Teatro e Musical > Les Misérables
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Autore: Christine Enjolras    05/02/2017    1 recensioni
Marius Pontmercy, sedici anni, ha perso il padre e, nel giro di tre mesi, è andato a vivere con il nonno materno, ora suo tutore, che lo ha iscritto alla scuola privata di Saint-Denis, a nord di Parigi. Ora Marius, oltre a dover superare il lutto, si trova a dover cambiare tutto: casa, scuola, amici... Ma non tutti i mali vengono per nuocere: nella residenza Musain, dove suo nonno ha affittato una stanza per lui dai signori Thénardier, Marius conoscerà un eccentrico gruppo di amici che sarà per lui come una strampalata, ma affettuosa famiglia e non solo loro...
"Les amis de la Saint-Denis" è una storia divisa in cinque libri che ripercorre alcune tappe fondamentali del romanzo e del musical, ma ambientate in epoca contemporanea lungo l'arco di tutto un anno scolastico. Ritroverete tutti i personaggi principali del musical e molti dei personaggi del romanzo, in una lunga successione di eventi divisa in cinque libri, con paragrafi scritti alla G.R.R. Martin, così da poter vivere il racconto dagli occhi di dodici giovanissimi personaggi diversi. questo primo libro è per lo più introduttivo, ma già si ritrovano alcuni fatti importanti per gli altri libri.
Genere: Commedia, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Marius

Marius scese immediatamente in mensa, dopo aver salutato Enjolras. Il suo nuovo amico e compagno di classe lo aveva congedato con la promessa di arrivare puntuale per la lezione e con una raccomandazione: “Di’ agli altri che ci vedremo all’uscita da scuola.” Marius, trovati i ragazzi in coda per il pranzo, diede subito loro il messaggio, ma quando gli chiesero dove fosse andato il leader lui non seppe rispondere. Gli sembrarono tutti incuriositi e disorientati nell’apprendere la notizia.

“Come fai a non sapere dove sono andati?” gli chiese Courfeyrac, sedendosi a tavola accanto a lui.

“Non me lo hanno detto…” rispose Marius. “Quindi io non me la sono sentita di chiederlo loro…”

“Ma dai! Devi pur sapere qualcosina!”

“No, Courfeyrac: non mi hanno detto niente.”

“Lascialo in pace!” lo aveva ammonito subito Combeferre. “Avranno avuto qualcosa da fare!”

“È così sbagliato voler sapere che cosa stanno facendo?” gli disse Courfeyrac, girandosi verso di lui.

“Sì, se non sono affari tuoi” disse Combeferre prima di bere un sorso d’acqua. Courfeyrac si allungò verso destra, avvicinandosi al suo viso. Marius, seduto alla sinistra di Courfeyrac, non riusciva a vederlo in faccia, ma prima che si voltasse verso Combeferre era riuscito ad intravedere un’espressione che lo aveva fatto allarmare. “Che c’è?”

Dopo un breve silenzio, Courfeyrac aggiunse: “Tu sei il suo compagno di stanza.”

“Da quando è arrivato in questa scuola, sì.”

“E sei un sapone.”

“Sssì…” disse Combeferre con poca convinzione. “Così dici tu… ma voglio vedere dove andrà a finire questo discorso, perciò prosegui.”

Courfeyrac si sporse ancora verso Combeferre e, quando gli fu talmente vicino da impedire a Marius di vederli in viso entrambi, disse: “Io SO che tu sai dov’è andato!” Forse Courfeyrac aveva ragione. Ci fu un attimo di silenzio tra tutti i membri del gruppo, come attendessero la risposta di Combeferre. Courfeyrac si allontanò e Marius poté vedere Combeferre guardarsi attorno, incrociando gli sguardi degli altri.

“Sbagliato” disse con tranquillità Combeferre, chiudendo gli occhi e appoggiandosi allo schienale della panca. “Io non so niente di tutta questa faccenda.” Courfeyrac rimase deluso dalla risposta e sprofondò sulla panca.

“Da…” prese debolmente la parola Jehan, seduto accanto a Combeferre: sembrava quasi preoccupato. “Davvero non ti ha detto nulla in proposito?”

“No, mi spiace, Jehan” gli rispose Combeferre con molta dolcezza. “Non sapevo nemmeno io che sarebbe andato via con Feuilly.”

“MA IO VOGLIO SAPERE DOV’È!” urlò Courfeyrac battendo le mani sul tavolo.

“E datti una calmata!” gli disse Bahorel, colpendo una delle sue mani con un pugno.

Joly, sprofondato sulla panca, alzò lo sguardo dritto davanti a lui dove stava Courfeyrac e gli disse: “Se proprio ci tieni a saperlo perché non mandi un messaggio a Enjolras o a Feuilly, scusa?” Marius notò che non aveva per niente una bella cera: forse non si sentiva troppo bene.

Courfeyrac lo guardò in silenzio per un attimo, poi disse: “Non è per niente una cattiva idea!”

Il pranzo trascorse piuttosto tranquillo, anche se ci fu una piccola discussione per via di Bahorel: il ragazzo voleva tornare alla residenza e saltare il resto della giornata, approfittando della mancanza di Enjolras, ma Combeferre sembrò contrario. Nel guardarlo prendere posizione, Marius capì che, in mancanza di Enjolras, gli altri facevano riferimento a Combeferre, quasi fosse il braccio destro del leader. Combeferre era meno severo e più indulgente di Enjolras, Marius questo lo aveva notato mettendoli a confronto; tuttavia, sulla questione sollevata da Bahorel fu inamovibile tanto quanto lo sarebbe stato l’altro ragazzo.

I due ragazzi, seduti l’uno di fronte all’altro, stavano ancora discutendo, coinvolgendo anche Grantaire e Jehan, quando Marius notò Bossuet voltarsi verso Joly e parlargli con voce bassa, quasi inudibile: “Ehi, che ti prende, bimbo? Non hai quasi toccato cibo…”

“Non mi sento bene oggi… temo di aver preso freddo ieri.” Joly teneva lo sguardo basso, dritto davanti a sé.

“Che cosa ti senti?”

“Un po’ di nausea, mal di testa… forse dovrei farmi mandare a casa…” Dopo che Joly ebbe finito di parlare, Bossuet rimase per un attimo a guardarlo in silenzio, quasi stesse riflettendo sulle sue parole: Marius non sapeva se definirlo preoccupato o incuriosito.

“Naaaaaaah!” disse infine Bossuet alzando il volume della voce. Poi spostò il braccio che teneva sullo schienale sulle spalle di Joly, mise l’altra mano sulla sua guancia, gli sollevò dolcemente il viso, in modo che lo guardasse negli occhi, e gli disse: “Vedrai che non è nulla. Prova a resistere ancora un po’: se proprio non riesci a restare mi scrivi e ce ne torniamo a casa assieme, ok?” Joly gli sorrise e fece cenno di sì con la testa. Poi Bossuet cercò di stringere il suo ragazzo in un abbraccio consolatorio, ma Joly lo fermò.

“Amore, non qui…” gli sussurrò Joly. Allora Bossuet sembrò come risvegliarsi da uno stato di dormiveglia: spostò il braccio nuovamente sullo schienale e si guardò attorno, quasi volesse accertarsi che nessuno li avesse visti. Bossuet iniziò a parlargli sottovoce, quindi Marius decise di lasciar loro un po’ di intimità e si voltò d’istinto verso Courfeyrac: era in silenzio da troppo tempo. Continuava a torturare il suo I-phone, accendendo e spegnendo lo schermo ogni cinque secondi.

“Va tutto bene, Courfeyrac?” gli chiese Marius guardandolo accendere lo schermo per l’ennesima volta.

“No” rispose seccamente Courfeyrac.

“Che succede?” L’espressione di Courfeyrac era talmente seccata che Marius iniziò a preoccuparsi.

“Nessuno di quei due traditori mi risponde, cazzo!” disse Courfeyrac alzando la voce: le sue parole attirarono l’attenzione di tutto il gruppo.

“Courfeyrac…” iniziò Combeferre, “per favore: lasciali tranquilli!”

“Ma io voglio sapere cosa stanno combinando e soprattutto perché non ci hanno detto nulla!”

“E lasciali fare!” disse Bahorel, mettendo il braccio sinistro sullo schienale della panchina. “Dopotutto…” Nel dire queste parole gli scappò una leggera risata, la quale lasciò intendere che avrebbe detto qualcosa per prenderli in giro. “Bisogna lasciare un po’ di intimità alle coppiette!”

In quel momento, Grantaire sembrò quasi allarmarsi. Si voltò verso Bahorel e lo guardò con due occhi spalancati, pieni di stupore e anche di una certa preoccupazione.

“Ma che cosa stai dicendo?” disse Combeferre, guardandolo esasperato.

“Non lo hai notato? Si lanciano sguardi, parlano sottovoce… e adesso escono pure senza dire a nessuno dove se ne vanno!” Detto ciò, Bahorel si girò verso Grantaire: nel vedere il suo amico triste e con la testa bassa, il muscoloso ragazzo sembrò quasi pentirsi di quello che aveva detto.

“Io non ci ho mai fatto caso…” constatò Jehan, pensieroso. “Ma sinceramente non saprei.”

“Sarebbero una coppietta carina, non trovate?” disse Bossuet, probabilmente capendo lo scherzo.

“Dai, amore!” lo sgridò Joly, ad occhi chiusi. “Non è carino prenderli in giro!”

“Ma per favore!” disse Combeferre, seccato: Marius non lo aveva ancora visto arrabbiarsi, ma gli parve che questa volta ci fu molto vicino. “Sapete benissimo tutti come stanno le cose! Dovete smetterla di prenderli in giro!”

“Come stanno le cose?” disse Grantaire confuso. “Che cose? Che stai dicendo?”

“C-come… non lo sapete?” Combeferre si guardò attorno imbarazzato: gli altri lo stavano fissando, quasi volessero che andasse avanti. “I-io pensavo che…”

“Allora sai qualcosa che non sappiamo!” disse subito Bahorel, incuriosito. Poi batté la mano sul tavolo, si tirò in avanti verso di lui e gli ordinò: “Parla!” Combeferre non rispose: forse non voleva rischiare di tradirsi, peggiorando così la situazione.

“Merda…” sussurrò Courfeyrac. Si alzò in piedi e iniziò a urlare qualcosa di incomprensibile.

Joly spalancò immediatamente gli occhi, allarmato: “Che ti prende? Qualcosa non va?”

Marius vide Courfeyrac fare un’espressione bizzarra, quasi gli fosse venuta un’illuminazione. “Io…” disse infine quasi melodrammaticamente, “non mi sento per nulla bene!” Detto ciò, cadde a peso morto addosso a Marius, che rimase a guardarlo incredulo e confuso: che cosa stava facendo? Anche gli altri ragazzi si girarono a guardarlo e si alzarono per vedere come stesse, poi Combeferre si propose di portarlo in infermeria e chiese a Marius di aiutarlo. Bahorel disse che avrebbe potuto pensarci lui, ma Combeferre rifiutò. Disse anche che non aveva lezioni importanti, quindi sarebbe potuto restare tranquillamente con Courfeyrac in infermeria finché non si fosse svegliato. Nonostante Bahorel insistette, Combeferre non lo ascoltò: prese il braccio destro di Courfeyrac e se lo mise sulla spalla, reggendo l’amico per il busto. Marius lo imitò e, infine, i due ragazzi misero l’altro braccio sotto il ginocchio di Courfeyrac e lo sollevarono: mentre accadeva tutto ciò, Courfeyrac non si mosse.

“Sei un attore pessimo” disse Combeferre una volta che furono lontani dalla mensa.

“Se davvero le cose stanno così, perché gli altri mi hanno creduto?” Courfeyrac stava benissimo. Marius lo vide girarsi verso di lui, fargli prima un riso divertito e poi un occhiolino: doveva aver capito la sua confusione e il suo imbarazzo. “Dai, mettetemi pure giù: posso camminare da solo, ora!”

“A proposito: hai messo su qualche chiletto” disse Combeferre mentre lo poggiavano a terra.

“Dovresti ringraziarmi di averti salvato, invece di insultarmi!” gli disse Courfeyrac, quasi volesse arrabbiarsi, ma forse era solo allarmato. “Che ti è successo? Non è da te tradirti così!”

“Lo so, mi spiace. Ma non mi piace sentirli parlare a quel modo di Enjolras e Feuilly sapendo…” Combeferre si interruppe: aveva uno sguardo dispiaciuto, vicino alla tristezza.

“Neanche a me” disse Courfeyrac mettendogli entrambe le mani sulle spalle. “Ma non puoi perdere la calma così… questa cosa la sappiamo solo io e te.” Si guardarono per qualche secondo, finché Combeferre non sembrò più tranquillo. “Meglio?”

“Sì… grazie, Courfeyrac. Marius…” disse Combeferre girandosi verso il lentigginoso ragazzo. “Mi spiace di averti coinvolto in questo, ma non ho avuto molta scelta.”

“Non ti preoccupare” Marius avrebbe voluto chiedergli che cosa non poteva rivelare di Enjolras e Feuilly, specie dopo tutta la curiosità che gli avevano messo quei due ragazzi andando via senza spiegazioni, ma si disse che non erano affari suoi e non fece domande. “Non è un problema per me dare una mano.”

“Probabilmente…” disse Combeferre in evidente imbarazzo, “ti chiederai il perché di tutta questa scenata…”

Marius stava per rispondere e buttar fuori la verità, ma Courfeyrac lo precedette: “Naaaaaaaah! Marius non è così curioso!” Poi si avvicinò al suo compagno di stanza e gli passò un braccio attorno al collo, dicendo: “E sono anche certo che manterrà il segreto!”

“C-come? Tu…” iniziò Marius, ancora più spaesato di quanto già non fosse. “Tu sapevi che non avrei detto nulla agli altri?”

“Certo! Perché sei un bravo ragazzo!” disse tranquillamente Courfeyrac. “Sono certo che non ci tradirai: non mi sono buttato a peso morto su di te a caso!”

“Ovviamente…” disse Combeferre in tono serio. “Ad Enjolras dovremo dire tutto.”

Courfeyrac rimase a guardarlo in silenzio per un attimo prima di rispondere: “Sì, mi sembra il minimo.” Poi guardò l’orologio del suo iPhone e disse: “Cazzo! Ma è tardissimo! Dobbiamo andare!”

Courfeyrac e Marius andarono al primo piano, mentre Combeferre aveva lezione al piano terra, quindi si separarono davanti alla scala monumentale per non incontrare gli altri: sapevano che loro sarebbero saliti da quella di servizio. Quando furono davanti all’aula di diritto, Courfeyrac salutò Marius per dirigersi alla sua classe. “Courfeyrac…” lo fermò Marius.

“Sì?” disse il ricciolino al suo amico.

“S-so che non sono affari miei, ma riguarda Enjolras…” Marius abbassò lo sguardo verso il pavimento per l’imbarazzo, poi prese coraggio e si decise a parlare: “Non è nulla di grave ciò che vi ha detto in confidenza… vero?”

Courfeyrac spalancò i suoi piccoli occhi scuri. Doveva aver percepito la preoccupazione di Marius perché gli sorrise e gli rispose: “No, stai tranquillo! Vedrai che prima o poi ve lo dirà!” Detto questo si voltò e si diresse verso la sua aula. Allora Marius, anche se era ancora un po’ in pensiero per Enjolras, aprì la porta per entrare in classe.

“Marius” Courfeyrac lo fermò chiamandolo da metà corridoio. “Non preoccuparti per lui! Credimi quando ti dico che è la persona più tenace che io abbia mai incontrato. Non è facile abbatterlo!” Il sorriso con cui Courfeyrac aveva pronunciato queste parole era riuscito a rassicurare Marius, il quale fece un cenno di saluto all’amico e andò a prendere posto in aula.

Era da un po’ che era seduto al suo posto in fondo all’aula: mancavano pochi minuti al suono della campanella, eppure Enjolras non era ancora arrivato. Marius si decise a mandargli un messaggio per sapere dove fosse. La risposta del ragazzo arrivò dopo pochissimi istanti.

- Enjolras -:

  -“Abbiamo avuto un sacco di contrattempi, ma siamo quasi lì”

Stava per rispondergli, ma una voce profonda e autoritaria lo distrasse: “Buongiorno a tutti.” L’intera classe si alzò in piedi, quindi Marius si adeguò: il professor Javert era entrato in aula, elegante e posato, esattamente come il ragazzo lo ricordava. Il professore fece cenno ai suoi studenti di accomodarsi, mentre lui rimase in piedi davanti alla cattedra. “Per quelli di voi che non mi conoscono, io sono il professor Javert e, come immagino avrete capito, sarò il vostro professore di diritto per i prossimi tre anni…” Javert lanciò un’occhiata ai suoi nuovi studenti e, fissando il posto vuoto accanto a Marius, concluse: “… per chi di voi non ci metterà di più, ovviamente.” A Marius corse un brivido lungo la schiena nel sentire quell’ultima aggiunta. Javert si spostò dietro la cattedra con passo lento e, quando fu davanti alla sua sedia, riprese: “Spero mi scuserete se mi presento solo ora a voi, che siete la classe di cui, oltretutto, sono rappresentante. Ma oltre che gestire l’intero corso di scienze politiche mi occupo anche della vicepresidenza e la scorsa settimana ci sono stati differenti disordini per quanto riguarda le assunzioni e discreti problemi con le supplenze. Ci tengo a precisare, tuttavia, che farò quanto mi è possibile per non permettere alle questioni riguardanti l’amministrazione scolastica di farmi perdere altre ore di lezione con voi.” Detto ciò, Javert si sedette e iniziò a fissare l’elenco degli studenti scritto nel registro cartaceo della classe. “Vogliamo iniziare facendo conoscenza?” disse prima di iniziare l’appello.

 

“Manca monsieur Enjolras, dunque” disse il professore al termine dell’appello, senza togliere gli occhi dall’elenco: Marius pensò che stesse fissando il nome di Enjolras data l’impassibile severità che traspariva dai suoi occhi. “Male: brutto inizio.”

“M-mi scusi, professore…” disse Marius, alzando la mano con quanta più educazione poteva.

“Sì, monsieur Pontmercy?” gli chiese il professore senza cambiare espressione.

“Veramente… veramente Enjolras sta arrivando…” Marius vide tutti i suoi compagni fissarlo increduli e realizzò di non capire dove avesse trovato il coraggio di parlare. Ma oramai aveva iniziato e doveva terminare il discorso. “Ha avuto un impegno imprevisto e…”

“Che impegno?” lo interruppe freddamente Javert: Marius pensò che, forse, se non avesse titubato non sarebbe successo. La domanda che fece il professore, inoltre, lo fece temere di aver fatto una cosa piuttosto sciocca e incrementò il disagio che già provava.

“Non lo so, professore… non me lo ha detto…”

Javert sospirò, scosse la testa e, per un attimo, sembrò raddolcirsi lievemente quando disse: “Apprezzo e comprendo il suo gesto, monsieur Pontmercy. Ma l’appello è terminato, quindi per questa lezione, monsieur Enjolras sarà segnato assente.”

Eccolo qui: ora Marius riusciva a vedere il professor Javert che i suoi amici gli avevano descritto.

   
 
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