Film > L'Ultimo Dei Mohicani
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Autore: Assiage    05/02/2017    1 recensioni
Alice e Uncas, entrambi così giovani e stanchi, guardano verso un futuro insieme con speranza. Presto capiranno che la strada per la felicità non è mai facile...
Traduzione: eliana81
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Traduzione, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Il giorno americano era al suo apice, pensò Isaac Bauman mentre usciva fuori dalla caserma a grandi passi, con noncuranza, immerso nei suoi pensieri; aveva bisogno di schiarirsi le idee. Isaac guardò in alto, verso il cielo che era di un nitido blu opaco. Quando il pomeriggio calava, si fondeva in un delicato rosa corallo con una tonalità di mezzanotte, mentre la sera si avvicinava.

 

Inspirò profondamente, riempiendosi il petto fino all'orlo di aria rigenerante. L'aria sapeva di dolce con il caprifoglio e profumava come i maestosi Monti Appalachi, fresca di rugiada e di vento. Segretamente, a lui piaceva questo paese del mondo, molto di più del grigio deprimente e della pioggia dell' Inghilterra.

 

L'aria tutta intorno a lui era tinta con una nota di inquietante scoraggiamento.

 

Isaac sospirò e si appoggiò sulla parte posteriore di un carro rotto, ancora rifornito della legna da ardere, che aveva trasportato prima di perdere una ruota. Si strinse il ponte del naso e scosse la testa, agitato, come per liberarsi da questi strani pensieri... La tristezza che sentiva intorno a lui, anche la scossa di troppe emozioni che erano esplose subito. Lo shock e la disperazione che si erano sprigionati dalle iridi acquose di Alice Munro; Nathaniel Poe con i suoi occhi blu ghiaccio, insolente, anche quando era incatenato; il padre, il fratello. Non si era aspettato questa catena di eventi.

 

Isaac piegò la testa di lato quando un pensiero lo colpì. Come aveva fatto Edward ad accedere a quell'informazione, informazione che sarebbe circolata tra ufficiali di grado più alto rispetto a lui? Dubitava molto del fatto che Webb o Pritchard o Hughes, capitani e generali di status influente, avessero confidato in uno sciocco pretenzioso come Edward. Un tempo aveva considerato Edward come un amico, ma poi in privato aveva cominciato a disprezzare l' uomo e aveva smesso di confidare in lui. Le azioni di Edward erano molto spiacevoli e non adatte a un vero gentiluomo. Isaac rise al solo pensiero; come se qualcuno effettivamente prestasse alcuna attenzione a Edward Lamberth.

 

Un pettegolo, un imbecille, un fanfarone e un amante delle donnacce della peggior specie, pensò Isaac sdegnosamente mentre si alzava con tempestività, togliendosi la polvere di dosso e sistemandosi l'uniforme. Isaac pensò a questa assurdità quando un'idea cominciò a insinuarsi nella sua mente.

 

Si voltò e diede un'occhiata veloce ai bui corridoi che conducevano alla caserma del soldato. Isaac sentì una leggera trepidazione ma poi una dura determinazione scavalcò qualunque dubbio. Dopo tutto, era un ufficiale che era superiore in grado a Edward - che certamente non aveva niente di deplorevole da nascondere, pensò Isaac cinicamente.

 

Rapidi passi portarono Isaac nel corridoio scarsamente illuminato, passando oltre portoni e lanterne lampeggianti. Fece una brusca svolta a destra, e dopo un paio di passi scese verso l'ingresso degli alloggi di Edward e degli altri soldati.

 

Isaac girò la maniglia ed entrò senza bussare. Il suo sguardo dagli occhi scuri perlustrava lo spazio, la manciata di uomini stava bighellonando in varie parti degli alloggi; alcuni giocavano a carte per terra, a lume di candela. Un ragazzo di nome Francis Oldroyd stava tracannando il contenuto di una bottiglia, che Isaac avrebbe scommesso la sua vita fosse rum, molto probabilmente barattato con alcuni marinai ubriachi che stavano navigando verso l'entroterra, provenienti dai Caraibi. Isaac tirò su col naso ma non disse niente, invece di cercare Edward in un gruppo di tre uomini che erano per terra, ridacchiando e roteando un pezzo di stoviglie per terra, ululando dalle risate quando cadeva e si frantumava.

 

Edward conosceva questo gioco, si chiamava "spezzare il collo del papa" da quelli che assecondavano le opinioni anti-Papiste. Anche se non lo mostrava come una sorta di trofeo, Isaac era stato cresciuto come cattolico e quindi sentì una scossa di oltraggio e risentimento.

 

"Mettetelo via-ora!" disse Isaac a voce bassa, con gli occhi stretti mentre la sua mandibola si irrigidì. I tre uomini seduti a terra sembravano perplessi, e guardarono Oldroyd che stava cercando di nascondere la sua bottiglia di alcool, inosservato, poiché era l'unico che stava infrangendo qualche vera regola.

 

"Non guardate verso di lui. Mi stavo riferendo a voi tre, mettete via quello stupido diversivo in questo istante. Se scopro che avete rubato quel pezzo di vasellame dalla sala mensa, tutti voi pagherete il valore di esso 10 volte di più sotto forma di razioni. Mettete a posto questi alloggiamenti." Isaac osservò mentre ognuno si accingeva a immagazzinare ogni cosa nella stanza, "Tutti voi allineati."

 

Dove diavolo è Edward? pensò Isaac, poi sforzò il suo cervello per cercare qualcosa su cui inveire, allo scopo di nascondere la sua confusione e prendere tempo.

 

"Questo è un forte di soldati o una scuola di bambini indisciplinati?" ci fu un silenzio disagevole. "Rispondetemi."

Il gruppo di uomini mormorò all'unisono che era la prima cosa.

 

"Allora com' è che vi trovo tutti a giocare d'azzardo e a perdere tempo con questi frivoli passatempi? Questa non è la campagna inglese con abitudini rilassate e spiritosaggini. Siete nelle colonie britanniche e siamo in guerra con la Francia! Pensate che i soldati di Re Luigi stiano bighellonando e giocando a birilli o a backgammon...o... qualsiasi cosa la gente faccia in Francia?"

 

Qualcuno rise sotto i baffi e Isaac si accigliò, ma non interruppe il passo, "il re delle Rane non permetterebbe una cosa simile, nemmeno noi. Ora-"

 

Isaac sentì girare la maniglia della porta e la porta si aprì con un forte cigolio. Era Edward. Isaac lo fissò freddamente.

 

"Isaac," l'altro uomo disse disinvoltamente, entrando a grandi passi e gettando il cappello sulla sua branda. "Tutto bene?"

 

Isaac annuì brevemente. "Questa è un' ispezione a sorpresa. Tutti devono lasciare questi alloggiamenti fino a nuovo avviso."

 

Edward si congelò e fissò gli occhi su Isaac, imperturbabile. "Cosa?"

 

Isaac sentì le sue sopracciglia inarcarsi quasi fino all'attaccatura dei capelli. "Per il momento ignorerò il tono impertinente. Per rispondere a voi tutti, ho scoperto che il contrabbando è diffuso negli alloggi e ho deciso di fare le ispezioni."

 

"Ma..." Edward sbottò, "non abbiamo ricevuto segnalazioni al riguardo! Signore," aggiunse l'ultima parte frettolosamente, mettendosi dietro l'orecchio una ciocca di capelli lisci, con mano tremante. Isaac notò che lui continuava a fissare il suo letto.

 

Isaac sospirò, "Lamberth, questo è precisamente l'intero scopo di un'ispezione a sorpresa. Qualsiasi preavviso dovrebbe dare risultati in contraddizione con l' oggettività. Non siate così sciocco, non vi conviene. Tutti fuori, chiudete la porta, e che Dio vi aiuti se trovo qualcuno di voi con gli occhi o le orecchie incollati da qualche parte vicino alla porta."

 

Gli uomini annuirono e fecero dei leggeri inchini prima di correre velocemente fuori. Isaac fissò duramente Edward che stava indugiando vicino all'entrata. Isaac poteva quasi gustare i timori dell'altro uomo.

 

"Isaac, signore, permettetemi di aiutarvi. Ci sono troppi letti e... troppi bagagli da perquisire." Edward fece un rapido movimento inconscio verso la propria zona notte e fu fermato da un severo comando di Isaac. Edward lo fissò, con i suoi occhi grandi e indifesi.

 

"Isaac... siamo amici. Fratelli di armi."

 

Isaac sentì una fitta di senso di colpa in fondo alla sua mente, mentre Edward continuò, "Dopo che hai ricevuto la tua promozione di ufficiale, mi hai lasciato dietro e mi hai trattato come feccia. Non hai alzato un dito per innalzarmi e poi ti sei dimenticato della nostra amicizia. Un'affinità che ha attraversato anni e continenti ma che è stata disgiunta dopo che sei diventato un mio superiore."

 

"Questo non è vero, Edward. Ero il tuo fedele amico da quando sono entrato a far parte di questo reggimento. Io non sono cambiato, tu sì." Isaac scosse la testa quando Edward aprì la bocca furiosamente per replicare, "Possiamo trascorrere un'eternità a dissentire su questo problema, ma tu sei cambiato e sei diventato un uomo insensibile e crudele. Conosco i miei difetti, il mio orgoglio - ma non vorrei mai che il male ricadesse su un' altra persona. E inoltre, so tante cose sui tuoi affari, molto più di quanto tu creda. In onore al nostro vecchio cameratismo, non ho segnalato nessuna delle tue attività illecite, come la mia posizione richiede."

 

Edward ora guardò Isaac pieno di risentimento, odiosamente, con aperta ostilità. "Ad esempio?" lui sogghignò, con i pugni stretti di fianco.

 

"Come il traffico di gioco d'azzardo che hai creato con la feccia del nostro reggimento. Un buon esempio, dovresti essere preso in considerazione per la promozione. Terrorizzi i ragazzi sotto di te, che siano cuochi o tamburini. Cerco di parlare con loro ma non diranno una sola parola contro di te, la loro paura è così grande. So che menti, rubi, e non pensare che io sia ignaro di ciò che stai facendo ad Amelia."

 

A questo, Edward rise e roteò gli occhi, e Isaac sentì un crescendo di vergogna per il fatto che non era stato capace di proteggere la giovane ragazza dalle avances di Edward. Il suo ragionamento era che lui non aveva voluto umiliare la ragazza in nessun modo o far sì che Edward fosse frustato per punizione.

 

"Non avrei mai dovuto ignorare la tua lascivia, Edward. Pensi che non ti conosca? Ovunque vai, domestiche, sgualdrine delle osterie e via di seguito. Stai usando quella povera ragazza. Dovresti vergognarti di te stesso, signore."

 

Edward fece uno sguardo torvo e non rispose per un istante prima di replicare "Vergognarmi, signore? Per rotolarmi con la cameriera?" lui si sfiorò semplicemente il fianco con la mano, con un gesto rapido, mostrando come considerava la questione di Millie Warren banale e insignificante. Gli occhi di Isaac si indurirono. Rotolarsi? Che grossolano e indecente! Aveva sentito solo le persone delle classi sociali inferiori usare quella terminologia.

 

"Ora basta. Stai lontano da me, unisciti agli altri uomini e non tornare finché non vieni chiamato." Gli ex amici si trovarono uno di fronte all'altro in un silenzio glaciale di lunghi istanti; entrambi sapevano che la loro precedente amicizia non si sarebbe mai più riallacciata a questo punto. Edward avrebbe sempre provato risentimento nei confronti di Isaac per il suo avanzamento nella carriera militare e Isaac non si sarebbe mai più fidato di un libertino e di un ladro.

 

Facendo a Isaac un altro sguardo maligno, pieno di rancore, Edward marciò fuori, sbattendo la porta, camminando con passo pesante con i suoi stivali, giù lungo il corridoio.

 

Isaac guardò la porta con vera tristezza; era un peccato che le cose fossero diventate così ingarbugliate e problematiche. Un vero peccato percepire che tale devozione per un amico in gioventù, prima che i problemi mandassero tutto in pezzi, non poteva mai più essere riparata. Edward aveva scelto il proprio sentiero, pensò Isaac. Aveva un' ombra che lo oscurava, Isaac poteva vederlo nei suoi occhi.

 

Isaac si mise accanto alla branda di Edward ed esaminò tutti i suoi effetti personali. Aveva la sensazione di poter trovare qualcosa qui, aveva bisogno di una spiegazione sul perché un soldato fosse così informato sulle questioni militari. Non era nemmeno tanto per la sua conoscenza di Nathaniel Poe; c'erano altre questioni, Edward conosceva opportunamente l'andirivieni di affari, che dovevano esserci state tra gli ufficiali e i Capitani e i Generali. C'erano guai in corso, Isaac lo sapeva.

 

Quasi 10 minuti dopo, Isaac aveva finito di rovistare tra gli effetti personali di Edward, sfogliò i pochi libri che possedeva, ispezionò ogni pollice della sua branda, e non aveva trovato ancora niente. Soltanto insulsi bigliettini d'amore da parte di Millie e cose simili. Trovò un piccolo, economico orologio da tasca che assomigliava a quello che aveva il giovane Mason. Comprendendo che Edward lo aveva rubato a un prigioniero, Isaac si sentì disgustato e se lo mise in tasca per restituirlo al suo legittimo proprietario.

 

Isaac non aveva trovato ancora niente e si sentì incredibilmente frustrato. Si rifiutò di credere che la divina Provvidenza avesse dato in dono a Edward Lamberth un potere mistico da chiaroveggente. Proprio allora i suoi occhi incrociarono il cappello a tricorno dell'alta guarnigione che Edward aveva lanciato distrattamente sulle lenzuola. Si ricordava come Edward continuasse a guardarlo discretamente. Isaac raccolse il cappello e inclinò la testa curiosamente. Era ...più ingombrante?...della norma. Ribaltandolo e sbirciando dentro, Isaac ispezionò l'interno attentamente e vide che aveva una forma strana e che la fodera era stata alterata. Fece scorrere un dito incallito lentamente verso l'interno. Sì, la fodera era stata ricucita male, dopo essere stata strappata.

 

Isaac camminò velocemente verso la luce della candela e si rannicchiò più vicino, tirando fuori il suo coltello da tasca e aprendo sapientemente la cucitura. Se non ci fosse stato niente, Isaac si sarebbe scusato personalmente con Edward e avrebbe sostituito il cappello di Edward con il proprio e lo avrebbe ripagato.

 

Isaac fu preso alla sprovvista quando un netto ammasso di pergamene cominciò a cadere fuori dall'apertura. Che diavolo è? Per i diversi minuti successivi, Isaac sfogliò i documenti, i suoi occhi acuti che non tralasciavano niente - specialmente le date, chi li mandava e a chi erano destinati.

 

Edward... la sua depravazione non conosceva limiti? Non appena lo shock che sconvolse il giovane ufficiale fu scomparso, la collera ardente gli attraversò le vene per l'abuso di potere di Edward, le sue cospirazioni, i suoi furti -  la sua natura subdola e ipocrita.

 

Schiacciando le lettere nella sua mano, Isaac andò fuori, sbattendo la porta contro la parete, pieno d' ira. Edward non sarebbe stato capace di scappare via da questo, pensò Isaac quando il suo sguardo incrociò gli occhi grandi e agitati del suo ex amico, che stava nascosto fuori. Edward sembrava quasi afflosciarsi e deperirsi quando Isaac sollevò i documenti spiegazzati e li brandì di fronte a Edward.

 

"E' questo il motivo per cui volevi aiutarmi? Cosa avresti fatto una volta che avessi voltato le spalle?" Isaac si voltò improvvisamente, "Collins!" lui ringhiò. Mio Dio, lo porterò dinanzi alla Corte marziale.

 

"Sì, signore."

 

"Portatemi l'Ufficiale di etica. Abbiamo un altro criminale che ha bisogno di una sistemazione."

 

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Anicus corse giù per i verdi sentieri della foresta, veloce e silenzioso come un daino. Aveva bisogno di raggiungere velocemente l'accampamento.

 

Dopo il faccia a faccia che si era evidentemente verificato tra la ragazza di Luna, suo padre, Chingachgook e gli altri, la ragazza dai capelli biondi  era stata rinchiusa, come anche Longue Carabine. Il ragazzo dai capelli rossi e lui stesso erano stati rilasciati. Perché? Cos'era successo? Non lo sapeva, poiché gli uomini anziani non confidavano in lui e suo padre lo stava acutamente ignorando. Il silenzio tra padre e figlio era denso di delusione e rammarico.

 

Padre, pensò Anicus mentre saltò sapientemente su un tronco caduto, per Mannitto, giuro che non volevo che tutto questo accadesse. La follia e l'orgoglio sono le mie debolezze. Padre, avevi ragione. Per favore, perdona la mia avventatezza nell'essere partito davanti a voi tutti. Ma c'è qualcosa che devo fare e so che non approverai

 

Anicus rivolse una preghiera al Grande Spirito, chiedendo ferventemente al Creatore fortuna e una sorte benevola. Si era intrufolato per conto suo dall'esterno del forte dell'uomo bianco, dove gli uomini stavano discutendo con urgenza su cosa si dovesse fare. L'uomo alto dai capelli biondi stava dicendo che dovevano parlare con il capo dei Bianchi in questa colonia. Un gov...gov...tore che viveva in un posto a 5 giorni di cammino di distanza. Uncas era sembrato silenziosamente supplichevole con l'uomo bianco.

 

Anicus aveva un'idea più chiara e così scomparve nel bosco mentre gli uomini discutevano.

 

Ora era al fiume, non lontano dall'accampamento e strizzò gli occhi quando scorse la figura slanciata di Tankawun, seduta da sola sulle rocce. Anicus le si avvicinò.

 

"Tankawun, ho bisogno del tuo aiuto." Anicus lo disse senza preamboli o avvisi e osservò in silenzio stoico. La ragazza urlò e balzò in piedi, fissandolo con occhi pieni di lacrime per lo shock.

 

"Anicus? Tu - come - Che è successo? Dove sono gli altri? Siete stati tutti rilasciati?" chiese lei, piena di speranza, i suoi graziosi lineamenti avidi e diretti su Anicus.

 

"Che è successo alla tua faccia?" chiese Anicus in una momentanea distrazione. Lei aveva un brutto livido che le colorava lo zigomo e la mandibola, "non importa, non è niente”. “Ascoltami, mi dispiace. Avevi ragione sui tuoi amici bianchi. Lui... Steeben e quella ragazza bianca sono buoni-"

 

"Anicus, grazie per quello che stai dicendo e -"

 

"Non ho ancora finito," Anicus la interruppe impazientemente, "il ragazzo dai capelli di fuoco è stato rilasciato, ma hanno tenuto prigioniera la ragazza dai capelli d'oro. Non sarà così. L'ho detto. I Bianchi sono crudeli persino contro i loro simili. La libereremo dalla sua gabbia."

 

Gli occhi di Tankawun erano grandi e ansiosi. "Sì, Anicus. Sono dalla tua parte. Cosa posso fare? Hai delle armi? Mi farai vedere come usarle?"

 

La bocca di Anicus si inarcò in un sorriso momentaneo per l'audacia della ragazza. "Te lo spiegherò più tardi. La prima cosa che vorrei che tu facessi è andare a casa nel nostro accampamento - ora, rapidamente - e radunare Wagion, Gohkos, Molsem, solo quelli di cui ci possiamo fidare," Tankawun stava annuendo fervidamente, "Non gli anziani! Solo ragazzi che non hanno una fidanzata o dei figli. Ma velocemente e in silenzio. Dobbiamo tornare di corsa perché il piano deve essere realizzato di notte."

 

Tankawun fece un movimento verso il sentiero che conduceva all'accampamento, immersa nei suoi pensieri. "Anicus, amico, ti porterò i più forti. Anche le armi."

 

Anicus annuì coraggiosamente, "Alapsi, mai wenchahki!" la esortò a sbrigarsi e a tornare, e guardò la ragazza sparire in una curva. Era sempre così veloce e leggera, i suoi piedi simili alle nuvole provenienti da est.

 

Il contrattacco dei Lenape era cominciato, pensò Anicus con un sorriso.

 

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La porta fu chiusa. Millie fece un sospiro frustrato quando sollevò il grande anello di ottone che conteneva la sua collezione di tutte le chiavi necessarie al forte. Questo immagazzinava tutta la biancheria e cose simili, e lei aveva bisogno di disporre le lenzuola lavate e stirate. Aveva anche deciso di infilare due coperte e un cuscino improvvisato per Alice Munro. Povera ragazza, la schiena ora doveva farle un male cane.

 

Prima che avesse tempo di fare questo, un giovane tamburino di nome Thomas Camp corse velocemente verso di lei. In realtà, il ragazzo orfano era nato con il cognome Van Kaampen, ma a causa dei pregiudizi contro gli Olandesi, lo aveva abbreviato così.

 

"Signor Camp, " lo stuzzicò Millie, "Che cosa vi ha emozionato così tanto?"

 

Gli occhi color nocciola del ragazzo erano tondi. "La scena più tremenda. Edward Lamberth era coinvolto in una potente litigata con Isaac. Lamberth è stato arrestato e portato, scalciando e urlando, negli alloggiamenti del Generale Waddell."

 

Millie si sentì stringere il cuore. "C-Cosa?"

 

Tom scambiò il suo shock per un capogiro. "E' vero, l'ho visto. Imprecava come un marinaio e scatenava una tale confusione, sul serio, urlando parole irriverenti mentre veniva portato via." Tom sospirò felicemente. "Ora il resto di noi può essere a proprio agio. Spero che gli tolgano il diavolo dalle viscere e che lo buttino fuori."

 

Millie gli fece un' occhiata tagliente, "Non dire queste cose, ragazzo."

 

"E' vero," disse ostinatamente il ragazzo, con la sua mandibola impostata, "Ci ha tormentati per così tanto tempo. Ricordate Peter Mannox? Si è unito alle nostre file quando morì sua madre e non aveva un altro posto dove andare. Salpò dall' Inghilterra insanguinata. Era ancora in stato di shock per tutto questo, fu fatto diventare cuoco perché quel lavoro non richiedeva troppa conversazione. Lamberth lo disprezzava per il suo carattere calmo e lo infastidì così tanto che Mannox sviluppò delle tendenze nervose. Fu rimandato a casa a Londra."

 

Abbassando lo sguardo, Millie si sentì a disagio perché si ricordava di quell' episodio. Povero Peter Mannox, soltanto 14 anni. Cominciava a sobbalzare per i piccoli rumori e le ombre, non mangiava e non dormiva. Quando cominciava a gironzolare per i campi senza alcun ricordo di essere andato via per conto suo, beh, fu presa la decisione di dimetterlo e mandarlo in Inghilterra. Dopo di che, nessuno aveva mai più sentito parlare di lui. Era stato un ragazzo dolce; dolce, triste e smarrito.

 

"Venite con me! Lo stanno interrogando." Lui le tirò con urgenza il braccio e corsero via.

 

Nell'arco di pochi minuti raggiunsero gli alloggiamenti del Generale, dove una folla di giacche-rosse si era riunita tranquillamente per assistere allo spettacolo in corso. Uno di loro si portò un dito sulle labbra, avvisandoli di stare zitti quando Millie e Tom si insinuarono nel gruppo. Millie si sporse cautamente.

 

"...Mio Dio, uomo, non avete l'onore di parlare?" Waddell strepitò per l'indignazione. Millie si avvicinò di più. "Come osate, signore? Come avete la sfrontatezza, no, la dannata malignità di rubare la corrispondenza privata al vostro ufficiale di grado superiore? Rispondetemi, maledetto!"

 

Ci fu un colpo e Millie trasalì, sapendo che molto probabilmente Waddell aveva colpito Edward.

 

"Posso spiegare, signore." disse Edward, con la voce tremante. Per esperienza, Millie sapeva che il tremito nel suo tono di voce era per la collera repressa e non per il rimorso o i nervi.

 

"Bene, fareste meglio! Perché non ho mai ricevuto questi resoconti e la corrispondenza?"

 

"Non lo so, signore."

 

"Non siate insolente, ragazzo. Erano in vostro possesso."

 

"Li ho trovati negli alloggi di qualcuno, signore." Ci fu una pausa incredula. La voce di Waddell era calma per lo stupore.

 

"Onestamente vi aspettate che io vi creda? Avete trovato questi documenti privati e poi li avete cuciti nel vostro cappello del cavolo per tenerli al sicuro?"

 

"Generale Waddell, posso assicurarvi che-"

 

Waddell interruppe Edward, "Vi suggerisco di scegliere le parole saggiamente, ragazzo. Siete di fronte a una Corte marziale."

 

"Sì, signore. Li ho trovati negli effetti personali di un ragazzo qui, un tamburino. Li ho custoditi in questo modo per proteggerli fino al vostro arrivo."

 

"Quale ragazzo?"

 

"Si chiama Thomas Van Kaampen, signore. Ma si fa chiamare Tom Camp."

 

Tom strizzò il braccio di Millie ed entrambe le loro mandibole calarono mentre i due adolescenti che origliavano si scambiarono degli sguardi costernati. Gli uomini intorno a loro cominciarono a mormorare. Persino nella luce bassa, Millie riusciva a vedere il rossore sulla faccia di Tom. Era paonazzo. Prima che Millie potesse fermarlo, il ragazzo si precipitò nella stanza.

 

"Sta mentendo! Generale, quell'uomo mente come respira!"

 

"Thomas, torna qui!" Millie si afferrò la gonna e si precipitò dietro di lui. Il ragazzo poteva andare incontro a una dura punizione per aver ascoltato tali questioni delicate. Ma Thomas non rinunciò, si scrollò dalla spalla la pallida mano di lei.

 

"Ratto! Bugiardo!" Tom si infuriò, "se c'è qualcuno in questo intero dannato forte che farebbe una cosa simile, quello è Lamberth, signore. Sta mentendo per ricoprire le sue tracce, ma io non lo tollererò, eh!"

 

Edward cominciò a lanciare più accuse a Tom, finché Millie non poté sopportare più la cosa. Ne aveva avuto abbastanza delle bugie eccessive e della crudeltà di Edward. Non se ne sarebbe stata con le mani in mano a vedere un'altra persona innocente addossarsi la colpa per le azioni illecite di Edward.

 

"Generale, Thomas dice la verità." Amelia sussurrò.

 

La faccia di Edward divenne paonazza. "Chiudi la bocca, maledetta sgualdrina!"

 

"Edward Lamberth!" Waddell tuonò, con gli occhi che scintillavano, "non parlerete mai più a una signora in quel modo!"

 

"Una signora? Mai, signore." Edward disse maliziosamente. Millie colse il doppio senso e arrossì, ma incalzò coraggiosamente.

 

"Lo so perché me lo ha detto. Edward mi ha detto che ha intercettato la vostra corrispondenza per essere informato sui discorsi tra gli uomini di alto grado militare, per avere informazioni in cambio di favori, e ..." Gli occhi di Millie incrociarono quelli di Edward attraverso la stanza, "penso che volesse fingere di essere un Maggiore o un Generale, dato che quella non sarebbe mai stata una possibilità, a causa del suo brutto carattere."

 

Gli occhi di Edward fiammeggiavano come due carboni ardenti in un pozzo di fuoco. E Millie lo vide, osservò con timore mentre quel lento sorriso si allargava sulla sua faccia, come il sorriso di un cacciatore che stava raggiungendo la sua preda.

 

"Beh," disse lui calmo, "almeno ora sappiamo che sei una bugiarda così come una meretrice."

 

Isaac Bauman avanzò verso Edward e, in un'insolita manifestazione di ostilità, afferrò l' uomo per il colletto. "Scusatevi con lei, ora! O vi farò frustare, Edward, che Dio mi aiuti."

 

Edward era troppo immerso nella sua collera per registrare la minaccia reale; sapeva che la sua carriera militare era perduta, così non gliene importava più. "Anche voi avete avuto la sciocca ragazza? Penso di sì, Isaac, o altrimenti perché difendete costantemente la stupida marmocchia? Si solleva la gonna per le giacche-rosse, tutti lo sanno-"

 

Il pugno di Isaac che ruppe il naso di Edward fermò quella frase dall'essere mai pronunciata.

 

Waddell sospirò e roteò gli occhi e Tom sogghignò per la soddisfazione, mentre l'altro uomo si torceva sul pavimento in agonia.

 

"Mi avete rotto il naso!" disse Edward, ma la sua faccia che si stava gonfiando rapidamente rese le sue parole quasi incomprensibili.

 

"Voi cosa, signor Lamberth?" Thomas lo schernì per provocazione, "che dite riguardo alle dita dei piedi?"

 

Edward lo ripeté più forte.

 

"Avete trovato una rosa?"

 

"Basta!" Waddell urlò. "Qualcuno porti costui in infermeria. Assicuratevi che non scappi."

 

Dopo che il soldato sanguinante fu trasportato, tutti gli occhi si rivolsero attentamente verso Millie. Era così umiliata e ferita che voleva sprofondare nel suolo, sparire da questo posto disgraziato e non ritornarvi mai più.

 

Le lacrime le scorrevano lungo la faccia mentre diceva a scatti e ansimando, "Quello che ha detto Edward in parte è vero, Generale. In verità ho... solidarizzato... con lui. Non con il signor Bauman o qualcun'altro. Mi dispiace, signore. Avrei dovuto dirvi anche del suo furto di corrispondenza, signore, ma ero spaventata. Mi minacciava di ferirmi e qui non ho nessuno pronto a difendermi." Millie abbassò gli occhi, sentendosi infelice. Nessuno disse una parola dopo la sua confessione sussurrata.

 

Sentì Isaac sospirare profondamente e avanzare verso di lei. Poggiandole una mano sulla spalla, sembrava cercare le parole. "Millie-"

 

Ma lei fece appena un piccolo inchino e uscì fuori dalla porta, senza incrociare gli occhi di nessuno.

 

Invece di fare la sua vergognosa camminata attraverso il forte, verso il suo dormitorio, i piedi di Millie la portarono in una direzione completamente diversa.

Senza fare una pausa per analizzare veramente a fondo i problemi, Millie raggiunse la persona a cui aveva pensato tutto il giorno.

 

Millie si sentiva indifferente mentre trovò la chiave, girò la serratura e aprì la porta.

 

Alice Munro guardò Millie sbattendo le palpebre, confusa. "Ehi... mi stai portando una cena anticipata?"

 

Amelia si sentiva sventrata, vuota; tutto quello che Edward le aveva detto era stata una bugia. Non aveva mai avuto intenzione di sposarla. La usava solo per i propri mezzi egoistici. Che sciocca sono stata, pensò Millie con amarezza. Ora sentiva che la sua vita era veramente finita. Tutti in città ne avrebbero sentito parlare, tutti avrebbero puntato il dito su di lei e mormorato su come era licenziosa. Non poteva nemmeno lasciare la colonia della Pennsylvania perché sua madre era così malata in un'altra città.

 

Il massimo che potesse fare, ora alla soglia di tutto questo dolore e disperazione, era aiutare questa ragazza che meritava di stare con l'uomo che amava.

 

"Puoi andare adesso, signorina Alice." Sussurrò Millie, con gli occhi pungenti, non avendo nemmeno l'energia di sorridere.

 

Alice guardò l'altra ragazza in modo attento, notando la sua pelle rossa e macchiata, tracce di lacrime sulla sua faccia, ma soprattutto tutta la miserabile agonia nei suoi occhi.

 

"Vai, Alice. Sei libera di andare."

 

"Che ti è successo, Millie?"

 

"Niente. Lasciami stare. La tua famiglia si trova al margine del bosco. Vai da loro."

 

"Nathaniel? Mio cognato?"

 

Millie scosse la testa, indicando che non lo sapeva. "Alice, non c'è molto tempo. La maggior parte dei soldati solo ora si sono dileguati dagli alloggiamenti del Generale Waddell, quindi devi andare adesso, in questo momento. Passa velocemente attraverso una piccola porta, prima della cucina..." Millie sospirò, "non sai cosa significhi tutto questo. Vieni, ti farò vedere."

 

Alice sembrava incerta, ma speranzosa. "Sei abbastanza sicura? Millie, potrebbero lanciare delle accuse contro di te."

 

Amelia afferrò la sua mano e la tirò fuori, poi richiuse la porta dietro di loro. "Vieni, Alice. Sbrigati, segui le mie istruzioni e non sarai né vista, né sentita."

 

Insieme, le due ragazze sparirono nell'oscurità del corridoio.

 

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Anicus aveva un'espressione aspra sulla faccia mentre esaminava il gruppo che Tankawun aveva portato. Prese da parte la ragazza, tirandola per il gomito.

 

"Tankawun," sibilò, "che cosa hai fatto? Dov'è Gohkos? Molsem?"

 

La ragazza Lenape sembrava offesa. "Non sono riuscita a trovarli. Così ho portato Wagion, Mategwas e Alemos," sussurrò Tankawun.

 

Anicus guardò Mategwas, la ragazza grossa con cui Wagion stava condividendo il letto. Anicus aggrottò la fronte più profondamente. Era odiosa e aveva un pessimo carattere. Probabilmente, lo picchiava anche in privato.

 

"Che c'è che non va con Mategwas e Alemos?" Tankawun ribatté.

 

"Sono..." Anicus sembrava perplesso, non sapendo da dove cominciare. Mategwas mi fa venire gli incubi. Alemos urla per ogni cosa. Ci metterà in pericolo strillando, quando vedrà un uomo bianco. "Sono ragazze."

 

Tankawun si impennò per la collera. "Sono ragazze, ma hanno un cuore! Solo perché siamo donne non vuol dire che dobbiamo essere bandite all'angolo di un wigwam, a intrecciare cesti e rammendare perizomi! Mategwas è impavida e Alemos...beh, ecco..." Tankawun lottò con le sue parole prima di fare spallucce filosoficamente. "Non sono riuscita a trovare nessun altro. Lei ha chiesto di venire e ha portato un bastone di fuoco che suo fratello si è procurato da un soldato Yengeese." Lei alzò lo sguardo, "Faglielo vedere, Alemos! Combatteremo gli Yengeese con le loro stesse armi."


Alemos, la ragazza più piccola dell'accampamento, avanzò timidamente verso Anicus. Malgrado l'età, Tankawun raggiungeva solo la spalla dell'altra ragazza. Presentò la lunga carabina ad Anicus, che ammirava il lucente calcio in legno d'acero e la lunga canna. Si guardò intorno, confuso.

 

"Dov'è quell'altra cosa?"

 

"Cosa?" chiese Wagion con perplessità.

 

"Quella cosa. La cosa che gli Yengeese versano qui dentro," Anicus lasciò le ditate sulla canna, "che fa uscire fuori il fuoco e quella cosa rotonda."

 

Gli altri lo fissarono in modo inespressivo; i Delaware erano tra i pochi Indiani che non avevano facile accesso alle armi dell'uomo bianco e usavano sempre frecce e accette. Anicus si girò per guardare Tankawun, che sembrava imbarazzata. "Sì, ora mi ricordo," disse, rossa in volto, "gli Yengeese la chiamano pol-vere"

 

"Beh, dov'è?"

 

Alemos sussurrò che non ce l'avevano. Anicus lottò per controllare la sua collera. "Wulelimil, Alemos." Disse in tono sarcastico, "E' inutile!" Lui rispinse la carabina nelle braccia di lei. Wagion diede ad Anicus un colpo con la mano sulle spalle e gli fece vedere l'insieme di mazze da guerra, accette, archi e frecce che si erano portati dietro.

 

"Le ragazze non sanno usare queste, glielo dobbiamo insegnare prima di raggiungere il forte. E' meglio andare ora, non so se ci hanno visti." Wagion guardò preoccupato in direzione dell'accampamento. "Quest'idea è una pazzia, Anicus." Wagion sogghignò felicemente. "Andiamo."

 

Camminarono per un po' di tempo. I ragazzi erano silenziosi mentre procedevano attraverso la foresta e le ragazze, certamente, non così tanto. Anicus fece una smorfia, mentre Mategwas camminava dietro di loro con passo pesante, respirando rumorosamente. Proprio allora tutti loro sobbalzarono quando sentirono un forte rimbombo. Uno per uno, tutti gli occhi si spostarono su Mategwas.

 

"Alemi nkatupwi!" lei si difese, mentre la sua pancia emetteva un altro brontolio di protesta. Persino la sua voce sembrava simile a quella di un uomo.

 

"Ha fame," mormorò Wagion delicatamente.

 

"L'ho sentita," Anicus ribatté, osservando con disgusto lo sguardo affettuoso condiviso tra Wagion e Mategwas. Alemos prelevò un po' di pane di mais dalla propria borsa di pelle di daino e lo offrì a Mategwas.

 

"Wanishi" la grossa ragazza borbottò in modo indisponente e mangiò il pane di mais in due grandi morsi.

 

"Almeno Mategwas si è assicurata che nessuno di noi avesse fame, in primo luogo." Anicus brontolò, strascicando i suoi mocassini sull'erba e sul suolo. Wagion roteò gli occhi.

 

"Dai, presto arriverà il crepuscolo."

 

"Alemos, lasciami portare quella," Anicus sollevò la carabina, "è troppo pesante." Lui tralasciò la vampata di rossore che attraversò la faccia della ragazza quando le dita del ragazzo sfiorarono le scapole di Alemos.

 

Quando il crepuscolo s'insinuò lentamente attraverso il cielo, i due ragazzi e le tre ragazze erano stesi a pancia in giù nell'erba alta, osservando il forte e aspettando che l'oscurità li coprisse completamente. Anicus stava sussurrando.

 

"Da qui saremo visti. Ma una volta che è buio, ci sposteremo intorno al perimetro, attraverso gli alberi, e troveremo un'entrata incustodita. Sono certo di averne vista una quando me ne stavo andando. Una piccola porta che conduce al luogo in cui viene preparato il cibo. I prigionieri sono tenuti nel piano inferiore."

 

"Dimmi, Anicus," replicò Wagion dopo una pausa, "cosa succederà quando saranno avvertiti che gli uomini rossi hanno assaltato la loro fortezza? Perché questo è destinato ad accadere. A chi spareranno prima, ci pensi?"

 

"E dove sono esattamente il fratello e la moglie di Uncas?" Alemos chiese delicatamente. Anicus chinò la testa sulla minuscola ragazza. Tutto sommato, era colpito dalla sua calma.

 

"Non ho un piano," ammise Anicus. Alemos ridacchiò, e Anicus guardò le sue fossette e i suoi denti nettamente bianchi. Deglutì, sentendosi la gola diventare improvvisamente secca. Anicus guardò lontano.

 

Un ramo si spezzò nelle vicinanze. "State giù!" Wagion fece cenno alle ragazze rapidamente, mentre lui e Anicus balzarono in piedi, con le accette sollevate e gli occhi guardinghi.

 

"Chi c'è là?" Anicus chiese nel suo tono di voce più imperioso, cercando di imitare suo padre. Ci fu un altro fruscio.

 

"Anicus?" giunse una voce dall'oscurità vicina. Anicus la riconobbe subito. "Tankawun! E' lei!"

 

Alice discese da dietro gli alberi e sorrise felicemente. C'era un'altra ragazza leggermente dietro di lei, una ragazza dai capelli scuri.

 

"Anicus...Tankawun... è così bello vedervi!" Anicus osservò con sollievo mentre Tankawun si lanciò su Alice e le due si abbracciarono.

 

"Perché siete qui?" chiese Alice. Tankawun evidentemente comprese la domanda perché rispose qualcosa di breve alla ragazza di Luna.

 

"Adesso libereremo Longue Carabine," spiegò Anicus. Le ragazze Yengeese lo fissarono, confuse. Quella dai capelli scuri sembrava particolarmente terrorizzata. Anicus si sforzava di ricordare il nome Yengeese del fratello di Uncas.

 

"Longue Carabine... Nat-han-ie-l..." poi fece un cenno a loro, alle armi, e al forte.

 

"Oh, cari." Alice sospirò e sorrise tristemente ai giovani Delaware. Cominciò un'accesa discussione con l'altra ragazza, indicando il forte e la foresta dietro di sé. Alla fine la ragazza mora annuì.

 

"Venite, lei conosce la strada." Alice raccolse cautamente un'accetta e se la infilò nella gonna. "Tuttavia, penseremo a un piano." Andarono a tutta velocità verso il lato opposto del forte, attenti a non essere visti.

 

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Chingachgook e gli altri uomini emersero dal bosco, e individuarono immediatamente le tracce di un grande gruppo di persone, che giravano intorno al bosco del forte, in completa confusione. La luce era estremamente scarsa, ma gli uomini anziani la catturavano nonostante ciò.

 

"Bianchi e Indiani, insieme?" chiese Uncas in confusione, valutando le impronte dei piedi.

 

"Chi sono gli Indiani?" chiese James stancamente. Uncas fece dei segni e indicò qui e là. "Due uomini indiani, posso dirlo dai loro mocassini, ma sono anche attenti a dove mettono i piedi e a non disturbare la terra. Alcune ragazze indiane, anche loro con i mocassini ai piedi, ma non abili a nascondere le loro tracce. E Bianchi; a giudicare dal collo del piede, tallone e peso, donne."

 

Seguirono le loro tracce per un po' di tempo, James che camminava a fatica con noncuranza, mentre pensava alle tracce che Uncas aveva captato. Non vedevo un cavolo di niente nel suolo tranne la terra, si lamentava James, un po' geloso dell'abilità che questi uomini rossi avevano nella foresta. Non era un'esagerazione dire che era un qualcosa di quasi mistico.

 

Finora era stato elaborato un piano per andare a Filadelfia e cercare l'aiuto del governatore per richiedere il rilascio di Alice. Nel caso di Nathaniel, beh, la cosa era più problematica, ma James aveva in programma di corrompere la gente giusta, specialmente le guardie. Erano in guerra e niente attirava l'interesse come l'oro. Che cosa importava alle guardie di un prigioniero? Avevano bisogno di radunare abbastanza oro e argento e scellini, ma senza dire nulla a Cora. Niente crisi isteriche femminili nell'immediato futuro, pensò James facendo un cenno col capo.

 

"Spero che Anicus sia tornato a casa sano e salvo," rimarcò James, ricordando la collera ardente sulla faccia di Hopocan, quando compresero che Anicus si era nascosto. Si guardò intorno verso gli altri, mentre se ne erano andati calmi calmi.

 

Chingachgook sollevò una vecchia mano marrone e James si tranquillizzò. Si appoggiò a Uncas e gli diede una gomitata come gesto di domanda.

 

"Anicus non è arrivato a casa," disse Uncas mentre si precipitava verso il gruppo di persone stese a pancia in giù sull'erba; molto, molto vicine al forte.

 

"Alice!" James sentì la sua mandibola cadere quando riconobbe il vestito che tutte e tre le donne condividevano. Osservò con shock, poi con gioia, mentre Alice si avvinghiava a Uncas e i due non sembravano voler mollare la presa. Uncas sussurrò delle parole ad Alice, mentre lei con la faccia nascosta nel collo di lui, si limitava soltanto ad annuire o a scuotere la testa.

 

"Uncas," sospirò, stringendolo più forte. Ignoravano il resto delle persone accalcate intorno a loro.

 

"Tornate indietro, tutti voi." Chingachgook disse ciò concisamente e poi rapidamente in Delaware. Il gruppo corse velocemente nel bosco, subito. Uncas si guardò intorno con stupore, osservando le persone che aveva trovato ad esaminare a fondo il forte. Alice, Anicus, Wagion, Tankawun, quella ragazza tarchiata su cui Nathaniel e Anicus facevano sempre dei commenti malevoli, e quella gracile ragazzetta che non parlava mai, di cui Uncas non sapeva il nome. Anche la ragazza che lavorava dentro al forte.

 

"Avete perso la testa? Che è successo qui?" chiese Hopocan stizzosamente, lanciandosi la coperta di pelle sulla spalla con un improvviso movimento obliquo. "Anicus, Wagion e Tankawun. Certamente. I trasgressori del nostro accampamento hanno ampliato i loro orizzonti per includere gli Yengeese!"

 

"Spiegatevi. Ora." Il tono di Chingachgook rese evidente il fatto che non si aspettava nessuna disputa.

 

Uncas ascoltò intensamente, ma riluttante ad allentare la presa su Alice. Non erano mai stati così eccessivamente espansivi, ma si sentì quasi incapace di smettere di toccarla. La teneva stretta e le accarezzava la pelle e i capelli mentre ascoltava. Quando Alice entrò nel racconto della vicenda, gli occhi di lui si strinsero mentre fissava freddamente Anicus e Wagion.

 

Gli occhi di Wagion si spalancarono nell'oscurità. "Uncas, amico, lei insisteva per venire con noi. Lei e l'altra ragazza. Non potevamo rifiutarla e affermava di conoscere un'entrata di facile accesso!"

 

"Avreste dovuto cercarci. Avreste dovuto aspettare. Come potevate coinvolgere delle donne in questo piano pericoloso? Sarebbe fallito per innumerevoli ragioni. Entrambi avete messo in pericolo delle donne che, in quanto uomini, avete giurato di proteggere."

 

James guardò Uncas pensierosamente. Anche se non capiva una sola frase della lingua Delaware, poteva percepire l'indignazione del ragazzo nella sua postura, nei suoi occhi e nel suo lungo flusso di parole. Uncas non parlava quasi mai tanto.

 

"Ragazza," intervenne James, "come hai fatto... ecco, a scappare, per mancanza di una parola migliore?”

 

Alice sorrise a James in modo confortante, facendo un cenno col capo all'altra ragazza. "Lei è Amelia Warren. Mi ha aiutata a scappare."

 

Amelia non perse tempo con parole inutili. "Non se ne accorgeranno che è sparita, probabilmente fino a domani mattina. Questo vi farà guadagnare tempo. Per quanto riguarda il signor Nathaniel Poe, posso solo darvi la chiave della sua cella e indicarvi dove trovarlo. Tuttavia vi avverto, dato che la sua colpa è sedizione e tradimento, sarà sorvegliato molto. Ancora di più, dopo che scopriranno la mia scomparsa e la sparizione di Alice. Potrebbero persino trasferirlo in un luogo più sicuro."

 

"Sì, più che probabilmente su sollecitazione di quel bastardo pieno di sé, Bauman." James si accarezzò il mento, pensieroso.

 

Millie gli fece una strana occhiata. "Isaac non è ciò che dite, signore. E' rigido e altezzoso, sì, ma anche molto giusto e onorevole."

 

James fece spallucce con noncuranza, non nell'umore di discutere. "Rassegniamoci a non essere d'accordo, ragazza."

 

"Dove possiamo andare? Alice non può stare qui e nemmeno nelle case nella Valley, poiché potrebbero essere perquisite." Uncas rivolse questa domanda a James, ma fu Amelia a rispondere.

 

"So cosa si può fare. Vai a casa mia, a poche miglia da qui. E' soltanto una piccola casa che normalmente condivido con mia madre, ma al momento mamma è a Harrisburg a farsi curare per la sua tubercolosi avanzata." Amelia fece una pausa e disse con evidente difficoltà, "Non ritornerà a casa. Andrò da lei dopo stasera, e starò con lei fino alla fine della sua vita. Non andrà per le lunghe ora."

 

Amelia era... la storia più triste che avesse mai sentito, pensò James con compassione. Sembrava come se avesse condotto una vita miserabile, e persino ora stava lottando con le avversità.

 

"Allora è deciso." Chingachgook parlò in Delaware, "Uncas, porterai tua moglie e la ragazza in questa casa. Stai là finché verrò per tutti voi. Potrebbe trattarsi di un paio di giorni. Tankawun, Alemos, Mategwas. Avete dimostrato forza e coraggio e vi siete guadagnate il diritto di decidere da sole cosa fare. Ma comprendete che sarebbe meglio per voi se tornaste a casa."

 

Mategwas borbottò. "Ma c'è un piano per salvare vostro figlio?"

 

Chingachgook scosse brevemente la testa.

 

"Amici," disse Tankawun delicatamente, "Dov'è Stephen? Sta bene?"

 

Hopocan annuì, ma con compassione invece che con collera. "Sì, cara. E' andato a casa." Al raggiante sorriso di sollievo di Tankawun, Hopocan ebbe un'idea: farle ripercorrere la strada dalla quale era venuta, e le altre ragazze sicuramente l'avrebbero seguita. "Perché non vai da lui? So che gli manchi." Tankawun annuì tra sé e sé.

 

"Alemos, Mategwas, ritorniamo all'accampamento. Gli uomini staranno bene. Mannitto sorride a tutti voi, amici, e prego per la vittoria e per vostro figlio, Chingachgook."

 

"Ecco," disse improvvisamente Alemos, porgendo una lunga carabina in buono stato, "puoi usare questa. Ma non ha la...la cosa..."

 

"Pol-vere," intervenne utilmente Tankawun.

 

"Ne abbiamo in abbondanza, Alemos, wanishi." Uncas era felice dato che ora avrebbero avuto un'arma in più.

 

Non molto più tardi, tutti loro si dileguarono in direzioni diverse.

 

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Alice tirò fuori la voce con un sussulto, la testa le martellava e le labbra erano screpolate e sanguinanti. Si mise a sedere, intontita. Dove sono? Pensò con un leggero panico mentre guardava l'ambiente circostante a lei non familiare. Una casa di piccole dimensioni con due letti, un focolare, un tavolo... quasi come la casa degli Stewart.

 

Poi si ricordò. Aveva camminato per molto tempo con Uncas e Millie, per ore, rallentati dalla loro stanchezza, finché ebbero raggiunto la casa. Una volta dentro, Uncas insistette affinché le ragazze andassero subito a letto, mentre lui si diede da fare per accendere il fuoco nella casa e per controllare le provviste di cibo. Millie e Alice avanzarono insieme lentamente verso un letto che apparteneva a Millie sulla parete di fondo, ma Uncas rifiutò di prendere l'altro, commentando che non riusciva a dormire sui letti degli Yengeese.

 

"Su cosa?" Millie aveva chiesto con uno sbadiglio di pura stanchezza.

 

"Bianchi. Loro dormono su letti che sono troppo scomodi."

 

Alice aveva ridacchiato mentre gli occhi le si chiudevano per il sonno. "Chiama i materassi di piume scomodi, Millie. Come mi piacerebbe averne uno..."

 

Ora sveglia e man mano più attenta, Alice scivolò fuori dal letto. Trovò Millie rannicchiata accanto al focolare che stava girando uno stufato dall'odore dolce.

 

"Buongiorno, Alice." Millie guardò Alice con un rapido sorriso, poi si concentrò sullo stufato. "Uncas si è alzato presto per andare a caccia di piccola selvaggina, ha trovato anche alcune patate e rape per il nostro pasto della giornata. E' andato a lavarsi al fiume. Alice, me ne andrò dopo colazione."

 

Alice sentì una fitta nel cuore. Sapeva che Millie doveva andare da sua madre a Harrisburg, ma sarebbe stato difficile veder partire la ragazza. Avevano vissuto così tante cose insieme in un così breve arco di tempo.

 

"Mi mancherai, Millie." Disse Alice, con voce tremolante. Millie alzò lo sguardo e i suoi occhi erano brillanti, in modo sospetto. Si alzò e unì le sue mani con quelle di Alice.

 

"Anche tu mi mancherai. Ma devo andare. Ho un conoscente che mi porterà fino a Harrisburg, un amico di famiglia che vive proprio intorno alla curva da qui. Devo riflettere molto."

 

Alice strinse le mani dell' altra ragazza. Amelia le aveva parlato delle azioni spregevoli di Edward. "Hai bisogno di tempo per guarire, Amelia, lo so."

 

"Devo stare con mamma fino...fino alla fine. Ma poi, chi lo sa? Potrei persino venire alla tua Valley. Non sono mai stata là e sembra bellissima, da quello che mi hai detto."

 

Alice ansimò per la felicità, "Millie, è una notizia gioiosa, davvero! Sei una donna brava. Se tu dovessi scegliere di vivere nella Delaware Valley, avresti pieno sostegno e aiuto da me, Uncas e le nostre famiglie." Millie sorrise, ma come al solito permanevano tracce di tristezza. Pochi istanti dopo si illuminò.

 

"Puoi usare i miei vestiti e cose varie, sono accumulati nel baule accanto al mio letto. Uncas ha detto che andrà a caccia per il cibo. C'è un fiume nei dintorni se desideri fare un bagno; è un posto isolato e non ho vicini nei paraggi, solo il signor Matthews e mi sta portando a vedere mia madre. Sarete solo tu e Uncas." Millie sorrise per il rossore sulla faccia di Alice.

 

Uncas entrò a grandi passi proprio allora, con i suoi capelli e il petto umidi. Sorrise calorosamente ad Alice e Amelia. Millie arrossì per la sua pelle nuda ma Alice ci era abituata.

 

"Uncas, quello stufato che hai fatto ha un odore delizioso. Che cos'è? Millie ha detto che hai catturato la selvaggina."

 

Uncas rifletté sulla domanda. "Machq" disse alla fine.

 

Alice ansimò per l'orrore. "Orso?" farfugliò in preda all'orrore, "hai catturato un orso? Da solo?"

 

"Oh sì!" annuì Millie, "uno grande, nero e tremendo. Poi la moglie della povera creatura è venuta a cercarlo qui, quindi ti suggerisco di non gironzolare fuori, Alice."

 

"Ma Uncas, perché hai-" Alice si fermò mentre Amelia cedette a grandi scoppi di risate. Alice guardò prima Millie, poi Uncas che stava scuotendo la testa con un piccolo sorriso ed era diventato tutto rosso in volto. "Bene, mi hai fatto fare la figura della sciocca. Che cosa hai catturato veramente?"

 

"Un paio di conigli, Alice."

 

Amelia rise ancora più forte.

 

Dopo che la colazione era finita, Amelia si alzò e si diresse verso il suo zaino che era già stato preparato. Disse che doveva andare a casa del signor Matthews; non era lontano e sarebbe stato meglio se fosse andata da sola. Dopo aver detto addio alla coppia, con un bacio sulla guancia per Alice e una stretta di mano per Uncas, loro rimasero finalmente soli.

 

Alice guardò Uncas imbarazzata attraverso i suoi lunghi capelli mentre raccoglieva le posate e sparecchiava la tavola. "La casa è bella, anche se è priva del calore e della familiarità degli Stewart," lei mormorò. Uncas accennò di sì col capo e continuò a guardarla con attenzione.

 

Alice si schiarì la gola e si raddrizzò. "Mi è stato detto che c'è un fiume nei dintorni. Vorrei fare il bagno e forse più tardi lavarmi il vestito."

 

Uncas annuì con condiscendenza, osservando mentre raccoglieva un altro vestito pulito dal baule intagliato di Amelia. Scelse un grazioso abito bianco con un motivo floreale come anche una sottoveste. Si sentiva divampare la faccia mentre si voltò per uscire fuori dalla casa, afferrando gli indumenti. Uncas le teneva la mano mentre la guidava verso il fiume, aggiungendo che Millie aveva ragione; era un luogo abbastanza isolato.

 

Alice si sentiva così perplessa e le sue guance continuavano a divampare, più di tutto perché era completamente sola con Uncas, e lui intendeva seguirla fino al fiume, così lei poteva fare il bagno. Sapeva che era solo per la sua protezione, ma si meravigliava della vita matrimoniale. Come vivevano donne e uomini insieme con tale disinvoltura? Come si spogliavano le donne di fronte ai loro mariti? Quanto tempo ci voleva, prima che la forte timidezza potesse svanire?

 

Avevano raggiunto il fiume che era adombrato da lunghe file di alberi di betulle gialle e fiori selvatici. Alice pensava che il posto fosse magnifico. La luce del sole illuminava la faccia delicata di Uncas attraverso le foglie sopra di loro, il vento faceva oscillare i rami e sussurrava intorno a loro. Entro l' autunno questi alberi sarebbero stati di un magnifico colore giallo.

 

"Prosegui, Alice," disse Uncas, lasciandole la mano, l'espressione della faccia illeggibile. "Hai bisogno d'aiuto?"

 

Alice scosse la testa un po' freneticamente. Con i suoi occhi acuti, Uncas doveva aver notato il suo imbarazzo. L'abito che indossava era di lino, in stile polonaise, indossato anche da Annabel e Cora, di un colore chiaro e allacciato sul davanti, invece che nella parte posteriore. Aveva dei bottoni al posto dei lacci.

 

Quando Alice raggiunse la parte anteriore del suo abito, i suoi occhi cercarono inconsciamente Uncas e lui sembrava interpretarlo come un segno di disagio. Annuì e affermò che sarebbe rimasto proprio dietro agli alberi, affinché lei potesse chiamarlo in caso di necessità. Alice sentì una fitta di improvvisa delusione quando lui se ne andò. Lei e Uncas erano praticamente marito e moglie ora e, anche se non avrebbero mai potuto sposarsi legalmente, nella sua mente erano legati e... perché lei avrebbe dovuto nascondersi?

 

A dire la verità, era imbarazzata. Non si era mai considerata come una grande bellezza ed era priva delle forme eleganti di Annabel e Cora. Alice, ecco, il suo corpo era troppo magro per quello. Era alta e sottile come un giunco.

 

Così, fu con un vago senso di delusione che Alice si tolse velocemente l'abito, la sottoveste e le calze e scivolò nell'acqua fresca, lavando via il dolore e desiderando che Uncas fosse lì con lei. Sentiva l'acqua tiepida scorrerle dai capelli lungo la pelle riscaldata. Più tardi, sussurrò tra sé e sé, più tardi ci sarà tempo per le preoccupazioni. Ora sono qui con lui. Questo è tutto ciò che importa.

 

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Più tardi nel pomeriggio la coppia si sedette fianco a fianco a tavola, Alice che rosicchiava il pezzo di patata rimasto nel suo piatto. Quello era tutto ciò che avevano da mangiare a questo punto. Gli avanzi dello stufato dal pranzo e piccole patate che avevano trovato intorno ai margini rocciosi della casa. Il sole stava scendendo all'orizzonte e Alice si sentiva ancora tonificata ed energica. Aveva pulito la casa e familiarizzato con ogni cosa presente in essa.

 

Proprio allora Uncas rovesciò il resto della sua cena nel piatto di lei, mormorando che lei aveva bisogno di mangiare di più. Alice protestò senza successo, poi scivolò in un sogno ad occhi aperti riguardo alla danza della bambola che, secondo quanto le aveva detto Uncas, il suo popolo eseguiva.

 

"Uncas..." cominciò lentamente, "quando vivremo nella nostra casa e io sarò tua...tua moglie, mi racconterai altre storie? Sulle credenze del tuo popolo?"

 

Uncas si sentì sollevare il cuore, sentendo queste parole; lei parlava solo del futuro, quasi mai del passato.

 

La tirò gentilmente verso di lui e lei gli avvolse volentieri le braccia intorno, fissandolo dal suo petto.

 

"Ti racconterò le storie scozzesi, della mia terra. Anche leggende e miti greci."

 

"Quali?" chiese lui gentilmente, intrecciando cautamente una ciocca di capelli biondi tra le punte delle dita. I capelli di Alice brillavano nella  tremolante luce del fuoco che danzava.

 

"A Cora è sempre piaciuta Athena, la dea della guerra, della civiltà, della saggezza, delle abilità, della giustizia..."

 

Uncas sembrava divertito. "Tutto questo?"

 

Alice annuì, "Sì, davvero," con gli occhi che diventarono brillanti, "Lei ebbe origine dalla testa di suo padre già adulta, che indossava un elmo da guerra e brandiva una spada sguainata. Gli dèi la guardavano con soggezione."

 

"Qual era la tua preferita, nella tua infanzia?"

 

"Ecco..." Alice sembrava incerta, "di solito leggo la storia di Demetra e di sua figlia Persefone. Demetra amava così tanto sua figlia, andò incontro a ostacoli quasi impossibili per trovarla, una volta che era stata portata via. Il suo amore non conosceva limiti." Alice cambiò argomento quando si ricordò di un'altra cara, prediletta storia dell'infanzia, "Mi piaceva anche leggere il mito di Dioniso. Era il più giovane degli dèi dell' Olimpo, ma anche il più buono."

 

Alice stava seduta dritta e fece un respiro prima di sporgersi in avanti per un bacio. Per diversi minuti rimasero talmente assorti, Alice gli avvolse le braccia intorno al collo e sembrava spronarlo, più di prima.

 

Uncas si ritirò dalle sue braccia, respirando profondamente. "Alice..." disse attentamente.

 

Notò che i grandi occhi blu di lei erano imperturbabili quando lo guardava attentamente. La sua espressione si trasformò e gli fece un cenno col capo, cercando di trasportare tutto ciò che sentiva nei suoi occhi; che lei voleva questo, sapeva che lui lo voleva, che era giusto.

 

Chinandosi, Uncas catturò di nuovo le labbra di lei nelle sue, e percepì le soffici ciocche di capelli sul suo collo. Si sentì accarezzato dalla luce del sole e tutto ciò che provavano l'uno per l'altra sembrava pulsare tra loro in un palpitante, dolce abbraccio che li avvolgeva completamente. La mano di lui allentava i bottoni sulla parte anteriore dell' abito di lei, mentre lei gli strappò la camicia.

 

Molto tempo dopo, nella sicurezza del loro letto, Alice sentì il suo cuore travolto da mille emozioni.

 

Ciò che era successo tra lei e Uncas non era stato esattamente come lei aveva immaginato che andasse tra un uomo e una donna -  e non c'era niente di sbagliato nella sua immaginazione - ma Alice non voleva che questo finisse.

 

Si rannicchiò di fianco e poggiò la faccia contro il fianco di Uncas, strizzando gli occhi chiusi. Alice ripensò al tocco delle labbra di lui che le sfioravano la pelle, al palmo della sua mano che le accarezzava il polso e la gamba quando si chinava per baciarla avidamente. Il cuore di Alice era sembrato battere in sintonia con le azioni di lui, finché aveva sentito che l'aria aveva cominciato a mancarle e che una vampata di calore le aveva riempito gli arti.

 

Alice era stanca ma...felice. Una volta che avessero vissuto nella loro casa e avessero potuto concedersi la loro privacy, sapeva che gli eventi del pomeriggio sarebbero stati analizzati con molta più comodità e tranquillità.

 

Alice si addormentò pensando all' eventualità e sognò di essere distesa sotto l'ombra solida dell'albero di betulla, alzando lo sguardo verso infiniti occhi neri.

 

 

 

 

   
 
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