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Autore: The son of rage and love    12/02/2017    1 recensioni
Kurt Gallagher è un ragazzo buono, intelligente, suona la chitarra da quando era piccolo e ha una band.
Ma il destino gli ha fornito delle pessime carte, portandolo su cattive strade e rendendo la sua esistenza un totale fallimento. La musica è l'unica a non averlo mai abbandonato, e con lei è riuscito a rialzarsi e a riprendere in mano la sua vita.
I problemi ci sono ancora, sempre, ma tutto sommato la sua vita ha preso una piega positiva, finché un giorno non incontrerà qualcuno: una ragazza, un esempio per molte persone, ma che in quel momento non può essere l'esempio di nessuno. Come lui, avrà perso la sua strada e Kurt cercherà di aiutarla a ritrovarla.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Hayley Williams, Jeremy Davis, Nuovo Personaggio, Taylor York
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Passai l’intero giorno successivo a letto, non era un bello spettacolo, ero stanco… Ed era come se il mio cervello si fosse preso una pausa ed era andato in standby per un po’.

Il giorno dopo non so a che ora mi alzai, so solo che mi accorsi di essere sveglio e con gli occhi puntati sul soffitto della mia camera quando il sole era già alto.
Diedi uno sguardo veloce al mio cellulare, che non toccavo da quella sera, ma appena notai gli innumerevoli messaggi e chiamate perse decisi di spegnerlo, senza neanche leggere chi fossero i mittenti... Potevo comunque immaginarlo.
Presi una delle aspirine dalla tasca dei jeans che avevo poggiato in fondo al letto e mi trascinai svogliatamente verso il bagno, soffermandomi per alcuni istanti difronte al mio riflesso nello specchio sopra al lavandino: avevo un taglio sul naso, reso più grande e macabro dal sangue incrostato intorno ad esso, sentivo le narici bloccate dal sangue rappreso e sapevo che avrei dovuto liberarle, prima o dopo che l'aspirina avesse fatto effetto; per fortuna l'occhio destro si era un po' sgonfiato, adesso riuscivo a tenerlo aperto normalmente, ma tutta l'area attorno ad esso era un'irregolare chiazza violacea, ornata da alcune escoriazioni all'altezza dello zigomo.
Tre pugni, cristo santo, e sembrava fossi uscito da Fight Club.
Dopo un po' di esitazione mi soffiai il naso nel lavandino, non riuscendo a trattenere un lamento di dolore. Persi un altro po' di sangue, che sciacquai via.
Quentin Tarantino sarebbe stato fiero delle condizioni del mio lavandino.
Mi feci una doccia, speravo che l'acqua che mi scorreva sulla testa mi avrebbe riattivato il cervello, ma ero come bloccato in uno stato di apatia e sofferenza.
Avevo ancora l'immagine di Hayley davanti agli occhi, era una tortura, non riuscivo a pensare ad altro. A come un attimo prima mi baciava e un attimo dopo mi respingeva, fingendo che fossi stato io a buttarmi su di lei. Fingendo che lei non avesse colpe in quella faccenda.
E la odiavo per questo.
La odiavo e non credevo sarei mai arrivato a pensare una cosa simile di lei.
Lo sapeva, sapeva che avrei fatto qualsiasi cosa per lei, sapeva che avrei affrontato Chad per lei e sapeva che mi sarei fatto gonfiare da lui, se solo questo voleva dire tenerla con me. Ma non se non voleva, non se alla fine dei conti sceglieva lui a me.
Non era giusto.
Ormai avrei dovuto capire che la vita non lo era mai, ma le cose sembravano andare bene per la prima volta dopo tanto tempo. Mi ero fidato di qualcuno, di lei, Hayley, le avevo raccontato cose che non riuscivo a dire neanche a me stesso, mi stavo aprendo e... Speravo contasse, speravo capisse.
Uscii dalla doccia, mi asciugai e mi misi qualcosa addosso per poi recarmi in soggiorno.
La casa era uno schifo, quando ero rientrato non l'avevo notato: c'erano bottiglie di birra e whisky poggiate un po' ovunque, vestiti sporchi sul pavimento e stoviglie nel lavello della cucina da Dio solo sa quando. Sospirai, combattendo contro l'apatia e la voglia di buttarmi sul divano e non fare niente per tutto il giorno, solo piangermi addosso. Ma non potevo vivere in quel degrado, non da sobrio almeno.
Cominciai a rassettare casa al meglio, almeno tenevo la mente occupata o almeno ci speravo, non era difficile perdersi nei propri pensieri mentre si puliva il pavimento.
Stavo recuperando le bottiglie d'alcool quando notai una bustina per terra, nascosta in parte dal divano. La raccolsi, realizzando che al suo interno c'erano quelli che sembravano cristalli di MD.
Non nego che per un attimo pensai sul serio di prenderne un po', così, giusto per tirarmi su, ma fui spaventato dei miei stessi pensieri e mi ricordai di quanto cazzo fossi debole in realtà. Avrei potuto gettare nel cesso anni e anni di astinenza, per cosa? Per chi?
Me la rigirai tra le mani più e più volte, ma poi la buttai nel sacco nero con il resto dell'immondizia.
Dopo aver lavato e sistemato le stoviglie al loro posto e ripulito al meglio la casa, presi i due sacchi che avevo riempito con lo schifo trovato in giro e feci per uscire di casa, per poterli buttare. Con mia grande sorpresa mi accorsi che stava piovendo a dirotto. Fantastico, pensai, considerando che a Los Angeles pioveva tre volte l'anno e, ovviamente, doveva succedere proprio quando dovevo uscire.
Non mi andava di bagnarmi, perciò poggiai i rifiuti accanto alla porta, su quella sorta di vecchia veranda scortecciata che avevamo.

Finii di riordinare che era ora di cena e, malgrado il mio appetito inesistente, decisi comunque di prepararmi qualcosa da mangiare.
Passai la serata a fare zapping alla tv, letteralmente affondato nel divano e sfogando tutte le mie frustrazioni sui tastini del telecomando. Saranno state le undici passate quando sentii bussare alla mia porta.
Pioveva ancora e all'inizio pensai di essermi sbagliato, di aver sentito male e a malapena voltai lo sguardo verso l'ingresso, ma poi bussarono ancora. Sospirai, pensando a chi diavolo potesse essere a quell'ora della notte, mentre mi alzavo dal divano.
Aprii la porta e degli inconfondibili capelli azzurri mi fecero saltare un battito al cuore.
- Hayley? - Mormorai confuso e giuro che per un istante sentii le gambe cedermi. Perché era lì? Come mi aveva trovato? Perché mi stava facendo questo?
- Ciao... - Sussurrò, tenendo lo sguardo basso dal momento in cui le avevo aperto la porta.
Se ne stava lì, davanti a me, completamente fradicia e infreddolita, stretta in una felpa che non l'avrebbe scaldata. Cercai di mascherare al meglio il mio dolore e disagio nel vederla.
- Cosa ci fai qui? - Le chiesi serio, impassibile.
La vidi abbassare ulteriormente la testa e fissarsi le punte dei piedi - Posso entrare? - Chiese in un sussurro appena udibile.
La osservai ancora, in silenzio, mentre un lampo illuminava il cielo. Avrei voluto dirle di no, che non volevo vederla, che la odiavo per quello che aveva fatto. Ma in cuor mio sapevo che non avrei mai potuto lasciarla da sola, sotto l'acqua a Compton.
Sospirai un "vieni" per poi voltarmi e rientrare in casa, seguito da lei. Mi poggiai al bancone della cucina, dandole le spalle e subito calò un silenzio frustrante e doloroso.
Sapevo perché era lì, potevo immaginarlo, ma non avevo alcuna intenzione di ascoltarla. Non volevo le sue scuse.
- Kurt, io... - Disse ad un certo punto, ma non le diedi nemmeno il tempo di parlare.
- Come mi hai trovato? - Domandai, girando appena la testa verso di lei.
Esitò un istante - I-io... Ho cercato il tuo file tra quelli dei dipendenti del tour e... E ho trovato il tuo indirizzo. -
Ancora silenzio. Era venuta fino a lì da sola, fino a Compton, il buco di culo del mondo, dove ogni volta che mettevi la testa fuori di casa rischiavi di prenderti una pallottola in fronte. Ma cosa diavolo aveva in testa?
- Kurt... - Mi chiamò, spezzando quel silenzio e ridestandomi dai miei pensieri - Non rispondevi alle chiamate, m-mi hai fatto preoccupare e… -
La interruppi anche stavolta, non volevo starla a sentire - Fatti una doccia o finirai per ammalarti. - Dissi senza guardarla, avviandomi verso camera mia per prendere degli asciugamani puliti. Sentivo il suo sguardo fisso su di me.
Con mia sorpresa non protestò e prese gli asciugamani, le indicai la porta del bagno e ci entrò limitandosi a sussurrare un "grazie".
Mi portai una mano sul volto appena sentii l'acqua della doccia scorrere, improvvisamente avevo un gran mal di testa. Decisi di prendere un'altra aspirina, sperando che mi aiutasse.

POV Hayley

Mi ritrovai ad osservare il mio riflesso attraverso lo specchio del bagno.
Avevo un nodo alla gola, cosa stavo facendo? Appena avevo letto l'indirizzo di casa sua mi si era gelato il sangue, sapevo bene cosa succedeva lì, i telegiornali parlavano ogni giorno degli omicidi, delle gang di strada e del degrado di quella città. Come poteva uno come lui vivere lì?
Improvvisamente mi resi conto di conoscere ben poco di Kurt.
Oh Dio, se ripensavo al suo volto. Era colpa mia, l'avevo ridotto io così e doveva sapere che mi dispiaceva, che non volevo, che avevo avuto paura. Ma la sua espressione così impassibile, i suoi occhi freddi, la voce ferma, dura... Mi terrorizzava, non l'avevo mai visto così.
Mi feci una doccia veloce, giusto per togliermi il freddo dalle ossa.
Avevo appena finito di asciugarmi la pelle e mi stavo stropicciando i capelli quando sentii bussare alla porta del bagno. Mi legai un asciugamano attorno al corpo e sospirando poggiai la fronte contro la porta, giusto un istante, prima di aprire.

POV Kurt

- Ti ho portato dei vestiti puliti. - Dissi ad una Hayley struccata, con i capelli ancora bagnati e soltanto un asciugamano attorno al corpo, alla quale sarei saltato subito addosso se solo la situazione fosse stata diversa.
- Puoi... Restare qui stanotte. - Aggiunsi un po' titubante.
- Grazie. - Mormorò abbassando lo sguardo, prendendo gli indumenti e richiudendo la porta.
Appoggiai la fronte contro di essa per un istante, chiudendo gli occhi e sospirando.
Tornai in salotto, cercando di metabolizzare il fatto che ormai non l'avrei certo rimandata a casa, e che quindi avrebbe dovuto dormire da me. Presi una coperta e qualche cuscino, cercando di rendere il mio divano un posto decente per passare la notte, la mia notte.
Uscì dal bagno con addosso la maglietta e il paio di pantaloni più piccoli che avevo, ma che comunque a lei stavano enormi. Si avvicinò e si sedette sul divano accanto a me mentre si stropicciava i capelli ancora umidi con un asciugamano.
Non la guardavo, me ne stavo leggermente piegato in avanti e con i gomiti poggiati sulle gambe. Lei si fermò e sentii una delle sue manine sfiorarmi un gomito, poi il braccio. Quel contatto faceva quasi male.
Guardai la sua mano che si avvicinava alla mia ma mi alzai prima che la raggiungesse, temendo di cadere ancora vittima del suo giochino.
- Vai a letto Hayley. - Dissi, facendo due passi e dandole le spalle - Sono stanco. - Aggiunsi sospirando.
La sentii alzarsi - Ti prego Kurt dobbiamo parlare, voglio... -
La interruppi - No, non dobbiamo parlare. - E mi avviai verso la mia camera, seguito da lei.
- Allora parlerò io, ma tu ascoltami! - Esclamò esasperata, percepivo la sofferenza nella sua voce.
Mi voltai verso di lei solo quando arrivammo davanti alla porta di camera mia.
- Non voglio ascoltare. - Aprii la porta - Vai a letto Hayley. -
Lei mi guardò, ormai rassegnata - Almeno lascia dormire me sul divano -
- Vai a letto. - Ripetei per l'ennesima volta, guardandola dritto negli occhi. - Parleremo domani. -
Lei abbassò lo sguardo e senza dire un'altra parola entrò in camera. La seguii con gli occhi, giusto qualche istante, e poi tornai in salotto, sul mio divano.
Mi sdraiai, sospirando. Non avevo davvero intenzione di parlarle, ero stato colpito troppo in profondità e non sapevo come avrei reagito.
Cercai di dormire, ma già sapevo che non ci sarei riuscito.
Ad un'ora indefinita della notte sentii dei passi nel buio della casa. Anche se non ero riuscito a chiudere occhio, finsi di dormire.
Quando mi fu vicina riconobbi il suo profumo, la sentii sedersi e poi stendersi accanto a me, poi si prese il mio braccio e se lo portò al petto.
Socchiusi appena gli occhi e corrugai la fronte quando la sentii singhiozzare. Non riuscii a resistere, il mio corpo si mosse prima del mio cervello: la strinsi a me e lei a sua volta mi strinse il braccio. Non ci dicemmo niente, non c'era niente da dire, so solo che di lì a poco riuscii ad addormentarmi.

Il mattino seguente venni svegliato dall'odore inconfondibile del bacon appena cotto. Per un attimo nella mia testa rividi la mia famiglia, prima dell'incidente, riunita attorno ad un tavolo con mia madre che ci serviva della pancetta per colazione. Non so se fosse effettivamente un ricordo o solo una creazione della mia mente, ma mi parve di sentire la voce di mio fratello che mi chiamava.
- Kurt... Sei sveglio? - Chiese Hayley dalla cucina.
Mi misi a sedere e mi passai una mano sul volto, stando attento al naso che mi sembrava un miracolo fosse ancora attaccato.
La osservai con la coda dell'occhio, ma cosa diavolo si era messa in testa?
Mi alzai e sbadigliai, andando a sedermi al bancone della cucina mentre Hayley mi serviva un piatto di uova e bacon, sorridendomi.
- Cos'é questo? - Chiesi guardandola, serio, ero tutt'altro che in vena di queste stronzate e lei se ne accorse, perché cambiò espressione.
- U-uova e bacon. - Rispose e quasi non la feci finire di parlare.
- Non mi riferivo alla colazione. Cosa stai facendo? - Domandai ancora continuando a guardarla.
Non mi rispose, abbassò la testa e si girò verso i fornelli.
Continuai ad infierire - Stai cercando un modo per sentirti meno in colpa? -
- Sto cercando un modo per poterti parlare! - Esclamò alla fine, voltandosi verso di me e guardandomi con quei suoi occhi verdi e adesso ricolmi di lacrime - Senza che... Che tu mi respinga. -
Abbassai lo sguardo a quelle parole e corrugai la fronte - Sei stata tu la prima a respingermi. - Mormorai e risollevai gli occhi verso di lei.
Ci guardammo per un tempo infinito. Volevo essere duro, arrabbiato, ma la verità era che ero solo ferito e per quanto mi sforzassi di essere forte e impassibile difronte a lei, non riuscivo a trattenere il mio dolore e le mie debolezze.
Lei mi si avvicinò e mi poggiò una mano sulla guancia, poco sotto l'occhio nero.
Io continuavo a guardarla, avevo socchiuso appena gli occhi e quando mi sussurrò un "mi dispiace" stavo quasi per cedere. Mi sfiorò l'occhio tumefatto con le dita e poi passò al taglio sul naso.
- Ho avuto paura. - Mormorò e quelle parole mi fecero tornare in me.
Le afferrai la mano, scostandomela dal viso - Smettila di fare questi giochini con me. - Dissi, lasciandola e alzandomi - Ti chiamo un taxi. -
- No! Kurt ti prego, fammi spiegare... - Tentò ancora una volta, e come sempre la interruppi.
- So già tutto Hayley, era solo questione di tempo... - Iniziai, voltandomi e guardandola - È stato tutto molto divertente finché è durato, magari per un po' ci hai anche creduto davvero. - Ed ecco che se ne usciva il mio lato stronzo - Ma poi hai pensato mmh, certo cosa può darmi questo sfigato del cazzo in più di Chad Gilbert? - Dissi con tono quasi divertito, guardandola, ed ero riuscito a farla piangere.
- N-non... Non posso credere che la pensi d-davvero in questo modo. - Mormorò, asciugandosi una guancia - Dopo tutto quello che é successo, dopo quello che c'é stato. - Singhiozzò lei.
- Non so cosa credere, ma vista da qui sembra proprio sia andata così. - Le risposi e lei mi guardò, senza riuscire a dire niente.
- Due mesi Hayley, per due mesi ho cercato di reprimere ciò che provavo per te, perché tu avevi un ragazzo e in quel momento eri la persona più irraggiungibile della mia vita. - Confessai nel peggior modo possibile, mentre lei mi ascoltava - Ma poi tu sembravi ricambiare i miei sentimenti e non mi importava più di nulla, tutto andava bene. - Abbassai la testa, stringendo i denti - Mi sono fidato. Mi sono fidato, cazzo! -
- Mi sono spaventata Kurt... - Mormorò lei - Ho visto Chad e in quel momento non contava più niente, i miei sentimenti... Era stato tutto rimpiazzato dalla paura. - Continuò a capo basso, con le mani che torturavano un lembo della maglia.
Io la guardavo, tenevo la fronte corrugata - Hai preso la tua decisione, ed io la mia... - La superai e mi avviai verso la mia camera, dove avevo il cellulare spento dal giorno prima - Recupera le tue cose, ti chiamo un taxi. -
Non disse altro, era distrutta e forse si era rassegnata all’idea che non l’avrei ascoltata. Le prenotai un taxi mentre lei si rivestiva nel mio bagno.
Quando il tassista arrivò suonò il clacson un paio di volte ed io la accompagnai fuori, in silenzio.
- Portala a Los Angeles, ti dirà lei l'indirizzo preciso. - Dissi al tassista, mentre gli porgevo un numero di banconote ben superiore a quelle che effettivamente avrebbe richiesto - Nessuna deviazione, dritti a Los Angeles. - Precisai mentre pagavo, volevo che se ne andasse da Compton il più velocemente possibile.
Hayley nel frattempo era salita in auto nel più totale silenzio. Il taxi partì, lei si voltò per un istante, guardandomi, ed io ricambiai mentre si allontanava.
Rientrai in casa. Avevo visto il dolore nei suoi occhi e non avrei voluto davvero trattarla così, tuttavia ero arrabbiato, deluso, distrutto.
Notai il piatto di uova e bacon sul bancone della cucina, lo osservai per alcuni istanti mentre sentivo la rabbia salire. Lo afferrai lo lanciai verso il lavello, frantumandolo in mille pezzi.
  
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