrare”.

Con un sorriso d’intesa, i due si catapultarono fuori dalla stanza, una premurosa ansia nelle vene: con un po’ di difficoltà il custode riuscì a far scattare la serratura della porta accanto alla sala da cui erano appena usciti, rivelando l’ultimo tassello del loro complicato quadro. 

*

“Sono… Impressionata”.

Gerard annuì distrattamente, il naso puntato verso l’alto: la rossa gli scivolò accanto, riempiendosi gli occhi di stupore. I rumori dei loro passi echeggiarono nell’assoluto silenzio che pervadeva la stanza: uno strano fastidio si mosse negli animi dei giovani, come se con la loro presenza stessero contaminando un luogo sacro che necessitava solo di quiete e meditazione. Erza si affiancò alla solida figura del compagno, stringendoglisi inconsciamente contro quando uno spiffero fin troppo fresco le solleticò il collo, facendola rabbrividire: percepì il ragazzo accanto a lei inspirare a fondo, i muscoli rilassati ed i sensi vigili, acuiti dall’atmosfera tranquilla che pareva avere un effetto benefico sulle sue membra provate. La Scarlett decise di seguire l’esempio del blu, permettendo al proprio organismo ammaccato di ossigenarsi a dovere: con una punta di stupore notò che l’aria era notevolmente diversa rispetto a quella che aveva respirato negli altri sotterranei e si trovò a chiedersene il perché.
“Cosa non può fare Dio, o chi per lui” pensò, lasciando scivolare lo sguardo sulla sala: si trovavano su una lingua di pietra grigia, circondata da due rigagnoli azzurrini ed illuminata dalla soffusa luce di due lampade in ferro battuto.
Il custode del museo di Azakawa fece qualche passo in avanti, chinandosi per esaminare una vasca di legno all’interno della quale riposava dell’acqua gelida e trasparente. Alzando lo sguardo per analizzare la bassa cancellata lignea che sembrava separare quel bizzarro luogo da un’altra stanza più interna, si ritrovò a pensare che aveva già visto più di una volta una cosa del genere. Le sue congetture vennero interrotte dai passi di Erza, la quale gli si era avvicinata con l’espressione distante di chi si trovava a danzare con i fantasmi del passato.

“Ne ho visto più di uno durante l’infanzia” affermò con voce piatta, lo sguardo vacuo “Non ci ho mai fatto caso, ma quell’acqua così fredda…” “È troppo pulita per essere normale: tenendo conto del fatto che sicuramente nessuna persona metta piede qui da qualche generazione, oserei dire che, se fosse stata acqua comune, a quest’ora avrebbe prodotto qualche tipo di alga o comunque risulterebbe sgradevole alla vista e all’olfatto. Invece neppure il legno sembra risentire di questa umidità: è perfetto e profumato in qualsiasi punto. Soffermiamoci a pensare: è risaputo in più religioni che l’acqua sia un elemento fondamentale per compiere determinati rituali. Potremmo essere sulla pista giusta”.

Erza accarezzò il biglietto che il guardiano le aveva appena consegnato, annuendo con convinzione.
“Credo che tu abbia ragione. Suppongo che il vano oltre la staccionata porti ad una stanza più interna che sicuramente era atta ad ospitare lo svolgimento del processo, religioso o meno, che abbiamo ipotizzato: dando momentaneamente per scontato che le nostre teorie siano corrette, proseguirei per questa via” asserì la rossa, indicando un passaggio che si allungava alla sua destra: il guardiano la guardò intensamente negli occhi, per poi annuire.

Gerard le rivolse un sorriso tanto strano quanto sincero: la curvatura della sua bocca traboccava di orgoglio e soddisfazione, mentre una lieve traccia d’affetto si faceva sempre più evidente nei begl'occhi verdi. Erza si sentì arrossire, quindi decise di voltarsi di scatto e procedere sulla corta passerella che le permetteva di oltrepassare uno dei due rigagnoli di confine senza bagnarsi. Con la coda dell’occhio notò il petto del compagno muoversi in un leggero sussulto, simile ad una risatina, ed una punta di permaloso nervosismo le infiammò il cuore: si voltò per dirgli qualcosa, tuttavia bastò un’improvvisa occhiata a farla desistere. La dolcezza e l’affetto espresso in quella smorfia fugace che il guardiano le rivolse bastò a sedarle l’animo da guerriera. In un silenzio carico d’aspettativa i due ragazzi oltrepassarono la soglia, avvertendo un antico brivido correre indomito lungo le loro spine dorsali.

*

Lo spazio non era molto ampio ed un rialzo naturale aveva creato un soppalco a cui era possibile accedere tramite una corta scaletta: senza soffermarsi oltre sull’ambiente grigio ed illuminato da una polverosa luce giallognola, Erza si accostò al compagno, il quale si era diretto a passo deciso verso uno scaffale pieno di libri dall’aria piuttosto vecchia e consunta: gli occhi grandi della rossa percorsero quasi in una carezza il dedalo di dorsi rilegati ed incisi che s’incastrava fra i ripiani in legno scheggiato. Gerard studiava con aria assorta la vecchia documentazione, per poi scegliere l’unico libro che a lui pareva interessante: gli diede una rapida occhiata, per poi chiuderlo nel giro di poco tempo. La Scarlett intercettò con lo sguardo stralci di vecchi dipinti e assenza di informazioni.
Non ci è d’aiuto” sillabò il ragazzo, dirigendosi agli scalini che permettevano l’accesso al soppalco: senza problemi si issò sul legno scricchiolante, per poi tendere la mano alla compagna una volta che i suoi piedi ebbero toccato il grigiore irregolare del pavimento rialzato.
Erza si fece aiutare con docilità, per poi sobbalzare alla vista degli oggetti di dubbio gusto appesi alla parete umida: tre maschere piuttosto grottesche sfoggiavano espressioni poco rassicuranti ed i tratti tremendamente realistici trasmettevano un senso d’inquietudine che la rossa avrebbe preferito evitare di assaggiare. Fu Gerard a distoglierla dalla contemplazione di quegli orrori da manuale: le picchiettò sulla spalla con delicata fermezza, inducendola a concentrarsi su ciò che aveva trovato. Gli occhi trasparenti brillarono d’aspettativa nel buio, mentre una luce furba quanto consapevole scintillava sorniona nelle pieghe smeraldine delle sue iridi. Piuttosto orgoglioso le mostrò ciò che aveva trovato, sollevandolo affinché l’esaminazione potesse avvenire nella maniera più corretta possibile. Fernandes si portò il vecchio documento al petto, increspando le sopracciglia in un’espressione seriosa e concentrata che la Scarlett trovò vagamente sexy.

All’interno di questo tesoretto storico sono riportate diverse informazioni concernenti parecchi libri: probabilmente si tratta di un riassunto dettagliato riguardante le varie testimonianze dirette che si trovano in queste stanze, tuutte rigorosamente sotto forma di voluminosi tomi mangiati dalle tarme” la calligrafia di Gerard tremava d’entusiasmo e aspettativa, rimanendo comunque chiara e leggibile: il ragazzo si mise in ginocchio ed appoggiò taccuino e reperto su un polveroso tavolo di legno per scrivere più facilmente e con maggiore comodità, invitando poi la compagna a fare lo stesso.
“Forse si sta aprendo l’ultimo scrigno di questa dannata caccia infernale” commentò la rossa, appoggiando il mento sulla spalla del giovane: lui le rivolse un’occhiata in tralice, piegando appena le labbra all’insù.
Che il gioco abbia inizio, dunque” sillabò, mentre gli ingranaggi della sua brillante mente si mettevano in moto con una rinnovata energia.

I dettagli della struttura interna del vecchio villaggio di Azakawa sembrano essere stati investigati a fondo. Negli scritti concernenti l’autonomia governativa del borgo è riportata una storia che puzza di sangue.
Per un  crimine commesso dal capo di una famiglia, l’indennità può essere pagata solamente dal nucleo parentale del peccatore stesso. Ai bambini viene assegnata una pena da scontare oppure vengono venduti. Le donne, finché non sono vecchie e di conseguenza da buttare via, sono obbligate a stremare i loro corpi al servizio del villaggio. Comunque sia, dal momento che la prigione era collocata all’interno della foresta e che coloro che si occupavano delle donne imprigionate erano tutti uomini, può essere facilmente deducibile che l’indennità pagata da queste povere creature era particolarmente crudele. Queste riservate pratiche di punizione non si fermarono fino a che la foresta non venne definitivamente bloccata. Le donne che si trovavano nel luogo proibito nella foresta erano probabilmente coloro che sono state vittime di quell’esperienza umiliante e vomitevole. Quando ho investigato fra i miei antenati, sono giunto a conoscenza di libri in cui i suddetti hanno parlato di uomini impazziti per le mogli di altri abitanti di Azakawa. Ponendo qui il punto di partenza per le mie considerazioni, posso facilmente dedurre che il crimine di quella donna che viene raccontato nelle leggende è solo una falsa accusa per mascherare lo schifo perpetrato ai danni di creature sue simili”.

Calò un silenzio denso e gelido: era un’assenza di suono innaturale, eccessivamente pesante ed intrisa di inquietudine. Erza percepì il proprio sangue defluire verso le periferie del corpo, mentre un senso di nausea le rivoltava lo stomaco: avvertì la fronte farsi bollente e la nuca pulsare con intensità, come se qualcuno avesse deciso di sfracellarle il cranio a picconate. Ondeggiò pericolosamente ed i muscoli delle gambe si contrassero in uno spasmo che le rubò le poche forze rimaste: le braccia forti di Gerard l’afferrarono appena in tempo per impedirle di collassare a terra, preda della sofferenza interiore che le stava dilaniando l’animo. Seppellì senza ritegno il viso fra le pieghe del dolcevita del custode, egoisticamente incurante di come si sentisse il compagno in quel momento: avvertì un bruciore sempre più insistente premere contro le palpebre convulsamente serrate, le tonsille contratte in un vano tentativo di reprimere il guazzabuglio di emozioni che le stavano sconquassando l’essenza. Fernandes la strinse nell’avvertire il suo pianto scivolargli senza ritegno sulla maglietta. Chinò il viso verso i suoi capelli scarlatti, gli zigomi solcati da un’ombra di preoccupazione: le sfiorò la nuca con le labbra, accarezzandole con lentezza la schiena scossa da fremiti addolorati. La lasciò sfogare senza accennare ad interromperla, gli occhi indecifrabili e costantemente fissi sulla porta d’uscita della stanza: nella sua mente si avvicendarono tutte le informazioni che aveva raccolto negli anni, tutte le leggende a cui aveva creduto e tutto il tempo che aveva passato elogiando individui che non si erano rivelati nient’altro che beceri parassiti intrisi d’invidia e disonore. Abbassò lo sguardo, percependo un’amara rabbia mischiarglisi al sangue: un famigliare sapore ferroso gli corse per il palato, insinuandoglisi fra le pieghe della bocca. Si passò la lingua sui denti, mentre le tonsille iniziavano a dargli fastidio: nonostante tutto ciò che gli avevano inculcato negli anni, non poté fare a meno di odiare la dilaniata creatura che gli aveva crudelmente strappato gli anni più belli della sua vita. Avvertì il pianto di Erza cessare definitivamente, percependo solo un forte fremito scrollarle le ossa ferite: delicatamente fece scorrere le mani sul suo corpo, per poi sfiorarle con salda calma le spalle. La giovane lo guardò e la vista dei suoi occhi lucidi lo colpì al cuore: decise quindi di piegare leggermente la testa di lato, incurvando le labbra all’insù in un tenero sorriso di rassicurazione.
 
Erza” le sillabò, pacato “Non abbandonare la tua luce”.
 
“Gerard” lo chiamò lei di rimando, l’inflessione spezzata ed il tono arrochito “Perché? Perché ci hanno fatto vivere per anni una menzogna? Quella donna… Le hanno ammazzato il bambino, l’hanno violentata per chissà quanto tempo, fino a consumarla! Gli Ogami-San… Vuoi forse dirmi che qualcuno di loro, qualcuno dei miei antenati abbia retto la parte a dei porci immondi?!”.

Erza incatenò lo sguardo a quello del giovane con disperazione, la delusione e l’incredulità nei lineamenti contratti dalla consapevolezza: il guardiano non accennò a slegarsi da quel vincolo visivo che aveva da sempre permesso alle loro anime di parlarsi. Gerard prese un profondo respiro, per poi lasciare che la sua mano sinistra percorresse con leggerezza la smorfia stranita della ragazza: le accarezzò la guancia con il pollice, una strana forma di serietà nelle iridi verdi.

Ascoltami” la sua calligrafia si fece decisa e priva di sbavature “È normale che tu ti senta in qualche modo tradita dai nostri predecessori: ciò che hanno tessuto è un’infamia di proporzioni bibliche, tuttavia non puoi negare l’esistenza di quel mostro assassino che ora reclama il nostro sangue. La Kotori Obake era una semplice donna, una creatura che ha avuto la sfortuna di imbattersi in un becero e violento surrogato d’uomo: è stata rapita, pugnalata, seviziata. Ha perso il suo bambino, gliel’hanno ammazzato sotto gli occhi. È stata costretta a diventare l’oggetto del piacere e degli abusi di schifosi porci e, come se non bastasse, nell’eventualità di una nuova gravidanza il problema è stato sicuramente estirpato alla radice con metodi discutibili. Nonostante ciò, l’animo di quella donna si è cancellato a favore di un’essenza demoniaca che ha seminato lo stesso dolore subito: se non la fermiamo, se non troviamo il modo di porre fine alla sua esistenza ormai unicamente malefica non solo perderemo la nostra vita, ma segneremo la condanna a morte di migliaia d’altri innocenti. In questo momento noi non ci troviamo di fronte alla povera donna a cui è stata strappata la dignità: chi ci vuole ammazzare è un mostro spietato. Se davvero ci teniamo a farle raggiungere la pace, dobbiamo impegnarci a trovare la soluzione che si trova fra queste mura. Per quanto riguarda gli Ogami-San, essi sono comparsi quando la donna del villaggio aveva già perso completamente la testa: tramite l’effetto delle pietre hanno confinato quella creatura ormai corrotta nella foresta, salvando il resto della popolazione dagli errori ingiustificabili dei concittadini. Erza, anche i pregatori erano umani e magari qualcuno di loro ha agito nell’indifferenza: ma un uomo, o forse più di uno, ha cercato di salvare la Kotori Obake. È  grazie a un Ogami-San se adesso sappiamo come muoverci per porre fine a questa tragedia intrisa di vergogna e crudeltà: non lasciarti abbattere dalle meschinità del passato e cerca la forza che hai dimostrato fino ad ora per cancellare il male che rischia di avvelenare il presente”.

Erza strinse le labbra, rafforzando la presa sulla felpa che il compagno le aveva ceduto: alzò gli occhi per una volta indecifrabili sul viso del guardiano, l’espressione congelata in una maschera di impenetrabilità. Lentamente si ritrovò ad annuire, qualsiasi traccia di tristezza cancellata da una nuova aria decisa.
“Per il nostro futuro e per quello di tanti altri” mormorò, deglutendo tutta la crisi che l’aveva dilaniata: il blu allungò un mezzo sorriso, soddisfatto.

Ora che ti sei calmata…”.

Gerard picchiettò con delicatezza sulla parete di uno scaffale, estraendo un tomo dall’aria sbiadita e sciupata: la Scarlett lo esaminò con una rapida occhiata, notando dei disegni particolari sulla copertina graffiata.
“Sembra il piedistallo che abbiamo visto nell’altra stanza” osservò, guadagnandosi un mezzo sorriso da parte del compagno.
L’inchiostro lascia un po’ a desiderare, ma il testo non è difficile da comprendere” scribacchiò velocemente il custode, animato da un rinnovato entusiasmo “Vediamo cosa contiene”.

Per salvare la donna, è necessario dare come offerta un cofanetto contenente un corpo purificato. Il tributo deve essere poi posizionato su un piedistallo. Tuttavia, il contenuto dello scrigno è incompleto quindi è impossibile da trasportare. Forse questo metodo è l’unica speranza che i nostri predecessori, guidati dalla coscienza sporca, ci hanno lasciato. Affinché la donna non sia completamente consumata dagli schifosi uomini che, come folli demoni, hanno distrutto tutto ciò che potevano, devo assolutamente completare il rituale. Fino a quando non troveremo la parte mancante del corpo, per poi purificarla e porla nello scrigno, la speranza non può smettere di brillare. Anche se ciò che ci manca è solo un piccolissimo frammento, non possiamo gettare la spugna”.

Gerard si sciolse i muscoli delle braccia, massaggiandosi i polsi pensieroso: il suo sguardo vagò per la stanza, scandagliando qualsiasi cosa in cerca di risposte o nuove informazioni.
Erza si afferrò il mento con le dita, camminando per il soppalco: si fermò di fronte alle maschere che l’avevano precedentemente spaventata, riconoscendo due celebri figure della mitologia giapponese.
“Quella centrale raffigura una donna, mentre il mostro scarlatto alla sua sinistra è un oni e la creatura alla sua destra è una yaksha” recitò senza rendersene conto, per poi avvertire lo sguardo di Gerard su di sé: il giovane annuì e si avvicinò a lei, sfiorando con la penna il taccuino impermeabile.
La donna inseguita dall’oni diventa una yaksha. Il bambino, l’unico in grado di condurre la yaksha nello Yomi, è privo di un frammento. Di conseguenza, per non cadere nelle mani dell’oni, l’unico rifugio che il piccolo possiede è questo posto… Il sotterraneo rappresenta le uniche catene che lo costringono qui”.
“Come fai a dire una cosa del genere?” domandò la rossa, osservando con perplessità il compagno: il Fernandes le lanciò un’occhiata piuttosto eloquente, indicandole poi un foglio ingiallito appeso alla parete.

Erza ammiccò, riconoscendo alcune delle parole che il guardiano aveva tradotto: il suo sguardo si fece lontano, come se l’anima della giovane si trovasse in un altro tempo, in un altro luogo.
“Questo è un rito di purificazione, quindi…Un frammento mancante… Ed un bambino che lo cerca…” mormorò, assorta: si sfiorò la tasca più segreta dei jeans in un gesto automatico e privo di coscienza.
Gerard sobbalzò, battendo con forza la mano sulla scrivania in legno: il suo volto s’illuminò d’urgenza e le sue labbra si dischiusero in un muto grido di consapevolezza. Erza si girò verso di lui con il cuore in gola, ansante per lo spavento che il rumore improvviso le aveva procurato.

“Gerard-kun!” lo ammonì, l’intonazione intrisa di rimprovero: il ragazzo le si avvicinò pericolosamente, le labbra ad un soffio dalle sue e le mani sulle sue cosce morbide.
Cos’hai in tasca?!” le mimò concitato, mentre Erza arrossiva e si allontanava di scatto: il contatto fugace le aveva lasciato un denso brivido che le aveva tolto, seppur per poco, la facoltà di pensiero.
“Nelle… Nelle mie tasche?!” balbettò con forza, intensamente imbarazzata: il guardiano annuì, mentre la consapevolezza dell’irruenza manifestata gli provocava un improvviso rossore.

La Scarlett distolse lo sguardo, per poi frugarsi nella piccola tasca sulla coscia che non aveva praticamente mai aperto durante la sua avventura: le dita pallide si strinsero attorno a qualcosa di ruvido e freddo, mentre un lampo  di coscienza le ferì la mente. Estrasse con urgenza un piccolo frammento di pietra, bianco come il latte e privo d’imperfezioni: i ricordi di quando si era imbattuta in quell’oggetto dall’apparenza insignificante le fecero battere il cuore dall’inquietudine e la sua bocca si spalancò in un moto di profondo stupore.

“La cava sotto le prigioni…” sussurrò con un fil di voce, appoggiandosi alla parete per permettere al sollievo di fluirle correttamente nelle vene “Grazie al cielo ci ho fatto caso…”.
Bambino, frammento, rito di purificazione” sillabò Gerard, afferrandole d’impulso la mano libera: la fissò intensamente negli occhi castani, per poi sorridere con furbizia.
Ci siamo!”.

*

Nel giro di pochi secondi si trovarono inginocchiati di fronte al recipiente in legno che avevano notato prima di entrare nella stanza delle maschere: Gerard si specchiò nell’acqua pura, notando come il riflesso gli adombrasse la parte destra del viso, marchiata dal tatuaggio. Erza lo imitò, per poi immergere il frammento candido nel liquido gelido: lo sciacquò con delicatezza, stando bene attenta a strofinarlo senza tralasciare nemmeno un millimetro di pietra.

“Questa è la prima parte” sentenziò, trovando l’appoggio del guardiano “Ora… Il cofanetto”.

Alzarono lo sguardo sulla soglia oscura che si intravedeva sulla parete di fondo, l’unico posto che non avevano ancora esplorato: Erza avvertì la mano del guardiano scivolare nella sua in un gesto rassicurante. Gerard camminò con lentezza verso l’anfratto, per poi mettere a fuoco delle incisioni sbiadite che sostavano ai lati dell’apertura: alzò il viso nel percepire uno strano chiarore illuminargli la pelle, incontrando con meravigliato stupore dei pezzi di Luce della Notte brillare sopra lo stipite ligneo dalla soglia.
La Scarlett strinse le labbra, accostandosi al compagno: con un sospiro deciso varcò la soglia, tuffandosi senza timore nel fitto delle tenebre. 









Angolo dell'autrice: 

Buona sera a tutti!

Vi scrivo piena di vergogna, perché ancora una volta non sono riuscita a rispettare i tempi di pubblicazione: vi chiedo di perdonarmi per l'ennesima volta e in parte di capirmi, perché chi come me è un maturando può capire la mia situazione critica, soprattutto dopo le belle notizie del ministero dell'istruzione, che ringranzo ancora per la schifosissima pesca delle materie esterne. 
Dopo lo sfogo abituale, mi scuso per avervi illuso sul finale di questa storia: ho fatto male i calcoli e mi sono resa conto solo ieri sera di quanto ci sia ancora da dire. Il capitolo finale che avevo in mente di pubblicare si è rivelato troppo lungo, così l'ho dovuto tagliare: non so dirvi con certezza se il prossimo capitolo chiuderà definitivamente TFODR, anche perché devo ancora finire di ricamare a dovere l'epilogo di questa, si spera, apprezzata storia. 
A questo punto, suppongo che i vostri interrogativi siano quasi del tutto scomparsi: dopo la verità sul passato di Erza e Gerard, sulla promessa e sul mutismo del custode, ecco a voi la spiegazione definitiva sulla reale identità della Kotori Obake. Mi congratulo con Widz, che ricostruendo i miei indizi aveva già anticipato questa rivelazione. Inutile dire che ora l'unico evento mancante è il chiudersi della faccenda tramite il rituale, ma... Accadrà?
Ce la faranno Erza e Gerard a portare a termine il loro compito? 
La ragazza ha avuto i suoi cedimenti morali, mentre il giovane tatuato inizia a manifestare in un crescendo di violenza e dolore la sua cattiva situazione di salute, causata dalla stessa Kotori Obake: com'è facilmente constatabile, basta un filo troppo tirato per far precipitare la situazione e le carte in tavola non sono ancora state scoperte. 
Vi ringrazio per l'attenzione e la pazienza, così come vi chiedo un altro sforzo: aspettatemi, datemi un po' della vostra fiducia. Spero di riuscire a pubblicare in tempi brevi, ma non lo posso garantire: purtroppo lo studio e alcuni problemi famigliari non mi lasciano molta tregua e, purtroppo, il tempo libero da dedicare alle passioni è sempre più ristretto. 

Con tanto affetto, vi auguro una buona settimana!

Alla prossima, 

Jaki Star

Ps: Quanto schifo ha fatto il capitolo 519?
Personalmente, sono molto delusa e anche innervosita.

 
  
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