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Autore: Lisaralin    01/02/2017    5 recensioni
Ferito e costretto a letto dopo uno scontro con Isa, Lea ha tempo per guardare dentro se stesso e pensare ai suoi amici. Quelli che non ci sono più, e quelli che gli hanno voltato le spalle. Persino quelli che non riesce più a ricordare. Ad ascoltarlo, l'interlocutore più improbabile di tutti.
[post KH3D, pre KH3]
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Axel, Roxas, Saix, Vexen, Xion
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto
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“The meaning of life is to
Give life meaning […]
Restore the balance
Between thinking and feeling […]
We must resolve this human equation
We're already dead if we don't try.”
(Ayreon, “01011001” – “The Sixth Extinction”)
 
#4 - Immagini

 
“Una conchiglia.”
“Sii più specifico.”
“Mmm… forse… tante conchiglie?”
“Facciamo progressi.”
“Si era detto niente sarcasmo. E comunque abbi pietà, mi si sta spappolando il cervello!”
Even prende fiato, gli leggo negli occhi la soddisfazione per la battuta che gli sto servendo su un piatto d’argento, ma stavolta sono più rapido di lui.
“Sì lo so, prima dovrei averne uno. Stai diventando prevedibile.”
Un punto per il Soffio di Fiamme Danzanti, palla al centro. Even incassa con eleganza – e con quello stiracchiamento sottile delle labbra che ormai riconosco come la sua versione di un sorriso, se gli occhi non mi ingannano – e annota diligente sul blocco degli appunti. Suppongo abbia scritto “conchiglie”, ma la sua grafia rimarrà sempre un mistero per me. Deve trattarsi di una regola universale, più una persona è intelligente e più incomprensibile diventa il suo modo di scrivere. Tranne Isa. Isa è sempre stato impeccabile in tutto.
“Spiaggia, gelato, conchiglie… il tuo inconscio sta palesemente manifestando il desiderio di andare in vacanza.”
“Continuiamo un altro po’” insisto. “Sento che ci siamo vicini.”
“Se lo dici tu.”
L’idea è stata di Even, ovviamente. Prendere nota di tutte le immagini che riesco a scavare dal mio cervello collegate alla misteriosa ragazza dai capelli neri – ha tentato di affibbiarle soprannomi orribili come “soggetto uno”, ma gliel’ho impedito categoricamente – per ordinarle, confrontarle e, per dirla da scienziati, tracciare un quadro generale.
“Roxas.”
Il nome è scivolato fuori così, nascosto tra un pensiero e un ricordo. Mi accorgo di averlo pronunciato solo quando già aleggia nella stanza carica dell’odore di medicinali e disinfettanti, invisibile come un fantasma ma inequivocabilmente presente.
“La tua dedizione all’amicizia è commovente, però ora vorresti gentilmente impegnarti a… “
“No, non hai capito. Roxas c’entra qualcosa. Forse… io e lui la conoscevamo.”
“Un inseparabile trio di amici per la pelle. Creature senza cuore. Un’Organizzazione dagli oscuri propositi. Ci sono tutti gli ingredienti per una storia lacrimevole dal finale tragico.”
Solo qualche giorno fa avrei preso a pugni Even – o meglio, ci avrei provato solo per fracassarmi il naso contro i muscoli di Aeleus - per una frecciatina del genere. Oggi però la sua voce non trasuda veleno, e io mi sento più leggero. Forse la nostra è una fatica inutile, un’impresa destinata a fallire, ma il solo affrontarla basta a riempirmi di nuovo di energia.
Forse, ma non voglio pensarlo troppo forte per timore che non sia vero, forse sto cominciando davvero a guarire.
 
 
“Me la ricordo anch’io.”
“Cosa?”
“Il sogget… la ragazza con i capelli neri.”
“Impossibile. Per la maggior parte del tempo che ho trascorso con Roxas tu… eri morto.” Evito accuratamente di aggiungere “incenerito” per non rivangare antichi dissapori, ma lo ammetto, affrontare l’argomento ancora mi imbarazza. Non dimenticherò mai il misto di terrore, rabbia e disprezzo sul viso di Even il giorno del risveglio, e di certo la mia fronte conserverà per sempre il ricordo del tomo con gli spigoli borchiati che le ha causato il livido più epocale di non una ma bensì tre vite.
La mente di Even per fortuna è altrove. Le sue lunghe dita da spaventapasseri massaggiano le tempie sotto la fronte aggrottata, alla ricerca di un’immagine o un pensiero appena fuori la loro portata.
“Credo di aver fatto un sogno.”
Allungo la mano verso il comodino per impadronirmi di penna e blocchetto.
“Il dottor Lea è pronto a prendere nota”
“Sono solo immagini confuse… “ Forse si tratta davvero della ragazza dai capelli neri, perché anche a me fa lo stesso effetto. Più mi sforzo di ricordarla e più le fitte alla testa aumentano, come se il cervello volesse avvertirmi che sto facendo irruzione in un terreno proibito.
“C’era una capsula… e una specie… una specie di bambola. Un fantoccio senza vestiti… “
Gli lancio il blocchetto addosso prima che possa continuare.
“Stop! Non voglio sentire altri dettagli di quel tipo di sogni!”
“Ma cosa… ?“
Quando se ne rende conto ormai è diventato del colore dei miei capelli.
“Non hai capito niente come al solito!”
Ogni protesta è inutile: le mie risate probabilmente si sentono fin nello studio di Ienzo tre piani più sopra, accompagnate dagli strepiti di Even che tenta invano di farmi tacere.
Ragazza dai capelli neri, non so ancora chi sei né in che mondo ti nascondi, ma nel frattempo ti dico grazie. E ancora una volta prometto che ti troverò.
  
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