Teatro e Musical > Les Misérables
Segui la storia  |       
Autore: Christine Enjolras    12/02/2017    1 recensioni
Marius Pontmercy, sedici anni, ha perso il padre e, nel giro di tre mesi, è andato a vivere con il nonno materno, ora suo tutore, che lo ha iscritto alla scuola privata di Saint-Denis, a nord di Parigi. Ora Marius, oltre a dover superare il lutto, si trova a dover cambiare tutto: casa, scuola, amici... Ma non tutti i mali vengono per nuocere: nella residenza Musain, dove suo nonno ha affittato una stanza per lui dai signori Thénardier, Marius conoscerà un eccentrico gruppo di amici che sarà per lui come una strampalata, ma affettuosa famiglia e non solo loro...
"Les amis de la Saint-Denis" è una storia divisa in cinque libri che ripercorre alcune tappe fondamentali del romanzo e del musical, ma ambientate in epoca contemporanea lungo l'arco di tutto un anno scolastico. Ritroverete tutti i personaggi principali del musical e molti dei personaggi del romanzo, in una lunga successione di eventi divisa in cinque libri, con paragrafi scritti alla G.R.R. Martin, così da poter vivere il racconto dagli occhi di dodici giovanissimi personaggi diversi. questo primo libro è per lo più introduttivo, ma già si ritrovano alcuni fatti importanti per gli altri libri.
Genere: Commedia, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Enjolras

“Non hai idea di quanto mi dispiaccia, accidenti!” disse Feuilly una volta che ebbero passato il portone d’ingresso. Mentre parlavano, i due ragazzi si stavano dirigendo velocemente al primo piano, dove Enjolras aveva l’armadietto.

“Non ti preoccupare, dai!” disse quasi ansimante Enjolras, recuperando i libri che avrebbe usato quel pomeriggio. “Non potevi immaginare che ci sarebbe stato un incidente a rallentarci proprio sulla strada del ritorno.”

“Lo so” disse Feuilly, reggendo i volumi mentre Enjolras recuperava il suo zaino rosso dal fondo dell’armadietto. “Ma non posso non sentirmi responsabile… adesso hai Javert, cazzo… e gli devi anche consegnare la ricerca…”

“Non ti preoccupare. Male che vada mi caccia fuori e non me la accetta.”

“Enjolras, ci hai lavorato una notte intera! E poi so che non è vero che non ti importa…” Colto sul vivo: Enjolras smise di mettere i libri nello zaino e rimase a guardare Feuilly fisso, capendo quanto fosse dispiaciuto.

Ripose l’ultimo tomo, mise lo zaino in spalla e, prendendogli la mano vicino al polso, gli sorrise dicendogli: “Grazie.” Poi si alzò sulle punte dei piedi, in modo da riuscire a dargli un bacio sulla fronte e riprese: “Ma non stare a preoccuparti per me: in qualche modo me la caverò.” Detto questo, rimase a guardare gli occhi sorpresi di Feuilly per qualche istante, poi corse via verso l’aula del professor Javert.

Quando arrivò davanti alla porta dell’aula, esitò un attimo prima di bussare. “Avanti” sentì dire da una voce autorevole, che riconobbe subito come quella di Javert. Prese un respiro profondo ed entrò senza indugio. Il suo sguardo aveva cercato subito il professore e lo aveva trovato accanto alla lavagna con un gessetto in mano, come avesse appena smesso di scrivere.

“Posso entrare, professore?” disse rimanendo sulla porta.

“Monsieur Enjolras” disse tranquillamente Javert quando lo vide, mettendo la mano libera dietro la schiena e riassumendo la sua solita posizione signorile. “Non direi…”

“Ho avuto un impegno imprevisto” gli tolse la parola Enjolras. Dopo i due anni passati, il ragazzo aveva capito che, nonostante non fosse per niente un gesto rispettoso, interrompere Javert era l’unico modo in cui si potesse parlargli.

Javert rimase a guardarlo quasi indignato per essere stato praticamente zittito da uno studente, ma poi, probabilmente cercando di non perdere la calma, rispose: “Sì: monsieur Pontmercy me lo ha detto.” Enjolras, incredulo, si girò a cercare Marius e quando lo vide seduto vicino alla finestra, imbarazzato per essere stato chiamato in causa, lo ringraziò con lo sguardo e dicendo ‘Grazie’ solo col labiale. Marius gli sorrise e sembrò volergli dire qualcosa, ma Javert non gliene diede il tempo.

“Tuttavia” riprese il professore, avanzando verso di lui, “non ha saputo dirmi che genere di impegno avesse.” Javert si fermò sul lato corto della cattedra, al quale si appoggiò, quasi sedendosi sullo scrittorio, con una mano in tasca, e continuò, gesticolando lievemente con il gessetto: “E lei sa bene che io non transigo sui ritardi dovuti ad impegni extrascolastici, salvo che non si tratti di questioni di salute o familiari.” Enjolras abbassò lo sguardo e subito il professore aggiunse: “E non transigo nemmeno sulle bugie.” Quando sentì il tono marcatamente severo con cui ‘la-legge-sono-io’ aveva pronunciato quelle parole, Enjolras alzò subito lo sguardo e lo guardò dritto negli occhi: dopo due anni, si aspettava che il suo professore sapesse che lui non era moralmente in grado di mentire.

Javert rimase a guardare gli occhi quasi di sfida di Enjolras in silenzio per un attimo, prima di iniziare l’interrogatorio con tono di superiorità: “È stato convocato da un mio collega, monsieur Enjolras?”

“No” rispose seccamente il biondo ragazzo.

“Ha forse qualche problema di salute che la costringe a correre via da scuola senza preavviso?”

“No.”

“C’è qualche problema con i suoi genitori?”

Enjolras esitò: prese un respiro per calmarsi e rispose: “No.”

Ci fu di nuovo un momento in cui i due si guardarono in completo silenzio. Ad un certo punto Javert incrociò le braccia e sospirò, distogliendo lo sguardo. “Beh,” iniziò tranquillamente prima di tornare a guardare Enjolras fisso negli occhi, “direi che per oggi lei resterà assente ingiustificato. Buona giornata.”

Il professore si avviò nuovamente verso la lavagna per riprendere la lezione, quando Enjolras provò ad obiettare: “Ma professore…”

Questa volta fu Javert ad interromperlo. “Ho detto” disse a voce alta prima di fare una pausa nel tentativo di calmarsi, “buona giornata.” Enjolras avrebbe voluto proseguire la discussione piuttosto che dargliela vinta, ma fece tutto ciò che poté per lasciar correre. “Ah, monsieur Enjolras” lo chiamò un’ultima volta il professore. Enjolras si fermò e, continuando a dargli le spalle, girò giusto la testa. “La ricerca sul diritto internazionale la faccia portare nel mio ufficio da monsieur Fauchelevent. O da monsieur Feuilly, se preferisce.”

Enjolras si voltò: non credeva alle sue orecchie. “Credevo non avrebbe voluto guardarla.”

Javert, in piedi accanto alla lavagna, disse tranquillamente: “Quella non riguarda ciò che è accaduto oggi, quindi non vedo perché non dovrei correggerla.”

 

“Ti è andata bene!” disse Bossuet.

“Bene?” gli rispose Enjolras. “Mi ha chiuso fuori la prima lezione, Bossuet! La prima!” Si sedette sull’armadietto della bidelleria, poggiando la schiena contro il muro: il biondo ragazzo era talmente esile e leggero che quell’affare non si sarebbe certo rotto sotto il suo peso. “Proprio il primo anno del suo corso, la prima lezione… proprio quando volevo dimostrargli che faccio sul serio…”             Detto questo, iniziò a battere leggermente la nuca contro la bianca parete della stanza.

“Guarda il lato positivo!” cercò di incoraggiarlo Bossuet.

“Perché? Ce n’è uno?”

“Certo! Ha accettato la tua ricerca!” Enjolras smise di battere la testa e guardò Bossuet. Il ragazzo era in piedi accanto al lettino per massaggi della bidelleria, sul quale era steso Joly. “Io l’ho letta: ho visto quanto l’hai fatta dettagliata! Se non basta quella a dimostrargli che fai sul serio allora non puoi convincerlo!”

Enjolras stette a fissarlo in silenzio qualche istante, poi sospirò e riprese a battere la testa contro il muro. “Sono spacciato!”

“Ma da quando ti lasci scoraggiare in questo modo?! Non ti riconosco quasi!” disse Bossuet incredulo.

“Se si parla di Javert ho poche speranze di fargli cambiare idea” rispose Enjolras senza smettere di picchiare la nuca. “Sono sempre andato bene nella sua materia, ma mi rimprovera di continuo anche quando me ne sto buono!”

“Ahahahah! Questa è bella!” Bossuet scoppiò in una sonora risata. “Quando mai te ne sei stato buono tu, oh leader e difensore del popolo?! Ah no, scusa: dei cittadini[1]!” aggiunse scherzando.

Enjolras non sapeva cosa rispondere: si limitò a fermarsi, guardare Bossuet dritto negli occhi e a dire: “Lo vedi?! Non ho speranze con lui!” Quindi riprese a battere la testa contro la parete. Il rumore prodotto dallo scontro tra il muro e la nuca del ragazzo era ritmico, quasi rilassante a dire la verità.

“Smettila di fare così…” disse debolmente Joly, aprendo leggermente gli occhi. “Ti farai male…”

“Tu come ti senti, a proposito?” disse Enjolras tirandosi in avanti e appoggiando i gomiti sulle ginocchia. “Avrei dovuto chiedertelo prima di parlare di Javert, mi spiace.”

Joly girò la testa verso Enjolras e rispose: “Non bene…”

“… ma passerà in men che non si dica!” concluse per lui Bossuet, appoggiandosi al letto e carezzandogli la testa, sorridendogli.

“Tu minimizzi sempre” gli disse Joly.

“Mentre tu esageri sempre” disse Bossuet ridendo. Poi si inginocchiò in modo da guardare il suo ragazzo negli occhi e disse, senza perdere il sorriso e la dolcezza: “Non dico che non stai male, ma vedrai che domani starai già meglio. Non fare un dramma per un banale mal di testa.”

Joly lo guardò dritto negli occhi e, nel vederlo, Enjolras capì che si stava lasciando intenerire dallo sguardo di Bossuet: il biondino non riusciva a vederlo in viso, ma gli bastò il tono della sua voce per immaginare con quanta tenerezza lo stesse osservando. “Potrebbe essere influenza…” disse Joly con un filo di voce.

Bossuet restò in silenzio per un attimo, poi gli chiese: “Che cosa ti dico sempre?”

Joly finalmente sorrise e rispose: “Non fasciare la testa prima di essertela rotta.”

“Bravo!”

Detto ciò, Bossuet si avvicinò per baciarlo, ma Joly lo fermò subito mettendogli una mano sulla bocca. “Con la sfiga che ti ritrovi va a finire che è davvero influenza e ti ammali pure tu!” Questa considerazione fece ridere sia Enjolras che Bossuet, quando rientrò Feuilly.

“Fatto: ho lasciato la tua ricerca sulla scrivania di Javert” disse riponendo le chiavi della vicepresidenza nell’armadietto appeso alla parete accanto alla porta. Si avvicinò ad Enjolras e gli disse, per l’ennesima volta: “Mi dispiace tantissimo, Enjolras…”

“Stai tranquillo” gli disse mettendogli una mano sulla spalla. “Quante volte ancora ti dovrai scusare? Non è stata colpa tua!”

“Ma ti ho convinto io a venire!” gli disse Feuilly. “Tu non te la sentivi! Se non avessi insistito…”

“Vorrà dire che devo imparare a dirti di no” lo interruppe Enjolras: non voleva essere cattivo, ma gli spiaceva vedere Feuilly così mortificato. “E poi non è che ho fatto tardi per una cosa inutile e stupida. Calmati, dai.” Enjolras voleva essere sicuro che Feuilly si tranquillizzasse almeno un pochino, quindi non distolse i suoi occhi da quelli dall’amico. Era abbastanza sicuro che il suo sguardo fosse eloquente: non se lo spiegava, ma aveva sempre funzionato con chiunque.

Ancora una volta, questa tecnica doveva aver funzionato, perché Feuilly chiuse gli occhi color nocciola, sospirò e gli disse: “Ci proverò. Ma solo se mi assicuri che tu sei tranquillo.”

“Sai che non so mentire…” dovette ammettere Enjolras. “Non sono tranquillo, ma non puoi prenderti la colpa di una cosa che non hai fatto.” Feuilly distolse lo sguardo sospirando: si vedeva che era tremendamente agitato per il rimorso, quindi Enjolras riprese quanto più in fretta poté, spostando la sua mano lungo il braccio: “Dai, per favore…”

Feuilly tornò a guardarlo in silenzio: si capiva che non riusciva a calmarsi. “Rimedierò a ciò che ho fatto in qualche modo, te lo prometto” disse infine. Dal tono con cui pronunciò quelle parole, Enjolras capì che non gli avrebbe lasciato scelta.

“Come?” chiese Enjolras tirandosi indietro e appoggiandosi sulle braccia.

“Beh, io so dov’eri” disse tranquillamente Feuilly. “Basterà che vada a giustificarti io.”

“Lascia stare, credimi: penserà che vuoi aiutarmi e finirai nei guai.”

“Mi spiace ammetterlo…” li interruppe Bossuet, continuando ad accarezzare Joly, “…ma Enjolras ha ragione. Quando quell’uomo pensa di essere nel giusto non cambia idea!” Feuilly tornò a guardare Enjolras un po’ sconsolato. “Ma io non mi preoccuperei. Se pensa di non poter cambiare opinione su di te vuol dire che potrai continuare a comportarti come l’anno scorso.”

“Credi che non lo avrei fatto lo stesso?” chiese Enjolras sorpreso dalle considerazioni di Bossuet.

“Beh, se lo avessi convinto a cambiare idea su di te, ti sarebbe stato difficile scatenare e guidare manifestazioni e rivolte” constatò Bossuet. “Se è deciso a non cambiare opinione, allora tu puoi benissimo non cambiare atteggiamento.” Fece un piccola pausa, poi si voltò verso il biondo ragazzo e riprese: “Perché tu lo farai ancora, vero?”

Enjolras rimase a guardarlo un attimo dubbioso, poi gli disse: “Devi chiedermi qualcosa, Bossuet?”

Bossuet stava per rispondere, quando un uomo fece irruzione nella bidelleria. “Allora, dove sta il malato?” I ragazzi si spaventarono e si irrigidirono nel sentire la sua voce e Enjolras saltò giù dall’armadietto in modo da farsi trovare in piedi. L’uomo che videro sulla porta fu il professor Valjean. “Oh, scusate ragazzi. Spero di non aver interrotto nulla, ma ho trovato aperto e non ho pensato che forse avrei dovuto bussare lo stesso” disse quando li vide rigidi e imbarazzanti davanti a lui.

“No, non si preoccupi, professore” disse Feuilly rilassandosi. “È solo che non ci aspettavamo arrivasse qualcuno.”

“Ah, meno male. Scusate l’irruzione così improvvisa!” Il professore gli sorrise cortesemente e abbassò lo sguardo verso colui che stava cercando. “Lesgle!” disse una volta che lo vide “Avevo capito che non ti sentivi bene! Che fai lì in ginocchio?”

Bossuet non rispose, allora Enjolras lo guardò e notò che stava tenendo ancora la mano di Joly. “Ecco… p-posso spiegarle, professore… i-io…”

“Non c’è bisogno che mi dici nulla” lo fermò subito Valjean: Enjolras pensò che avesse capito l’imbarazzo dei suoi due amici. “Mi sorprende solo che tu non mi abbia detto che venivi qui per Joly.”

“Pensavo avrebbe fatto domande a cui… beh…” Bossuet fece una pausa e guardò Joly negli occhi: si vedeva il loro disagio lontano un miglio. “…a cui evidentemente non avrei saputo come rispondere.”

Valjean rimase a guardarlo in silenzio, riflettendo: i suoi occhi verde scuro sembravano pieni di sorpresa. Poi sorrise e disse: “Non credevo che gli studenti mi trovassero tanto bigotto.” Quella frase fece rasserenare il gruppetto di ragazzi, Enjolras lo leggeva sui loro volti. Il professore si avvicinò a Joly, forse anche per vedere come stava, e poi riprese, rivolgendosi sia a lui che a Bossuet: “Non c’è nulla di male in quello che provate, anzi: è il sentimento più naturale del mondo e non bisogna nasconderlo. Oh, beh…” esitò per qualche istante, “magari qui a scuola prestateci un po’ più di attenzione: non tutti i docenti la pensano come me.”

“Quindi…” iniziò Bossuet, “diciamo che questa volta l’abbiamo scampata bella?”

Joly lo fulminò con lo sguardo e disse: “Non fare quel sorrisetto, René: abbiamo rischiato grosso!”

“Ma ci è andata bene, tesoro” lo rimbeccò sorridendo. “Guarda il lato positivo, qualche volta!”

“Ha ragione” disse tranquillamente Valjean. “Bisogna sempre gioire per la buona sorte, Joly: la vita ci dà anche occasione di essere positivi e ben disposti agli eventi.” Bossuet lanciò un tale sguardo a Joly che sembrò volesse dirgli ‘Visto?’, ma il professore lo notò e, prima che il ragazzo potesse parlare, aggiunse: “Ma non va bene neanche sperare sempre nella buona sorte e non curarsi di ciò che potrebbe accadere. Bisogna vivere con il giusto equilibrio: né troppa ansia, né troppa spensieratezza.” Come finì il discorso, il professor Valjean restò ad osservare i suoi due studenti, mentre i due ragazzi si guardavano. “Comunque ero sceso per comunicarvi che il preside ha detto che potete ritornare a casa. Feuilly: puoi accompagnarli tu, per favore?”

Feuilly fece un cenno con la testa e, mentre recuperava le chiavi della sua piccola Peugeot 107 bianca, disse: “Certamente, professore. Venite con me, ragazzi.” Mentre Bossuet e Valjean aiutavano Joly ad alzarsi, Feuilly si girò verso Enjolras e gli chiese: “Ci sentiamo più tardi?” Il biondo ragazzo gli sorrise e gli fece segno di sì con la testa, per poi salutare Feuilly con la mano.

“E tu, Enjolras?” gli chiese il professore mentre i tre ragazzi uscivano dalla bidelleria. “Tu che cosa ci fai qui? Stai male?”

“No, prof” disse Enjolras, scuotendo la testa. “È una lunga storia…”

“Puoi raccontarmela mentre mi accompagni in aula, che dici?”

Così fece. Ad Enjolras parlare col professor Valjean aveva sempre fatto bene. Lui era diverso dagli altri professori: quando accadeva qualcosa, sapeva ascoltare pazientemente la versione dei fatti degli studenti, senza mettersi a priori dalla parte dei docenti; stava a sentire fino alla fine del racconto, chiedeva chiarimenti per essere certo di avere capito, non importava quanto ci avrebbe messo, confrontava le versioni che conosceva nella sua testa e solo poi dava il suo punto di vista e i dovuti consigli. Questo suo modo di operare ad Enjolras e agli altri studenti piaceva molto: era una maniera per avere un confronto aperto e sincero, non una giustificazione da alunno a professore. C’era però una cosa di Valjean che Enjolras non era ancora riuscito a comprendere e questa era la continua faida tra lui e Javert. Ogni volta che succedeva qualcosa, i due insegnanti si trovavano in disaccordo completo e sembravano avere un rapporto ostile l’uno con l’altro: sui provvedimenti da prendere per una determinata punizione, sulla soluzione da adottare per un non specificato problema di attività extrascolastiche… su qualsiasi cosa accadesse, i due non erano mai d’accordo.

“E ti ha mandato fuori per questo?” chiese incredulo Valjean. “Quell’uomo è incorreggibile!” Come c’era da aspettarsi, anche questa volta era in disaccordo con Javert.

“Forse un po’ ha ragione...” si sentì costretto a difenderlo Enjolras. “Dopotutto io non gli ho detto dov’ero.”

“Ma ha torto a non averti lasciato la possibilità di spiegare” lo corresse Valjean. “Tutti possono sbagliare e tutti hanno il diritto di poter fornire una spiegazione. Solo dopo essere stato ad ascoltarti avrebbe dovuto decidere che cosa fare!” Stettero un po’ a camminare in silenzio, quasi come il professore stesse aspettando che Enjolras dicesse qualcosa, mentre il ragazzo stava attendendo che Valjean aggiungesse la sua riflessione sul comportamento avuto da lui. Alla fine, il commento arrivò: “Tu, però, non saresti dovuto uscire da scuola durante la pausa. Sei minorenne.”

“Il regolamento scolastico non dice nulla a riguardo” disse Enjolras: non aveva la pretesta di giustificarsi, ma quella risposta gli uscì spontanea.

“Vero, ma su autorizzazione della presidenza o della vicepresidenza.” Nel sentire il professore pronunciare queste parole, Enjolras iniziò a sentirsi in colpa. “Il preside Myriel ti aveva permesso di uscire, figliolo?”

“No, professore…” ammise Enjolras. Come poteva essersi scordato di guardare il regolamento? Come?

“Perciò diciamo che sei stato fortunato che il professor Javert sia così cocciuto e non ti abbia chiesto dove fossi.” Enjolras non riuscì a rispondere: aveva fatto una cosa davvero sciocca ad uscire così a cuor leggero.  

“Enjolras!” si sentì chiamare il ragazzo. Alzando la testa, vide Marius correre verso di lui: non si era reso conto che la campanella fosse suonata. Quando arrivò davanti a lui, Marius prese a parlare a macchinetta: “Enjolras, mi spiace! Avrei voluto aiutarti, ma non sapevo che cosa fare, che cosa dire… sono mortificato! Forse se avessi…”

“Pontmercy, per favore, prendi fiato!” lo interruppe ridendo Valjean. “Non vorrai certo finire in infermeria perché non dai tempo all’ossigeno di arrivare ai polmoni, vero? Calmati!”

Marius rimase senza parole, in preda all’imbarazzo per la reazione che aveva appena avuto. Così Enjolras, anche se avrebbe voluto ridere, si trattenne e, nel tentativo di farlo calmare, gli disse: “Marius, è tutto a posto. Non avresti potuto fare nulla in ogni caso.”

“Ha ragione: imparerai da te a conoscere il professor Javert. Avresti potuto peggiorare la situazione, intervenendo” disse Valjean mettendo una mano sulla spalla del suo nuovo studente. “Si sta facendo tardi: sarà meglio che corriamo tutti in aula. Ragazzi…” Valjean diede una pacca sulla spalla ad Enjolras con la mano che aveva libera e se ne andò, salutando i due ragazzi con un sorriso.

“Andiamo a lezione, prima che mi lascino fuori dall’aula anche quest’ora?”

 


[1] Riferimento al romanzo: Victor Hugo scrive che lui non usava dire “il popolo”, ma sempre “i cittadini”

   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Teatro e Musical > Les Misérables / Vai alla pagina dell'autore: Christine Enjolras