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Autore: EvelynJaneWolfman    01/02/2017    1 recensioni
Nulla sconvolge il grigio e monotono mondo di Scott, tranne Dawn, la ragazza che gli ha rubato il cuore ai tempi del liceo e che non vede da anni. E quando finalmente la rincontra, i due si lasciano andare ad un momento di passione, sempre sognato da entrambi, prima di dirsi addio nuovamente. O almeno questo è quello che pensa lui, perché due mesi dopo a bussare alla sua porta è proprio la bionda con una sconvolgente notizia: aspetta un bambino! Scott non accetta quell'improvvisa bomba nella sua vita, non è in grado di prendersi cura di un bambino. Come se non bastasse in paese lo odiano tutti, complice il comportamento orribile dei suoi genitori nei confronti della comunità, e sa che per suo figlio crescere accanto a lui significherebbe vivere le stesse situazioni orribili che ha vissuto egli stesso nella sua infanzia, trasformandolo nel mostro che è ora. Dawn però è caparbia, tenace e non si arrende: vuole un padre per suo figlio e l'uomo che ama per sé. Ed è disposta a tutto pur di farsi accettare da lui, anche sconvolgere la vita degli abitanti di quel piccolo paese, portando alla luce segreti e crudeltà ancora da scontare.
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Capitolo 4

«Sicura che non vuoi una mano?»

«Per l'ennesima volta Dawn, no!» Rispose esasperata la povera Caroline, portando in casa il sacchetto con le poche vivande prese al negozio di Lynn.

La bionda trattenne un sorriso all'espressione esasperata e buffissima dipinta sul volto della donna, per tutto il tragitto era stata silenziosa ed inquieta, sembrava che mille preoccupazioni l'affliggessero e per quanto curiosa non aveva letto la sua aura. Avrebbe voluto fare domande o parlare di quanto le fossero sembrate simpatiche le poche persone incontrate al paese, soprattutto la vecchia Jamie Lynn, scorbutica quanto Caroline, ma il silenzio della donna le aveva fatto capire che non era in vena di chiacchierare.

Ma forse ora sì, si disse. E poi non riusciva più a stare in silenzio, cosa alquanto strana per lei che rimaneva sempre in disparte senza mai aprire bocca. «Erano simpatiche le due donne della drogheria.» Sospirò infine, tentando di intavolare una qualsiasi conversazione per mandar via quell'aria di cupa preoccupazione calata sull'anziana donna.

«Di sicuro non quella bocca larga di Patty.» La contraddì l'altra, entrando in casa. 
«Quella donna non è mai stata in grado di tenere la bocca chiusa, o il naso fuori dagli affari che non la riguardavano.» L'improvviso cipiglio severo e risentito che sostituì la preoccupazione sul volto di Caroline, le fece capire che mettere in ballo le due donne conosciute in paese non era stata un'idea brillante; anzi. E solo in quel momento capì che forse la cosa più giusta era lasciarla da sola, in modo da poter tenere a bada preoccupazioni o fantasmi del passato.

«Ti dispiace se vado su a riposare? Sono un po' stanca.» Sorrise, sapendo già la risposta che sarebbe arrivata.

«Mi dispiace che tu sia ancora qui! Certo che puoi andare a riposare, non devi nemmeno chiedermi il permesso!» La riprese infatti la donna, indicandole con l'indice le scale che portavano al piano superiore. «Forza, sparisci.» Le ordinò.

Dawn si lasciò scappare una risatina e si affrettò a salire in camera, qualcosa però le diceva che quel posto e le persone che ci abitavano nascondevano troppe cose dietro i loro visi gentili e disponibili.

***

Uno scoppio e la conseguente nuvola di fumo che s'innalzò verso il cielo, peggiorarono l'umore già di per sé cupo di Scott.

«Dannato catorcio!» Imprecò il rosso, dando un pugno al volante del vecchio trattore di famiglia. Il macchinario aveva quasi il triplo dei suoi anni ed era normale che desse dei problemi, ma ci aveva lavorato su tutta la mattina e vedere i suoi sforzi divenire vani era uno stress non indifferente per lui. Sfinito, si massaggiò le tempie doloranti e scese dal trattore per dirigersi in casa. Aveva bisogno di una birra, era l'unico modo che conosceva per calmarsi o avrebbe dato di matto. Per qualche strano motivo quella mattina, dopo aver dato da mangiare agli animali, gli era venuta la strana voglia di provare a dare un aspetto più decente a quei campi, di tosare l'erba e ararli. Prima di allora aveva sempre cercato di fregarsene della decadenza che lo circondava, ma non quel giorno a quanto sembrava.
Entrò in cucina e si diresse spedito verso il frigo, pregustando già il momento in cui le sue labbra si sarebbero posate sulla fredda bottiglia in vetro ed il fresco liquido ambrato bruciato la gola - anche se ormai non ci faceva più caso -, ma una volta aperto l'elettrodomestico gelò sul posto. La birra era finita, ed era una cosa che aveva già scoperto quella stessa mattina, ma dimenticato a causa degli impegni. Represse un grido di frustrazione e diede un calcio al frigo, vittima innocente della sua furia.
Ora era costretto a recarsi in paese per comprarla, cosa che non lo entusiasmava per nulla, soprattutto dall'arrivo di Dawn lì. Già poteva avvertirle, le occhiate di odio e repulsione che i suoi compaesani gli avrebbero lanciato, per tutta la vita aveva dovuto conviverci; anche quando non aveva fatto nulla di male. A volte si chiedeva chi fosse il vero cattivo in quel paesino di bifolchi pronti a puntare il dito, come in un'insensata caccia alle streghe.
Prese le chiavi del suo sgangherato pick-up e le strinse tra le mani, indeciso se cedere o meno alla tentazione di una stupida birra, poteva sempre prepararsi un limonata, stendersi sul divano e... oh, al diavolo! Non poteva temere le chiacchiere inutili di quelle persone proprio ora, soprattutto quando cercava di fare del bene invece del contrario. A passi ancora incerti, uscì di casa ed entrò nell'abitacolo, prendendosi qualche secondo prima di accendere il motore e partire.
Di che si preoccupava? Tanto quelle persone lo avevano sempre reputato un poco di buono e sapere di Dawn e del bambino di sicuro non li aveva scioccati, ma resi felici nel sapere che non si erano mai sbagliati su di lui. Aveva dato già spettacolo al liceo, dimostrando a tutti di essere il mostro che gli avevano sempre visto dentro, anche quando era solo un bambino. E non era bastata la sua parola o gridare di essere innocente per venire scagionato, no; lui era un Douglas non Scott e tale sarebbe sempre rimasto ai loro ipocriti occhi.

Fermò il pick-up davanti alla drogheria di Jamie Lynn e Patty e scese dalla vettura lentamente, guardandosi intorno e notando con sollievo che la strada era desolata. Meglio così, almeno per il momento avrebbe evitato le occhiatacce degli idioti di quel posto. Entrò in negozio senza nemmeno salutare, ormai erano anni che aveva smesso di farlo, e raggiunse spedito lo scaffale dove erano riposte le bibite.

«Oh, ma guarda, il degno figlio dei suoi genitori.» Quella voce... Scott gelò sul posto ed alzò velocemente lo sguardo, incontrando gli occhi scuri e carichi di cattiveria di Theresa.

Doveva immaginarlo! Era troppo bello sperare di poter avere un po' di pace. Ignorando la donna, afferrò con rabbia una confezione di birra e si affrettò a deporla sul bancone. Doveva andarsene in fretta da quel posto, o avrebbe commesso qualcosa di immorale e cattivo, proprio come tutti gli abitanti del paese si aspettavano.

«Certo, ignorami pure.» Ripartì alla carica la donna, offesa per essere stata bellamente ignorata. «Ciò non cambia il fatto che sei un bastardo, Douglas. Come hai potuto abbandonare una ragazza dolce come Dawn ed il vostro bambino? Certo la cosa non mi stupisce più di tanto, tuo padre ha sposato tua madre solo per la fattoria e non certo per il marmocchio che portava in grembo o per amore.» Commentò maligna.

Scott strinse i pugni, imponendosi di ignorare quella strega. Sapeva già tutto sui suoi genitori, sapeva che Vincent aveva sposato Ashley solo per avere il controllo sulla fattoria ed i guadagni ricavati da essa, non certo perché l'amava o perché era stato disposto a prendersi le proprie responsabilità.

"Non vali nulla, se non fosse stato per questa fattoria non avrei mai accettato di prendermi cura di te o di tua madre", quante volte si era sentito ripetere quelle parole? Troppe per un bambino, e non erano state nemmeno le peggiori.

«Theresa, come ti ho già detto le tue dannate gelatine alla frutta non ci sono, ed ora sparisci.» S'intromise Jamie Lynn, fulminando la lavandaia con rabbia.

«Sì, me ne vado. Non voglio restare un minuto in più qui dentro, potrei restare contagiata da tanta malvagità.» Sputò velenosa la donna.

«Tranquilla, tu non corri questo rischio.» Commentò Lynn, stampandosi in volto un sorrisino serafico mentre gli occhi ardevano di collera.

Theresa sbuffò oltraggiata ed uscì velocemente dal negozio, alleggerendo immediatamente l'aria senza la sua presenza.

«Allora,» iniziò subito dopo Jamie Lynn. «Prendi solo questa?» Puntò la birra con evidente disappunto.

Scott annuì brusco, senza mai alzare lo sguardo su di lei.

«Bene.» Si limitò a rispondere lei, anche se in realtà la donna avrebbe voluto gridare il suo disappunto sul consumo di alcol da parte di un ragazzo di appena vent'anni. Ma rimase in silenzio, mise la birra in un sacchetto di carta e la porse al ragazzo. «Offre la casa.»

«No!» Gridò all'improvviso il rosso, facendo sobbalzare Patty - che fino a quel momento aveva assistito a tutto in disparte - dallo spavento. «Non voglio debiti con nessuno.» Detto ciò, il ragazzo sbatté sgraziatamente cinque dollari sul bancone e se ne andò senza nemmeno prendersi il resto.

Si rifugiò velocemente nel pick-up e strinse le mani sul volante, trattenendo dentro tutta la collera che provava. Quel "offre la casa" lo aveva fatto infuriare più delle cattiverie di Theresa, non voleva nulla da nessuno lui, già una volta lo aveva fatto; aveva pregato di essere accettato da quella comunità, di essere visto come Scott e non come un Douglas e loro lo avevano trattato come un batterio letale che andava annientato. Ed ora se ne uscivano con quelle stronzate sull'offrire? No, era troppo tardi per cercare di ripulirsi la coscienza prima di morire.
Ed era arrivato il momento di rifare una visitina a Caroline.
Mise in modo il vecchio rottame e partì verso la fattoria della donna. Da bambino ci aveva passato giorni interi lì, ed anche notti quando i suoi erano troppo ubriachi per occuparsi di lui. La zia Carol, come la chiamava una volta, era stata una delle poche persone - se non l'unica - che l'aveva trattato come un bambino normale, che lo aveva abbracciato, accarezzato e letto le favole della buonanotte prima di addormentarsi. Era stata come una madre per lui, le aveva voluto un bene immenso, fino a quando si era reso conto che quel posto non l'avrebbe mai accettato e di conseguenza nemmeno lei, era solo il rimpiazzo dei suoi figli. Da allora non era più andato a trovarla e ne aveva sofferto tantissimo all'inizio, poi tutto era passato, tutte le emozioni buone ed il dolore erano come sparite dal suo corpo e n'era stato felice.
Ma ora... ora quelle emozioni stavano ritornando ancora più forti dall'arrivo di Dawn nella sua vita; il rimorso, la paura, la gioia, la tristezza... il dolore. Tutte si stavano ripresentando con prepotenza dentro di lui, facendolo vacillare e mandando in frantumi la maschera che si era costruito dopo tanta pena e sofferenza. E questo non riusciva a sopportarlo, riprovare quella dolorosa stretta al cuore, quell'agonia che toglieva il respiro... lui non lo voleva! Non rivoleva le emozioni nella sua vita, non quelle almeno. 
C'era stato un momento, da piccolo, in cui aveva immaginato di diventare papà, e nella sua fantasia infantile lui non si comportava come suo padre ma ripeteva sempre a quel bambino quanto fosse felice della sua nascita, che lo aveva voluto ed accettato. Ma all'epoca era solo un poppante che della vita non aveva ancora capito nulla, lui avrebbe anche potuto amare ed accettare quel bambino ma non gli abitanti di Yellowknife. Quindi, Dawn doveva andare via, fuggire da quel covo di serpi e crescere suo figlio in un posto migliore di quello. E sapeva che lei lo avrebbe amato con tutta se stessa, che sarebbe stata - e lo era già - una madre fantastica; ma lui, per quanto dentro stesse morendo, non poteva far parte delle loro vite. Scott Douglas era solo un mostro, un reietto ed un maledetto che non meritava di amare o di essere amato, avrebbe portato su di loro tutte le ingiurie che lui stesso aveva dovuto subire e che continuava a subire.

Fermò il pick-up ed il corso dei suoi pensieri quando si rese conto di trovarsi davanti alla fattoria di Caroline. Spense il motore e scese sbattendo la portiera per farsi sentire dalla donna se mai fosse stata in casa e non nei campi. Infatti, dopo poco, vide la chioma grigia di Caroline far capolino dalla porta lasciata aperta, ed appena gli occhi appannati della donna si posarono su di lui un guizzo inquieto li attraversò.

La padrona di casa uscì sul portico incrociando le braccia al petto. «Sei venuto qui per vedere cosa si prova ad avere del piombo nel sedere o per riprenderti ciò che è tuo?» Gli chiese la donna.

Non potrò mai prendermi ciò che mi appartiene, pensò cupamente. «Nessuna delle due cose.» Rispose invece.
«Sono venuto per parlare con Dawn. Di nuovo.»

«No che non ci parlerai, invece.» Lo contraddisse Caroline. «L'ho mandata a riposare perché molto stanca e provata, tu non puoi nemmeno immaginare quanto sia impegnativa la gravidanza per una donna. Non è solo emozione, tutine e calcetti!» S'inalberò lei, scendendo le scale del porticato per venirgli incontro. «Vieni con me!» Gli ordinò poi, tirandolo per la manica della sua camicia.

«Ehi!» Protestò, tentando di opporsi alla donna, ma - proprio come la ricordava - questa aveva una forza quasi sovrumana e non poté far altro che seguirla. Si lasciò trascinare fino al piccolo orto dietro casa, quello che Caroline usava per se stessa e non per la sua azienda.

«Eccoci qua.» Disse soddisfatta, lasciando la presa alla sua camicia per abbassarsi a raccogliere qualcosa. Si voltò nuovamente verso di lui e gli lanciò una zappetta ed un sacchetto di ciò che riconobbe come semi.

«Ehm... cosa dovrei farci esattamente?» Chiese in confusione.

«Ma lavorarci, no?» Esclamò Caroline con ovvietà. «Io sono vecchia ormai e non posso prendermi cura del mio orto, quindi visto che tu sei giovane, forte e disponibile potresti farmi questo favore.»

«Già. E perché mai dovrei farlo?» Borbottò secco.

«Perché magari potrei anche decidere di farti parlare con Dawn.» La donna gli sorrise amabilmente e gli puntò con un cenno del capo gli attrezzi ai suoi piedi.

«Mi stai per caso ricattando?» Scott iniziava a sentirsi sempre più irritato, era andato lì per parlare con la ragazza e si trovava a discutere con la vecchia di giardinaggio!

«Prendila più come uno scambio equo di favori. Ed ora sbrigati!» Sbottò spazientita la donna.

Il rosso imprecò tra i denti, s'inginocchiò ed iniziò a scavare un piccolo fosso nella terra usando la zappetta, sporcandosi le mani prive di protezione. «Potrei avere gentilmente dei guan...» Un paio di guanti bianchi con una stampa floreale ricamata sopra gli arrivarono dritti in faccia prima che potesse terminare la frase. «Grazie!» Ringhiò tra i denti, infilandoseli per riprendere a lavorare.

Caroline rimase ferma a fissarlo, senza aprire bocca e lui rimase altrettanto zitto, chiedendosi come fosse finito a piantare semi. Avrebbe potuto anche mandarla al diavolo ed andarsene, ma qualche strano motivo - che al momento non voleva scoprire - non lo aveva fatto, e di certo non credeva sul serio che alla fine la donna l'avrebbe fatto parlare con Dawn, la conosceva fin troppo bene.

«Non hai ancora smesso di scappare dalle tue paure?» Esclamò all'improvviso Caroline, causandogli l'arresto di ogni muscolo.

Scott sapeva benissimo a cosa si riferisse la donna, gli dava del codardo perché preferiva mandare via Dawn e sopportare le critiche e le maldicenze - che prima o poi si sarebbero esaurite - invece che prendersi cura della ragazza e del bambino in arrivo.

«Lo faccio per loro.» Rispose, affondando con forza l'attrezzo nel terreno.

«Cazzate! Lo fai per te stesso, perché per te è meglio mandarli via che prenderti cura di lei e fare il padre!» Gridò la donna, pestando con forza il piede sui semi che aveva appena piantato.

Il rosso si alzò di scatto, lanciando la zappetta contro il muro vicino e fissando la donna con rabbia. «Credi che per me sia davvero così facile?! Sai cosa succederebbe se accettassi Dawn ed il bambino? Verrebbero etichettati come me! Quel povero esserino non verrà mai accettato, per quanto ci proverà non riceverà mai amore!» Gridò, sentendo la gola chiudersi subito dopo, come se il suo stesso corpo lo stesse proteggendo, evitando che altre parole uscissero e mettessero a nudo il suo animo tormentato.

«E tu credi che gli abitanti di questo posto avrebbero dovuto darti amore incondizionatamente?» Gli chiese Caroline, spiazzandolo. «Erano i tuoi genitori quelli da cui volevi amore, hai cercato negli altri qualcosa che non avresti mai potuto avere davvero! Certo, le persone qui si sono comportate da perfetti stronzi, ma pensaci; se avessi ricevuto amore dai tuoi genitori ti sarebbe davvero importato così tanto il giudizio di quelle persone?»

Per la prima volta dopo anni, Scott non seppe cosa dire o come agire. Non aveva mai pensato di cercare inconsapevolmente l'amore dei suoi genitori, aveva sempre saputo di non essere amato da loro e da piccolo aveva creduto di averlo accettato. Aveva provato ad essere un buon figlio, ubbidiente e calmo, ma questo non aveva mai cambiato le cose.

«Ed ora,» continuò la donna, «c'è un bambino che potrebbe crescere senza un padre, nella convinzione di non essere riuscito a farsi amare abbastanza dall'uomo che ha contributo alla sua nascita da indurlo a restare. Ci hai mai pensato?»

No, non ci aveva mai pensato prima d'ora, aveva pensato solo a se stesso; da perfetto egoista, proprio come suo padre. «Non ho nulla da offrire loro.» Si oppose debolmente con poca convinzione, quasi sussurrando quella frase.

«Una spalla in più per quella ragazza ed un padre per quel bambino è molto da dare, soprattutto nelle condizioni di Dawn, che ha lasciato tutto per inseguire un idiota e dare una figura paterna a suo figlio.» Caroline gli si avvicinò e gli posò le mani sulle spalle. «Quella ragazza ti ama, Scott, e quel bambino potrebbe amarti ma prima devi amarlo tu. Ora vai a casa e pensaci su, okay?» Gli suggerì con dolcezza.

Il ragazzo annuì come in un trans, la sua mente non era più lì, ma vagava tra le mille convinzioni che in quegli anni si era portato dentro, ormai quasi tutte distrutte.
Si allontanò dalla donna, da quell'orto, da quella casa, da Dawn e risalì nel suo pick-up per tornare a casa.
Caroline aveva ragione, constatò con fatica, lui aveva paura e preferiva fuggire. Paura di essere odiato da suo figlio e tradito da Dawn, se mai un giorno le avesse permesso di entrargli nel cuore, come avevano già fatto in troppi. Ma non lo avrebbe permesso un'altra volta, quello mai.

Arrivò a casa con una confusione in testa che lo stava facendo impazzire. 
"E quel bambino potrebbe amarti, ma prima devi amarlo tu", le parole di Caroline gli esplosero come un grido doloroso nella mente, tanto che si portò le mani alle orecchie per proteggersi. Lui non era in grado di amare, ma la verità era che voleva davvero amare suo figlio ed essere ricambiato, ammise a se stesso. Aveva sempre voluto solo quello: essere amato, ma ormai aveva troppa paura e respingeva chiunque per evitare di essere deluso ancora. Finalmente, l'uragano di pensieri si arrestò e Scott alzò lo sguardo verso il salotto di casa, reprimendo un gemito di disgusto al caos che vi regnava. C'erano bottiglie di birra, cartoni di pizza o di altro cibo d'asporto disseminati per il pavimento e negli angoli più impensabili della casa. Reprimendo un'imprecazione, afferrò un sacchetto per l'immondizia da un cassetto in cucina ed iniziò a dare una ripulita, cosa che non faceva da tanto tempo. Ma era una cosa necessaria, non poteva far vivere Dawn in un posto del genere, soprattutto non nel suo stato delicato. Ovviamente, la sua preoccupazione andava soprattutto al bambino, non alla ragazza in particolare, si disse. Aveva accettato suo figlio, avrebbe imparato ad amarlo, ma non si sarebbe mai fidato di Dawn. Non si sarebbe fidato mai più di un'altra persona.

  
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