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Autore: FunnyYoungMe    12/02/2017    1 recensioni
Spesso la gente deve seguire altri in una strada dove non vogliono camminare: per affrontare una verità che fa male e per fare tutto ciò con una faccia seria, perché ti sei già arreso; o per nascondere il senso di vuoto con un atteggiamento doloroso di non essere te stesso...
Kyuhyun lotta per mantenere chi è diventato, mentre invece Yesung si dà per vinto nella sua vinta. Entrambi hanno bisogno dell'altro per essere chi sono veramente...
N.d.A: Ciao a tutti. Questa non è la solita storia d'amore KyuSung e quello che voglio davvero è, per tutti quelli che si prenderanno il tempo di leggerla (spero le diate una possibiità), che vi piaccia!!!
DISCLAIMER: Non mi appartengono Kyuhyun e Yesung, anzi, non mi appartiene nessun Super Junior menzionato. La storia non è mai accaduta nella realtà; è solo un prodotto della mia immaginazione, per cui a me appartiene solo la trama.
Genere: Angst, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi, Slash | Personaggi: Kyuhyun, Un po' tutti, Yesung
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Scusate il ritardo; sono stata via il weekend >.< L'importante è che sia tornata con il nuovo capitolo. Spero vi piaccia e, sinceramente, spero lasciate delle recensioni, sennò arriverò a minacciare di non pubblicare più nulla e non voglio farlo, solo che è importante sapere che ne pensate voi lettori...
Cosa ne pensate di Kyuhyun? E di Yesung? Ditemi che amate Heechul, perché io lo faccio... e vorrei riempire di botte quelle due banane (Kyu e Yesung); magari rinsaviscono!
Ma soprattutto, avete delle teorie su cosa possa avere il nostro bellissimo main vocalist moro? Fatemelo sapere, dai... e magari vi potrei lasciare dei piccoli indizi ;)
Buona lettura!!!!

 

Per capire una mente perversa c’è bisogno di un’altra

 

Camera di Yesung

 

Neanche un’idea, niente; la sua mente era più vuota di quando aveva iniziato a pensare. Nessun’idea né soluzione, solo il vuoto assoluto. Cosa sarebbe successo? Yesung decise di lasciare tutto nelle mani del fato; il peggio che sarebbe potuto accadere sarebbe stato andare con suo padre.

“No, non posso andare con lui. Sarà troppo occupato con il lavoro e i suoi colleghi e io sarò dimenticato. O i suoi amici cominceranno a fare domande e mio padre, come suo solito, gli dirà tutto e io sarò guardato con compassione. No, non posso andare”, disse Yesung ad alta voce, temendo come sarebbe andata a finire la situazione.

“Qualche problema Jongwoon?” Una mano si posò sulla sua spalla e Yesung smise di pensare, evitando il mal di testa che ne sarebbe risultato, e suo padre lo guardò con gli occhi perplessi.

“Devo andare”, la sua voce non era decisa come voleva. “A controllare il coniglio di Sungmin.” Yesung corse fuori casa, non volendo confrontarsi con suo padre.

 

Giardino di Yesung

 

“Bunny, coniglietto, torna qui. Stupido ma carino coniglietto, vieni da me.” Ma come se avesse detto il contrario, l’animale cominciò a saltellare e correre lontano dal ragazzo. Faceva sempre così, per cui Yesung lo seguiva, avvicinandosi furtivamente per catturare il coniglio furbo, ma ciò finiva spesso con lui che correva in cerchio e si irritava.

“Piccolo corridore! Smettila di stancarmi… Bunny, qui… No, non lì. Vieni. Vieni, Bunnyyyyy”, urlò Yesung senza rendersi conto, o preoccuparsi, se stava disturbando qualcuno con la sua rumorosa conversazione con il coniglio.

Kyuhyun era appena uscito in cortile, dopo una lunga notte passata a bere e piena di divertimento, e una voce, meglio dire assordanti urla, raggiunse la sua testa già pulsante.

Il pulsare continuo si fermò un attimo, ma la tanto attesa pace era solo una bella bugia, perché il martellamento ricominciò a farsi sentire senza pietà. Le parole del nanerottolo erano sempre alte, ma non quanto quel giorno. Kyuhyun sentì come se la testa gli stesse esplodendo e il piccolo vicino gliela avrebbe pagata se non si fosse zittito immediatamente.

Come se Yesung fosse a conoscenza di quanto la sua voce fosse insopportabile in quel momento per il bruno e volesse innervosirlo, urlò “PRESO!”. Quella fu la goccia che fece traboccare il vaso; quel vicino strano aveva appena firmato la sua sentenza di morte. Non sapeva come, ma in qualche modo Kyuhyun era riuscito a raggiungere il cofano dell’auto per avere una migliore visuale del moro loquace.

“Chiudi quella boccaccia”, sibilò infastidito Kyuhyun all’altro, sostenendosi contro le sbarre della recinzione. Yesung stava accarezzando il coniglio, senza prestargli attenzione.

“Ho detto di chiudere quel buco.” Questa volta urlò a quello strano ragazzo che parlava con gli animali, anche se questo continuò a conversare con il coniglio, come se Kyuhyun non esistesse. Il bruno, invece, si procurò solo più dolore alla testa con tutte quelle urla, come se la sbornia non avesse già fatto abbastanza.

Quando il moro alzò la testa e notò il vicino che lo guardava torvo, sembrava che qualcosa non andasse bene perché era serio.

“Cosa stai facendo lassù?” Domandò Yesung francamente, ma sembrava lo stesse deridendo e questo fece arrabbiare ancor di più Kyuhyun.

“Non sono dell’umore giusto per il tuo giochetto di ignorarmi”, parlò il bruno a denti stretti. Ancora una delle sue e il moro avrebbe sicuramente supplicato per la sua vita.

“Ignorare?” E quello aggiunse legna al fuoco, ma quando Yesung si rese conto che magari il ragazzo gli stava parlando da prima, fu troppo tardi: la parola aveva già lasciato la sua bocca. “Cosa vuoi comunque?” Era il suo turno per arrabbiarsi.

“Silenzio, accompagnato dalla tua sparizione.” Kyuhyun aveva ancora l’abilità di essere meschino ed irriverente.

“Il silenzio”, ripeté piano Yesung. “Non è una cosa così bella.”

“Tieni la tua stranezza, la tua stupidità, e specialmente la tua irritante voce, lontane da me. Non voglio sentire neanche il più insignificante suono provenire da te, perché te ne pentirai.” L’astio era intenzionale, magari in quel modo quel lunatico lo avrebbe lasciato in pace.

“Non sono io quello appeso alla parete e che sta parlando. Quindi, se sei in uno dei tuoi giorni no, non è colpa mia”, sibilò Yesung e girò sui tacchi, ma prima di andarsene, girò la testa e urlò solo per suo divertimento: “Non mi fanno paura le tue minacce vuote, ragazzino.”

“Ma ti preoccupi del tuo diario, vero?”

“Il mio diario?! Di cosa stai parlando. Non ne ho uno.” Fece una smorfia al bruno, le cui labbra si curvarono in un sorrisetto maligno.

“Il tuo quaderno pieno di disegni che ritraggono la tua patetica vita”, disse Kyuhyun vittorioso.

Yesung pensò un attimo alle parole del ragazzo e poi i suoi occhi si spalancarono quando realizzò di cosa parlava. Aveva cercato per giorni il suo quaderno, senza trovarlo da nessuna parte. “Quel… Quell’idiota! Ce l’aveva lui.” Yesung si fece prendere dal panico ma guardò torvo il vicino, che gli stava sorridendo prima di scivolare lungo la parete e sparire dalla sua vista.

Il moro corse prima in casa, poi ancora fuori e in pochi secondi si trovò di fronte alla porta del ragazzo. Suonò il campanello prima di calciarla, aspettando che qualcuno gli aprisse per entrare, ma appreso che la sua “gentile” forma di entrare in casa di qualcun altro non funzionava, Yesung tirò fuori dalle tasche le chiavi; l’ultima volta che il ragazzo viziato lo aveva colpito alla testa, lo aveva fatto con le sue chiavi di casa. Il bruno non si era reso conto, né si era preoccupato di controllare cosa avesse afferrato la sua mano; gli era importato solo che raggiungesse in fretta il suo obiettivo, cioè la testa di Yesung.

Appena entrato in cortile, fumava dalla rabbia e si mise a cercare il ragazzo, trovandolo appoggiato all’auto, con i raggi del sole che lo illuminavano. Sembrava stesse dormendo, ma quando Yesung si avvicinò e annusò l’aria attorno a lui, capì tutto: l’idiota era ubriaco.

“Ehi! Dammi il mio quaderno”, disse calmo Yesung.

“Vai via”, replicò Kyuhyun. “Stai bloccando la mia fonte di calore che, fra l’altro, è il sole, se la tua testa dura non l’ha capito.”

“Non m’importa; voglio il mio quaderno.”

“Quale?”

“Chi vuoi prendere in giro? L’hai rubato”, disse piccato Yesung, pensando anche a quando avrebbe potuto prenderglielo. “Il giorno che mi hai portato del cibo.”

“Io non ho rubato niente.” Kyuhyun era calmo mentre rispondeva, portando il moro a pensare che non sembrava neanche il ragazzo di poco prima.

“Non ho tempo per questo, dammelo e basta.”

“Perché ti serve del tempo? Come se avessi qualcosa da fare… O non vuoi che il tuo topo ti aspetti?!” Disse Kyuhyun, sarcastico come sempre.

“Idiota, è un coniglio. Non sei neanche in grado di riconoscere un animale… E cosa faccio nel mio tempo libero non ha niente a che fare con te. Ora non cambiare argomento e ridammi il mio quaderno.” La calma infinita di Yesung cominciava a sparire.

“Sta’ zitto e vattene. Come sei entrato comunque?!” Kyuhyun aprì gli occhi per guardare il ragazzo che stava tenendo le chiavi davanti alla sua faccia.

“E sono io il ladro...”

“Sì lo sei. E anche un idiota assalitore. Non mi sorprenderei se avessi una fedina penale.” Yesung gli lanciò le chiavi e siccome il ragazzo era ubriaco, quelle colpirono la sua faccia.

Kyuhyun spalancò gli occhi iniettati di sangue, facendo notare al moro che non era del suo migliore umore, ma neanche lui lo era. L’idiota aveva il suo quaderno e lui non aveva né il tempo né l’occasione di spaventarsi.

“Che problemi hai?” Urlò Kyuhyun. “Vattene prima che tu te ne penta.”

“L’ho già fatto, solo annusandoti.” Yesung poteva essere uno dei migliori quando si trattava di litigare verbalmente.

“Stupido puffo fastidioso”, sibilò il bruno, alzandosi in piedi, minaccioso.

“Basta!” Strillò Yesung, “Ridammi il mio quaderno. ORA!”

“Ti darò qualcosa.” Il tono cambiò, dalla voce vellutata a quella bassa e roca. Si avvicinò a Yesung, il suo viso a pochi centimetri da quello dell’altro. Il moro poteva sentire la seduzione irradiare dal ragazzo alto, dal modo in cui lo fissavano i suoi occhi e si mordeva le labbra. Tutto ciò che riuscì a fare il più basso fu di deglutire mentre cercava di mantenere un’espressione indifferente, ma facendo l’opposto di stare calmo, indietreggiando lentamente.

“Allora?” Yesung sentì il suo respiro contro di sé. “Fac...” Ma prima che Kyuhyun potesse continuare la frase, il ragazzo era scappato. Il bruno sorrise, compiaciuto con se stesso; sapeva che non c’era persona che potesse resistergli.

Yesung stava maledicendo se stesso per essersi lasciato intimidire così. Come poteva accadere a lui? E soprattutto, con quel ragazzino? Era così debole. Yesung non poteva smettere di pensare a ciò che aveva fatto il vicino e a quanto dovesse sentirsi soddisfatto quel seducente diavolo viziato. Non andava bene farsi intimidire da un ragazzino egoista narcisista.

“Giovanotto, posso aiutarti in qualche modo?” Vide una donna fissarlo perplessa. Nella fretta del momento si era dimenticato di dove si fosse fermato; si trovava proprio davanti alla porta d’ingresso della casa del ragazzino.

“No, grazie.” Stava per andarsene quando si rese conto delle borse che la donna aveva con sé. “Aspetti che la aiuto”, disse, prendendogliene alcune.

“Grazie”, rispose lei, sorridendo stancamente.

“Sei nel posto giusto, a fare il mio schiavo”, disse il bruno dal balcone.

“Non ascoltarlo”, sussurrò la donna.

“Mi scusi, può ripetere?” Domandò Yesung. “Non stavo prestando attenzione; erano davvero pesanti le borse.”

“Meglio così.” La domestica di Kyuhyun entrò in casa insieme a Yesung, continuando a ringraziarlo di tanto in tanto

“Jongwoon.” Il moro vide suo padre camminare verso di lui. “Perché sei fuori?”

“Mi stava aiutando”, rispose al posto suo la donna, chinando il capo davanti all’uomo.

“Oh, sono felice di sentire ciò”, disse lui, dando la mano alla donna. Suo padre nel frattempo cercava di ricordare la donna.

“Solji, è da tanto che non ti vedo. Non mi riconosci, vero?

“Certo che sì. Stavo aspettando che lo facessi tu.”

“Jongwoon, lei è Solji, la mia amica d’infanzia, salutala.” Yesung fece come gli aveva detto suo padre e le diede la mano prima di lasciarli e allontanarsi..

“Si comporta così da quando...” e la loro chiacchierata andò avanti per un po’.

Non c’era nessun motivo per restare lì. Si sarebbero aggiornati e poi suo padre l’avrebbe raggiunto e gli avrebbe detto tutto e come sempre, aveva ragione. Non appena il padre entrò in casa, andò da Yesung, gli parlò di Solji, della loro infanzia, i suoi genitori; storie che al ragazzo non importavano né voleva conoscere, ciononostante suo padre continuò a parlare.

“Domani vado via.” Quelle parole catturarono la sua attenzione. Cosa avrebbe fatto con Yesung?

“E io?” Mormorò Yesung, incerto se suo padre lo avesse sentito.

“Starai con Solji. Verrà qui e starà con te”, disse lui e dopo avergli dato una pacca sulla testa, uscì dalla stanza, borbottando qualcosa sull’avere fame e cenare.

Jongwoon si sentì sollevato al sapere che, al suo problema, era stata trovata una soluzione tutt’altro che sgradevole. Solji pareva essere una persona piacevole e, cosa più importante, non si sarebbe dovuto muovere da casa sua.

 

Giorno dopo

 

Quella tradizione di famiglia non era più divertente come prima; il fatto che dovesse uscire al freddo mattutino per salutare ogni membro della famiglia, quella volta suo padre, non era più cosi ottimo. Dov’era la cosa bella? Gli ricordava e basta che qualcuno se ne stava andando, lasciandolo con una persona in meno per alcuni giorni. Gli addii erano qualcosa a cui Yesung non aveva prestato molta attenzione; li riteneva un comune rituale sociale e nient’altro, ma diventarono qualcosa di più quando cominciò ad attribuirgli più importanza, come aveva sempre fatto la sua famiglia.

Yesung non poteva fare altro che pensare a quanto freddo ci fosse e non vedeva l’ora di entrare in casa. Almeno fino a quando qualcuno non gli toccò una spalla. Il ragazzo si girò e vide la donna del giorno prima che gli sorrideva.

“Buongiorno.”

“’Giorno”, mormorò lui, costretto. Una cosa che odiava era parlare la mattina presto.

“Ho parlato con tuo padre e mi ha detto di prendermi cura di te. Mi ha anche informata del tuo… problema.”

“Ovvio che l’ha fatto”, pensò Yesung.

“Ma c’è un piccolo problema. Ho parlato con il mio capo e mi ha dato il permesso di prendermi cura di te… se non lascio la sua casa. Perciò dovrai venire e stare con me là; mi ha dato il permesso di portarti con me”, disse la donna indicando la casa del ragazzino, mentre l’unica cosa che Yesung riuscì a pensare fu che quella era una enorme scemenza.

“È ridicolo! Abito qui di fianco, non ha alcun senso”, si espresse il moro abbastanza incredulo.

“Lo so, ma ho promesso a tuo padre che sarei stata vicino a te, senza mai perderti di vista. Ci sarò io per te.”

“Non ho bisogno di così tante attenzioni, solo di qualcuno per non stare da solo”, disse mentre pensava: “Non sono malato, per l’amor del Cielo! Ho solo questo… problema, o specie di trauma.”

“Scusa, non volevo offenderti. Ma tuo padre era così preoccupato e mi sento così responsabile verso di te. Non posso lasciare casa sua”, disse la donna implorante, “… o mi licenzia.”

“Oh. Non lo sapevo. È così...” Yesung vide la domestica che lo guardava curiosa, per cui si morse la lingua, pensando: “Quel ragazzino”. Dopo qualche istante disse: “Verrò.”

“Ti aiuterò con le tue cose”, annunciò lei, sorridendo dolcemente, come una affettuosa zia, qualcosa di nuovo per lui, ma non voleva essere meschino con lei, per cui annuì.

 

Casa di Kyuhyun

 

Un letto singolo, posto davanti ad una libreria piccola, e una finestra non molto grande che non lasciava vedere molto di quello che c’era fuori, solo il retro di un’altra casa. L’unica cosa che andava bene era il lampadario a gocce appeso al soffitto, ma anche quello era bianco come il resto della stanza. Gli sembrava di essere appena entrato in un ospedale psichiatrico.

“È solo per tre giorni, Bunny. Staremo qui per questo tempo e sopravviveremo”, disse Yesung al coniglio di suo fratello mentre lo metteva sul letto.

“Iperprotettiva” era l’unica parola che poteva usare per descrivere la “zia”. La donna continuava ad entrare in camera “sua”, ogni trenta minuti, domandandogli se stava bene o se aveva fame, se aveva bisogno di qualcosa, se stava… anche solo respirando. E non importava quante volte il moro le dicesse che non era necessario tutto ciò, la donna continuava a controllarlo, solamente disturbandolo nel suo tempo che, fra l’altro, a Yesung piaceva così. Solo lui e Bunny, nessun altro.

Per sua fortuna, il vicino non si era ancora presentato in camera sua, per cui poteva solo gioire di ciò. Se solo la “zia” non avesse continuato ad entrare, almeno fino a quando Yesung non fece finta di essere stanco, addormentandosi.

“Sarei curioso di sapere cosa le ha detto mio padre per averla resa così interessata e protettiva nei miei confronti. Spero non l’abbia minacciata.” Una lieve risatina uscì dalle sue labbra prima di accigliarsi. “Il peggio è che lui sarebbe capace di farlo.”

Alla fine il ragazzo riuscì ad addormentarsi.

 

Noi abbiamo bisogno e vogliamo sentirci protetti, avere qualcuno che si curi di noi. Ci piace, ma a volte l’unica persona che si sia realmente interessata a noi siamo noi stessi, dimenticandoci di apprezzare quando l’attenzione arriva dagli altri. Altre volte, invece, siamo soltanto stanchi di essere trattati come il ramo più fragile dell’albero, che ha sempre bisogno di cure, ma che vuole solamente essere lasciato libero di crescere da solo, forte...

 

 

Giorno dopo

 

Il secondo giorno in quella casa e non aveva ancora visto il castano, non che Yesung se ne lamentasse, solo che era inaspettato. Il primo pensiero che aveva avuto era che il ragazzo avrebbe cercato di rendere miserabile la sua permanenza; se non voleva torturarlo allora perché aveva minacciato la sua domestica e poi era sparito dalla casa?

“Forse è cattivo di natura e gioisce della sofferenza altrui e delle loro difficoltà”, pensò Yesung e poi sogghignò. “Il fatto che lui mi abbia ‘invitato’ qui è diventato una cosa positiva e ora che lui non c’è, posso cercare per tutta la casa il mio diario.”

Stanco e irritato, Yesung sbuffò mentre si sedeva in cima alle scale; aveva guardato dappertutto, in ogni stanza, in tutti i posti immaginabili, perfino in bagno e dentro il forno, ma non c’era traccia del suo quaderno. La domestica non aveva neanche idea di dove potesse essere nascosto e non aveva neanche visto il libro tra le mani del suo capo o addirittura in casa. L’unico posto dove non aveva guardato era la stanza del “demone”, sussurrò mezzo eccitato e non contento di dover entrare nella camera del vicino.

Ad ogni passo che faceva, il suo respiro si affievoliva, fino a quando raggiunse la maniglia e come in uno di quei film di spionaggio, si guardò ai lati con attenzione e poi aprì la porta. La stanza non era come se la era immaginata: era abbastanza semplice, quasi simile alla sua, ma aveva una finestra più ampia e più mobili ed effetti personali. Non c’erano né fiamme né gente morta.

“Sì certo, perché è uno psicopatico. Grande pensata, Jongwoon”, si sgridò mentalmente.

Senza esitare ulteriormente, si mise a cercare per la stanza, stando però attento a non toccare nulla; aveva questa abilità di rompere qualunque cosa toccasse o di creare caos ovunque andasse.

“Dove avrà messo il mio quaderno? Doveva nasconderlo così bene?” Pensò Yesung, stanco e altamente amareggiato.

“Se io fossi un diario, dove mi troverei?” Si domandò ad alta voce, battendo leggermente il dito sul mento.

“In grossi guai”, il caldo respiro gli solleticò l’orecchio.

Yesung sussultò per l’improvvisa sensazione e si girò a guardare il ragazzo, che lo aspettava interrogativo con il sopracciglio inarcato e le labbra strette in una riga sottile.

“Hai perso qualcosa?” Domandò Kyuhyun.

“No, è stato rubato.”

“Cos’è stato rubato?” Insisté il castano e Yesung non dovette sentire per captare il doppio senso.

“Sei così pervertito”, disse incrociando le braccia.

“Per capire una mente perversa c’è bisogno di una seconda.”

“Oh no, non mi abbasserai al tuo stesso livello.”

“Tu...” Kyuhyun si avvicinò a lui, facendolo indietreggiare. “Non hai...”, i suoi occhi non nascondevano il desiderio e Yesung non voleva ripetere la stessa situazione dell’ultima volta, ma comunque finì peggio; i piedi di Yesung colpirono il letto, perse l’equilibrio e ci cadde sopra. “Un livello”, terminò di dire, quasi sussurrando l’ultima parola mentre lo sovrastava, la sua mano posata sopra la sua testa e il ginocchio tra le gambe del moro.

Yesung si immobilizzò, come ogni volta in cui aveva un contatto con altra gente, soprattutto con ragazzi, e specialmente quello, il cui talento era l’arte della seduzione. Lui stesso, essendo timido e scostante, non era una persona a cui piaceva essere anche solo sfiorato e non aveva mai permesso a nessuno di avvicinarglisi. Anche gli abbracci erano rari e ora il ragazzo aveva superato il suo spazio personale, più di quanto gli potesse piacere, gettandolo in uno stato di trance.

“Sono un gentiluomo. Io non rubo”, disse lentamente Kyuhyun. “Me lo danno e basta, i ragazzi.”

“Non questa volta”, riuscì a sussurrare Yesung prima di scivolare dal letto. Essere piccolo aveva i suoi privilegi. Uscì dalla stanza correndo, entrando nella sua. Si sentiva il viso bollente, il suo respiro instabile.

Kyuhyun rimase sdraiato a letto, meravigliato dal moro e sorridendo al pensiero che aveva previsto la sua reazione. Nonostante Yesung fosse diverso dagli altri con cui era andato a letto, e possibilmente anche dal resto del mondo; era innocente, un po’ birichino. Quella piccola testa tra le nuvole certamente leggeva i suoi pensieri e non aveva paura di dirlo ad alta voce. Anche se si comportava con lui come se non esistesse, il suo fascino aveva intimidito quel piccolo ragazzo senza emozioni.

“Sarà più divertente di quanto avessi pensato”, pensò Kyuhyun, soddisfatto dai risultati. “Devo solo divertirmi.”

 

“Imbarazzante”, disse tra sé e sé Yesung dopo che lo shock scemò, sdraiato sul suo letto.

“Quel ragazzino pensa sia a causa sua, ma non è così. Non dovrebbe gonfiare così tanto il suo ego, perché io reagirei così con chiunque altro. È colpa mia, il mio corpo si paralizza con l’intimità, ma sarebbe la stessa reazione con altri”, il moro urlò l’ultima parte.


 

   
 
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