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Autore: PuccaChan_Traduce    01/02/2017    3 recensioni
Asahi e Nishinoya hanno finito il liceo e frequentano l’università. Asahi studia medicina dello sport e Noya gioca ancora a pallavolo. La loro amicizia pare salda come sempre, ma qualcosa sta per cambiare... specialmente dopo l’entrata in scena di una ragazza che sembra molto interessata al piccolo libero.
DISCLAIMER: questa fanfiction è una traduzione che io sto effettuando con il permesso del legittimo autore; tutti i personaggi citati appartengono ai rispettivi autori.
Genere: Generale, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altri, Asahi Azumane, Nuovo personaggio, Ryuunosuke Tanaka, Yuu Nishinoya
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Autore: Codango
Storia originale: And yet here you are

~

Bzzzt. Bzzzt. Bzzzt.
“Mmf.”
Asahi rotolò sul letto e strusciò il dito sullo schermo del cellulare. Grazie a Dio era solo un sms. Aveva l’impressione di avere la bocca foderata di cotone.

Noya
Colazione?

Tu
Ok. Dove?

Noya
Casa tua? Sono andato a correre e il negozio di ciambelle le aveva appena sfornate

Tu
E hai finito la corsa?

Noya
Ho finito la corsa........

Asahi sorrise tra sé. “Accidenti a te e alla tua passione per i dolci, Noya.”

Tu
Ok. 15 min.

Noya
Posso entrare intanto? Fa un freddo cane qua fuori

“Cosa?” Asahi fissò il telefono.

Tu
Sei qua fuori?
Tipo adesso??
Sei fuori dal mio appartamento adesso???

Noya
Siiiiì. Te l’ho detto, sono andato a correre e ho trovato ciambelle calde
Ma lo saranno ancora x poco se non tiri fuori il culo da sotto le coperte e non apri questa dannata porta


Asahi scostò le coperte. Afferrò la maglietta della sera precedente, che aveva lasciato cadere sul pavimento, e l’annusò. ...Vabbè. Quella e i pantaloncini da basket, sempre della sera precedente, potevano andare. Mentre si dirigeva alla porta, si passò le mani tra i capelli. Sperava di dar loro un effetto da ‘finto-spettinato’ e non da ‘ho dormito su questo lato della testa per tutta la notte’.
Spalancò la porta. “Ma che cavolo, Noya?!”
Nishinoya era appoggiato alla ringhiera del terzo piano e teneva tra le mani una scatola bianca. “Ehm.” Si udì un suono accartocciato e Asahi si rese conto che aveva stretto la scatola. Con forza. “Ciao?”
“Ciao”, gli fece eco Asahi, asciutto. Aveva tutto il diritto di essere seccato con qualcuno che veniva a svegliarlo di prima mattina dopo una festa. Di merda, fra l’altro.
Sfortunatamente, Nishinoya non collaborava. Non collaborava mai, lui. Occhioni dorati, capelli tutti per aria, pantaloni da corsa neri, una felpa troppo grande per lui... e una scatola di ciambelle calde, per l’amor del cielo.
“Come cavolo fai a essere già in piedi?” domandò Asahi. “Ieri sera eri ridotto a uno straccio totale quando ti ho riportato a casa.”
Nishinoya si raddrizzò. “Mica sono tutti vecchi come te, Asahi-san.” Finalmente il solito sorriso spavaldo era tornato al suo posto.
“Tu–! Guarda che hai solo un anno meno di me!” bofonchiò Asahi.
“Un bravo senpai mi toglierebbe subito da questo freddo.” Nishinoya gli mise in mano la scatola. “Se non altro per le ciambelle.”
“Beh.” Asahi provò a sembrare accigliato, fallendo miseramente. “Solo per le ciambelle.”
Nishinoya balzò – balzò! – nel piccolo appartamento. “Asahi-saaaaan, voglio il caffè.”
“Oh, mi spiace.” Asahi tornò in cucina, per prendere dei piatti ma anche per nascondere il proprio sorriso. “Un certo cretinetto mi ha svegliato di soprassalto, perciò non ho ancora avuto il tempo di prepararlo.”
Lo squittio offeso di Nishinoya valse la pena di essere in piedi così presto.
“Non posso credere–” Nishinoya infilò la testa in cucina. “–che un amico ti porta le ciambelle e tu lo chiami cretino.”
“Cretinetto.” Asahi mise l’acqua sul fuoco, sempre restando di schiena.
“Ciambelle calde, per di più.”
Asahi rise. Impossibile non farlo.
“Finalmente.” Nishinoya si appoggiò al bancone della cucina mentre Asahi lavorava. “Di solito non sei così scontroso al mattino.”
“Scontroso?” Asahi sollevò le sopracciglia, sinceramente sorpreso. “Trovi?”
“A dire il vero, ho pensato che potessi essere arrabbiato con me.”
Asahi, che stava versando il caffè nel filtro, si fermò. “Cosa? Davvero?” Ero arrabbiato? Non ero arrabbiato. Immagini della sera precedente gli si affacciarono alla mente. Ero... stanco. Molto stanco.
“Beh.” Nishinoya si passò una mano sulla nuca e fissò i fondi di caffè. “Insomma, sì. Pensavo ti fossi arrabbiato perché, non lo so... mi ero comportato da stupido alla festa, capisci?”
Oh. Il cervello di Asahi si focalizzò su un’immagine in particolare: Nishinoya seduto in grembo a un’alta ragazza bionda. Che gli passava le dita fra i capelli.
“È così, vero?” Nishinoya si sporse in avanti. “Ah, merda, ho fatto qualcosa di molto stupido, eh? Lo sapevo.”
“No, no, è... è tutto ok.” Totalmente ok. Asahi versò l’acqua calda sui fondi. Lentamente. Un po’ alla volta, poi mescolò in senso antiorario. Concentrato. È tutto ok. In fondo non l’hai visto andare effettivamente a segno.
Nishinoya gli si era praticamente ripiegato addosso mentre lui lavorava. “Che cosa ho fatto? Ho... cazzo, ho detto qualcosa?”
“Eh?” Finalmente, Asahi lo guardò. Gli occhi di Nishinoya erano enormi, e aveva le guance arrossate. Sembrava che il cuore gli si dovesse fermare da un momento all’altro. “No, non hai detto niente. Beh...” Asahi inclinò la testa di lato e si nascose il sorriso con una mano. “Mentre andavamo verso casa tua, hai gridato in mezzo alla strada e penso che i vicini ti abbiano sentito forte e chiaro. Ma non mi sono arrabbiato.”
A questo punto, Nishinoya sbiancò. “Che–” Si leccò le labbra. “Che cosa ho detto?” Aveva la voce roca.
“Ah.” Asahi si concentrò sul versare il caffè per nascondere un altro sorriso. “Qualcosa sul non fare sesso ieri sera?”
Nishinoya sparì dalla sua visuale. Dita si arrampicarono sul bancone e una voce si alzò dal pavimento. “Nooooo. No. No. Dimmi che non l’ho detto.”
Asahi tolse il filtro dal bricco. “L’hai detto. Come io e i tuoi vicini possiamo confermare, nostro malgrado.”
Ci fu un istante di silenzio. Poi: “Beh, suppongo ci fossero cose molto peggiori che avrei potuto dire.”
“Ad esempio?” Asahi gli porse una tazza di caffè. “Che altro avresti potuto strillare in una strada deserta alle due di notte?”
Nishinoya prese la tazza e si rialzò con un gemito. “Qualcosa mi sarebbe venuto in mente.” Fissò il suo caffè. “Uhm... perché stavamo parlando di... di sesso?”
“Ah, giusto.” Asahi si staccò dal bancone. “In realtà ho un buon motivo per avercela con te.” Era quasi arrivato in soggiorno quando si rese conto che Nishinoya non lo seguiva. Si girò a mezzo. “Noya?”
Nishinoya era in piedi in mezzo alla cucina e lo fissava come se vedesse un fantasma. Aveva la bocca aperta, era impallidito, stringeva la tazza con tanta forza che gli erano sbiancate le nocche. Era un miracolo che la tazza non fosse ancora andata in pezzi. “Lo sapevo”, ansimò. “Lo sapevo. Ho mandato tutto a puttane, vero? Oddio, Asahi, mi dispiace tantissimo, non avrei dovuto dire–!”
“Ehi, ehi, ehi!” Asahi stese una mano verso di lui. “Ehi! Non sono davvero arrabbiato. Cioè, sì, ci sono rimasto un po’ male ieri sera, ma adesso è passato. È tutto ok.”
Nishinoya inclinò lentamente la testa di lato. Come un cagnolino dei cartoni animati. “È tutto... ok?”
Asahi entrò in soggiorno e si sedette al tavolino davanti alla tv. “Ma sì. E poi, in fondo ha un senso, no?”
Nishinoya lo seguì, ma non si sedette. Sembrava... beh, piuttosto confuso. “Tu pensi che abbia un senso?”
“Uff.” Asahi si passò una mano sul viso. “Probabilmente sono stato un verme, eh? Tutte quelle ragazze e il resto... e Riri. Dio.”
Nishinoya si sedette dall’altro lato del tavolo. Lentamente. Con cautela. Sorseggiò il proprio caffè allo stesso modo affettato di un avvocato che chiede al suo cliente se ha commesso o no il crimine del quale è accusato. “Di che... stai parlando?” riprese.
Asahi batté le palpebre. “Di come mi hai praticamente accusato di aver partecipato a un’orgia con l’intera squadra di pallavolo femminile! Tu di che stai parlando?”
Se mai c’era stato un volto in grado di non mostrare la minima emozione, era quello di Nishinoya in quel momento. Il che era a dir poco sconvolgente, visto che di solito gli si leggeva in faccia tutto quello che pensava. “Non... di quello”, ammise alla fine.
“Beh, è stato subito dopo che mi hai sgridato per aver lasciato sola Riri invece di passare la notte con lei”, aggiunse Asahi, sentendosi di nuovo seccato.
Nishinoya inclinò la tazza di qua e di là, fissando il caffè che andava prima da una parte e poi dall’altra. “Perciò non hai concluso con nessuna, ieri sera?”
“No!” Asahi sbuffò. “Accidenti, è come se non mi conoscessi affatto! Non ho iniziato a entrare nelle mutande altrui solo perché sono arrivato qui un anno prima di te!”
“Scusa tanto, ma sei tu che hai detto ‘tutte quelle ragazze e il resto’ un attimo fa”, puntualizzò Nishinoya. “E ricordo benissimo che–”
“Oh, certo, dimmi cosa ricordi benissimo.” Asahi gli rivolse un’occhiataccia. “Perché per tutto quello che tu ricordi benissimo, io me ne ricordo ancora meglio.”
“Ok.” Nishinoya alzò una mano. “Io mi trovo su una giostra emozionale dal momento in cui sono arrivato qui. Perciò questa dovrai spiegarmela.”
“Shizuku”, disse secco Asahi.
Nishinoya batté le palpebre.
“Non te la ricordi?” proseguì Asahi. “Alta, bionda, schiacciatrice di riserva? Le piace infilare le dita tra i capelli dei libero ubriachi?”
Finalmente Nishinoya parve riacquistare la memoria. E subito sul suo viso si dipinse un’espressione orripilata. “Oh. Mio. Dio”, sussurrò.
“Ah-ah.” Asahi sorseggiò il suo caffè, sentendosi leggermente vendicato.
“Questo... lei... senti, non è–”
“Amico, non so cosa sia successo tra voi e non ho bisogno di saperlo.” Io sono il senpai qui. Anch’io sono stato così ubriaco. Posso essere comprensivo. “Il punto è che... tra noi, non sono certamente io che me la sono spassata ieri sera.”
Nishinoya si lanciò ad afferrargli un braccio, e quasi saltò sul tavolo. “È impossibile che sia successo quello che pensi tu.” I suoi occhi castano dorato erano frenetici. “Impossibile, mi hai capito? Devi credermi, non lo farei mai e poi mai!”
Asahi s’irrigidì al suo tocco. Aveva visto Nishinoya diventare serio prima, ma quell’intensità era qualcosa di nuovo. “O–ok.”
“No. No, non è ok.” Le dita di Nishinoya si strinsero intorno al suo avambraccio. “È stato divertente parlare con Shizuku e... e sì, mi ero un po’ incazzato dopo che te ne sei andato con un battaglione di ragazze, ma non potrei mai–”
“Ehi.” Asahi gli batté sul braccio con fare imbarazzato. “È tutto ok, Noya, davvero. Me ne sono andato proprio perché sembravate a vostro agio a parlare tra voi.”
“Cosa?” Nishinoya lo guardò con un’aria a metà tra l’irritazione e il sollievo. “Avresti potuto unirti a noi!”
“Vuoi scherzare?” Asahi provò a ridere. Gli uscì un suono orrendo. “Lei era completamente presa da te. Non ti avrei mai fatto una cosa del genere.”
Nishinoya ritirò la mano. “Farmi che cosa, esattamente?”
“Oh, ma dai.” Asahi strinse la tazza di caffè con entrambe le mani, cercando di scrollarsi la tensione di dosso. “Se devo essere sincero, non avevo mai visto una ragazza più presa da te di lei. Eh! Nishinoya comincia l’università e le ragazze alte e bionde lo trovano irresistibile. Chi se lo immaginava?”
“Oddio.” Nishinoya si prese il viso tra le mani. “Asahi. Azumane Asahi, sei un idiota.”
“Eh?” Asahi alzò gli occhi dalla tazza. “Perspicace, semmai, scusa tanto.”
Ommioddio”, ripeté Nishinoya, con più enfasi. “Devo... devo chiamare Tanaka.” E si alzò in piedi.
“Oh. Sì.” Asahi annuì. “Probabilmente lui avrà dei consigli migliori dei miei per te su quale dovrà essere la tua prossima mossa con lei.”
Nishinoya si passò una mano tra i capelli e sospirò rumorosamente. “Già. Sì, Tanaka se la cava decisamente meglio di te con le sottigliezze. Il che è tutto dire.”
“Beh, ma non essere troppo sottile. Altrimenti lei potrebbe non recepire il messaggio.” A proposito, Tanaka? Sottile? In quale universo?
“...Devo proprio andare.”
“Come?” Asahi si rimise in piedi. “Ma non le vuoi le ciambelle?”
“Tienile tu.” Nishinoya era già arrivato alla porta.
“Non ho intenzione di mangiare una mezza dozzina di ciambelle da solo, Noya, è proprio sbagliato.” C’era qualcosa che non andava. Quella situazione non andava. Nishinoya non andava. Insomma, quelle erano ciambelle appena sfornate. Asahi sarebbe stato fortunato se gliene fosse toccata una. “Porta quel video olimpico, più tardi. Le mangeremo mentre lo guardiamo.”
Nishinoya si bloccò sulla soglia. “...Vuoi che venga da te più tardi?”
“Beh, certo.” Asahi fissò la sua schiena. Le spalle strette del suo amico non sembravano rilassate come al solito. “Voglio guardarlo. E posso riscaldare un po’ le ciambelle, dovrebbero essere buone lo stesso.”
Nishinoya emise un sospiro distinto. “Ok. Ripasso dopo l’allenamento.”
“D’accordo.” Asahi si sentì marginalmente meglio. Anche se Nishinoya non si era girato. “Ehm, ecco, se... se ti ho offeso prima, per quello che ho detto... su Shizuku. Beh, mi dispiace.”
Nishinoya si girò a mezzo e lo guardò.
“È solo che...” Asahi si passò una mano sulla nuca, con aria mortificata. “Sembra davvero una brava ragazza. Non voglio che pensi che... che io penso che non sia giusta per te o qualcosa del genere. Ehi! Perché non la porti stasera, così guardiamo quel video insieme? Eh?”
“...Ci penserò. Ci vediamo.” Nishinoya uscì e richiuse la porta con fermezza.
“Certo.” Asahi restò un momento a fissare la porta con una mano sulle labbra. “È andata... bene.”
Non era però del tutto sicuro del perché non fosse andata così bene.
  
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