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Autore: JacquelineKeller01    12/02/2017    2 recensioni
[MOMENTANEAMENTE SOSPESA]
Lea ha diciassette anni quando torna nella sua città natale in seguito ad alcuni problemi familiari. Tutto ciò che vuole, dopo un anno intero passato a guardarsi le spalle, è recuperare il rapporto con suo padre e un po' di sano relax. Ma sin da subito il destino sembra prendere un'altra piega.
Isaac è l'essere più irritante che Lea abbia mai incontrato nella sua vita, con quella sua arroganza e i repentini cambiamenti di umore, porterà novità e scompiglio nella vita della giovane.
Tra un rapporto che fatica ad instaurarsi, vecchie ferite non ancora del tutto sanate ed un patrigno che sembra darle la caccia, Lea si ritroverà ad affrontare sentimenti che non sapeva essere in grado di provare, specialmente non per uno come Isaac Hall.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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Se c'era una cosa che Lea odiava profondamente era essere ignorata ed Isaac, con il suo tentativo di evitare qualsiasi tipo di contatto con lei, stava seriamente mettendo alla prova la sua pazienza.
Era consapevole di dovergli dare il suo spazio, di lasciarlo gestire le sue cose per conto suo senza essergli d'intralcio, ma non poteva entrare ed uscire dalla sua vita a suo piacimento. Doveva scegliere se andare o restare.
Il problema, al momento, era riuscire a trovarlo e porlo davanti a quella scelta.
Isaac, in quell'ultima settimana, era del tutto sparito dalla circolazione. Usciva presto, stava fuori tutto il giorno, rientrava a notte inoltrata o per niente...
Inizialmente non ci aveva fatto troppo caso. Avevo dato per scontato avesse semplicemente bisogno di un momento di stacco, ma quando la cosa si era ripetuta anche nei giorni seguenti era giunta alla conclusione che volesse un momento di stacco da lei.
«Pensi che sia strana?» Mormorò la giovane, sbirciando al di fuori della finestra.
Red dall'altro capo della cornetta, le rispose con quella nota di sarcasmo pungente che la caratterizzava e che la mandava sui nervi. «Perché mai dovrei pensarlo? Infondo ti sei solo intrufolata nella camera da letto del tuo vicino di casa mentre era fuori per essere sicura che non possa evitare il tuo terzo grado.»
«Okay, nella mia testa aveva un altro tono e suonava meno strano.»
«Ma perché lo stai facendo, Lea? L'ultima volta in cui ho controllato, non mi sembrava fossi così entusiasta della sua compagnia.»
«E' una questione di principio, Red.» Esclamò la giovane, grattandosi il capo. «Che io sia volente o nolente, è entrato a far parte della mia vita. Io voglio solo sapere se è intenzionato o meno a restarci.»
«Ma sei pronta all'idea che possa decidere non farlo?»
«Non ci voglio pensare adesso.»
«E quando allora? Il tempo è agli sgoccioli.»
«Se dovesse succedere, me ne occuperò al momento.»
«Cerca solo di non farti male, Lea.»
«E' arrivato, ti chiamo più tardi.» Tagliò corto, fissando la macchina di Isaac parcheggiare silenziosamente nel vialetto.
Lea, che aveva pianificato minuziosamente questo suo diabolico piano, si appiatì cautamente dietro la porta pregando che il ragazzo non la aprisse con la sua solita grazia e finisse con il romperle il naso.
Il ragazzo scivolò nella sua stanza qualche minuto dopo, guardandosi attentamente attorno prima di avvicinarsi alla finestra e chiudere le imposte.
Lo stronzo tirò un sospiro di sollievo, procedendo con il togliersi di dosso il chiodo.
«Lo sapevo.» Esclamò Lea, sgusciando fuori dal suo nascondiglio e lanciandogli contro la prima cosa che le era capitata a tiro, la quale si era rivelato il essere il manuale d'istruzioni del termostato.
Isaac si irrigidì immediatamente, voltandosi verso di lei con estrema lentezza. Il viso contratto a mal celare un'espressione sorpresa.
«Che diavolo ci fai qui?» Domandò atono, ritrovando parte del controllo che da sempre lo aveva contraddistinto. 
Era contrariato nel saperla lì, glielo si leggeva chiaro in faccia.
Lea sentì il suo coraggio venire meno ed una strana sensazione di disagio, rivoltarle lo stomaco. Improvvisamente avrebbe voluto aver preso in considerazione l'idea che avrebbe potuto decidere di smettere di far parte della sua vita, se non altro sarebbe stata pronta.
«Perché mi stai evitando?» Domandò con voce flebile, mordendosi il labbro inferiore. 
«Sono stato occupato.»
«Occupato a fare cosa?»
«Cose.»
«Che genere di cose?»
«Cose mie. Tra un tuo casino e l'altro ho una vita anche io.»
Ouch. Questa faceva male.
Lea non gli aveva mai chiesto di prendersi cura di lei o di risolvere i suoi guai, era sempre stata una sua decisione quella di accollarsi i suoi problemi; non capiva, quindi, come mai, proprio adesso, le stesse riversando addosso tutto quell'astio. Non credeva di meritarlo.
«Va bene...» Balbettò, umettandosi le labbra e muovendo un passo all'indietro verso la porta. Alla fine il timore di Red si era rivelato giusto e si ritrovò a dover ammettere che si sentiva estremamente triste. Aveva saputo fin dall'inizio che tra loro non avrebbe mai potuto esserci un rapporto d'amicizia, eppure in quel periodo aveva incominciato seriamente a sperarci e ad investirci dei sentimenti. Ma infondo avrebbe dovuto saperlo che Isaac Hall non sarebbe mai cambiato e che non avrebbe mai perso occasione per ferirla. «Allora io vado. Mi dispiace averti disturbato.»
Sentiva il suo sguardo bruciarle la schiena, tra le scapole, ma non si voltò, sebbene la curiosità fosse tanta.
Aveva detto alla sua migliore amica che si sarebbe occupata di come reagire nell'eventualità in cui Isaac avesse rifiutato di continuare a far parte della sua vita nel momento in cui sarebbe successo, eppure in quel momento non aveva idea neanche di come si sentisse figuriamoci di come reagire. Voleva urlargli contro, ma allo stesso tempo non voleva dargli la soddisfazione di fargli sapere che era capace di farle del male...
Stava per scendere il primo scalino, quando un braccio muscoloso le circondò la vita, trascinandola nuovamente indietro.
Il ragazzo chiuse la porta alle loro spalle, prima di prendere posto sul letto.
«Scusami.» Esclamò in un soffio, passandosi le mani sul viso. Erano magre, quasi scheletriche ed avvolte da alcune garze che sembravano aver visto giorni migliori. «Non è stato un bel periodo.»
«Immaginavo.» Mormorò Lea, avvicinandosi di qualche passo. 
Isaac le circondò nuovamente la vita con le braccia, poggiando il capo contro il suo ventre. «Non volevo evitarti.» Esclamò dopo qualche istante di silenzio. «La sera in cui ti ho portata da Betsy era l'anniversario di morte di mia madre. Volevo passare una bella serata con te, per staccare la spina e dimenticare quel giorno infernale. Avevo nascosto tutti gli alcolici e tutte le chiavi per evitare che mio padre potesse trovarli, ma non so come c'è riuscito lo stesso. Dopo che siamo tornati, l'ho infilato nel letto ed ho incominciato a ripulire il casino che aveva fatto. Tra i vetri ed il vomito, a terra, c'era una foto di mia madre ed ho provato così tanta rabbia nei suoi confronti, da non riuscire più a ragionare. Ho incominciato a distruggere e prendere a pugni qualsiasi cosa mi capitasse a tiro.
Non sapevo neanche per cosa ero arrabbiato, sapevo solo che ero arrabbiato con lei.
Mi dispiace averti esclusa, ma sei l'unica che non cammina sulla uova quando parla con me e non potevo sopportare l'idea che potessi guardarmi come tutti gli altri. Non credevo sarei stato abbastanza forte.»
Isaac aveva espresso così bene a parole tutti i sentimenti che anche lei si trascinava dietro da anni. Tutto il desiderio di scappare dai suoi problemi, da quell'essere costantemente additata come la vittima, da quel sentirsi sempre tanto, troppo, debole.
Forse, tutto sommato, quei due erano più simili di quanto gli piacesse ammettere. Distrutti ma simili.
«Ha ragione Patrick...» Sussurrò il ragazzo con voce strozzata. Se non avesse saputo chi aveva davanti, avrebbe giurato fosse sul punto di scoppiare in lacrime. «Diventerò come lui. Diventerò come mio padre.»
«Isaac guardami!» Ordinò la giovane, poggiando una mano sotto il suo meno, costringendolo ad alzare il viso. Quegli occhi azzurri, che a Lea avevano sempre ricordato il terso cielo estivo, erano attraversati da una sfumatura oscura che li rendeva, quasi, burrascosi. Si rese conto in quel momento di non aver niente di intelligente da dire, di non sapere in che modo consolarlo. 
Lei aveva sempre avuto suo fratello ed in un certo senso la consapevolezza della sua presenza aveva reso il macigno che le sfondava il petto decisamente più sopportabile. Ma Isaac? Isaac non aveva mai avuto nessuno con cui condividere quel peso, era sempre stato lui e lui soltanto. Non poteva neanche immaginare che cosa, dover affrontare tutto quello da solo, potesse significare. «Patrick è un coglione. La maggior parte delle volte in cui apre bocca, non ha idea di quello che sta dicendo. Probabilmente parla solamente perché è gratis.» Beh, insultare Patrick le sembrava un buon inizio per un discorso d'incoraggiamento, no? No? Va bene. «Tu sei cento volte meglio di tuo padre. Il fatto che lui si sia lasciato sopraffare dal dolore e sia finito con il toccare il fondo, non significa che tu farai la stessa fine.»
«Ma se dovesse succedere?»
''Ci sarò io ad impedirtelo'', avrebbe voluto dire. «Non succederà e lo sai anche tu. Sei un mastino, non un cucciolo ferito.»
Isaac restò per un attimo in silenzio, prima di lasciari scappare una risatina triste. «Anche se mi sono aperto con te, ti trovo ancora la persona più irritante di questo mondo, Lea Wilson.»
Un giorno anche lei avrebbe deciso di renderlo parte del suo mondo. Un giorno... non ora.

Alla fine lei ed Isaac avevano celebrato quel breve momento di confidenza, concedendosi una sana coppa di gelato al limone davanti ad un film. Lea, poi, non aveva posto la domanda che più l'aveva tormentata in quella settimana, consapevole che il loro rapporto avesse commesso il naturale passo successivo e che il ragazzo non se ne sarebbe andato.
«Perché non vieni a cena da noi?» Domandò la giovane, stiracchiandosi scompostamente.
Il film che Isaac aveva scelto si era rivelato talmente tanto noioso che aveva quasi finito per addormentarsi sulla coppa del gelato, sempre che non lo avesse fatto. C'erano dei buchi nella trama e dubitava seriamente fossero dovuti alla pellicola in se.
«Verrei volentieri ma tuo padre cucina Tacos in continuazione ed io non sono esattamente un gran fan della cucina Messicana o dei Messicani in generale.»
Lea roteò gli occhi, alzandosi in piedi e trascinando, con non poca fatica, il ragazzo con se. «Stasera ordineremo cinese.»
«Non mi piace neanche la cucina cinese.»
«Allora prenderemo una pizza. Hai qualcosa anche contro gli italiani?»
«Non mi lascerai stare fin quando non dirò si?»
«Ho altri 193 Stati da nominare. A te la scelta.»
«Va bene.» Cedette infine il ragazzo, con un lungo sospiro. 
Scavalcare la ringhiera per tornare nella sua stanza si rivelò un'impresa titanica che strappò più di un sorriso al viso, fin ora crucciato ed affranto, di Isaac.
«Mi era sembrato decisamente più facile oggi pomeriggio.» Borbottò Lea, aggiustandosi il cavallo dei pantaloni mentre guardava il suo vicino di casa scavalcare i due parapetti con un'agilità inaudita.
«Come fai ad essere bravo in qualsiasi cosa fai?» Domandò, facendogli strada verso le scale che li avrebbero condotti in salotto.
«Come fai a fare schifo in qualsiasi cosa fai?»
«Non si risponde ad una domanda con un'altra domanda. Maleducato.»
«Sei irritante.»
«Sei un'idiota.»
«Perdente.»
«Credevo di averti detto di stare lontana da lui.»
Lea si zittì, facendo saettare lo sguardo verso chiunque avesse parlato.
Il suo cuore perse un battito nell'incontrare quegli occhi color cioccolato così simili ai suoi.
«Aiden?»
   
 
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