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Autore: macaofe    09/02/2017    0 recensioni
"Come cancellare un ricordo? Ve lo siete mai chiesto?
Beh, me lo domandavo tutte le mattine quando al mio risveglio il suo volto riecheggiava nella mia mente..." è l'incipit di una storia romantica... I protagonisti sono stati grandi amici, poi poco più che conoscenti...ma lui è nella mente di lei la notte e lontano di giorno fino a che qualcosa cambierà tutto...
Genere: Romantico, Sentimentale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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~~CAPITOLO 2
L’illusione

Un'illusione è una distorsione di una percezione sensoriale, causata dal modo in cui il cervello normalmente organizza ed interpreta le stesse. L’illusione non è sinonimo di falsa verità, di utopia irrealizzabile, di fantasticheria vuota…ma è fiducia, è speranza di realizzare i propri sogni. Io quella speranza la sentivo mia e non avevo intenzione di abbandonarla, anche se sapevo che sarebbe stata dura, da qualche parte sentivo una fiducia e questo mi permetteva di andare avanti. Quella sera anche il freddo aveva lasciato il passo ad un tepore primaverile, era una serata serena, vedevo le stelle più vicine e più grandi; forse era l’effetto di vederle dopo tanto tempo ma tutto mi sembrava diverso anche la luna sembrava sorridere e strizzarmi l’occhio. Mentre Jennifer guidava io che stavo al suo fianco, provavo a farle delle domande per capire cosa la sua mente malata avesse progettato e feci delle ipotesi strampalate ma lei era decisa a non farmi intuire nulla…diceva solo: “vedrai ti divertirai, ne sono sicura!!!”. Arrivati al ristorante, riuscimmo con difficoltà a trovare parcheggio, il ristorante era affollatissimo e mentre ci avvicinavamo all’entrata d’improvviso, mi bloccai. Su tante auto parcheggiate lo sguardo quasi come per magia mi andò su un auto abbastanza familiare. Il cuore prese a battere all’impazzata, guardai la mia amica e le urlai: “No! Non dirmi che lo hai fatto? Io me ne vado…”. Lei mi guardò sbalordita, non aveva capito perché io avessi reagito così e bloccandomi al volo mi disse: “Ma cosa stai dicendo? Loro non sono ancora qui! Hanno qualche minuto di ritardo, ma vedrai Michele ti piacerà, è un amico di Luca ti ricordi il biondino che io ti ho fatto conoscere l’estate scorsa? Scusa… ma se non ti avessi nascosto tutto, tu non saresti venuta!!!”. Io la guardai ancora, poi rivolsi lo sguardo all’auto di Samuele. Era la sua ne ero certa! L’avrei riconosciuta in mezzo a cento dello stesso modello e pure lei non solo non ammetteva nulla ma non aveva capito niente del motivo che mi aveva spinto a bloccarmi e cercare di scappare. Era così falsa? O io non avevo capito nulla, forse era solo una coincidenza, in fondo nel nostro paesino non ci sono molte pizzerie. Mentre ragionavo tra me e me, Jennifer afferrò di nuovo il mio braccio, buttò la sigaretta e mi spinse dentro il locale in maniera così brusca che quasi caddi e riuscii a evitarlo appoggiandomi a un divisorio aldilà del quale c’erano dei bambini che iniziarono a ridere e sghignazzare verso di me. Diventai immediatamente rossa come un peperone, mi girai verso la mia amica dicendo: “Tu non sei normale! Cosa mi devo ancora aspettare da te?” Lei, allora, si mise a ridere così forte da far girare di nuovo mezzo locale, fin quando improvvisamente la sua risata si spense e lei si bloccò. La guardai sorpresa e vidi che il suo sguardo era fisso su qualcosa o qualcuno dietro di me. Poi si avvicinò e sussurrò: “Oh, oh! Questo non l’avevo proprio previsto! Non te la prendere con me e sorridi disinvolta dai…” Capii al volo di cosa stesse parlando. Mi preparai all’incontro che, in parte, avrei voluto tanto evitare perché non mi sentivo pronta, ma che in fondo da giorni ormai mi sognavo anche a occhi aperti. Mi tolsi velocemente il soprabito, mi arricciai nervosamente i capelli e poi guardai la mia immagine riflessa sulla vetrata: il bellissimo vestito, allacciato al collo, di Jennifer mi stava veramente bene e lei era stata sinceramente brava. Ero pronta, ormai niente mi avrebbe salvato, dovevo farlo e allora mi voltai disinvoltamente e lo vidi…era bellissimo! Sarò banale ma mi sembrava un angelo. Ebbi la stessa sensazione che mi diede la visione di quel corpo perfetto quando lo avevo visto la prima volta. Quando ero un adolescente in pieno subbuglio ormonale! Lo devo ammettere e forse in quel momento lo ero ancora… Mentre lui si avvicinava, io cercavo di rilassarmi. Sara hai venti anni mica cinque, fai l’adulta!!! mi dissi. Quando fu vicino a me, il suo profumo m’invase, lo riconobbi subito e m’innamorai di nuovo di lui. M’innamorai di quello sguardo che ti cattura, di quegli occhi così profondi, così espressivi…e m’innamorai perché il suo sorriso sembrava così angelico, m’innamorai perché lui non è come gli altri...ed è proprio questo suo non esserlo che mi attrae e mi aveva sempre attratto…avrei voluto gridare questo anche a lui ma non potevo, avevo un patto segreto da mantenere e lo avrei mantenuto anche se era così difficile resistere. Samuele mi salutò con la sua solita gentilezza, si avvicinò baciandomi teneramente sulla guancia e disse: “E’ un po’ che non ti vedo ma che fine hai fatto?”. Io lo guardai alzai le spalle e dissi: “Sai le solite cose lavoro, studio…la solita vita!”. Sentivo il viso in fiamme e penso che anche lui lo avesse notato perché avvicinando la sua mano alla mia guancia, mi diede un dolce pizzicotto e disse quasi sussurrando: “sei bellissima stasera!” Il mio cuore fece trentacinque capriole, mi arrivò in gola e fece fischiare le mie orecchie in poche secondi. Poi Jennifer fece la sua comparsa nel siparietto e scacciò via l’atmosfera che si era creata. Tipico suo! Samuele le chiese: “… ma chi state aspettando così tutte in tiro?” Non potei resistere dall’arrossire ulteriormente e Jennifer vedendomi impacciata intervenne al mio posto: “Ho organizzato una cenetta a quattro con due miei amici!!!” In quel momento mi sembrò di morire, era anche peggio di come pensavo ma come le era venuto in mente di sbottare così?…mi sentivo una traditrice e ancora di più quando mi guardò con quegli occhi da cerbiatto. Io lo guardai cercando di fargli capire che non c’entravo nulla e dissi: “La mia amica qui presente ha organizzato un bello scherzetto per me!”. Che cosa avrei potuto dire? In fondo dovevo niente a nessuno e soprattutto a lui, ma allora perché mi sentivo di essere una traditrice? Poi la situazione ulteriormente peggiorò. Quando Jennifer ci si metteva, non c’erano barriere di protezione che tenevano. Quello lo sapevo già. Non si lasciò sfuggire l’occasione per dire: “ Ma non potevo più vederti in quel modo …mi sembravi una vecchia di cento anni. Qualcuno deve farti capire che ne hai solo venti, che sei bellissima e che non puoi continuare a perdere tempo con quel…”. Poi riacquistò un minimo di lucidità e s’interruppe,  forse ricordandosi di chi aveva davanti. Fu in quel momento che però intervenne Samuele, sorprendendomi direi: “Jennifer ha perfettamente ragione! Sara devi vivere i tuoi venti anni perché non verranno più e ti meriti un po’ di felicità!” e mi guardò complice come per farmi capire che aveva compreso in quale trappola mi ero trovata. Jennifer allora lo incalzò con le domande, interrompendo i nostri sguardi: “E tu cosa ci fai? Con chi sei? E Carolina dov’è?” Lui con fatica distolse lo sguardo da me e gli rispose: “Sono con degli amici, una serata di soli uomini. E Carolina…sinceramente non so, dove sia. Io e lei…ecco…non…” ma non riuscì a finire la frase perché Jennifer lo interruppe: “vi siete lasciati, davvero?” Lui non rispose asserì con la testa e mi guardò, veramente tutti e due ora mi guardavano ed io imbarazzata ma con il cuore che scoppiava di gioia, dissi falsissima: “mi dispiace…” e lo guardai di nuovo, ma lo avrei voluto baciare, abbracciare…e come a leggermi il pensiero lui mi salutò baciandomi di nuovo e sussurrandomi nell’orecchio: “…a dopo!” poi a voce alta mi disse: “mi raccomando divertiti…ma non troppo!!!”. Io lo guardai sbalordita e mentre si allontanava con il suo passo deciso e svoltava verso la sala fumatori mi sorrise di nuovo. Non compresi le sue parole cosa intendeva per “...a dopo” Dopo quando? Torna qua ti prego scappo con te! Te lo giuro!...io…io… voglio proprio te…Samu…ormai ero un ondata di pensieri. Un misto di amore e ansia che mi stava sconvolgendo. Non so se potete comprendere, era come aver sfiorato per un attimo l’impossibile e ripiombare nella dura realtà senza nulla sulle tue mani. Alcuni la chiamerebbero amarezza.
Jennifer mi distrasse da quei pensieri: “Sara ma cosa erano quei sguardi e le tue giustificazioni…ma cosa succede tra di voi…c’era una complicità che si vedeva da lontano! Mi stai nascondendo qualcosa e mi dovrei incuriosire?” Io negai spudoratamente: “…ma cosa stai dicendo?…niente, non c’è niente e non sapevo neanche…” ma, poi, venni interrotta da due voci maschili che dissero contemporaneamente: “Ciao…ma siete bellissime!!!” Queste parole in me non suscitarono nulla. Purtroppo non c’era nulla che potesse paragonarle a quelle sentite qualche attimo prima. Solo lui poteva scatenare in me il subbuglio. Mi girai e li vidi, a sinistra c’era Luca che già avevo visto la scorsa estate con Jennifer mentre a destra c’era quello che supposi fosse Michele, era un ragazzo carino, castano con degli occhi molto intensi. Quella sera, però, anche se ci fosse stato, Raul Bova non mi avrebbe fatto effetto e la sensazione che avevo in quel momento non era proprio ideale per intraprendere una nuova conoscenza. Povero Michele con chi era capitato! Pensai. Ci sedemmo al nostro tavolo e con mio grande disappunto (certo visione bellissima, ma contesto sbagliato) ci trovammo proprio di fronte al tavolo di Samuele ed io ero proprio di fronte a lui o più precisamente di fronte a Michele ma io quella sera avevo occhi e testa da un'altra parte. Michele parlava ed io facevo finta di ascoltarlo ma in realtà riflettevo sulle parole di Samuele e guardandolo cercavo le risposte alle mie domande. Lui replicava allo sguardo e sembrava voler rispondere alle mie domande ma sarà che erano troppe, sarà che ero troppo scombussolata, non ci capii molto. Forse, poi, era solo una mia impressione perché, infatti, quando dirigendomi verso il bagno, cercai di fargli capire che volevo parlare con lui, non ottenni ciò che avrei voluto. Non solo, quando tornai al tavolo, notai che lui e i suoi amici se ne erano andati. Domande, mille domande, iniziarono a girarmi nella testa se non fossero bastate quelle che avevo già. E iniziai a ipotizzare che quella complicità me la ero, proprio, inventata. Qualcosa in cui credere ma che in realtà, non era reale. Continuai per tutto il resto della cena a farmi le stesse domande senza avere vere risposte, fino quando non decidemmo di andar via ed io dovetti fingere un malore improvviso per dissuadere Jennifer a costringermi ad andare con loro in discoteca. Michele prontamente propose di accompagnarmi a casa, e questo lo lessi come un suo ultimo tentativo da parte sua di provarci con me, come d’altronde aveva fatto per tutta la sera senza successo. Povero Michele, pensai.
 Durante tutto il tragitto lui mi affogò con le storie più disparate sulla sua grande dote artistica…la musica. Si lodò di aver conosciuto i più grandi musicisti italiani e stranieri grazie al padre che è un avvocato intrigato con alcune importanti case discografiche. Ma mentre lui parlava, più che altro vomitava parole che io con difficoltà riuscivo a seguire, io ripensavo a quello che era successo in quella stravolgente serata e non vedevo l’ora di andare a letto per scoprire cosa sarebbe successo sempre più convinta (o mi ci attaccai a questa speranza) che le parole sussurrate da Samuele si riferivano a qualcosa a me famigliare: i miei sogni! Appena arrivata a casa, dopo aver mollato Michele con la scusa del malessere, mi misi a letto e lentamente mi accoccolai nella speranza di sognarlo al più presto. E ci riuscii ma il sogno fu stranissimo lui non era più sul solito muretto ma era poggiato su una ringhiera in riva al mare, mi sorrideva come sempre e mi invitò con lo sguardo ad ammirare il mare. E all’improvviso lui non c’era più, ero rimasta sola e urlavo il suo nome, tanto, tanto forte che alla fine mi risvegliai, tutta sudata e con le lacrime agli occhi. Come aveva potuto lasciarmi lì? Una seconda volta? Che cosa voleva dirmi? Le domande non mi fecero più dormire. L’orologio sopra il mio comodino faceva le due e trenta, quindi erano le due e venti nell’ora dei comuni mortali non ritardatari come me. Mi alzai per andare a prendere un bicchiere d’acqua e mi fermai a fissare le luci della strada dalla finestra della cucina, non passava neanche una macchina, tutto era così immobile in attesa del ritorno della luce per ricominciare una nuova giornata. Come sarebbe stata la mia nuova giornata? Ora c’era qualcosa di nuovo nella mia vita oppure mi ero solo illusa che qualcosa fosse cambiato? Ero sempre la stessa Sara o ero maturata? Avevo avuto la sensazione che tra me e Samuele quella complicità adolescenziale non si era mai disciolta, che il nostro legame spirituale fosse ancora vivo. Quello che restava da capire era se fosse cambiato qualcosa per lui, cioè se io ora avevo più possibilità, se lui mi vedeva ancora come l’eterna confidente o sperava anche lui in qualcosa di più. A questo punto avevo deciso dovevo affrontarlo solo così avrei capito e mi sarei finalmente rassegnata alla realtà. Era giusto darmi una possibilità in fondo. Così mi sarei fatta anch’io una mia vita lontana da lui o con lui. Certo io speravo la seconda, ma al momento non ne ero tanto certa.

   
 
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