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Autore: vero511    05/02/2017    2 recensioni
Ellie Wilson 24 anni, appena arrivata a New York insieme alla sua gioia più grande: il figlio Alex. Lo scopo della giovane è quello di ricominciare da zero, per dare la possibilità ad Alex di avere un futuro diverso dal passato tumultuoso che lei ha vissuto fino al momento del suo trasferimento. Quale occasione migliore, se non un prestigioso incarico alla Evans Enterprise per riscattarsi da vecchi errori? Ma Ellie, nei suoi progetti, avrà preso in considerazione il dispotico quanto affascinante capo e tutte le insidie che si celano tra le mura di una delle aziende più influenti d’America?
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Non sono tesa, semplicemente contrariata e nervosa. Non ho voglia di vedere quel viso che per tanto tempo ho amato e che ora mi fa solo ribrezzo; non ho voglia di sentire quella voce che prima era come una meravigliosa melodia ed ora non è altro che un qualcosa di particolarmente fastidioso; non ho voglia di ricordare i bei momenti passati insieme per poi dovermi accorgere che nella realtà quel “noi” non esiste più. Ma la verità, è che lui ha ferito me e non Alex e l’unico motivo per cui non voglio che gli stia troppo vicino è che ho paura che possa ferire anche lui in futuro, ormai non mi fido più come facevo un tempo ed è per questo che non posso tornare insieme ad Allen anche se lui lo desidera. Non posso amare una persona su cui non posso fare affidamento, non è nel mio carattere. Nonostante il ripudio che provo nei suoi confronti e la paura per mio figlio, non posso non permettergli di avere un padre. Jennifer ha ragione, se non ho un motivo valido, non posso impedire che abbiano un rapporto. A seguito di numerose riflessioni, mi decido ad alzarmi dal divano e recarmi nella mia stanza per preparami, Alex è già lavato e cambiato, per cui non mi resta che scegliere cosa indossare. Pensavo a qualcosa di sobrio, niente di troppo impegnativo o che mi rendesse particolarmente affascinante. Vorrei qualcosa che lasciasse intendere:” Non mi interessa fare colpo su di te, tengo semplicemente a come esco di casa”. Ed improvvisamente, mi ritrovo assalita dai ricordi.

Il primo appuntamento, la prima cena insieme, il cinema; le passeggiate serali durante l’estate quando il cielo era denso di stelle e l’aria pullulava del frinire delle cicale, e noi, mano nella mano, a scambiarci promesse d’amore mai esaudite. Fu uno dei periodi più felici della mia vita, dopo un passato atroce e un futuro incerto, quello rappresentava il mio presente sereno e solido, ricco di sogni, amore e progetti. Ma nella vita, ho imparato che troppe programmazioni ti fanno perdere di vista ogni altra cosa e ho imparato, inoltre, che il calcolo di ogni probabilità e di ogni inconveniente deve essere d’obbligo. Ero ancora giovane, e lo sono tutt’ora, ma con una semplice e al tempo stesso fondamentale differenza: ero ingenua, molto. L’amore aveva annebbiato ogni mia capacità di ragionamento e non ero stata in grado di accorgermi che, mentre io gli davo tutta me stessa, lui per un semplice e banale litigio aveva commesso un passo falso, un passo non abbastanza grande per arrivare dall’altra parte del precipizio e che aveva condotto entrambi nel baratro. “Sono umano, commetto degli errori”, ed aveva ragione. Siamo creature fragili, molto più predisposte a fare la cosa sbagliata che quella giusta, ma quella, oh quella era l’unica cosa che gli avevo chiesto di non fare, l’unica, che non avrei mai perdonato, a nessuno.

“Puntuale come sempre”, “Certe abitudini non muoiono mai”. Improvvisamente, mi domando se ancora la mattina, quando si alza, perda una decina di minuti davanti allo specchio per cercare di dare un tono alla sua chioma bionda; se il martedì e il giovedì si rechi ancora nella sua palestra di fiducia; se si ricordi tuttora come si va sullo skate e se abbia ancora una fissazione per gli occhiali da sole. Mi arrendo all’idea che i miei dubbi, tali resteranno; così come, qualche tempo fa, mi sono arresa all’idea che lui non avrebbe più fatto parte della mia vita come aveva fatto precedentemente.
“Posso offrirti un caffè e qualcosa anche per questo ometto?” Posa una mano sulla testa di Alex e lo guarda amorevole e il bambino sembra capire di avere un legame con quest’uomo che, ahimè, gli somiglia così tanto. “Certamente, conosco un bar qui vicino”. È lo stesso in cui ho visto Zack per la prima volta, ma è uno dei migliori e soprattutto il più prossimo a noi: inizio a sentire le gambe molli e per quanto odi ammetterlo, la sua presenza mi sta facendo un certo effetto. Sembra accorgersi della mia difficoltà e si propone di aiutarmi: “Vuoi che lo tenga io?” Rivolge un cenno ad Alex. “Sa camminare” rispondo prontamente. “Quei nuvoloni grigi e minacciosi mi indicano che tra poco potrebbe scatenarsi il diluvio universale, vuoi davvero impiegare tutto questo tempo per raggiungere un posto caldo e che ci ripari, rischiando di far ammalare tutti e tre, solo per la soddisfazione di non vederlo in braccio a me?” “Va bene, va bene, prendilo. Ma…stai attento”. Stranamente non ribatte a tono come fa di solito e rimango un momento intontita da ciò. “Oh ma come siamo diventati grandi!” Gli fa fare un saltino tra le braccia e il piccolo inizia a ridere. Perché l’hai fatto, Allen? Potevamo essere questo, potevamo essere felici, ma tu hai deciso il contrario per tutti e tre.

“Starbucks, eh? Sei diventata proprio una ragazza da metropoli” sorride osservando la grande insegna. “Alex adora i muffin al cioccolato”, “E anche tu”. Mi guarda come se la sapesse lunga e non posso fare a meno di ridacchiare. “E anche io”.
“Allora, passiamo alle cose importanti, che cosa vuoi?” Da quando ci siamo seduti, la serenità di poco prima è stata spazzata via. Mi sono improvvisamente rimembrata del tono usato nei suoi messaggi e un brivido gelido ha percorso la mia spina dorsale. “Te l’ho detto, ho un regalo per nostro figlio”. “Come hai avuto il mio numero?” “Ho degli amici…” Questa sua affermazione non mi è piaciuta neanche un po’ e il brivido di prima torna a farsi sentire. “Allen, che genere di amici?” Mi impongo. “Nessuno di cui deve interessarti. Senti Ellie, non voglio fare del male né a te, né tantomeno ad Alex. Voglio solo avere la possibilità di starvi accanto”. “Hai già sprecato quella possibilità una volta”. “Con te, ma non con lui”. “Abiti lontano e puoi scordarti che io ti lasci portare via mio figlio”. “Posso prendere un appartamento in zona, due o tre giorni a settimana non chiedo altro”. “Perché ora?” “Ellie, quanto sei complicata accidenti! Non ti sembra normale che un padre voglia passare del tempo con il figlio?” “Non ti sei fatto vedere per due anni!” “Sei stata tu ad andartene”. Abbassa il capo come se il solo ricordo della mia partenza lo facesse soffrire. Sposto lo sguardo su Alex che sta continuando a mangiare  il suo muffin, ignaro di tutto. “Due giorni. Non di più. Ora dobbiamo andare.” Prendo velocemente la mia borsa e il bambino, per poi uscire dal locale.

Non mi fido, neanche un po’. E sono intenzionata ad andare a fondo alla questione. La cosa mi puzza e appena arrivo a casa, chiamo Jennifer per raccontarle della conversazione avuta con Allen. “È uno stalker!” “Vuole solo starvi vicino…” “Oh certamente, chiediamo a tipi loschi il nuovo numero della mia ex, che non vedo da due anni, e che per altro ha cambiato contatto molto recentemente”. “Va bene, va bene, è un po’ sospetto” mi concede Jen. “Resta il fatto che non hai abbastanza elementi per andare alla polizia”. So che ha ragione, ma sono terribilmente preoccupata.
Passo il resto della giornata a giocare con il bambino, nel vano tentativo di distrarmi e trovare un po’ di serenità.

“Ellie, ho la soluzione al tuo problema!” Questa è l’accoglienza di Jennifer appena metto piede in ufficio. “Ah si?” “Assolutamente! Ne ho discusso con un amico e in realtà è stato lui ad avere l’illuminazione”. “Aspetta, ne hai parlato con qualcuno? E quale sarebbe questo fantastico piano?” “Vieni con me stasera, prima della fine del turno, e lo scoprirai” mi fa l’occhiolino e poi se ne va rapidamente per tornare alle sue mansioni. Sono estremamente curiosa e non vedo l’ora di venire a conoscenza di questa ipotetica soluzione. Se non altro, durante il corso della giornata, l’ansia provata ieri si è allievata e grazie al lavoro e alla curiosità, riesco a tenere la mente impegnata.

Finalmente è l’ora della verità e non sto più nella pelle. Mi dirigo da Jennifer a passo spedito, per quanto i tacchi me lo concedano. Alcuni corridoi hanno le luci spente e gli uffici sono ormai sgombri. Nessuno schiamazzo o rumore di stampante in azione, solo un macabro silenzio a riempire l’azienda. Rintraccio la mia amica che sta parlando con un uomo, che subito riconosco essere Matt. Tra poco se ne andrà. “Ellie! Eccoti finalmente.” Mi avvicino e saluto educatamente entrambi. Aspetto prima di iniziare la conversazione. Perché non se ne va? “Direi che ci siamo” dice improvvisamente Jennifer. Non riesco a capire, così do voce ai miei dubbi. “Ebbene, cara Ellie, ecco la tua soluzione” spiega indicando la figura del ragazzo accanto a lei. Sono confusa, ma non mi danno il tempo di dar voce ai miei pensieri perché subito mi trascinano in un ufficio in cui non ricordo di essere mai entrata. “Dove siamo?” Matt accende la luce e subito un tepore mi avvolge. C’è un divanetto posto di fronte ad una scrivania massiccia e le pareti sono zeppe di libri di ogni colore e dimensione. Ricorda molto lo studio di Hamilton e sembra stonare in mezzo alla modernità del resto dell’azienda. “Accomodatevi pure intanto che aspettiamo”. Nessuno si degna di rispondere alla mia precedente domanda, quando un’altra si fa spazio nella mia testa. “Aspettare cosa?” “Ecco, io ho avuto l’illuminazione…” Matt sembra incerto se continuare o no e guarda Jennifer in cerca di sostegno, ma quest’ultima sta guardando da tutt’altra parte. “…ma non sono in grado di metterla in pratica, o almeno, non da solo”. Oh fantastico, quindi un’altra persona è implicata in tutto ciò. Ho intenzione di uccidere la mia amica. “E chi sarebbe…” “Matt, mi puoi spiegare che diavolo sta succedendo?” Zack irrompe nella stanza e io lo osservo pietrificata, per poi lanciare uno sguardo omicida ai due geni che hanno avuto questo brillante piano. “Zack, accomodati. Ora che la squadra è al completo, possiamo metterci all’opera”.


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Buongiorno ragazze! Speriamo che la svolta improvvisa dei fatti via sia piaciuta, inoltre volevo avvisarvi che abbiamo creato un gruppo Whatsapp per conoscere meglio le lettrici e tenerle sempre aggiornate sulla storia, quindi per chi fosse interessata può farmelo sapere <3 al prossimo capitolo. Un bacio.
  
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