7.
La sera stessa, dopo
la fallimentare udienza di Dannick
con i sovrani, Fenna lo
aveva cercato nella stanza che gli era stata assegnata, ma lui si era
barricato
dentro e non sembrava intenzionato a voler aprire. Ben presto la
principessa si
era resa conto che era preoccupata per lui, che provava affetto nei
suoi
confronti e desiderava stargli vicino. Si accucciò fuori
dalla porta, le
movenze un po’ ingombrate dall’ampio abito
principesco. Poi iniziò a parlare
senza essere certa che lui la ascoltasse.
«È
stata colpa mia», iniziò
esitante. «Se non ti avessi fatto chiamare ora non saresti
qui, accusato da mio
padre di oltraggio, non dovresti preoccuparti di trovare una soluzione
per
uscirne vivo e, soprattutto, non avresti a che fare con
un’incapace come me».
«Prometto
che troverò una
soluzione, anche se non dovessi riuscire a insegnami. Comunque ne
uscirai vivo,
non permetterò che ti succeda niente.»
Pronunciò le ultime parole quasi in un
sussurro, poi si rialzò e si spostò poco
più in là, davanti a una grande finestra.
Lì, si mise a osservare le luci della città al di
là delle mura di cinta del
palazzo. Seresix era
uno spettacolo quando calava la
notte. Le luci delle abitazioni, ammassate una sull’altra,
formavano una
cortina magica: sembravano tante stelle incastonate poco più
in alto dell’altezza
dell’orizzonte.
In quel momento Dannick aprì la
porta, uscì e si affiancò alla principessa.
Lei sorrise e senza girarsi a guardarlo annunciò:
«Stai tranquillo, ho un buon
presentimento.»
«Inizieremo
proprio da
questo», dichiarò lui.
Fenna non era sicura di
aver
capito. «Da che cosa inizieremo?»
«Tu hai
chiaramente una
sensibilità fuori dal comune. Ti sei accorta di un sensitivo
in mezzo a una
folla di migliaia di persone, inoltre percepisci certe cose prima che
accadano.
Insieme cercheremo di sviluppare queste tue capacità,
così…» Per qualche motivo
s’interruppe, lasciando la frase a metà, come
colto
da un improvviso ricordo che
lo aveva portato con i pensieri altrove.
La giovane si giro
verso di
lui. Erano entrambi più o meno della stessa altezza.
«Mi puoi
raccontare la
premonizione che ti ha condotto qui?», gli chiese.
Visto che
l’altro non
accennava a voler rispondere, Fenna
sospirò e buttò
lì alcune ipotesi: «Hai visto la mia morte per
mano di qualcuno? No? Almeno
potresti dirmi se ci sono vicina o se sono completamente fuori strada!
Cosa hai
visto? Cadrà un meteorite sopra la città?
Scoppierà una guerra per causa mia?»
«Fen!
Nulla di tutto questo», la bloccò il ragazzo.
«Ti ho vista uscire dal Sacro Memoralium
accerchiata dall’odio del popolo. Mi è sembrato
che la tua anima urlasse “ci sono anch’io”[3].
La verità è che gli altri, in realtà,
non ti vedono. Guardano solo un’immagine costruita di
te.»
Il volto della
principessa s'illuminò in un sorriso pieno di calore.
Osservò il
volto di Dannick
e, improvvisamente, gli sembrò che non ci fosse niente di
più bello al mondo.
Desiderò di abbracciarlo, ma si limitò a
sfiorarlo
con la mano per poi dargli la
buonanotte.
«Ci vediamo
domani nel
rifugio segreto», disse lui. «Buonanotte
principessa Fen.»
La mattina seguente, Fenna si diresse nel laboratorio
dove il sensitivo gli
aveva dato appuntamento. Con “rifugio segreto” era
certa che lui intendesse proprio
quello.
Il laboratorio era
uno
spazio di circa una ventina di metri quadrati con il pavimento
piastrellato. Le
quattro pareti erano coperte da imponenti mobili in legno, con ante in
vetro che
lasciavano intravedere al loro interno una miriade di provette e vasi
decorati.
Per arrivare al laboratorio bisognava percorre un angusto corridoio con
dei muri spogli di
rozzo cemento.
L’accesso
era segreto: per
poter aprire la porta che conduceva al passaggio bisognava far scattare
un
meccanismo scegliendo un preciso volume della libreria nella camera da
letto
della principessa. A quanto le risultava, quella era l’unica
via d’accesso: per
questo, quando entrò, fu sorpresa di trovare Dannick
già lì, seduto oltre il tavolo di marmo al centro
della stanza. Aveva un’aria
spossata, quasi come se non avesse mai chiuso occhio durante la notte.
Stava
per chiedergli spiegazioni, ma il ragazzo iniziò a parlare
per primo facendole
dimenticare ciò che voleva dire.
«Eccoti.
Visto che ho solo cinque
settimane di vita, non ti dispiacerà sapere
che ho
già iniziato la stesura del tuo percorso
formativo», disse con un certo tono
autocommiserativo. Senza aspettare risposta si mise ad aprire varie
vetrine e a
scegliere accuratamente alcuni dei recipienti. Con un contagocce
estrasse da
ognuno un po’ di liquido che andò a posizionare in
altrettanti calici di vetro,
sopra al tavolo centrale di marmo.
«È
un laboratorio ben
fornito», commentò.
Fenna sorrise e
iniziò a
spiegare: «I sovrani non sanno che io conosco
l’accesso a questa stanza. Due
anni fa c’è stata una ristrutturazione: il palazzo
è così grande che la
gestione dello spazio è lasciata a una cinquantina di
consiglieri. Sono
riuscita a far affidare questa zona alla supervisione di Thesel,
mio fidato amico, oltre che un capace consigliere. L’hai
conosciuto anche tu.
Te lo ricorderai di sicuro, è l’uomo che ti ha
portato da me.»
Dannick annuì.
«Nella
nuova planimetria,
questo spazio è indicato come costruzione di sostegno per i
piani superiori»,
continuò lei. «Nessuno si sognerebbe mai di
entrarci. Praticamente i miei
pensano che il vecchio laboratorio sia stato smantellato.»
«Ogni
settimana mando Thesel
al mercato centrale in modo da non farmi mancare mai
niente. Fa piacere sentirsi dire da un vero sensitivo che il proprio
laboratorio è ben fornito.»
Si
avvicinò a Dannick
e si accinse a osservare quello che avrebbe creato
con le sostanze che aveva preparato ma, contrariamente alle sue
aspettative, il
sensitivo si girò verso di lei.
«Che cosa
hai imparato a
distillare finora?», le chiese.
«Nulla di
che. Ho provato a
creare il Kuinto, ma
devo aver sbagliato qualcosa.»
Il ragazzo
sembrò sorpreso.
«E dimmi, qual è l’effetto del Kuinto su chi lo
beve?»
Fenna sembrò
incerta. «Ehm, apre
l’accesso al subconscio, se non ricordo male.»
«Più
precisamente crea un
collegamento tra mente conscia e subconscio. È un trucco per
incanalare la
propria energia psichica in una regione cerebrale normalmente esclusa.
Un
elisir di quel tipo agisce sul sistema primitivo simpatico e disattiva
le
sinapsi amnesiche. Perché hai creato questa
pozione?»
«Che
importanza ha? Tanto
non ha funzionato», rispose Fenna.
«Dunque conosci
anche le tecniche dei majimensis?»
L’altro la
guardò di
sottecchi mentre si apprestava a mettere in ordine i calici che aveva
davanti.
«I manipolatori della realtà non usano mescolare
pozioni. Loro sono più dei
tecnici: creano strutture in grado di trasmettere particolari onde
invisibili che
influenzano la mente umana.»
«I
portali!», esclamò Fenna.
«Esatto. I
sensitivi,
invece, sono più dei salutisti che amano creare intrugli
mescolando sostanze
naturali», le fece l’occhiolino. «Ti
interessano molto i portali?»
Fenna annuì
pensierosa.
«Allora
metto nel tuo
percorso formativo un’uscita scolastica per visitare i
portali della stazione.»
«I sovrani
non mi lasceranno
mai uscire», disse la principessa.
«Tranquilla,
loro non devono
necessariamente sapere.»
«In ogni
caso la gente mi riconoscerà
e succederà il caos», replicò lei.
Dannick sospirò
e,
mentre iniziava
a distillare una nuova pozione, continuò a parlare.
«Ovviamente ti cercheremo un
travestimento in modo che nessuno capisca chi sei. Potresti essere un
po’ più
collaborativa? Non è che adesso, a ogni cosa che dico, te ne
salti fuori con un
problema irrisolvibile?»
Fenna sorrise e
continuò a
osservare quello che faceva il ragazzo. Stava mescolando diverse
sostanze
colorate nello stesso calice. Riconobbe subito quello che veniva
chiamato succo
di Pascafòlia,
dal caratteristico colore rosso vivo,
e l’essenza di acqua vergine, un liquido trasparente che a
tratti mandava
riflessi bluastri.
«Che cosa
stai
preparando?», chiese incuriosita.
«Il Proferatio», rispose,
come se fosse stata una cosa ovvia. Poi, visto che la ragazza lo
squadrava con aria confusa, aggiunse:
«È una pozione che
favorisce la manifestazione di eventuali capacità di
preveggenza. Ho quasi
finito e dopo potrai assaggiarla.»
Prese tra le dita il
gambo
del calice e, con un movimento dolce del polso, fece roteare il liquido
nella
coppa. Dopodiché lo porse a Fenna
che all’inizio,
tentennante, assaggiò un piccolo sorso e poi bevve tutto.
«Ha un buon
sapore»,
commentò.
Dannick sembrava
soddisfatto. «L’unico
difetto di questa pozione è che risulta inutile nel caso in
cui una persona
abbia il dono di fare sogni premonitori. Comunque ci metterà
un po’ per fare
effetto. Dunque mentre aspettiamo potremo realizzare il tuo
travestimento per
la visita ai portali.» Le fece di nuovo
l’occhiolino e la ragazza rispose con
uno sguardo complice.
«Hai degli
abiti che non
usi più?», s’informò lui.
«Ho
qualcosa di meglio»,
rispose lei con tono accattivante.
Nota:
3- “Ci sono anch’io” è un riferimento al titolo della canzone scelta per il contest.
"La principessa e il sensitivo"
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