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Autore: Lady Hime    07/02/2017    2 recensioni
Sherlock vuole un bambino, un piccolo Holmes da crescere a Baker Street.
John non la prende tanto bene e tenta di dissuaderlo.
Ma quando mai qualcuno è riuscito a fermare Sherlock Holmes?
Genere: Comico, Fluff, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Rosamund Mary Watson, Sherlock Holmes
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Baker Street Baby


Londra sa essere caotica, a volte.

John accarezzò quel pensiero dolcemente mentre osservava quell'agglomerato pulsante di civiltà dalla finestra del bar. Ne aveva viste di tutti i colori, in quegli ultimi sei anni, e niente era bello come l'agitarsi confuso di una città che si risveglia.
La cameriera gli portò il caffè, insieme ad un inaspettato numero di telefono. John se lo rigirò tra le mani parecchio, prima di alzarsi, pagare, e recarsi a lavoro con un sorriso stupidissimo sulla faccia.
Era un bel periodo, di quelli un po' calmi ed un po' monotoni che ci vogliono, ogni tanto, per poterli poi rimpiangere quando ti ritrovi ad inseguire un omicida per gli anfratti di Londra con Sherlock Holmes al tuo fianco.
Aveva instaurato, senza rendersene conto, una piacevole routine: si alzava presto, lasciava Rosie all'asilo, si concedeva un attimo per se in un bar qualsiasi, e poi, dopo la mattinata in ambulatorio, passeggiava fino a Baker Street.
Rosie aveva iniziato a camminare e zompettava ovunque, impavida; la scuola materna la entusiasmava e, fortunatamente, le esauriva gran parte dell'energia, così farla addormentare era questione di pochi attimi e tante coccole. Lui, durante quelle settimana, passava il tempo a dispensare ricette mediche per la cura del raffreddore ed a visitare qualche vecchina stanca ed ipocondriaca.
Sherlock invece, non avendo nessun grosso caso in ballo trascorreva le sue giornate ad insultare Lestrade per l'incompetenza di Scotland Yard "di fronte all'ovvio" ed a condurre esperimenti che spingevano sempre più spesso John a disinfettare qualsiasi cosa gli capitasse in mano.
Una piacevole calma, destinata inevitabilmente a finire, ma che perdurava tranquilla nell'indifferenza generale.
Abbandonò quel pezzetto di carta sull'asfalto freddo di Londra: le cose andavano bene così, semplicemente.
Non era nel suo destino avere una nuova storia d'amore, non che ne potessero esistere di belle, dopo Mary.

Accadde mentre mescolava il the. Era un piccolo rito che John adorava, il tin-tin del cucchiaino che abbandona la tazza e viene dimenticato sul piattino.
Nella vita ci sono poche ore più piacevoli dell’ora dedicata alla cerimonia del tè pomeridiano, gli aveva detto sua madre una volta, omettendo candidamente che la stava platealmente copiando da un famoso scrittore statunitense, e John aveva decisamente fatto sua quella piccola filosofia.
Si apprestava a bere il primo sorso di bevanda calda quando la voce del suo migliore amico ruppe il silenzio, sicuramente anomalo a Baker Street.
«Voglio un bambino».
Successe tutto nel giro di qualche secondo: John lasciò andare la tazza per la sorpresa, ma la sua personalissima educazione militare, segui l'istinto e poi pensa, ebbe il sopravvento e la riafferrò poco prima di fare un gran casino. La depositò delicato a terra e poi si girò meccanicamente verso l'amico, con un'espressione sconvolta degna di essere fotografata.
Sherlock Holmes, 39 anni di genialità e tante altre cose, se ne stava rattrappito come un ragno sulla sua poltrona, e non lo degnava del benché minimo sguardo.
«C-cosa?»
«Hai sentito, voglio un bambino. Uno di quei piccoli esseri viventi che crescono per nove mesi nel grembo materno e poi...bhe, escono»
«E questa da dove viene fuori?»
«Ci ho pensato, e voglio anche io un bambino, tutto qui. Credo non mi dispiaccia il pensiero di un erede che porti avanti il mio cognome ed i miei geni. Mycroft non ha la minima intenzione di sposarsi o cose simili, quindi credo spetti a me. Sono inoltre convinto che i miei genitori gradirebbero un nipotino da viziare, visto che-- John, mi stai ascoltando?».
Ma John lo sentiva appena, immerso nell'immagine tragicomica di Sherlock alle prese con un bambino. Non che il detective non si fosse rivelato sorprendentemente responsabile quando l'influenza aveva steso John, Molly e Mrs. Hudson in un colpo solo e si era dovuto occupare interamente di Rosie (ma non di lui perché "Sei un medico e sei adulto" begli amici che ti scegli John Watson, seriamente) per quattro interi giorni, ma un conto era avere a che fare con un bambino un centinaio di ore ed un altro crescerlo finché lui (o lei, ma John non riusciva ad immaginarselo se non maschio, riccioli scuri e sorriso affilato) non si sente pronto ad abbandonare il nido.
Dio, già se lo vedeva, lunatico come Sherlock ed arrogante come Mycroft. E perché no, pazzo come Eurus.
Oh no, lui non poteva sopravvivere anche a quello.
A riscuoterlo dai suoi pensieri fu Sherlock, che ormai aveva smesso di blaterare e lo osservava, aspettandosi una qualsiasi reazione. John lo accontentò con la più scontata: il panico.
«Sherlock! I bambini hanno bisogno di cure continue, di attenzioni, di una casa sicura senza parti del colpo smembrate nel frigorifero...di mangiare in modo salutare e dormire un numero considerevole di ore. Un bambino non è...un esperimento!» aveva alzato il tono della voce? «Hai pensato per un attimo alle conseguenze sul tuo lavoro?».
«Sì, ci ho riflettuto attentamente. Credo potrei fare una lunga pausa e concentrarmi sui piccoli casi, quelli meno pericolosi, finché non sarà abbastanza grande da cavarsela da solo almeno».
«Sei...serio?», gli venne da ridere. Era lo shock, probabilmente.
«Ovvio».
«E come vorresti procedere? Come pensi di farlo, un bambino? Lo vuoi cercare sotto un cavolo?».
Sherlock lo scrutò appena, per niente impressionato o offeso. «Non devi preoccuparti, so benissimo come agire».
«Benissimo! OTTIMO! Tutto risolto allora! POTEVI PRESENTARMELA ALMENO!».
Sherlock era sul punto di replicare qualcosa, ma vennero interrotti da una raggiante Mrs. Hudson, salita per consegnare la posta al suo inquilino preferito.
«Interrompo qualcosa?»
«No! Si figuri! Solo Sherlock che mi informa del suo futuro figlio!».
Mrs. Hudson li guardò per un lungo istante prima di ghignare, soddisfatta. «Oh, è fantastico! Finalmente avete deciso di fare il grande passo! Per qualsiasi cosa, davvero qualsiasi, contate pure su di me! Sono così eccitata!».
Sherlock si alzò per afferrare un'unica grande busta dalle mani della padrona di casa e sparì in cucina, con un sorriso fastidiosissimo sulla faccia.
«Adotterete un bambino o pensate di procedere in altra maniera? Ci sono un sacco di tecniche moderne per queste cose...».
John le si avvicinò esasperato, scuotendo la testa. «La prego Mrs. Hudson non lo incoraggi. Ha deciso ieri che vuole un bambino, e Dio solo sa con chi e per quale motivo».
«E non ti ha detto niente? Sono decisioni importanti, che comporteranno tanti cambiamenti tra di voi. Già essere una coppia è difficile...». John emise un lungo flebile sospiro. No, non era il momento per ricordare, ancora di nuovo e per sempre, la sua eterosessualità, c'erano questioni ben più urgenti da risolvere.
«Utero in affitto» disse semplicemente Sherlock sbucando dietro di loro per sventolargli plichi indistinti di fogli. John capì al volo.
«Dio Sherlock è...tutto sbagliato» esalò, osservando il profilo di una donna che il detective gli aveva distrattamente messo in mano. Carina, anonima, palpabile madre di un piccolo Holmes.
«Non ti facevo così retrogrado».
John stava per sfoderare la carta "Per l'amore del cielo ho una sorella lesbica", ma Mrs. Hudson lo prese in contropiede, incrociando le braccia. «Non ne capisco molto di queste cose nuove, ma sono sicura che lo sentirete vostro chiunque sia il padre biologico!»
«Non è questo il probl--- Ma solo io mi rendo conto di come sia assurda questa situazione? Sherlock Holmes ed un bambino!» scandì «Quello stesso Sherlock Holmes che è capace di non mangiare per giorni e che risolve crimini per sballarsi. Presente? Si? O è cambiato qualcosa nell'ultimo mese senza che io me ne accorgessi?».
Sherlock aveva ripreso ad ignorarlo, troppo immerso nei suoi dannati fogli, ma Mrs. Hudson gli diede un'affettuosa pacca sulla spalla.
«E' proprio per questo che ci sei qui tu, caro» gli disse sorridendo; poi dileguò in fretta, senza attendere una sua reazione, lasciandolo tutto da solo ad affrontare la situazione.
«Sherlock...» tentò invano John.
Niente, nessuna reazione, forse era diventato invisibile e non se n'era accorto.
«Sherlock ti prego». Questa volta il detective alzò gli occhi verso di lui, sembrava seccato. «Sei ancora qui?».
«Non mi muovo finché non mi dici che è tutto uno scherzo».
«Non lo è John. E ora dovresti andare, davvero».
«Non ci pensare neanche».
«John. Se vuoi possiamo parlare per ore della questione; tu elencherai moltissimi punti a sfavore della mia decisione e io altrettanti per contraddire la tua tesi, ma poi io agirò come voglio perché è così che faccio sempre. Inoltre vorrei ricordarti che oggi l'asilo di Rosie chiude prima per permettere ai bambini di vaccinarsi contro l'influenza e tu arriverai sicuramente in ritardo per via dei rallentamenti dovuti alla riasfaltatura della strada. Quindi davvero, vai».
John aprì la bocca, ma la richiuse subito per precipitarsi a fermare un taxi, che si ingorgò nel traffico dieci minuti più avanti.
Il tempo di tirare fuori il telefono dalla tasca per chiamare l'asilo che quello vibrò.

Domani, 2 pm.
265 Green Lanes
Devo portare dello sperma?
Non è specificato da nessuna parte - SH

John chiuse gli occhi e fermò sul nascere l'immagine di Sherlock Holmes che si masturbava.
Decisamente no, non poteva sopravvivere anche a quello.

   
 
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