Serie TV > Agents of S.H.I.E.L.D.
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Autore: Agent Janice    06/02/2017    2 recensioni
«Sono l'Agente Phil Coulson, lavoro per la Strategic, Homeland, Intervention, Enforcement & Logistic Division. Sei al sicuro adesso.»
Questa che (spero) state per leggere è la storia che ho creato intorno all'Agente Phil Coulson, mio personaggio preferito dell' MCU e dela serie TV "Marvel's Agents of S.H.I.E.L.D."
La storia comincia nel 2002, circa dieci anni prima gli avvenimenti del film "Marvel's The Avengers" e della "Battaglia di New York", ed ha come protagonista una ragazza, personaggio di mia invenzione, che non ha un vero nome se non il codice 3-1-7 che l'Istituto in cui è segregata le ha affibbiato. Non rivelo di più su di lei, non sono brava nei riassunti vi rovinerei i punti interessanti dei primi capitoli. E' una storia di lotta tra bene e male, come la 'casa delle idee', la Marvel, ci insegna e che, se riesco a portare a termine, dovrebbe ripercorrere e rivisitare alcune delle vicende salienti che abbiamo visto sia nei film, sia nella serie tv.
Genere: Avventura, Romantico, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Maria Hill, Melinda May, Nick Fury, Nuovo personaggio, Phil Coulson
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Tutta questione di punti di vista...e pianificazioni.

Accademia S.H.I.E.L.D - la settimana seguente

"Domani mattina ore 7:00.
 parcheggio sotterraneo ala ovest. 
Puntuale."
- Agente Coulson 

Questo era il messaggio che Janice aveva ricevuto in tarda serata il giorno prima e che aveva fatto di lei ufficialmente una recluta, aspirante Agente, della Strategic. 
Sul momento si era sentita al settimo cielo ed aveva preparato tutto il necessario con meticolosità, cercando di non scordare niente... mentre in quel preciso istante, ad una decina di minuti dall'appuntamento, nel parcheggio sotterraneo dell'ala ovest,  poteva sentire l'ansia e l'insicurezza cominciare a farsi prepotenti verso tutti gli altri sentimenti... 
Cosa le avrebbe chiesto l'Agente Coulson? Come mai le aveva dato appuntamento nel parcheggio e non in una struttura di addestramento dell'accademia? Ne sarebbe stata all'altezza? Lo avrebbe deluso? 
BASTA!... urlò dentro la sua testa passandosi una mano sul volto per allontanare tutte le domande cercando di mantenersi lucida. Tirò un profondo sospiro, sentendo il rumore di una macchina in avvicinamento. 
Dalla pedana che portava al parcheggio fece capolino Coulson, sempre in giacca e cravatta, con la sua corvette rossa del '62, accostò al marciapiede dove la ragazza lo stava aspettando, scese di macchina salutandola: «Buongiorno Janice...» fece il giro e le aprì la portiera del passeggiero: «...scusa il poco preavviso di ieri sera ma fino all'ultimo non ero sicuro che sarebbe stato tutto pronto per oggi.» Con una mano le fece cenno di salire.
Janice passò lo sguardo dalla macchina, all'agente che si era appena avvicinato e poi di nuovo alla macchina: «Wow... è...» 
«Antiquata?» Coulson finì la frase per lei ridendo. 
«...avrei detto fantastica, in realtà.» lo contraddisse accomodandosi nella vettura e sistemandosi il borsone per terra, tra i piedi.
Coulson sorrise tronfio, ricordava molto un gatto nell'espressione, le chiuse la portiera tutto contento che Lola avesse ricevuto un complimento. 
«Grazie, non è facile che i ragazzi della tua età facciano i complimenti a Lola.» 
Janice non seppe come rispondere, però trovò curioso sentire l'uomo chiamare la propria macchina per nome e le scappò un sorriso.
Allacciò la cintura appena l'uomo mise in moto e... via la giornata era ufficialmente iniziata. 

Passarono tutti i controlli, Coulson perse un po' di tempo a mostrare tutti i documenti ma infine, finalmente riuscirono a lasciarsi l'Accademia alle spalle. 
Janice si guardò intorno incuriosita, raramente le era capitato di uscire e il mondo fuori era ancora abbastanza ignoto per lei. In un solo anno non era possibile recuperarne tredici di reclusione. 
Coulson la osservò con la coda dell'occhio e gli fece malinconia lo stupore negli occhi di lei. Si schiarì la voce per attirare la sua attenzione: «Stiamo andando in un vecchio centro di addestramento, dismesso da qualche anno ma in perfette condizioni, la Strategic li ha rimessi a nuovo appositamente per noi.»
La ragazza rimase in silenzio ad ascoltarlo. 
«La settimana scorsa, dopo aver parlato con il Direttore ed aver accettato il mio ruolo come tuo Agente Supervisore, mi è stata mandata la tua cartella, con materiale non solo burocratico ma anche informativo sui tuoi corsi, sui tuoi allenamenti particolari...» 
Fece una piccola pausa in cui si mise gli occhiali da sole e si inumidì le labbra con la punta della lingua, un gesto automatico, un tic in un momento di riflessione. 
«Devo essere sincero, ho letto cose e visto video che non mi sono piaciuti.» Lanciò uno sguardo a Janice che aveva assunto un espressione depressa e ci tenne ad aggiungere: «Non da parte tua, ma da parte dei tuoi tutori...» E mi sorprende che il Direttore Fury abbia lasciato correre sui metodi di insegnamento di certi soggetti. Non espresse i suoi pensieri in parole perchè si rendeva anche conto che Janice era una cosa nuova per la Strategic, che richiedeva un'organizzazione particolare. Come si poteva far fare una vita normale ad una persona con abilità così particolari come Janice, senza farla scoprire? Era una bella domanda, Coulson non aveva una risposta ma stava perlomeno perdendo tempo per cercare di scoprirla. 
Leggendo il dossier della ragazza aveva capito che era solo fortuna se i suoi compagni di corso non si erano ancora resi conto di niente. 
O fortuna o pessimo intuito da parte di futuri agenti... 
Quindi stava ideando un percorso da intraprendere per la ragazza che la rendesse più libera e annullasse quella enorme percentuale di rischio.
«Sono dell'idea che devi riuscire ad imparare e controllare ulteriormente la tua abilità, per conviverci in serenità...»
Janice lo guardò sgomenta: «All'Istituto uccisi involontariamente...» Coulson annuì, non se ne era dimenticato. 
«Vado ancora dallo psicologo per quello... non sono solo gli altri ad avere paura, sono io la prima ad averne...»
Coulson annuì nuovamente: «Però ricordo anche che raccontasti di poterti controllare, in situazioni normali. Parti da quel concetto.»
L'uomo si inumidì nuovamente il labbro superiore in un gesto automatico.
«Io sono un agente per un'agenzia spionistica. Potrei trovarmi in pericolo di vita in ogni momento, durante e dopo ogni missione. Per questo devo girare armato.» Fece una pausa per cercare le parole giuste da dire. «In missione mi è successo di combattere per la vita ed è stato terribile... lo è ancora. E' questo che ci rende umani, che ci rende consapevoli che siamo in grado di capire cosa è giusto e cosa è sbagliato. Quello che devi fare e ritrovare la tua sicurezza verso la tua abilità e svilupparla in modo da non perdere il controllo, anche in situazioni di stress e di pericolo.»
Janice annuì, recuperando un po' di stima e di coraggio. Era strano parlarne in maniera così diretta con qualcuno. 
«Quindi, tornando a noi, sono partito da questa idea per organizzare la giornata di oggi. Sarà una sorta di test per mettere le basi, così da avanzare passo, dopo passo con una scaletta precisa. Fino a guadagnarti il badge.»
Con quelle ultime poche frasi l'Agente era riuscito a farla affondare nuovamente nel panico. La parola TEST era un incubo per ogni accademico.

L'agente si rese conto della pensierosità di Janice e la lasciò stare fino a quando, un'ora più tardi, non arrivarono alla meta. Parcheggiò la macchina davanti allo stabile: «Bene, ci siamo... Vieni, entriamo.»
Janice scese svelta dalla macchina, l'adrenalina a mille, le gambe incerte. Prima che l'uomo aprisse la porta della struttra usando il proprio badge, lei dichiarò a voce bassa, con un tono vagamente colpevole:
«Io... ho buoni risultati nelle simulazioni virtuali sul campo, nelle tattiche ma non ho mai fatto simulazioni dal vivo. E non mi sono mai misurata con qualcuno durante gli allenamenti di combattimento... Io non so...» 
L'uomo si girò verso di lei sorridendo, rassicurante: «Lo so. Per questo siamo qui. Te l'ho detto, è il momento di cambiare le tue prospettive nell'allenamento. Fidati di me.»
Entrarono nella struttura e Coulson alzò alcune leve dal generatore principale, Janice notò che solo alcuni corridoi si illuminarono, e tutto ciò che rimase al buio... beh tanto meglio.
L'agente le fece strada fino ad una porta infrangifiamme, l'aprì e le diede il benvenuto in una stanza enorme, esagonale... era una palestra: perfetta, nuova, pulita ed attrezzata di tutto punto. Janice ne rimase piacevolmente sorpresa.
«Vieni, gli spogliatoi sono laggiù.» le indicò due porte di fronte a loro, dall'altra parte della stanza.
Janice annuì silenziosa e ne approfittò per dare un'occhiata intorno: c'erano spalliere, attrezzi, un sacco appeso al soffitto... un particolare oggetto rapì la sua attenzione, un mobile computer con varia attrezzatura tecnologica, purtroppo indistinguibile perchè era tutto coperto malamente da dei teli. «Tutta roba che deve essere finita ed omologata, saprai tutto a tempo debito.» fu la risposta di Coulson alla silenziosa domanda della ragazza, prima di sparire dietro alla porta dello spogliatoio di destra. 
Janice lo imitò entrando in quello di sinistra, rimanendo nuovamente sorpresa dall'ambiente, stranamente piccolo a confronto del resto della struttura, bianco asettico e maniacalmente pulito, aveva una doccia, un bagno, una panca con appendiabiti, il minimo indispensabile per essere perfettamente comodi. 
All'accademia era sempre stata costretta a tornare al suo appartamento per cambiarsi, fare la doccia e andare alla lezione seguente. Tutto perchè doveva evitare contatti con i compagni, e non ritrovarsi in luoghi particolarmente affollati, nessuno doveva scoprire la sua vera natura. 

***


Coulson uscì dallo spogliatoio in tuta nera a maniche corte, rigorosamente con il logo S.H.I.E.L.D. 
Si tolse l'orologio, impostò la sveglia sul telefono e appoggiò entrambi sul ripiano dove stava il computer. In quel momento entrò in palestra anche Janice, con una tuta che la ricopriva da capo ai piedi lasciando libero solo il viso. Si stava sistemando i guanti tattici: «Scusi se l'ho fatta aspettare, signore. Ma questi affari...» 
«Toglili, non ti serviranno.» Si avvicinò a lei e le prese il guanto che stava cercando di allacciare, lo slacciò al posto suo e lo tirò via, vicino alla porta dello spogliatoio. «Hai una t-shirt sotto la tuta tattica?» La ragazza annuì confusa. 
«Togli anche la tuta. Non l'avrai sempre a disposizione nel momento del bisogno...» 
Janice tolse l'altro guanto e slacciò la parte superiore della tuta che serviva a coprirle collo e braccia. «Signore, si ricorda che io ho dei poteri per cui è meglio che io non tocchi la gente?»
Coulson fece spallucce andando al centro della palestra: «Non me.»
Le fece cenno di raggiungerlo: «Ritengo sbagliato cercare di aggirarli nascondendoti dietro una tuta apposita, devi imparare a controllarli non a temerli.» Janice buttò a terra la tuta e si toccò le braccia nervosamente, le faceva strano tenere le maniche corte, essere così esposta.
«Cominciamo con un po' di riscaldamento...» l'agente si mise in guardia: «...  primo schema di attacco del programma dell'accademia. Lentamente. Pugni precisi e pieni, non giocare. Non avere paura di colpirmi.» 
Janice raggiunse l'uomo, titubante si mise in guardia davanti a lui. Cercò di accorciare le distanze tra di loro in modo da raggiungerlo con gli attacchi e appena si sentì pronta cominciò ad applicare lo schema. 
Il primo schema di attacco dell'accademia era tutto di pugni: al volto, all'addome e ai fianchi. 
Coulson si limitò a rimandarle indietro gli attacchi, deviandola semplicemente a mano aperta: «Stringi il pugno, mira bene e distanza giusta.» 
Janice annuì e riprovò. Arrivò a sfiorare il mento dell'uomo e lui parò con il suo polso e con lo stesso braccio la spinse indietro per una spalla di un paio di passi. Janice mantenette l'equilibrio ma non riuscì a metabolizzare quel poco che era successo.
«Non abbassare la guardia, sul campo non sai mai quando davvero uno scontro sia finito. Attacco io, tu esegui il Primo Schema di Difesa Frontale.» 
Janice si mise in posizione, cercando di rammentare... Cazzo! Pensò. 
Non aveva mai provato davvero lo schema in difesa... Il sacco con cui era abituata ad allenarsi non era programmato per attaccare, ovviamente. 
Il suo primo insegnante durante un allenamento le aveva involontariamente rivelato di avere una storia con una studente, semplicemente afferrandole un polso... e lei ne rimase talmente imbarazzata che lo spintonò via. 
L'uomo si insospettì e le fece pressione per dirgli cosa fosse successo, ovviamente non la prese bene, e nemmeno il Direttore. 
Le fu affidato un agente speciale che la seguisse nelle tattiche di combattimento e strategia, ma avendo accesso alla storia completa della ragazza non se la sentì di rischiare e decise di allenarla da 'bordo campo'.
Janice tornò alla realtà e vide che Coulson stava per applicare lo schema, appena si mosse Janice cominciò a sudare freddo, alla rinfusa cercò istintivamente di parare i suoi colpi, che seppur lenti erano saldi ed ogni suo tentativo di parata era una scossa lungo l'avambraccio, e del tutto inefficace.
Fece due passi indietro in preda al panico e Coulson ne approfittò per cambiare strategia, fece un passo avanti gli afferrò un braccio con la destra e glielo portò dietro alla schiena, mentre con il braccio sinistro la prese al collo. 
Janice si trovò immobilizzata e indolenzita: «Non so cosa fare.» Ammise afferrando con la mano libera il braccio dell'uomo che le passava intorno al collo. 
Coulson con tono tranquillo le spiegò: «In questo caso puoi sfruttare la forza nelle tue gambe...» Le diede un colpetto con la punta della scarpa sul tallone della sua, per farle capire la direzione: «Facendo attenzione a non rompermi una gamba, tira un colpo di tallone sopra al mio piede. Gira il polso verso la tua schiena, esci verso destra e con la mano libera se riesci colpisci, sennò allontanati.» 
Janice annuì, sapendo che la sua sensibilità sulle gambe era nulla e che Coulson era l'unica sua chance di diventare Agente, decise di spostare il piede velocemente all'indietro senza fermarsi alla resistenza posta dalla gamba di Coulson, così da farlo scivolare senza colpirlo. 
Quando lo sentì perdere l'equilibrio ruotò il polso e sgusciò via dalla sua presa come le aveva detto, girando verso destra, e... scappò, perchè le faceva male tutto e si era già sentita abbastanza goffa e ridicola per il primo quarto d'ora del loro allenamento.
 
                                                  

Coulson, che era scivolato su un ginocchio, si stava rialzando. Con sorpresa di Janice stava sorridendo. 
«Ho fatto schifo...» disse lei tirandosi indietro i capelli, umidi di sudore, dal viso. «...l'ultima volta che ho fatto gli schemi di difesa sarà stata sei mesi fa...»
Coulson annuì, sapeva tutta la storia e... la trovava ridicolmente divertente: «Era un test apposito per valutare queste piccole cose. So il lavoro che ti hanno fatto fare. E fa schifo. Ovvero, tecnicamente pulito, perfetto. Ma non hai dinamica, non sai perchè stai facendo quel dato schema, non sai a cosa serve. Perchè hai sempre combattuto contro i modelli anatomici e non contro persone che parano e contrattaccano.»
Le prese una mano e sollevò per guardarle l'avambraccio: «Dopo ricordiamoci il ghiaccio...» Dei segni rossi stavano affiornado sulla pelle della ragazza, dove aveva impattato cercando di parare i colpi dell'agente. 
Janice si sentiva frustrata. Si era impegnata tanto nei suoi allenamenti, pensava che essendo 'sola' mettendoci il doppio dello sforzo savrebbe fatto dei miglioramenti come i suoi compagni. Evidentemente si sbagliava.
L'agente notò l'aria perplessa della ragazza: «Da oggi si cambia tutto. Comincia il tuo vero addestramento.»
Janice annuì senza proferire parola, gli occhi lucidi, un po' perchè si sentiva frustrata e un po' perchè Coulson non la stava abbandonando ma anzi la stava metaforicamente tenendo per mano, quando tutti gli altri fino ad allora avevano sempre evitato di farlo.

Durante quel primo giorno fecero esercizi di rinforzo muscolare, dinamicità e ripassarono insieme gli schemi di Attacco e di Difesa, senza passare però all'uso delle gambe. Coulson fu particolarmente rigido ma ogni esercizio lo avevano portato avanti insieme, non si era mai fermato un attimo se non per spiegarle e mostrarle cosa dovesse fare, come dovesse migliorare. Era tutta un'altra storia lavorare in due, tutta un'altra dinamica, un'altra sensazione. Più frustrante perchè era il momento di verità tra conoscenza e abilità, però doveva ammetterlo: Che figata! Pensoò più di una volta.
*bip-bibibip-bip-bibibip-bip*

La sveglia del telefono suonò ed erano passate quattro ore da quando avevano cominciato ad allenarsi. Erano entrambi in condizioni pietose, sudati e stanchi. Coulson sorridente, Janice un po' meno. 
Le diede una pacca su una spalla: «Una bella doccia e poi andiamo a mangiare.» Lei annuì cercando di riprendere fiato cercò di rispondere con un: «Okay, signore.»
Sparirono dietro le porte dei rispettivi spogliatoi e si rividero mezz'ora dopo, puliti, rinfrescati e cambiati. Recuperarono le proprie cose e si avviarono all'uscita: «Giapponese? Cinese? Mc. Donald? Taco Bell?» 
«Cosa, scusi?»
«Dove vuoi mangiare? Cosa preferisci?»
«Non ne ho idea. Non ho mai mangiato fuori dall'Accademia. E le mie amiche quando vengono da me portano sempre Pizza o Tailandese da asporto.»
Coulson si fermò mentre stava chiudendo la porta, giusto un attimo per maledirsi mentalmente. Però era contento di aver scoperto che avesse delle amiche. 
«Okay, scelgo io. Vada per il Giapponese ce n'è uno non lontano da qui.» 
 

***


Arrivarono al ristorante e si sistemarono ad un tavolino vicino ad una vetrata che mostrava uno dei tipici paesaggi della periferia di Los Angeles, con viali a perdita d'occhio adornati di altissime palme. 
Il ristorante era semi-pieno e a Janice girò un po' la testa entrando in contatto con così tante persone. 
«Tutto okay?» le domandò Coulson. 
Lei annuì in risposta: «Solo un attimo per abituarmi, al resto ci pensa lui.» Gli indicò il cerchietto metallico sotto ai capelli, dietro la nuca.
Una ragazza dai tipici tratti orientali li accolse e li accompagnò ad un tavolo e diede loro due menù. Entrambi ringraziarono e cominciarono a scegliere. Ad ordine compiuto rimasero a guardarsi intorno finchè Coulson prese la parola: «Come funziona il dispositivo?» 
«Mi isola dagli altri, se mi concentro riesco a percepire la gente che ho intorno, ma il dispositivo mi impedisce di influenzarle... come successe alla Asklepius.» Coulson annuì pensieroso. 
A dire la verità sapeva come funzionava, e ci stava lavorando sopra ma voleva sentire se lei aveva dettagli personali da aggiungere.
L'uomo prese la borsa di lavoro che aveva appeso alla sedia e ne tirò fuori due manuali e un porta appunti con alcuni fogli fissati. 
«Mettili in borsa, sono il tuo programma per le prossime due settimane, se hai problemi con le altre lezioni mi chiami e vediamo di risolvere. Poi due libri. Uno fa parte della lista che mi hanno assegnato per te mentre l'altro è un manuale, che avrei piacere tu leggessi.»
Janice prese la roba, le diede un'occhiata veloce e ripose tutto nelle tasche laterali del borsone per non sciuparli.
«La ringrazio.» 
L'uomo prese la bottiglia dell'acqua e ne versò un po' prima nel bicchiere di Janice e poi nel proprio.«Prima hai parlato di alcune tue amiche. Come ti trovi all'Accademia?» Prese la bottiglie e ne bevve un paio di sorsi.
«Bene, signore...»
«Puoi chiamarmi Phil, o Coulson se ti torna meglio.»
«Ma pensavo che... ora che lei è...»
«Non siamo operativi in questo momento, tranquilla. Continua pure...»
«Oh, okay... beh dicevo, mi trovo bene all'Accademia. Ho sì, fatto un paio di amicizie, ci ritroviamo almeno un giorno a settimana per vedere un film o fare qualche gioco da tavola, scambiarci qualche pettegolezzo, qualche aneddoto.» 
«Non sanno...?!» 
Janice fece segno di diniego con la testa anticipando il finale della domanda. 
«Sanno solo che lei mi ha salvato la vita. Ma non sanno nient'altro. Mi avvicinarono, durante le prime lezioni, proprio per chiedermi dettagli, per loro somma delusione mi attenni ai piani del Direttore. "Non ricordo molto."» Janice rise ricordando le loro facce: «Per fortuna la delusione non le fece demordere ed oggi sono le migliori amiche che ho, probabilmente anche le uniche. Sono certa che non credano al fatto che sia stata rapita da piccola, e pensino la realtà sia un'altra, ma non fanno domande. 
Domani invece me ne faranno un sacco... me lo sento.»
«Insieme ad Helen, sicuro.» aggiunse lui arrotolandosi le maniche della camicia. Poteva immaginarsi la scena. 
«Lei invece ha scoperto come mai non è come gli altri?»
«Nope...» appoggiò i gomiti al tavolini unendo le mani davanti al mento:«...ma ne ho parlato con il Direttore.»
La ragazza sgranò gli occhi: «Davvero?»
«Devo essere sincero, non avevo mai dato troppo peso a questa cosa. Finchè non me lo hai ricordato l'altro giorno. Pensavo che all' I.N.D.E.X. avessero trovato una risposta, ma tu stessa mi hai detto che nei test non ci sono state eccezioni. Ho controllato nei vari files e mi è stato confermato. Quindi ho deciso di dirlo io al Direttore.»

6 giorni prima

La scrivania era completamente ricoperta di cartelle e fogli. L'Agente Coulson aveva letto e riletto più volte i risultati dei test dell' I.N.D.E.X. di Janice e le parole della ragazza: "Il mio potere non funziona su di lei." acquisirono un peso notevolmente diverso da come le aveva prese lui. 
Non aveva mai fatto veramente mente locale ai fatti, pensava di aver resistito alla Asklepius semplicemente per un caso fortuito. Perchè c'erano persone più inclini alla sua influenza e altre meno. Ma non era così. Non per i test. 
Così con un sacco di confusione in mente cercò di mettersi in contatto con Fury e riferirgli la faccenda. Usò la linea criptata e fortunatamente non mancò molto ad un:
«Cosa c'è Phil?»
«Le devo parlare, di persona.»
«Arrivo.»
Coulson riattaccò. Guardandosi intorno si rese conto di essere a casa e non ad una bas... 
*Driiin* Il suono del campanello lo lasciò perplesso. Si avvicinò alla porta e Fury era lì...
«Come diavolo?»
«Sono il Direttore di un agenzia spionistica, ho i miei segreti.»
Entrò in casa chiudendosi la porta alle spalle. 
«Di cosa volevi parlarmi Phil?»
L'uomo ancora allibito ci mise un attimo a mettere insieme le idee: «Ecco, intanto vorrei che si mettesse comodo perchè devo rivelarle una cosa. E sono sicuro che non ne sarà con...»
«Niente preamboli Phillip.»
«Il potere di Janice non ha influenza su di me... Per un motivo sconosciuto a quanto pare.»
«Lo so.» Rispose l'altro uomo accomodandosi sul divano. 
Coulson prese automaticamente due bicchieri, li appoggiò sul tavolino di fronte a Fury e si girò a recuperare una bottiglia di liquore. «Scusa Nick, cosa?»
Il dialogo prese decisamente note più personali e meno ufficiali. 
«Ho analizzato io stesso i video della Asklepius, attimo per attimo. Tu sei l'unica persona che è riuscita ad avvicinarsi a lei e a toccarla pergiunta. Mi sono fatto domande, soprattutto dopo che l'abbiamo trasferita. Sai quanti uomini hanno perso i sensi quando l'abbiamo spostata alla base I.N.D.E.X.?»
«23, c'è scritto nel rap... ooh ora capisco.»
Riempì i due bicchieri e prese subito un sorso dal proprio, accomodandosi vicino all'amico. 
«Come mai non l'hai riferito agli scienziati dell' INDEX? Non potrebbe essere importante?»
«Si, e no. E' importante perchè sei l'unico che può avvicinarsi a lei se perde il controllo. No, perchè ci sono cose che è meglio non scoprire. Possiamo usare questa cosa a nostro favore se lei un domani riuscisse ad entrare nelle file della Strategic come Agente operativo. Se si dovesse scoprire la verità su di lei, se qualcun'altro dovesse mettere le mani su di lei... beh non voglio dargli aiuti su come neutralizzarla.»
Improvvisamente Coulson si sentì parte di un grande piano diabolico. Stavano parlando di Janice come se fosse stata un'arma.  
«Lo sai vero che stiamo parlando di una ragazza? Di una donna? Una persona? E non di un'arma?!»
Fury annuì, alzando l'unico occhio al cielo. «Phil lo so che a te questi discorsi non piacciono, ma qualcuno deve prenderli in considerazione. Ho deciso di darle una chance perchè mi rendo conto del lato umano della faccenda, e sono con te.
Ma la tengo sott'occhio perchè un Istituto di cui non sappiamo niente l'ha tenuta sotto custodia per 13 anni. Facendo esperimenti su di lei. Facendo ricerche sui suoi poteri. L'hanno portata via alla propria famiglia perchè lei probabilmente è nata con questa abilità.
Fino ad ora abbiamo incontrato poca altra gente in grado di fare cose straordinarie, i soggetti dell'INDEX si contano sulle dita di UNA mano.
Lei è speciale e ci porterà guai, per quello te l'affido. Tu sei l'unico che può prepararla ad affrontarli.»
Fury tirò giù due sorsi dal suo bicchiere mentre Coulson si lasciò sprofondare nel divano guardando negli oc... nell'occhio? Insomma, scrutando il Direttore. 
Bevve tutto il rimanente nel proprio bicchiere rendendosi conto di essere stato un idiota. Di essersi comportato come un Agente novellino. Si stropicciò il viso con una mano. 
«Per questo ti ho mandato in Perù subito dopo. E mi sembra che  Camilla Reyes sia riuscita a distrarti...» Uno sguardo d'intesa fece sorridere Coulson. E se ne pentì all'istante. Soprattutto perchè...
«Ha cercato di impegnarmi per allontanarmi dalla causa?»
«Esatto. Non dovevi affezionarti alla causa, non sapevo se Janice avrebbe dato i risultati che speravo. E soprattutto non dovevi avere il tempo di pensarci, di ragionarci ed arrivare a queste conclusioni prima del tempo.»
Era tutto particolarmente crudele, enigmatico e soprattutto subdola strategia. Però purtroppo c'erano delle ragioni valide, si fidava di Fury, anche se aveva dimostrato molte volte di avere dei metodi drastici.

Tornando al presente... 

«Quindi...?»
«Quindi... niente, purtroppo è riservato, mi dispiace.» Coulson preferì troncare lì il discorso perchè non aveva intenzione di raccontargli tutti i fatti. 
«Comunque sia, questo mistero funge a nostro vantaggio...»
La ragazza si accigliò un attimo: «A lei non la incuriosisce questa cosa?»
«Molto...» ammise l'uomo «Ma ho fiducia nel sistema e nel Direttore... e nel servizio di questo ristorante, dato che sto svenendo dalla fame»
Il suo desiderio venne esaudito perchè l'ordine non tardò ad arrivare, per la felicità dell'uomo e la curiosità della ragazza. 
Mangiarono entrambi di gusto, continuando a parlare del più e del meno, mettendo così le basi del loro percorso, del loro rapporto allieva, mentore e della loro amicizia. Dopo tutto nella Strategic molti Agenti avevano trovato nei propri colleghi una nuova famiglia.
   
 
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