Ringrazio anche solo chi legge.
Cap.6 Intruso nella notte
Vegeta
alzò il capo e incrociò le braccia
al petto, era sdraiato sulla ringhiera del balcone della Capsule
corporation.
Guardava il cielo, con gli occhi rivolti verso l’alto e la
fronte spaziosa
rigata da delle profonde rughe. Udì dei passi alle sue
spalle.
“Non
sei troppo vecchio per queste cose?”
domandò Bulma, stringendosi in uno
scialle. Rabbrividì di freddo, sentendo
il naso pizzicare.
“Se
tu non sei troppo vecchia per farti
gli affari tuoi…” rispose Vegeta, con tono
leggermente sarcastico. Bulma fece
schioccare la lingua sul palato.
“Scontroso”
si lamentò. Si mise di fianco
al marito, appoggiandosi con il fianco alla parte libera della
ringhiera. Seguì
lo sguardo di lui, osservando a sua volta il cielo.
“Guardi
sempre lo stesso lembo di cielo.
Ti stancherai mai?” domandò, osservando le due
stelle gemelle che lo
illuminavano.
“Tsk,
la nostalgia si fa sempre più forte.
Mi sento un dannato vecchio nostalgico” si
lamentò. Bulma strinse le labbra.
“Se
ti mancano tanto, perché non chiedi a
Baba di farti andare a trovare almeno Radish, Turles e Napa? Parli
sempre di
loro” disse. Si accese una sigaretta e se la portò
alle labbra, inspirandola.
Vegeta strinse le labbra fino a farle sbiancare.
“Umphf,
ti fa male. Quante volte te lo
devo dire?” ringhiò. Bulma scrollò le
spalle.
“Goditi
questo momento insieme, piuttosto”
ribatté. Il vento gelido le sferzò il viso e le
fece ondeggiare i capelli
azzurri. Vegeta tornò a guardare il cielo.
I
respiri dei due risuonavano tutt’intorno,
ogni tanto coperti dal sibilo del vento o dal gracidare dei grilli.
La
luce della luna e quella delle stelle
illuminavano le loro figure, creando dei giochi di ombre sulle
mattonelle del
pavimento della terrazzina.
Vegeta
assottigliò gli occhi, le sue iridi
color ossidiana brillarono. Il principe dei saiyan balzò in
piedi sulla
ringhiera.
“Che…?”
chiese Bulma, rabbrividendo.
“Percepisco
un’aura” rispose Vegeta,
gelido. Bulma lasciò cadere il mozzicone di sigaretta per
terra e lo spense
sotto la scarpa.
“Un
nemico?” domandò. Il marito negò con
il capo, scrutando il loro giardino con lo sguardo.
“Troppo
debole per essere un nemico, ma è
meglio non rischiare. Vado a controllare” rispose.
Balzò, levitò e atterrò nel
giardino. Bulma si affacciò, aggrappandosi con le mani alla
ringhiera.
<
C’è troppo buio, riesco a scorgere
solo ombre nere > pensò.
“Stai
attento!” gridò.
<
Non lo vedo più. Sembra che l’oscurità
l’abbia inghiottito > si disse.