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Autore: Makil_    06/02/2017    20 recensioni
In un territorio ostile in cui la terra è colma di intrighi e trame nella stessa quantità con cui lo è dell'erba secca, il giovane ser Bartimore di Fondocupo, vincolato da una promessa fatta al suo miglior confidente, vedrà finalmente il modo per far di sé stesso un cavaliere onorevole. Un torneo, un'opportunità di rivalsa, una guerra ai confini che grava su tutte le regioni di Pantagos. Quale altro momento migliore per mettersi in gioco?
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Storie di Pantagos'
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Glossario della terminologia relativa alla storia (aggiornamento continuo):

Patres/Matres: esperti, uomini e donne sapienti indottrinati da studi all’Accademia. Ogni regno ne possiede tre, ognuno dei quali utile a tre impieghi governativi.
Accademia: ente di maggiore prestigio politico a Pantagos, vertice supremo di ogni decisione assoluta. Da essa dipendono tutti i regni delle regioni del continente, escluse le Terre Spezzate che, pur facendo parte del territorio di Pantagos geograficamente, non  sono un tutt’uno con la sua politica. Il Supremo Patres è la figura emblematica della politica a Pantagos, al di sopra di tutto e tutti.
Devoti: sacerdoti del culto delle Cinque Grazie (prettamente uomini), indirizzati nello studio delle morali religiose alla Torre dei Fiori, nelle Terre dei Venti.
Fuoco di Ghysa: particolare sostanza incolore e della stessa consistenza dell’acqua, la cui unica particolarità è quella di bruciare se incendiata.
Le Cinque Grazie: principali divinità protettrici del sud-ovest di Pantagos, proprie di molti abitanti delle Terre dei Venti e della Valle del Vespro. Tale culto prevede la venerazione di quattro fanciulle e della loro madre. 

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La stanza era molto più accogliente di come l’aveva immaginata.
Una vasta varietà di delicate stoffe color porpora erano stese sul pavimento di legno. L’oste gli aveva detto che quelli erano tappeti di Tyt, tessuti dalle mani laboriose di una balia. Sul tetto erano disposte, in successione, file di assi di legno che, nel complesso, affidavano alla stanza un inusuale senso di calore. Il letto di piume era collocato al centro dell’appartamento, ricoperto di tendaggi marroni, di fronte al caminetto spento e dalle braci ridotte in ceneri nere.
Dopo aver chiuso alle sue spalle la porta, Bart si slacciò i sandali e li posò ai piedi del letto. I talloni e le dita dei piedi erano doloranti e terribilmente gonfi. Bart si stravaccò nel letto e iniziò a massaggiarli. Non poco lontano dalla sua posizione, notò un angolo simile a quella che sembrava essere una zona in cui potersi dedicare alle proprie necessità. Accanto a una piccolissima latrina c’era anche una stretta vasca d’ottone dalle gambe tozze e contorte riempita d’acqua. Bart non poteva dire che non fosse necessario darsi una bella strigliata prima di andare a dormire. Ogni muscolo gli doleva sotto la maglia e, quando la tolse via dalla testa, notò che il petto era particolarmente arrossato dal sole. Sfilatosi le brache, di ser Bart restò solo Bartimore di Fondocupo, un ragazzino quasi per poco sviluppato, ma cresciuto troppo in fretta con in mano una spada e sul corpo un’armatura.
Scivolò dentro la vasca in un battibaleno. L’acqua era gelida e limpida, ma quando immerse dentro il primo piede, una macchia scura si diradò lentamente nella superficie. Quella sensazione di freschezza che avvolse il suo corpo lo fece sentire pulito. Iniziò a strigliarsi di dosso la polvere nera che aveva sulle braccia, a mani nude. Poi passò lentamente alle gambe. Strofinò per  bene le mani sotto al collo, dietro alle orecchie e sulla nuca, inumidendosi i capelli. Poi si prese tutto il tempo che gli serviva per passarsi le mani sul volto, massaggiandolo e bagnandolo d’acqua fresca. Era da tempo che non faceva una cosa del genere.
Un bagno come quello era tutto ciò che avrebbe potuto chiedere al momento. “Un dono delle Grazie” pensò. Avrebbe voluto restare per molto tempo dentro la vasca, avvolto dal fresco abbraccio dell’acqua gelida raffreddata dalla notte, ma non poté. Qualcuno bussò alla porta in modo perentorio.   
«Ser Bart» lo chiamò una voce dall’esterno. «Posso accomodarmi?»                                                                                   
«Solo un momento.»                                                                                                                                                                        
Bart non riconobbe la voce poiché attutita dalla spessore della porta. Immediatamente balzò fuori dalla vasca, grondante d’acqua e con la fronte imperlata di gocce. Afferrò in mano la prima cosa che gli capitò sott’occhio, la sua stessa maglia, e con quella si asciugò rapidamente. Poi, ancora bagnata, la indossò facendo scivolare le braccia dentro le maniche, mentre già le mani erano in cerca delle brache. Quando si fu rivestito, aprì la porta.
La sagoma scura del devoto Baricald era stagliata nel corridoio buio, ammantata da una cappa nera sopra alla solita veste bianca, il cappuccio tirato sul capo. Non appena la porta fu abbastanza aperta da permettergli di entrare, Baricald si immise con prepotenza nella stanza.                                                                                                                                                              
«Perdona l’insistenza, ser Bart.» cominciò col fiatone. «Prima di tutto ho davvero bisogno di ringraziarti a nome di ogni cittadino di Werny. Il tuo gesto, mio signore… Oswald mi ha informato. Sei stato fin troppo generoso con noi. Sono davvero commosso. Il detto è vero, allora: non c’è cavaliere più umile di colui che è nato tra i ricchi.»                                                                                                                                              
«L’ho fatto per Werny. Consideratelo un dono dei Kordrum.» disse Bart.                   
«I Kordrum» ripeté il devoto con gli occhi dispersi nel vuoto. «Tante lodi a loro, dunque. E cinque grazie al tuo signore.»       
«Lui è morto» disse Bart con un tono che non ammetteva replica.     
«E per questo ti offro le mie condoglianze, ser Bart». Il devoto chinò lievemente il capo. «Non intendevo arrecarti fastidio: saprai meglio di me cosa significa vedere un proprio caro morire.»
“Se lo so?” si disse Bart. Avrebbe voluto non farlo, in verità, benché di quei tempi persino i bambini imparavano a conoscere la morte ben prima del gioco.                                   
Il devoto Baricald prese la sua mano tra le sue e si chinò di fronte a lui, riservandogli una riverenza molto regale.                                                                                                                                                                                          
«Spero tu non crederai che io abbia detto quelle cose per spingerti a fare questo gesto. So che hai bisogno di denaro per il torneo di Roshby; ogni cavaliere che è passato di qui era pieno di ori fino alle orecchie. Eppure nessuno mai ha dato ai miei cittadini un contributo tanto ricco di compassione. Tu non hai avuto alcun ripensamento nel donare tutto quel cibo a Werny. Te ne siamo debitori, ser Bart. Io… io… come potrei sdebitarmi?»                                                                                                                       
«Non c’è motivo di pensarci. Oh, e alzati pure da terra. Il mio signore diceva sempre che nessuno dovrebbe chinare il capo a nessuno, nemmeno il più piccolo dei contadini al più grande dei signori. Piegarsi significa mostrarsi deboli.»                             
«È tutto ciò che posso darti per ringraziarti. Non è segno di debolezza, te lo assicuro.»                                                                     
«Non vorrà dire debolezza, ma puoi alzarti comunque.»                                                                                                        
Il devoto Baricald ascoltò il suo consiglio e, con una mano posata sulla spalla di Bart, si alzò lamentando dei dolori alle anche e alle ginocchia. Poi si spostò verso la latrina facendo dondolare la sua lunga barba grigia da una parte all’altra. Bart arrossì quando Baricald alzò la tunica e spinse giù le brache senza alcuno scrupolo, esibendosi  nello svuotare la sua vescica di fronte ai suoi occhi. Le sue gambe erano rachitiche, nodose, e scure come il legno rinsecchito.      
Quest’uomo soffre più di chiunque altro.”  L’unica cosa in grado di proteggerlo era la sua veste bianca e candida, sempre perfettamente pulita così com’era consono alle sue morali. Sporcarla sarebbe stato come peccare, e Baricald, nel suo ordine, non poteva permetterselo. “Una tunica limpida come la neve.” pensò Bart. Un peccato che il sole sciogliesse anche quella.                                                                                                                                                           
«Ser Bart, potrei chiederti un favore? So bene che tu me ne abbia già fatti a decine, ma questo mi riguarda personalmente». L’uomo non attese una risposta, continuò. «Nella piccola comunità che ho tentato di ricreare qui a Werny mi sono proposto di accogliere quante più persone possibili: dagli orfani alle vedove, dai veterani di guerra agli anziani e gli stupidi. E ho sempre avuto pietà di loro, prendendomene cura senza necessitare di aiuto. Tutto questo mi è stato possibile per mezzo delle Grazie, probabilmente, che mi hanno saputo sorreggere nelle loro braccia senza farmi mai cadere. Eppure, talvolta, l’uomo non può che fallire e peccare, e le Grazie possono solo perdonarlo. Ho compiuto numerosi peccati nella mia vita, lo ammetto. Ma il più grave, il più osceno e sporco, è quello che mi sta anche più al cuore. Ed è quello per cui ho maggiore bisogno di aiuto.»                                        
«Vedrò cosa posso fare.» rispose Bart sistemandosi i sandali ai piedi.                                                                                            
«È successo parecchi anni fa, vedi. Ho riflettuto a lungo sulla situazione, mi sono detto che il passato è passato e che non è possibile dimenticarlo, ma solo saperne prendere coscienza può aiutarci a far sì che certi atti non si ripetano. E io – per tutte le Grazie – non riesco a farlo!»
“Parla come parlerebbe un assassino prima di consegnarsi alla giustizia”.
«Siamo uomini, ser Bart, e gli uomini sbagliano continuamente. Purtroppo mi invaghii di una schiava di Agabbo Nobb, nelle Terre Spezzate. Un dettaglio che tralascio nel momento in cui racconto delle mie disavventure nelle isole. Una donna dalla pelle chiara come la nostra, bella come solo le cose belle possono essere. Al cuore non si comanda, lo imparai prestissimo, ma alla spada sì. E la spada del Ciclone Nero era fredda e tenebrosa. Lo hai conosciuto? Hai anche solo intravisto la sua spada?»
«Fortunatamente no» rispose Bart. “E vorrei poter restarmene lontano da lui il più a lungo possibile.
Baricald rabbrividì. «Non potevo rischiare la vita per lei. La nostra relazione fugace non durò a lungo e fu un fiasco. Quando quella donna mi diede una bambina e mi costrinse a portarla via con me ancora in fasce, io ne fui scosso. Che avrei dovuto fare, allora? Se fossi stato intercettato con una lattante tra le mani, probabile che me le avrebbero staccate di netto. E non avrei saputo né voluto dire cosa avrebbero fatto alla bambina. Nessuno deve sapere che quella fanciulla è mia figlia. Nessuno. Un devoto non può reggere una vergogna di tale spessore. Sai com’è, il peccato non può essere cancellato una volta che la tunica si è macchiata. Lei è una ragazzina vispa, e vuole tanto vedere come si svolgerà il torneo di Roshby. Tu sei diretto lì, ser Bart. E io… io non posso che chiederti un ultimo favore».
«Mio signore» iniziò Bart che aveva inteso le volontà dell’anziano. «Io non so se…»
Il devoto ca
mminò fino alla porta e vi posò sopra il braccio, come a serrare l’infisso da entrate indiscrete. Un gesto fulmineo della destra lo condusse ad estrarre una piccola pergamena dalla tasca della tunica, il sigillo di ceralacca giallo in bilico sulla carta. «Siediti pure, ser Bart» mormorò il devoto Baricald. «La notte è lunga, e ogni uomo che si pente ha molto da dire…»

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Note d'autore:
Nuovo capitolo, nuovi eventi. Rinnovo il ringraziamento a tutti i miei lettori, soprattutto per coloro che hanno speso (e che spenderanno, mi auguro) parte del loro tempo per lasciare anche solo un piccolo commento. Purtroppo non sono riuscito a fare di meglio con l'impaginazione che, a detta di tutti, appesantisce la lettura. Ho provato ad utilizzare i vostri consigli... ma niente. Quello che ho potuto fare, è stato cambiare il carattere, nella speranza che sia meno pesante. Ribadisco che si tratta di una raccolta di novelle, non tanto del vero e proprio romanzo della saga, quanto più di una sorta di prequel ambientato a Pantagos. E' per voi un problema l'avere capitoli così brevi? Ho bisogno di saperlo. Dunque, Baricald questa volta ha parlato dei suoi bisogni senza utilizzare più dei larghi giri di parole. Il suo intento, è chiaro, è sempre stato quello di giungere all'argomento che più gli stava a cuore... e ora ci è riuscito! Cosa vorrà da Bartimore? E' stato davvero un gesto coraggioso quello del devoto? O almeno pertinente alle sue morali religiose? E Bart, secondo voi, accetterà le sue insolite richieste? 
Alla prossima settimana, Makil_

 
   
 
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