Il
giorno americano era
al suo apice, pensò Isaac Bauman mentre usciva fuori dalla
caserma a grandi
passi, con noncuranza, immerso nei suoi pensieri; aveva bisogno di
schiarirsi
le idee. Isaac guardò in alto, verso il cielo che era di un
nitido blu opaco.
Quando il pomeriggio calava, si fondeva in un delicato rosa corallo con
una
tonalità di mezzanotte, mentre la sera si avvicinava.
Inspirò
profondamente,
riempiendosi il petto fino all'orlo di aria rigenerante. L'aria sapeva
di dolce
con il caprifoglio e profumava come i maestosi Monti Appalachi, fresca
di rugiada
e di vento. Segretamente, a lui piaceva questo paese del mondo, molto
di più
del grigio deprimente e della pioggia dell' Inghilterra.
L'aria
tutta intorno a
lui era tinta con una nota di inquietante scoraggiamento.
Isaac
sospirò e si
appoggiò sulla parte posteriore di un carro rotto, ancora
rifornito della legna
da ardere, che aveva trasportato prima di perdere una ruota. Si strinse
il
ponte del naso e scosse la testa, agitato, come per liberarsi da questi
strani
pensieri... La tristezza che sentiva intorno a lui, anche la scossa di
troppe
emozioni che erano esplose subito. Lo shock e la disperazione che si
erano
sprigionati dalle iridi acquose di Alice Munro; Nathaniel Poe con i
suoi occhi
blu ghiaccio, insolente, anche quando era incatenato; il padre, il
fratello.
Non si era aspettato questa catena di eventi.
Isaac
piegò la testa di
lato quando un pensiero lo colpì. Come aveva fatto Edward ad
accedere a
quell'informazione, informazione che sarebbe circolata tra ufficiali di
grado
più alto rispetto a lui? Dubitava molto del fatto che Webb o
Pritchard o
Hughes, capitani e generali di status influente, avessero confidato in
uno
sciocco pretenzioso come Edward. Un tempo aveva considerato Edward come
un
amico, ma poi in privato aveva cominciato a disprezzare l' uomo e aveva
smesso
di confidare in lui. Le azioni di Edward erano molto spiacevoli e non
adatte a
un vero gentiluomo. Isaac rise al solo pensiero; come se qualcuno
effettivamente prestasse alcuna attenzione a Edward Lamberth.
Un
pettegolo, un imbecille,
un fanfarone e un amante delle donnacce della peggior specie,
pensò Isaac sdegnosamente mentre si alzava con
tempestività, togliendosi la polvere di dosso e sistemandosi
l'uniforme. Isaac
pensò a questa assurdità quando un'idea
cominciò a insinuarsi nella sua mente.
Si
voltò e diede
un'occhiata veloce ai bui corridoi che conducevano alla caserma del
soldato.
Isaac sentì una leggera trepidazione ma poi una dura
determinazione scavalcò
qualunque dubbio. Dopo tutto, era un ufficiale che era superiore in
grado a
Edward - che certamente non aveva
niente di deplorevole da
nascondere, pensò Isaac cinicamente.
Rapidi
passi portarono
Isaac nel corridoio scarsamente illuminato, passando oltre portoni e
lanterne
lampeggianti. Fece una brusca svolta a destra, e dopo un paio di passi
scese
verso l'ingresso degli alloggi di Edward e degli altri soldati.
Isaac
girò la maniglia
ed entrò senza bussare. Il suo sguardo dagli occhi scuri
perlustrava lo spazio,
la manciata di uomini stava bighellonando in varie parti degli alloggi;
alcuni
giocavano a carte per terra, a lume di candela. Un ragazzo di nome
Francis
Oldroyd stava tracannando il contenuto di una bottiglia, che Isaac
avrebbe
scommesso la sua vita fosse rum, molto probabilmente barattato con
alcuni marinai
ubriachi che stavano navigando verso l'entroterra, provenienti dai
Caraibi.
Isaac tirò su col naso ma non disse niente, invece di
cercare Edward in un
gruppo di tre uomini che erano per terra, ridacchiando e roteando un
pezzo di
stoviglie per terra, ululando dalle risate quando cadeva e si
frantumava.
Edward
conosceva questo
gioco, si chiamava "spezzare il collo del papa" da quelli che
assecondavano le opinioni anti-Papiste. Anche se non lo mostrava come
una sorta
di trofeo, Isaac era stato cresciuto come cattolico e quindi
sentì una scossa
di oltraggio e risentimento.
"Mettetelo
via-ora!"
disse Isaac a voce bassa, con gli occhi stretti mentre la sua mandibola
si
irrigidì. I tre uomini seduti a terra sembravano perplessi,
e guardarono
Oldroyd che stava cercando di nascondere la sua bottiglia di alcool,
inosservato, poiché era l'unico che stava infrangendo
qualche vera regola.
"Non
guardate verso
di lui. Mi stavo riferendo a voi tre, mettete via quello stupido
diversivo in
questo istante. Se scopro che avete rubato quel pezzo di vasellame
dalla sala
mensa, tutti voi pagherete il valore di esso 10 volte di più
sotto forma di
razioni. Mettete a posto questi alloggiamenti." Isaac
osservò mentre
ognuno si accingeva a immagazzinare ogni cosa nella stanza, "Tutti voi
allineati."
Dove
diavolo è Edward?
pensò Isaac, poi sforzò il suo cervello per
cercare qualcosa su cui inveire, allo scopo di nascondere la sua
confusione e
prendere tempo.
"Questo
è un forte
di soldati o una scuola di bambini indisciplinati?" ci fu un silenzio
disagevole. "Rispondetemi."
Il
gruppo di uomini
mormorò all'unisono che era la prima cosa.
"Allora
com' è che
vi trovo tutti a giocare d'azzardo e a perdere tempo con questi frivoli
passatempi? Questa non è la campagna inglese con abitudini
rilassate e
spiritosaggini. Siete nelle colonie britanniche e siamo in guerra con
la
Francia! Pensate che i soldati di Re Luigi stiano bighellonando e
giocando a
birilli o a backgammon...o... qualsiasi cosa la gente faccia in
Francia?"
Qualcuno
rise sotto i
baffi e Isaac si accigliò, ma non interruppe il passo, "il
re delle Rane
non permetterebbe una cosa simile, nemmeno noi. Ora-"
Isaac
sentì girare la
maniglia della porta e la porta si aprì con un forte
cigolio. Era Edward. Isaac
lo fissò freddamente.
"Isaac,"
l'altro uomo disse disinvoltamente, entrando a grandi passi e gettando
il
cappello sulla sua branda. "Tutto bene?"
Isaac
annuì brevemente.
"Questa è un' ispezione a sorpresa. Tutti devono lasciare
questi
alloggiamenti fino a nuovo avviso."
Edward
si congelò e
fissò gli occhi su Isaac, imperturbabile. "Cosa?"
Isaac
sentì le sue
sopracciglia inarcarsi quasi fino all'attaccatura dei capelli. "Per il
momento ignorerò il tono impertinente. Per rispondere a voi
tutti, ho scoperto
che il contrabbando è diffuso negli alloggi e ho deciso di
fare le
ispezioni."
"Ma..."
Edward
sbottò, "non abbiamo ricevuto segnalazioni al riguardo!
Signore,"
aggiunse l'ultima parte frettolosamente, mettendosi dietro l'orecchio
una
ciocca di capelli lisci, con mano tremante. Isaac notò che
lui continuava a
fissare il suo letto.
Isaac
sospirò,
"Lamberth, questo è precisamente l'intero scopo di
un'ispezione a sorpresa. Qualsiasi preavviso dovrebbe dare risultati in
contraddizione con l' oggettività. Non siate così
sciocco, non vi conviene.
Tutti fuori, chiudete la porta, e che Dio vi aiuti se trovo qualcuno di
voi con
gli occhi o le orecchie incollati da qualche parte vicino alla porta."
Gli
uomini annuirono e
fecero dei leggeri inchini prima di correre velocemente fuori. Isaac
fissò
duramente Edward che stava indugiando vicino all'entrata. Isaac poteva
quasi
gustare i timori dell'altro uomo.
"Isaac,
signore,
permettetemi di aiutarvi. Ci sono troppi letti e... troppi bagagli da
perquisire." Edward fece un rapido movimento inconscio verso la propria
zona notte e fu fermato da un severo comando di Isaac. Edward lo
fissò, con i
suoi occhi grandi e indifesi.
"Isaac...
siamo
amici. Fratelli di armi."
Isaac
sentì una fitta di
senso di colpa in fondo alla sua mente, mentre Edward
continuò, "Dopo che
hai ricevuto la tua promozione di ufficiale, mi hai lasciato dietro e
mi hai
trattato come feccia. Non hai alzato un dito per innalzarmi e poi ti
sei dimenticato
della nostra amicizia. Un'affinità che ha attraversato anni
e continenti ma che
è stata disgiunta dopo che sei diventato un mio superiore."
"Questo
non è vero,
Edward. Ero il tuo fedele amico da quando sono entrato a far parte di
questo
reggimento. Io non sono cambiato, tu sì." Isaac scosse la
testa quando
Edward aprì la bocca furiosamente per replicare, "Possiamo
trascorrere
un'eternità a dissentire su questo problema, ma tu sei
cambiato e sei diventato
un uomo insensibile e crudele. Conosco i miei difetti, il mio orgoglio
- ma non
vorrei mai che il male ricadesse su un' altra persona. E inoltre, so
tante cose
sui tuoi affari, molto più di quanto tu creda. In onore al
nostro vecchio
cameratismo, non ho segnalato nessuna delle tue attività
illecite, come la
mia posizione richiede."
Edward
ora guardò Isaac
pieno di risentimento, odiosamente, con aperta ostilità. "Ad
esempio?" lui sogghignò, con i pugni stretti di fianco.
"Come
il traffico
di gioco d'azzardo che hai creato con la feccia del nostro reggimento.
Un buon
esempio, dovresti essere preso in considerazione per la promozione.
Terrorizzi
i ragazzi sotto di te, che siano cuochi o tamburini. Cerco di parlare
con loro
ma non diranno una sola parola contro di te, la loro paura è
così grande. So che
menti, rubi, e non pensare che io sia ignaro di ciò che stai
facendo ad
Amelia."
A
questo, Edward rise e
roteò gli occhi, e Isaac sentì un crescendo di
vergogna per il fatto che non
era stato capace di proteggere la giovane ragazza dalle avances di
Edward. Il
suo ragionamento era che lui non aveva voluto umiliare la ragazza in
nessun
modo o far sì che Edward fosse frustato per punizione.
"Non
avrei mai
dovuto ignorare la tua lascivia, Edward. Pensi che non ti conosca?
Ovunque vai,
domestiche, sgualdrine delle osterie e via di seguito. Stai usando
quella
povera ragazza. Dovresti vergognarti di te stesso, signore."
Edward
fece uno sguardo
torvo e non rispose per un istante prima di replicare
"Vergognarmi, signore?
Per rotolarmi con la cameriera?" lui si sfiorò semplicemente
il fianco con
la mano, con un gesto rapido, mostrando come considerava la questione
di Millie
Warren banale e insignificante. Gli occhi di Isaac si
indurirono. Rotolarsi?
Che grossolano e indecente! Aveva sentito solo le persone delle classi
sociali
inferiori usare quella terminologia.
"Ora
basta. Stai
lontano da me, unisciti agli altri uomini e non tornare
finché non vieni
chiamato." Gli ex amici si trovarono uno di fronte all'altro in un
silenzio glaciale di lunghi istanti; entrambi sapevano che la loro
precedente
amicizia non si sarebbe mai più riallacciata a questo punto.
Edward avrebbe
sempre provato risentimento nei confronti di Isaac per il suo
avanzamento nella
carriera militare e Isaac non si sarebbe mai più fidato di
un libertino e di un
ladro.
Facendo
a Isaac un altro
sguardo maligno, pieno di rancore, Edward marciò fuori,
sbattendo la porta,
camminando con passo pesante con i suoi stivali, giù lungo
il corridoio.
Isaac
guardò la porta
con vera tristezza; era un peccato che le cose fossero diventate
così
ingarbugliate e problematiche. Un vero peccato percepire che tale
devozione per
un amico in gioventù, prima che i problemi mandassero tutto
in pezzi, non
poteva mai più essere riparata. Edward aveva scelto il
proprio sentiero, pensò
Isaac. Aveva un' ombra che lo oscurava, Isaac poteva vederlo nei suoi
occhi.
Isaac
si mise accanto
alla branda di Edward ed esaminò tutti i suoi effetti
personali. Aveva la
sensazione di poter trovare qualcosa qui, aveva bisogno di una
spiegazione sul
perché un soldato fosse così informato sulle
questioni militari. Non era
nemmeno tanto per la sua conoscenza di Nathaniel Poe; c'erano altre
questioni,
Edward conosceva opportunamente l'andirivieni di affari, che dovevano
esserci
state tra gli ufficiali e i Capitani e i Generali. C'erano guai in
corso, Isaac
lo sapeva.
Quasi
10 minuti dopo,
Isaac aveva finito di rovistare tra gli effetti personali di Edward,
sfogliò i
pochi libri che possedeva, ispezionò ogni pollice della sua
branda, e non aveva
trovato ancora niente. Soltanto insulsi bigliettini d'amore da parte di
Millie
e cose simili. Trovò un piccolo, economico orologio da tasca
che assomigliava a
quello che aveva il giovane Mason. Comprendendo che Edward lo aveva
rubato a un
prigioniero, Isaac si sentì disgustato e se lo mise in tasca
per restituirlo al
suo legittimo proprietario.
Isaac
non aveva trovato
ancora niente e si sentì incredibilmente frustrato. Si
rifiutò di credere che
la divina Provvidenza avesse dato in dono a Edward Lamberth un potere
mistico
da chiaroveggente. Proprio allora i suoi occhi incrociarono il cappello
a
tricorno dell'alta guarnigione che Edward aveva lanciato distrattamente
sulle
lenzuola. Si ricordava come Edward continuasse a guardarlo
discretamente. Isaac
raccolse il cappello e inclinò la testa curiosamente. Era
...più
ingombrante?...della norma. Ribaltandolo e sbirciando dentro, Isaac
ispezionò
l'interno attentamente e vide che aveva una forma strana e che la
fodera era
stata alterata. Fece scorrere un dito incallito lentamente verso
l'interno. Sì,
la fodera era stata ricucita male, dopo essere stata strappata.
Isaac
camminò
velocemente verso la luce della candela e si rannicchiò
più vicino, tirando
fuori il suo coltello da tasca e aprendo sapientemente la cucitura. Se
non ci
fosse stato niente, Isaac si sarebbe scusato personalmente con Edward e
avrebbe
sostituito il cappello di Edward con il proprio e lo avrebbe ripagato.
Isaac
fu preso alla
sprovvista quando un netto ammasso di pergamene cominciò a
cadere fuori
dall'apertura. Che diavolo è? Per i
diversi minuti successivi, Isaac
sfogliò i documenti, i suoi occhi acuti che non
tralasciavano niente -
specialmente le date, chi li mandava e a chi erano destinati.
Edward...
la sua
depravazione non conosceva limiti? Non appena lo shock che sconvolse il
giovane
ufficiale fu scomparso, la collera ardente gli attraversò le
vene per l'abuso
di potere di Edward, le sue cospirazioni, i suoi furti
- la sua
natura subdola e ipocrita.
Schiacciando
le lettere
nella sua mano, Isaac andò fuori, sbattendo la porta contro
la parete, pieno d'
ira. Edward non sarebbe stato capace di scappare via da questo,
pensò Isaac
quando il suo sguardo incrociò gli occhi grandi e agitati
del suo ex amico, che
stava nascosto fuori. Edward sembrava quasi afflosciarsi e deperirsi
quando
Isaac sollevò i documenti spiegazzati e li brandì
di fronte a Edward.
"E'
questo il
motivo per cui volevi aiutarmi? Cosa
avresti fatto una volta che
avessi voltato le spalle?" Isaac si voltò improvvisamente,
"Collins!" lui ringhiò. Mio Dio, lo
porterò dinanzi alla
Corte marziale.
"Sì,
signore."
"Portatemi
l'Ufficiale di etica. Abbiamo un altro criminale che ha bisogno di una
sistemazione."
...................................................................................................................
Anicus
corse giù per i
verdi sentieri della foresta, veloce e silenzioso come un daino. Aveva
bisogno
di raggiungere velocemente l'accampamento.
Dopo
il faccia a faccia
che si era evidentemente verificato tra la ragazza di Luna, suo padre,
Chingachgook e gli altri, la ragazza dai capelli
biondi era stata
rinchiusa, come anche Longue Carabine. Il
ragazzo dai capelli rossi
e lui stesso erano stati rilasciati. Perché? Cos'era
successo? Non lo sapeva, poiché
gli uomini anziani non confidavano in lui e suo padre lo stava
acutamente
ignorando. Il silenzio tra padre e figlio era denso di delusione e
rammarico.
Padre,
pensò Anicus mentre saltò sapientemente su un
tronco caduto, per Mannitto, giuro che non volevo che
tutto questo
accadesse. La follia e l'orgoglio sono le mie debolezze. Padre, avevi
ragione.
Per favore, perdona la mia avventatezza nell'essere partito davanti a
voi
tutti. Ma c'è qualcosa che devo fare e so che non approverai.
Anicus
rivolse una
preghiera al Grande Spirito, chiedendo ferventemente al Creatore
fortuna e una
sorte benevola. Si era intrufolato per conto suo dall'esterno del forte
dell'uomo bianco, dove gli uomini stavano discutendo con urgenza su
cosa si
dovesse fare. L'uomo alto dai capelli biondi stava dicendo che dovevano
parlare
con il capo dei Bianchi in questa colonia. Un gov...gov...tore che
viveva in un posto a 5 giorni di cammino di distanza. Uncas era
sembrato
silenziosamente supplichevole con l'uomo bianco.
Anicus
aveva un'idea più
chiara e così scomparve nel bosco mentre gli uomini
discutevano.
Ora
era al fiume, non
lontano dall'accampamento e strizzò gli occhi quando scorse
la figura slanciata
di Tankawun, seduta da sola sulle rocce. Anicus le si
avvicinò.
"Tankawun,
ho
bisogno del tuo aiuto." Anicus lo disse senza preamboli o avvisi e
osservò
in silenzio stoico. La ragazza urlò e balzò in
piedi, fissandolo con occhi
pieni di lacrime per lo shock.
"Anicus?
Tu - come
- Che è successo? Dove sono gli altri? Siete stati tutti
rilasciati?"
chiese lei, piena di speranza, i suoi graziosi lineamenti avidi e
diretti su
Anicus.
"Che
è successo
alla tua faccia?" chiese Anicus in una momentanea distrazione. Lei
aveva
un brutto livido che le colorava lo zigomo e la mandibola, "non
importa,
non è niente”. “Ascoltami, mi dispiace.
Avevi ragione sui tuoi amici bianchi.
Lui... Steeben e quella ragazza
bianca sono buoni-"
"Anicus,
grazie per
quello che stai dicendo e -"
"Non
ho ancora
finito," Anicus la interruppe impazientemente, "il ragazzo dai
capelli di fuoco è stato rilasciato, ma hanno tenuto
prigioniera la ragazza dai
capelli d'oro. Non sarà così. L'ho detto. I
Bianchi sono crudeli persino contro
i loro simili. La libereremo dalla sua gabbia."
Gli
occhi di Tankawun
erano grandi e ansiosi. "Sì, Anicus. Sono dalla tua parte.
Cosa posso
fare? Hai delle armi? Mi farai vedere come usarle?"
La
bocca di Anicus si
inarcò in un sorriso momentaneo per l'audacia della ragazza.
"Te lo
spiegherò più tardi. La prima cosa che vorrei che
tu facessi è andare a casa
nel nostro accampamento - ora, rapidamente - e radunare Wagion, Gohkos,
Molsem,
solo quelli di cui ci possiamo fidare," Tankawun stava annuendo
fervidamente, "Non gli anziani! Solo ragazzi che non hanno una
fidanzata o
dei figli. Ma velocemente e in silenzio. Dobbiamo tornare di corsa
perché il
piano deve essere realizzato di notte."
Tankawun
fece un
movimento verso il sentiero che conduceva all'accampamento, immersa nei
suoi
pensieri. "Anicus, amico, ti porterò i più forti.
Anche le armi."
Anicus
annuì
coraggiosamente, "Alapsi, mai
wenchahki!" la esortò a sbrigarsi e a tornare, e
guardò la ragazza
sparire in una curva. Era sempre così veloce e leggera, i
suoi piedi simili
alle nuvole provenienti da est.
Il
contrattacco dei
Lenape era cominciato, pensò Anicus con un sorriso.
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La
porta fu chiusa.
Millie fece un sospiro frustrato quando sollevò il grande
anello di ottone che
conteneva la sua collezione di tutte le chiavi necessarie al forte.
Questo
immagazzinava tutta la biancheria e cose simili, e lei aveva bisogno di
disporre le lenzuola lavate e stirate. Aveva anche deciso di infilare
due
coperte e un cuscino improvvisato per Alice Munro. Povera ragazza, la
schiena
ora doveva farle un male cane.
Prima
che avesse tempo
di fare questo, un giovane tamburino di nome Thomas Camp corse
velocemente
verso di lei. In realtà, il ragazzo orfano era nato con il
cognome Van Kaampen,
ma a causa dei pregiudizi contro gli Olandesi, lo aveva abbreviato
così.
"Signor
Camp,
" lo stuzzicò Millie, "Che cosa vi ha emozionato
così tanto?"
Gli
occhi color nocciola
del ragazzo erano tondi. "La scena più tremenda. Edward
Lamberth era coinvolto
in una potente litigata con Isaac. Lamberth è stato
arrestato e portato,
scalciando e urlando, negli alloggiamenti del Generale Waddell."
Millie
si sentì
stringere il cuore. "C-Cosa?"
Tom
scambiò il suo shock
per un capogiro. "E' vero, l'ho visto. Imprecava come un marinaio e
scatenava una tale confusione, sul serio, urlando parole irriverenti
mentre
veniva portato via." Tom sospirò felicemente. "Ora il resto
di noi
può essere a proprio agio. Spero che gli tolgano il diavolo
dalle viscere e che
lo buttino fuori."
Millie
gli fece un'
occhiata tagliente, "Non dire queste cose, ragazzo."
"E'
vero,"
disse ostinatamente il ragazzo, con la sua mandibola impostata, "Ci ha
tormentati per così tanto tempo. Ricordate Peter Mannox? Si
è unito alle nostre
file quando morì sua madre e non aveva un altro posto dove
andare. Salpò dall'
Inghilterra insanguinata. Era ancora in stato di shock per tutto
questo, fu
fatto diventare cuoco perché quel lavoro non richiedeva
troppa conversazione.
Lamberth lo disprezzava per il suo carattere calmo e lo
infastidì così tanto
che Mannox sviluppò delle tendenze nervose. Fu rimandato a
casa a Londra."
Abbassando
lo sguardo,
Millie si sentì a disagio perché si ricordava di
quell' episodio. Povero Peter
Mannox, soltanto 14 anni. Cominciava a sobbalzare per i piccoli rumori
e le
ombre, non mangiava e non dormiva. Quando cominciava a gironzolare per
i campi
senza alcun ricordo di essere andato via per conto suo, beh, fu presa
la
decisione di dimetterlo e mandarlo in Inghilterra. Dopo di che, nessuno
aveva
mai più sentito parlare di lui. Era stato un ragazzo dolce;
dolce, triste e
smarrito.
"Venite
con me! Lo
stanno interrogando." Lui le tirò con urgenza il braccio e
corsero via.
Nell'arco
di pochi
minuti raggiunsero gli alloggiamenti del Generale, dove una folla di
giacche-rosse si era riunita tranquillamente per assistere allo
spettacolo in
corso. Uno di loro si portò un dito sulle labbra,
avvisandoli di stare zitti
quando Millie e Tom si insinuarono nel gruppo. Millie si sporse
cautamente.
"...Mio
Dio, uomo,
non avete l'onore di parlare?" Waddell strepitò per
l'indignazione. Millie
si avvicinò di più. "Come osate, signore? Come
avete la sfrontatezza, no,
la dannata malignità di
rubare la corrispondenza privata al
vostro ufficiale di grado superiore? Rispondetemi, maledetto!"
Ci
fu un colpo e Millie
trasalì, sapendo che molto probabilmente Waddell aveva
colpito Edward.
"Posso
spiegare,
signore." disse Edward, con la voce tremante. Per esperienza, Millie
sapeva che il tremito nel suo tono di voce era per la collera repressa
e non
per il rimorso o i nervi.
"Bene,
fareste
meglio! Perché non ho mai ricevuto questi resoconti e la
corrispondenza?"
"Non
lo so,
signore."
"Non
siate
insolente, ragazzo. Erano in vostro possesso."
"Li
ho trovati
negli alloggi di qualcuno, signore." Ci fu una pausa incredula. La voce
di
Waddell era calma per lo stupore.
"Onestamente
vi
aspettate che io vi creda? Avete trovato questi documenti privati e poi
li
avete cuciti nel vostro cappello del cavolo per tenerli al sicuro?"
"Generale
Waddell,
posso assicurarvi che-"
Waddell
interruppe
Edward, "Vi suggerisco di scegliere le parole saggiamente, ragazzo.
Siete
di fronte a una Corte marziale."
"Sì,
signore. Li ho
trovati negli effetti personali di un ragazzo qui, un tamburino. Li ho
custoditi in questo modo per proteggerli fino al vostro arrivo."
"Quale
ragazzo?"
"Si
chiama Thomas
Van Kaampen, signore. Ma si fa chiamare Tom Camp."
Tom
strizzò il braccio
di Millie ed entrambe le loro mandibole calarono mentre i due
adolescenti che
origliavano si scambiarono degli sguardi costernati. Gli uomini intorno
a loro
cominciarono a mormorare. Persino nella luce bassa, Millie riusciva a
vedere il
rossore sulla faccia di Tom. Era paonazzo. Prima che Millie potesse
fermarlo,
il ragazzo si precipitò nella stanza.
"Sta
mentendo!
Generale, quell'uomo mente come respira!"
"Thomas,
torna
qui!" Millie si afferrò la gonna e si precipitò
dietro di lui. Il ragazzo
poteva andare incontro a una dura punizione per aver ascoltato tali
questioni
delicate. Ma Thomas non rinunciò, si scrollò
dalla spalla la pallida mano di
lei.
"Ratto!
Bugiardo!" Tom si infuriò, "se c'è qualcuno in
questo intero dannato
forte che farebbe una cosa simile, quello è Lamberth,
signore. Sta mentendo per
ricoprire le sue tracce, ma io non lo tollererò, eh!"
Edward
cominciò a
lanciare più accuse a Tom, finché Millie non
poté sopportare più la cosa. Ne
aveva avuto abbastanza delle bugie eccessive e della
crudeltà di Edward. Non se
ne sarebbe stata con le mani in mano a vedere un'altra persona
innocente
addossarsi la colpa per le azioni illecite di Edward.
"Generale,
Thomas
dice la verità." Amelia sussurrò.
La
faccia di Edward
divenne paonazza. "Chiudi la bocca, maledetta sgualdrina!"
"Edward
Lamberth!" Waddell tuonò, con gli occhi che scintillavano,
"non
parlerete mai più a una signora in quel modo!"
"Una
signora? Mai,
signore." Edward disse maliziosamente. Millie colse il doppio senso e
arrossì, ma incalzò coraggiosamente.
"Lo
so perché me lo
ha detto. Edward mi ha detto che ha intercettato la vostra
corrispondenza per
essere informato sui discorsi tra gli uomini di alto grado militare,
per avere
informazioni in cambio di favori, e ..." Gli occhi di Millie
incrociarono
quelli di Edward attraverso la stanza, "penso che volesse fingere di
essere un Maggiore o un Generale, dato che quella non sarebbe mai stata
una
possibilità, a causa del suo brutto carattere."
Gli
occhi di Edward
fiammeggiavano come due carboni ardenti in un pozzo di fuoco. E Millie
lo vide,
osservò con timore mentre quel lento sorriso si allargava
sulla sua faccia,
come il sorriso di un cacciatore che stava raggiungendo la sua preda.
"Beh,"
disse
lui calmo, "almeno ora sappiamo che sei una bugiarda così
come una
meretrice."
Isaac
Bauman avanzò
verso Edward e, in un'insolita manifestazione di ostilità,
afferrò l' uomo per
il colletto. "Scusatevi con lei, ora! O vi farò frustare,
Edward, che Dio
mi aiuti."
Edward
era troppo
immerso nella sua collera per registrare la minaccia reale; sapeva che
la sua
carriera militare era perduta, così non gliene importava
più. "Anche voi
avete avuto la sciocca ragazza? Penso di sì, Isaac, o
altrimenti perché
difendete costantemente la stupida marmocchia? Si solleva la gonna per
le
giacche-rosse, tutti lo sanno-"
Il
pugno di Isaac che
ruppe il naso di Edward fermò quella frase dall'essere mai
pronunciata.
Waddell
sospirò e roteò
gli occhi e Tom sogghignò per la soddisfazione, mentre
l'altro uomo si torceva
sul pavimento in agonia.
"Mi
avete rotto il
naso!" disse Edward, ma la sua faccia che si stava gonfiando
rapidamente
rese le sue parole quasi incomprensibili.
"Voi
cosa, signor
Lamberth?" Thomas lo schernì per provocazione, "che dite
riguardo
alle dita dei piedi?"
Edward
lo ripeté più
forte.
"Avete
trovato una
rosa?"
"Basta!"
Waddell urlò. "Qualcuno porti costui in infermeria.
Assicuratevi che non
scappi."
Dopo
che il soldato
sanguinante fu trasportato, tutti gli occhi si rivolsero attentamente
verso
Millie. Era così umiliata e ferita che voleva sprofondare
nel suolo, sparire da
questo posto disgraziato e non ritornarvi mai più.
Le
lacrime le scorrevano
lungo la faccia mentre diceva a scatti e ansimando, "Quello che ha
detto
Edward in parte è vero, Generale. In verità ho...
solidarizzato... con lui. Non
con il signor Bauman o qualcun'altro. Mi dispiace, signore. Avrei
dovuto dirvi
anche del suo furto di corrispondenza, signore, ma ero spaventata. Mi
minacciava di ferirmi e qui non ho nessuno pronto a difendermi." Millie
abbassò gli occhi, sentendosi infelice. Nessuno disse una
parola dopo la sua
confessione sussurrata.
Sentì
Isaac sospirare
profondamente e avanzare verso di lei. Poggiandole una mano sulla
spalla,
sembrava cercare le parole. "Millie-"
Ma
lei fece appena un
piccolo inchino e uscì fuori dalla porta, senza incrociare
gli occhi di
nessuno.
Invece
di fare la sua
vergognosa camminata attraverso il forte, verso il suo dormitorio, i
piedi di
Millie la portarono in una direzione completamente diversa.
Senza
fare una pausa per
analizzare veramente a fondo i problemi, Millie raggiunse la persona a
cui
aveva pensato tutto il giorno.
Millie
si sentiva
indifferente mentre trovò la chiave, girò la
serratura e aprì la porta.
Alice
Munro guardò
Millie sbattendo le palpebre, confusa. "Ehi... mi stai portando una
cena
anticipata?"
Amelia
si sentiva
sventrata, vuota; tutto quello che Edward le aveva detto era stata una
bugia.
Non aveva mai avuto intenzione di sposarla. La usava solo per i propri
mezzi
egoistici. Che sciocca sono stata,
pensò Millie con amarezza. Ora
sentiva che la sua vita era veramente finita. Tutti in città
ne avrebbero
sentito parlare, tutti avrebbero puntato il dito su di lei e mormorato
su come
era licenziosa. Non poteva nemmeno lasciare la colonia della
Pennsylvania
perché sua madre era così malata in un'altra
città.
Il
massimo che potesse
fare, ora alla soglia di tutto questo dolore e disperazione, era
aiutare questa
ragazza che meritava di stare con l'uomo che amava.
"Puoi
andare
adesso, signorina Alice." Sussurrò Millie, con gli occhi
pungenti, non
avendo nemmeno l'energia di sorridere.
Alice
guardò l'altra
ragazza in modo attento, notando la sua pelle rossa e macchiata, tracce
di
lacrime sulla sua faccia, ma soprattutto tutta la miserabile agonia nei
suoi
occhi.
"Vai,
Alice. Sei
libera di andare."
"Che
ti è successo,
Millie?"
"Niente.
Lasciami
stare. La tua famiglia si trova al margine del bosco. Vai da loro."
"Nathaniel?
Mio
cognato?"
Millie
scosse la testa,
indicando che non lo sapeva. "Alice, non c'è molto tempo. La
maggior parte
dei soldati solo ora si sono dileguati dagli alloggiamenti del Generale
Waddell, quindi devi andare adesso, in questo momento. Passa
velocemente
attraverso una piccola porta, prima della cucina..." Millie
sospirò,
"non sai cosa significhi tutto questo. Vieni, ti farò
vedere."
Alice
sembrava incerta,
ma speranzosa. "Sei abbastanza sicura? Millie, potrebbero lanciare
delle
accuse contro di te."
Amelia
afferrò la sua
mano e la tirò fuori, poi richiuse la porta dietro di loro.
"Vieni, Alice.
Sbrigati, segui le mie istruzioni e non sarai né vista,
né sentita."
Insieme,
le due ragazze
sparirono nell'oscurità del corridoio.
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Anicus
aveva
un'espressione aspra sulla faccia mentre esaminava il gruppo che
Tankawun aveva
portato. Prese da parte la ragazza, tirandola per il gomito.
"Tankawun,"
sibilò, "che cosa hai fatto? Dov'è Gohkos?
Molsem?"
La
ragazza Lenape
sembrava offesa. "Non sono riuscita a trovarli. Così ho
portato Wagion,
Mategwas e Alemos," sussurrò Tankawun.
Anicus
guardò Mategwas,
la ragazza grossa con cui Wagion stava condividendo il letto. Anicus
aggrottò
la fronte più profondamente. Era odiosa e aveva un pessimo
carattere.
Probabilmente, lo picchiava anche in privato.
"Che
c'è che non va
con Mategwas e Alemos?" Tankawun ribatté.
"Sono..."
Anicus sembrava perplesso, non sapendo da dove cominciare. Mategwas
mi
fa venire gli incubi. Alemos urla per ogni cosa. Ci metterà
in pericolo
strillando, quando vedrà un uomo bianco. "Sono
ragazze."
Tankawun
si impennò per
la collera. "Sono ragazze, ma hanno un cuore! Solo perché
siamo donne non
vuol dire che dobbiamo essere bandite all'angolo di un wigwam, a
intrecciare
cesti e rammendare perizomi! Mategwas è impavida e
Alemos...beh, ecco..."
Tankawun lottò con le sue parole prima di fare spallucce
filosoficamente.
"Non sono riuscita a trovare nessun altro. Lei ha chiesto di venire e
ha
portato un bastone di fuoco che suo fratello si è procurato
da un soldato
Yengeese." Lei alzò lo sguardo, "Faglielo vedere, Alemos!
Combatteremo gli Yengeese con le loro stesse armi."
Alemos,
la ragazza più
piccola dell'accampamento, avanzò timidamente verso Anicus.
Malgrado l'età,
Tankawun raggiungeva solo la spalla dell'altra ragazza.
Presentò la lunga
carabina ad Anicus, che ammirava il lucente calcio in legno d'acero e
la lunga
canna. Si guardò intorno, confuso.
"Dov'è
quell'altra
cosa?"
"Cosa?"
chiese
Wagion con perplessità.
"Quella
cosa. La
cosa che gli Yengeese versano qui dentro," Anicus lasciò le
ditate sulla
canna, "che fa uscire fuori il fuoco e quella cosa rotonda."
Gli
altri lo fissarono
in modo inespressivo; i Delaware erano tra i pochi Indiani che non
avevano
facile accesso alle armi dell'uomo bianco e usavano sempre frecce e
accette.
Anicus si girò per guardare Tankawun, che sembrava
imbarazzata. "Sì, ora mi
ricordo," disse, rossa in volto, "gli Yengeese la chiamano pol-vere"
"Beh,
dov'è?"
Alemos
sussurrò che non
ce l'avevano. Anicus lottò per controllare la sua collera. "Wulelimil,
Alemos." Disse in tono sarcastico, "E' inutile!" Lui
rispinse la carabina nelle braccia di lei. Wagion diede ad Anicus un
colpo con
la mano sulle spalle e gli fece vedere l'insieme di mazze da guerra,
accette,
archi e frecce che si erano portati dietro.
"Le
ragazze non
sanno usare queste, glielo dobbiamo insegnare prima di raggiungere il
forte. E'
meglio andare ora, non so se ci hanno visti." Wagion guardò
preoccupato in
direzione dell'accampamento. "Quest'idea è una pazzia,
Anicus."
Wagion sogghignò felicemente. "Andiamo."
Camminarono
per un po'
di tempo. I ragazzi erano silenziosi mentre procedevano attraverso la
foresta e
le ragazze, certamente, non così tanto. Anicus fece una
smorfia, mentre
Mategwas camminava dietro di loro con passo pesante, respirando
rumorosamente.
Proprio allora tutti loro sobbalzarono quando sentirono un forte
rimbombo. Uno
per uno, tutti gli occhi si spostarono su Mategwas.
"Alemi
nkatupwi!"
lei si difese, mentre la sua pancia emetteva un altro brontolio di
protesta.
Persino la sua voce sembrava simile a quella di un uomo.
"Ha
fame,"
mormorò Wagion delicatamente.
"L'ho
sentita," Anicus ribatté, osservando con disgusto lo sguardo
affettuoso
condiviso tra Wagion e Mategwas. Alemos prelevò un po' di
pane di mais dalla
propria borsa di pelle di daino e lo offrì a Mategwas.
"Wanishi"
la grossa ragazza borbottò in modo indisponente e
mangiò il pane di mais in due
grandi morsi.
"Almeno
Mategwas si
è assicurata che nessuno di noi avesse fame, in primo
luogo." Anicus
brontolò, strascicando i suoi mocassini sull'erba e sul
suolo. Wagion roteò gli
occhi.
"Dai,
presto
arriverà il crepuscolo."
"Alemos,
lasciami
portare quella," Anicus sollevò la carabina, "è
troppo pesante."
Lui tralasciò la vampata di rossore che
attraversò la faccia della ragazza
quando le dita del ragazzo sfiorarono le scapole di Alemos.
Quando
il crepuscolo
s'insinuò lentamente attraverso il cielo, i due ragazzi e le
tre ragazze erano
stesi a pancia in giù nell'erba alta, osservando il forte e
aspettando che
l'oscurità li coprisse completamente. Anicus stava
sussurrando.
"Da
qui saremo
visti. Ma una volta che è buio, ci sposteremo intorno al
perimetro, attraverso
gli alberi, e troveremo un'entrata incustodita. Sono certo di averne
vista una
quando me ne stavo andando. Una piccola porta che conduce al luogo in
cui viene
preparato il cibo. I prigionieri sono tenuti nel piano inferiore."
"Dimmi,
Anicus," replicò Wagion dopo una pausa, "cosa
succederà quando
saranno avvertiti che gli uomini rossi hanno assaltato la loro
fortezza? Perché
questo è destinato ad accadere. A chi spareranno prima, ci
pensi?"
"E
dove sono
esattamente il fratello e la moglie di Uncas?" Alemos chiese
delicatamente. Anicus chinò la testa sulla minuscola
ragazza. Tutto sommato,
era colpito dalla sua calma.
"Non
ho un
piano," ammise Anicus. Alemos ridacchiò, e Anicus
guardò le sue fossette e
i suoi denti nettamente bianchi. Deglutì, sentendosi la gola
diventare
improvvisamente secca. Anicus guardò lontano.
Un
ramo si spezzò nelle
vicinanze. "State giù!" Wagion fece cenno alle ragazze
rapidamente,
mentre lui e Anicus balzarono in piedi, con le accette sollevate e gli
occhi
guardinghi.
"Chi
c'è là?"
Anicus chiese nel suo tono di voce più imperioso, cercando
di imitare suo
padre. Ci fu un altro fruscio.
"Anicus?"
giunse una voce dall'oscurità vicina. Anicus la riconobbe
subito.
"Tankawun! E' lei!"
Alice
discese da dietro
gli alberi e sorrise felicemente. C'era un'altra ragazza leggermente
dietro di
lei, una ragazza dai capelli scuri.
"Anicus...Tankawun...
è così bello vedervi!" Anicus osservò
con sollievo mentre Tankawun si
lanciò su Alice e le due si abbracciarono.
"Perché
siete
qui?" chiese Alice. Tankawun evidentemente comprese la domanda
perché
rispose qualcosa di breve alla ragazza di Luna.
"Adesso
libereremo Longue Carabine,"
spiegò Anicus. Le ragazze
Yengeese lo fissarono, confuse. Quella dai capelli scuri sembrava
particolarmente terrorizzata. Anicus si sforzava di ricordare il nome
Yengeese
del fratello di Uncas.
"Longue
Carabine... Nat-han-ie-l..." poi fece un cenno a loro, alle
armi, e al
forte.
"Oh,
cari."
Alice sospirò e sorrise tristemente ai giovani Delaware.
Cominciò un'accesa
discussione con l'altra ragazza, indicando il forte e la foresta dietro
di sé.
Alla fine la ragazza mora annuì.
"Venite,
lei
conosce la strada." Alice raccolse cautamente un'accetta e se la
infilò
nella gonna. "Tuttavia, penseremo a un piano." Andarono a tutta
velocità verso il lato opposto del forte, attenti a non
essere visti.
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Chingachgook
e gli altri
uomini emersero dal bosco, e individuarono immediatamente le tracce di
un
grande gruppo di persone, che giravano intorno al bosco del forte, in
completa
confusione. La luce era estremamente scarsa, ma gli uomini anziani la
catturavano nonostante ciò.
"Bianchi
e Indiani,
insieme?" chiese Uncas in confusione, valutando le impronte dei piedi.
"Chi
sono gli
Indiani?" chiese James stancamente. Uncas fece dei segni e
indicò qui e
là. "Due uomini indiani, posso dirlo dai loro mocassini, ma
sono anche
attenti a dove mettono i piedi e a non disturbare la terra. Alcune
ragazze
indiane, anche loro con i mocassini ai piedi, ma non abili a nascondere
le loro
tracce. E Bianchi; a giudicare dal collo del piede, tallone e peso,
donne."
Seguirono
le loro tracce
per un po' di tempo, James che camminava a fatica con noncuranza,
mentre
pensava alle tracce che Uncas aveva captato. Non
vedevo un cavolo di
niente nel suolo tranne la terra, si lamentava James, un po'
geloso
dell'abilità che questi uomini rossi avevano nella foresta.
Non era
un'esagerazione dire che era un qualcosa di quasi mistico.
Finora
era stato
elaborato un piano per andare a Filadelfia e cercare l'aiuto del
governatore
per richiedere il rilascio di Alice. Nel caso di Nathaniel, beh, la
cosa era
più problematica, ma James aveva in programma di corrompere
la gente giusta,
specialmente le guardie. Erano in guerra e niente attirava l'interesse
come l'oro.
Che cosa importava alle guardie di un prigioniero? Avevano bisogno di
radunare
abbastanza oro e argento e scellini, ma senza dire nulla a Cora. Niente
crisi
isteriche femminili nell'immediato futuro, pensò James
facendo un cenno col
capo.
"Spero
che Anicus
sia tornato a casa sano e salvo," rimarcò James, ricordando
la collera
ardente sulla faccia di Hopocan, quando compresero che Anicus si era
nascosto.
Si guardò intorno verso gli altri, mentre se ne erano andati
calmi calmi.
Chingachgook
sollevò una
vecchia mano marrone e James si tranquillizzò. Si
appoggiò a Uncas e gli diede
una gomitata come gesto di domanda.
"Anicus
non è
arrivato a casa," disse Uncas mentre si precipitava verso il gruppo di
persone stese a pancia in giù sull'erba; molto, molto vicine
al forte.
"Alice!"
James
sentì la sua mandibola cadere quando riconobbe il vestito
che tutte e tre le
donne condividevano. Osservò con shock, poi con gioia,
mentre Alice si
avvinghiava a Uncas e i due non sembravano voler mollare la presa.
Uncas
sussurrò delle parole ad Alice, mentre lei con la faccia
nascosta nel collo di
lui, si limitava soltanto ad annuire o a scuotere la testa.
"Uncas,"
sospirò, stringendolo più forte. Ignoravano il
resto delle persone accalcate
intorno a loro.
"Tornate
indietro,
tutti voi." Chingachgook disse ciò concisamente e poi
rapidamente in
Delaware. Il gruppo corse velocemente nel bosco, subito. Uncas si
guardò
intorno con stupore, osservando le persone che aveva trovato ad
esaminare a
fondo il forte. Alice, Anicus, Wagion, Tankawun, quella ragazza
tarchiata su
cui Nathaniel e Anicus facevano sempre dei commenti malevoli, e quella
gracile
ragazzetta che non parlava mai, di cui Uncas non sapeva il nome. Anche
la
ragazza che lavorava dentro al forte.
"Avete
perso la
testa? Che è successo qui?" chiese Hopocan stizzosamente,
lanciandosi la
coperta di pelle sulla spalla con un improvviso movimento obliquo.
"Anicus, Wagion e Tankawun. Certamente. I trasgressori del nostro
accampamento hanno ampliato i loro orizzonti per includere gli
Yengeese!"
"Spiegatevi.
Ora." Il tono di Chingachgook rese evidente il fatto che non si
aspettava
nessuna disputa.
Uncas
ascoltò
intensamente, ma riluttante ad allentare la presa su Alice. Non erano
mai stati
così eccessivamente espansivi, ma si sentì quasi
incapace di smettere di
toccarla. La teneva stretta e le accarezzava la pelle e i capelli
mentre
ascoltava. Quando Alice entrò nel racconto della vicenda,
gli occhi di lui si
strinsero mentre fissava freddamente Anicus e Wagion.
Gli
occhi di Wagion si
spalancarono nell'oscurità. "Uncas, amico, lei insisteva per
venire con
noi. Lei e l'altra ragazza. Non potevamo rifiutarla e affermava di
conoscere
un'entrata di facile accesso!"
"Avreste
dovuto
cercarci. Avreste dovuto aspettare. Come potevate coinvolgere delle
donne in
questo piano pericoloso? Sarebbe fallito per innumerevoli ragioni.
Entrambi
avete messo in pericolo delle donne che, in quanto uomini, avete
giurato di
proteggere."
James
guardò Uncas
pensierosamente. Anche se non capiva una sola frase della lingua
Delaware,
poteva percepire l'indignazione del ragazzo nella sua postura, nei suoi
occhi e
nel suo lungo flusso di parole. Uncas non parlava quasi mai tanto.
"Ragazza,"
intervenne James, "come hai fatto... ecco, a scappare, per mancanza di
una
parola migliore?”
Alice
sorrise a James in
modo confortante, facendo un cenno col capo all'altra ragazza. "Lei
è
Amelia Warren. Mi ha aiutata a scappare."
Amelia
non perse tempo
con parole inutili. "Non se ne accorgeranno che è sparita,
probabilmente
fino a domani mattina. Questo vi farà guadagnare tempo. Per
quanto riguarda il
signor Nathaniel Poe, posso solo darvi la chiave della sua cella e
indicarvi
dove trovarlo. Tuttavia vi avverto, dato che la sua colpa è
sedizione e
tradimento, sarà sorvegliato molto. Ancora di
più, dopo che scopriranno la mia
scomparsa e la sparizione di Alice. Potrebbero persino trasferirlo in
un luogo
più sicuro."
"Sì,
più che
probabilmente su sollecitazione di quel bastardo pieno di
sé, Bauman."
James si accarezzò il mento, pensieroso.
Millie
gli fece una
strana occhiata. "Isaac non è ciò che dite,
signore. E' rigido e
altezzoso, sì, ma anche molto giusto e onorevole."
James
fece spallucce con
noncuranza, non nell'umore di discutere. "Rassegniamoci a non essere
d'accordo, ragazza."
"Dove
possiamo
andare? Alice non può stare qui e nemmeno nelle case nella
Valley, poiché
potrebbero essere perquisite." Uncas rivolse questa domanda a James, ma
fu
Amelia a rispondere.
"So
cosa si può fare.
Vai a casa mia, a poche miglia da qui. E' soltanto una piccola casa che
normalmente condivido con mia madre, ma al momento mamma è a
Harrisburg a farsi
curare per la sua tubercolosi avanzata." Amelia fece una pausa e disse
con
evidente difficoltà, "Non ritornerà a casa.
Andrò da lei dopo stasera, e
starò con lei fino alla fine della sua vita. Non
andrà per le lunghe ora."
Amelia
era... la storia
più triste che avesse mai sentito, pensò James
con compassione. Sembrava come
se avesse condotto una vita miserabile, e persino ora stava lottando
con le
avversità.
"Allora
è
deciso." Chingachgook parlò in Delaware, "Uncas, porterai
tua moglie
e la ragazza in questa casa. Stai là finché
verrò per tutti voi. Potrebbe
trattarsi di un paio di giorni. Tankawun, Alemos, Mategwas. Avete
dimostrato
forza e coraggio e vi siete guadagnate il diritto di decidere da sole
cosa
fare. Ma comprendete che sarebbe meglio per voi se tornaste a casa."
Mategwas
borbottò.
"Ma c'è un piano per salvare vostro figlio?"
Chingachgook
scosse
brevemente la testa.
"Amici,"
disse
Tankawun delicatamente, "Dov'è Stephen? Sta bene?"
Hopocan
annuì, ma con
compassione invece che con collera. "Sì, cara. E' andato a
casa." Al
raggiante sorriso di sollievo di Tankawun, Hopocan ebbe un'idea: farle
ripercorrere la strada dalla quale era venuta, e le altre ragazze
sicuramente
l'avrebbero seguita. "Perché non vai da lui? So che gli
manchi."
Tankawun annuì tra sé e sé.
"Alemos,
Mategwas,
ritorniamo all'accampamento. Gli uomini staranno bene. Mannitto sorride
a tutti
voi, amici, e prego per la vittoria e per vostro figlio, Chingachgook."
"Ecco,"
disse
improvvisamente Alemos, porgendo una lunga carabina in buono stato,
"puoi
usare questa. Ma non ha la...la cosa..."
"Pol-vere,"
intervenne utilmente Tankawun.
"Ne
abbiamo in
abbondanza, Alemos, wanishi." Uncas era
felice dato che ora
avrebbero avuto un'arma in più.
Non
molto più tardi,
tutti loro si dileguarono in direzioni diverse.
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Alice
tirò fuori la voce
con un sussulto, la testa le martellava e le labbra erano screpolate e
sanguinanti. Si mise a sedere, intontita. Dove sono?
Pensò con un
leggero panico mentre guardava l'ambiente circostante a lei non
familiare. Una
casa di piccole dimensioni con due letti, un focolare, un tavolo...
quasi come
la casa degli Stewart.
Poi
si ricordò. Aveva
camminato per molto tempo con Uncas e Millie, per ore, rallentati dalla
loro
stanchezza, finché ebbero raggiunto la casa. Una volta
dentro, Uncas insistette
affinché le ragazze andassero subito a letto, mentre lui si
diede da fare per
accendere il fuoco nella casa e per controllare le provviste di cibo.
Millie e
Alice avanzarono insieme lentamente verso un letto che apparteneva a
Millie
sulla parete di fondo, ma Uncas rifiutò di prendere l'altro,
commentando che
non riusciva a dormire sui letti degli Yengeese.
"Su
cosa?"
Millie aveva chiesto con uno sbadiglio di pura stanchezza.
"Bianchi.
Loro dormono
su letti che sono troppo scomodi."
Alice
aveva ridacchiato
mentre gli occhi le si chiudevano per il sonno. "Chiama i materassi di
piume scomodi, Millie. Come mi piacerebbe averne
uno..."
Ora
sveglia e man mano
più attenta, Alice scivolò fuori dal letto.
Trovò Millie rannicchiata accanto
al focolare che stava girando uno stufato dall'odore dolce.
"Buongiorno,
Alice." Millie guardò Alice con un rapido sorriso, poi si
concentrò sullo
stufato. "Uncas si è alzato presto per andare a caccia di
piccola
selvaggina, ha trovato anche alcune patate e rape per il nostro pasto
della
giornata. E' andato a lavarsi al fiume. Alice, me ne andrò
dopo
colazione."
Alice
sentì una fitta
nel cuore. Sapeva che Millie doveva andare da sua madre a Harrisburg,
ma
sarebbe stato difficile veder partire la ragazza. Avevano vissuto
così tante
cose insieme in un così breve arco di tempo.
"Mi
mancherai,
Millie." Disse Alice, con voce tremolante. Millie alzò lo
sguardo e i suoi
occhi erano brillanti, in modo sospetto. Si alzò e
unì le sue mani con quelle
di Alice.
"Anche
tu mi
mancherai. Ma devo andare. Ho un conoscente che mi porterà
fino a Harrisburg,
un amico di famiglia che vive proprio intorno alla curva da qui. Devo
riflettere molto."
Alice
strinse le mani
dell' altra ragazza. Amelia le aveva parlato delle azioni spregevoli di
Edward.
"Hai bisogno di tempo per guarire, Amelia, lo so."
"Devo
stare con
mamma fino...fino alla fine. Ma poi, chi lo sa? Potrei persino venire
alla tua
Valley. Non sono mai stata là e sembra bellissima, da quello
che mi hai
detto."
Alice
ansimò per la
felicità, "Millie, è una notizia gioiosa,
davvero! Sei una donna brava. Se
tu dovessi scegliere di vivere nella Delaware Valley, avresti pieno
sostegno e
aiuto da me, Uncas e le nostre famiglie." Millie sorrise, ma come al
solito permanevano tracce di tristezza. Pochi istanti dopo si
illuminò.
"Puoi
usare i miei
vestiti e cose varie, sono accumulati nel baule accanto al mio letto.
Uncas ha
detto che andrà a caccia per il cibo. C'è un
fiume nei dintorni se desideri
fare un bagno; è un posto isolato e non ho vicini nei
paraggi, solo il signor
Matthews e mi sta portando a vedere mia madre. Sarete solo tu e Uncas."
Millie sorrise per il rossore sulla faccia di Alice.
Uncas
entrò a grandi
passi proprio allora, con i suoi capelli e il petto umidi. Sorrise
calorosamente ad Alice e Amelia. Millie arrossì per la sua
pelle nuda ma Alice
ci era abituata.
"Uncas,
quello
stufato che hai fatto ha un odore delizioso. Che cos'è?
Millie ha detto che hai
catturato la selvaggina."
Uncas
rifletté sulla
domanda. "Machq" disse alla fine.
Alice
ansimò per
l'orrore. "Orso?" farfugliò in preda
all'orrore, "hai
catturato un orso? Da solo?"
"Oh
sì!" annuì
Millie, "uno grande, nero e tremendo. Poi la moglie della povera
creatura
è venuta a cercarlo qui, quindi ti suggerisco di non
gironzolare fuori,
Alice."
"Ma
Uncas, perché
hai-" Alice si fermò mentre Amelia cedette a grandi scoppi
di risate.
Alice guardò prima Millie, poi Uncas che stava scuotendo la
testa con un
piccolo sorriso ed era diventato tutto rosso in volto. "Bene, mi hai
fatto
fare la figura della sciocca. Che cosa hai catturato veramente?"
"Un
paio di
conigli, Alice."
Amelia
rise ancora più
forte.
Dopo
che la colazione
era finita, Amelia si alzò e si diresse verso il suo zaino
che era già stato
preparato. Disse che doveva andare a casa del signor Matthews; non era
lontano
e sarebbe stato meglio se fosse andata da sola. Dopo aver detto addio
alla
coppia, con un bacio sulla guancia per Alice e una stretta di mano per
Uncas,
loro rimasero finalmente soli.
Alice
guardò Uncas
imbarazzata attraverso i suoi lunghi capelli mentre raccoglieva le
posate e
sparecchiava la tavola. "La casa è bella, anche se
è priva del calore e
della familiarità degli Stewart," lei mormorò.
Uncas accennò di sì col
capo e continuò a guardarla con attenzione.
Alice
si schiarì la gola
e si raddrizzò. "Mi è stato detto che
c'è un fiume nei dintorni. Vorrei
fare il bagno e forse più tardi lavarmi il vestito."
Uncas
annuì con
condiscendenza, osservando mentre raccoglieva un altro vestito pulito
dal baule
intagliato di Amelia. Scelse un grazioso abito bianco con un motivo
floreale
come anche una sottoveste. Si sentiva divampare la faccia mentre si
voltò per
uscire fuori dalla casa, afferrando gli indumenti. Uncas le teneva la
mano
mentre la guidava verso il fiume, aggiungendo che Millie aveva ragione;
era un
luogo abbastanza isolato.
Alice
si sentiva così perplessa
e le sue guance continuavano a divampare, più di tutto
perché era completamente
sola con Uncas, e lui intendeva seguirla fino al fiume, così
lei poteva fare il
bagno. Sapeva che era solo per la sua protezione, ma si meravigliava
della vita
matrimoniale. Come vivevano donne e uomini insieme con tale
disinvoltura? Come
si spogliavano le donne di fronte ai loro mariti? Quanto tempo ci
voleva, prima
che la forte timidezza potesse svanire?
Avevano
raggiunto il
fiume che era adombrato da lunghe file di alberi di betulle gialle e
fiori
selvatici. Alice pensava che il posto fosse magnifico. La luce del sole
illuminava la faccia delicata di Uncas attraverso le foglie sopra di
loro, il
vento faceva oscillare i rami e sussurrava intorno a loro. Entro l'
autunno
questi alberi sarebbero stati di un magnifico colore giallo.
"Prosegui,
Alice," disse Uncas, lasciandole la mano, l'espressione della faccia
illeggibile. "Hai bisogno d'aiuto?"
Alice
scosse la testa un
po' freneticamente. Con i suoi occhi acuti, Uncas doveva aver notato il
suo
imbarazzo. L'abito che indossava era di lino, in stile polonaise,
indossato
anche da Annabel e Cora, di un colore chiaro e allacciato sul davanti,
invece
che nella parte posteriore. Aveva dei bottoni al posto dei lacci.
Quando
Alice raggiunse
la parte anteriore del suo abito, i suoi occhi cercarono inconsciamente
Uncas e
lui sembrava interpretarlo come un segno di disagio. Annuì e
affermò che
sarebbe rimasto proprio dietro agli alberi, affinché lei
potesse chiamarlo in
caso di necessità. Alice sentì una fitta di
improvvisa delusione quando lui se
ne andò. Lei e Uncas erano praticamente marito e moglie ora
e, anche se non
avrebbero mai potuto sposarsi legalmente, nella sua mente erano legati
e...
perché lei avrebbe dovuto nascondersi?
A
dire la verità, era
imbarazzata. Non si era mai considerata come una grande bellezza ed era
priva
delle forme eleganti di Annabel e Cora. Alice, ecco, il suo corpo era
troppo
magro per quello. Era alta e sottile come un giunco.
Così,
fu con un vago
senso di delusione che Alice si tolse velocemente l'abito, la
sottoveste e le
calze e scivolò nell'acqua fresca, lavando via il dolore e
desiderando che
Uncas fosse lì con lei. Sentiva l'acqua tiepida scorrerle
dai capelli lungo la
pelle riscaldata. Più tardi,
sussurrò tra sé e sé, più
tardi ci sarà tempo per le preoccupazioni. Ora sono qui con
lui. Questo è tutto
ciò che importa.
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Più
tardi nel pomeriggio
la coppia si sedette fianco a fianco a tavola, Alice che rosicchiava il
pezzo
di patata rimasto nel suo piatto. Quello era tutto ciò che
avevano da mangiare
a questo punto. Gli avanzi dello stufato dal pranzo e piccole patate
che avevano
trovato intorno ai margini rocciosi della casa. Il sole stava scendendo
all'orizzonte e Alice si sentiva ancora tonificata ed energica. Aveva
pulito la
casa e familiarizzato con ogni cosa presente in essa.
Proprio
allora Uncas
rovesciò il resto della sua cena nel piatto di lei,
mormorando che lei aveva
bisogno di mangiare di più. Alice protestò senza
successo, poi scivolò in un
sogno ad occhi aperti riguardo alla danza della bambola che, secondo
quanto le
aveva detto Uncas, il suo popolo eseguiva.
"Uncas..."
cominciò lentamente, "quando vivremo nella nostra casa e io
sarò tua...tua
moglie, mi racconterai altre storie? Sulle credenze del tuo popolo?"
Uncas
si sentì sollevare
il cuore, sentendo queste parole; lei parlava solo del futuro, quasi
mai del passato.
La
tirò gentilmente
verso di lui e lei gli avvolse volentieri le braccia intorno,
fissandolo dal
suo petto.
"Ti
racconterò le
storie scozzesi, della mia terra. Anche leggende e miti greci."
"Quali?"
chiese lui gentilmente, intrecciando cautamente una ciocca di capelli
biondi
tra le punte delle dita. I capelli di Alice brillavano
nella tremolante luce del fuoco che danzava.
"A
Cora è sempre
piaciuta Athena, la dea della guerra, della civiltà, della
saggezza, delle
abilità, della giustizia..."
Uncas
sembrava
divertito. "Tutto questo?"
Alice
annuì, "Sì,
davvero," con gli occhi che diventarono brillanti, "Lei ebbe origine
dalla testa di suo padre già adulta, che indossava un elmo
da guerra e brandiva
una spada sguainata. Gli dèi la guardavano con soggezione."
"Qual
era la tua
preferita, nella tua infanzia?"
"Ecco..."
Alice sembrava incerta, "di solito leggo la storia di Demetra e di sua
figlia Persefone. Demetra amava così tanto sua figlia,
andò incontro a ostacoli
quasi impossibili per trovarla, una volta che era stata portata via. Il
suo
amore non conosceva limiti." Alice cambiò argomento quando
si ricordò di
un'altra cara, prediletta storia dell'infanzia, "Mi piaceva anche
leggere
il mito di Dioniso. Era il più giovane degli dèi
dell' Olimpo, ma anche il più
buono."
Alice
stava seduta
dritta e fece un respiro prima di sporgersi in avanti per un bacio. Per
diversi
minuti rimasero talmente assorti, Alice gli avvolse le braccia intorno
al collo
e sembrava spronarlo, più di prima.
Uncas
si ritirò dalle
sue braccia, respirando profondamente. "Alice..." disse attentamente.
Notò
che i grandi occhi
blu di lei erano imperturbabili quando lo guardava attentamente. La sua
espressione si trasformò e gli fece un cenno col capo,
cercando di trasportare
tutto ciò che sentiva nei suoi occhi; che lei voleva questo,
sapeva che lui lo
voleva, che era giusto.
Chinandosi,
Uncas
catturò di nuovo le labbra di lei nelle sue, e
percepì le soffici ciocche di
capelli sul suo collo. Si sentì accarezzato dalla luce del
sole e tutto ciò che
provavano l'uno per l'altra sembrava pulsare tra loro in un palpitante,
dolce
abbraccio che li avvolgeva completamente. La mano di lui allentava i
bottoni
sulla parte anteriore dell' abito di lei, mentre lei gli
strappò la camicia.
Molto
tempo dopo, nella
sicurezza del loro letto, Alice sentì il suo cuore travolto
da mille emozioni.
Ciò
che era successo tra
lei e Uncas non era stato esattamente come lei aveva immaginato che
andasse tra
un uomo e una donna - e non c'era niente di
sbagliato nella sua immaginazione
- ma Alice non voleva che questo finisse.
Si
rannicchiò di fianco
e poggiò la faccia contro il fianco di Uncas, strizzando gli
occhi chiusi.
Alice ripensò al tocco delle labbra di lui che le sfioravano
la pelle, al palmo
della sua mano che le accarezzava il polso e la gamba quando si chinava
per
baciarla avidamente. Il cuore di Alice era sembrato battere in sintonia
con le
azioni di lui, finché aveva sentito che l'aria aveva
cominciato a mancarle e
che una vampata di calore le aveva riempito gli arti.
Alice
era stanca
ma...felice. Una volta che avessero vissuto nella loro casa e avessero
potuto
concedersi la loro privacy, sapeva che gli eventi del pomeriggio
sarebbero
stati analizzati con molta più comodità e
tranquillità.
Alice
si addormentò
pensando all' eventualità e sognò di essere
distesa sotto l'ombra solida
dell'albero di betulla, alzando lo sguardo verso infiniti occhi neri.