Film > Le 5 Leggende
Segui la storia  |       
Autore: Roiben    13/02/2017    1 recensioni
Ancora poco, solo qualche metro, e infine sarà libero.
--------------
«Tu chi sei?»
«Boogeyman, e tu?»
«Katherine»
Genere: Angst, Fantasy, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Emily Jane Pitchiner, Kozmotis 'Pitch' Pitchiner, Nuovo personaggio, Pitch
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'La Strada Verso Casa'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A






capitolo 40 – Ombre




Tutto è cristallizzato, quella mattina, perfino l’aria. Ma pare che, dopo tutto, qualche vantaggio ci sia nel disporre di una scorta di Luce interna: niente più freddo, nonostante sia tutt’altro che in ottima forma.


Pitch arranca testardamente lungo la strada, a quell’ora un po’ troppo trafficata per i suoi gusti. Non è in grado di scorgere la figura della bambina, tuttavia sembra che una parte delle sue percezioni si sia risvegliata; non può tuttora avvertire la sua paura, né altri sentimenti similari, ma al contrario riesce a distinguere, con una certa vivida chiarezza, il bagliore della sua anima: una sottile scia azzurra che si dipana nella sua mente come un bizzarro itinerario su di una mappa stradale.


Si muove a rilento, evitando il più possibile gli umani infreddoliti e frettolosi che sciamano per la strada, sperando in cuor suo che Katherine stia bene, che non le accada nulla di male nel tempo in cui non si trova al suo fianco e non ha dunque la possibilità di proteggerla.



ͽͼ ͽͼ ͽͼ ͽͼ ͽͼ ͽͼ ͽͼ ͽͼ ͽͼ ͽͼ ͽͼ ͽͼ



Ecco fatto: di nuovo da sola” sbuffa Katherine fra sé, tirando un debole calcio a una lattina abbandonata sul marciapiedi. Davvero un bell’affare ha fatto, illudendosi di poter essere amica di qualcuno, finalmente. Certo, l’idea di diventare amica di qualcuno che può vedere solo lei, già di partenza, non sembrava promettere molto bene. Eppure lei ci si è impegnata, davvero tanto, pur di farla funzionare. Ma a quanto pare tutta la sua buona volontà non è stata sufficiente. Forse, dopo tutto, è lei quella sbagliata; forse dovrebbe semplicemente rassegnarsi, una volta per tutte, all’idea di rimanere da sola per il resto della sua vita. In fondo c’è una cosa positiva in tutto questo: lei è solo un essere umano, non uno spirito, e quindi per fortuna il resto della sua vita ha un limite di tempo. Sospira sconfortata, appoggiando il volto tra le mani. Con la fortuna che notoriamente si ritrova, ci scommette, vivrà fino a cent’anni! Che bella schifezza.


«Pitch» sussurra, avvertendo il magone salire e invadergli il petto e la gola.


Si rimette in piedi e riprende il cammino senza meta iniziato dalla sua improvvisa fuga da casa. I suoi giovani piedi la conducono, senza che lei se ne avveda, nuovamente nel parco nel quale è stata in compagnia dello spirito durante l’ultima occasione in cui sono stati a spasso insieme. Quella sì era una giornata iniziata bene. Certo, non è che si sia conclusa altrettanto lietamente, ma non può proprio fare a meno di ricordarla comunque con un piccolo sorriso malinconico sulle labbra.


Trema. Fa freddo, accidenti, e lei ha scordato la sua sciarpa in camera. D’altra parte, chi sapeva che sarebbe uscita di casa con tanta fretta? Sperava di poter fare il suo dovere a scuola e poi tornare a casa per rimanere a chiacchierare con il suo Pitch, aspettando assieme che il suo braccio guarisse. Invece lui non è più il suo Pitch. Forse non lo è nemmeno mai stato e quelle di Katherine erano solo stupide illusioni di una bambina sciocca.


Qualche tiepida lacrima sfugge ai suoi occhi già arrossati dallo sfogo precedente, ma non ha proprio voglia di asciugarsele questa volta, lo faranno da sole.


Un fruscio indistinto la distrae dai suoi pensieri. Katherine solleva lo sguardo, perplessa. La sua vista è momentaneamente appannata e tutto quello che riesce a distinguere è il conosciuto viale alberato e qualche cincia indaffarata. Reclina dubbiosa la testa all’indietro, osservando il cielo limpido, di un acceso turchese che quasi brucia gli occhi. Sospira di nuovo e riprende il cammino, più per forza di inerzia che per vera volontà di procedere oltre.


Qualche minuto dopo, tuttavia, mentre sta attraversando un piccolo ponticello in legno che unisce le due sponde di un tranquillo ed esile fiumiciattolo, lo sente ancora: quel fruscio indistinto. Si affaccia dal parapetto del ponte, ascoltando il dolce gorgogliare dell’acqua, e scuote la testa, perplessa: no, non è quello il suono che ha sentito poco prima. È qualcosa d’altro, ma cosa?


Procede silenziosa, le mani in tasca per evitare che le si congelino. In vista c’è una bella abetaia; la neve sui rami robusti scintilla come diamante alla luce del sole splendente. Katherine stiracchia un debole sorriso pensando che, con un po’ di fortuna, lì riuscirà a incontrare qualche scoiattolo rosso: in assoluto il suo preferito. Così affretta di poco il passo, speranzosa di poter finalmente distrarre la propria mente con altri pensieri meno tristi.


Due allegre cince la superano con un gran frullio d’ali, battibeccando rumorosamente in volo, proprio mentre Katherine raggiunge i primi abeti. Il profumo della resina le solletica piacevolmente le narici e i suoi piedi fanno scricchiolare il soffice manto di aghi secchi che ricopre il terreno come un enorme tappeto appuntito. Solleva lo sguardo sui rami e rallenta il passo, osservando con perizia nella penombra tra le fronde, dove il sole filtra solo a tratti creando un curioso effetto maculato.


Un rapido movimento sopra la sua testa attira l’attenzione di Katherine; il suo sorriso si fa più deciso nel momento in cui i suoi occhi scorgono finalmente la vaporosa coda di un piccolo scoiattolo.


«Ciao» mormora cauta, rimanendo ferma per non spaventare il piccolo roditore.


Lui la osserva a sua volta, incuriosito, piegando di lato la testa e facendo vibrare i lunghi baffi e il frenetico, minuscolo naso. I suoi occhi neri sono grandi e luminosi e seguono con attenzione ogni movimento della bambina.


Katherine, felice, si bea di quel breve momento di perfezione, rimanendo in assoluto silenzio e osservando a sua volta il folto pelo rosseggiante dello scoiattolo. Poco dopo, tuttavia, il roditore raddrizza le orecchie e si puntella sulle robuste zampe posteriori, visibilmente allarmato da qualche particolare che Katherine, evidentemente, non è riuscita ad avvertire. In un battito di ciglia lo scoiattolo fugge via, scomparendo fra i rami in un lampo marroncino, e Katherine sbuffa delusa, preparandosi a riprendere il proprio cammino.


Non ha però il tempo di completare quel pensiero che fra i rami degli abeti che la circondano sente il frullare simultaneo di molte ali che prendono rapidamente quota, disperdendosi nel cielo oltre le scure fronde.


Katherine sussulta e trattiene il fiato mentre un fruscio, di nuovo quello che già due volte in precedenza aveva sentito, serpeggia alle sue spalle. Piano si volta, decisa a scoprire, questa volta, di cosa possa mai trattarsi. Ma di nuovo non vede nulla di diverso dal sottobosco che ha percorso poco prima, almeno fino a quando, con la coda dell’occhio, scorge un movimento fluido alla sua sinistra. Di scatto punta gli occhi in quella direzione e poi li sgrana, mentre un ansito di sorpresa la coglie.


Le ombre degli abeti, improvvisamente, si allungano sul terreno senza più seguire le comuni leggi fisiche che le vogliono in direzione opposta a quella della luce. Queste, invece, puntano tutte quante verso un unico obbiettivo: Katherine, che colta impreparata sbarra gli occhi e incespica all’indietro.


«Che cosa… C-chi siete?» chiede con voce tremante.


Non ottiene risposta. Non che se l’aspettasse seriamente, ma in qualche modo ci sperava. Osserva, con preoccupazione crescente, le ombre divenire più scure e dense. Indietreggia di qualche passo, il cuore accelera e lo stesso fa il suo respiro. È in guai seri, questa volta. E dire che la nonna si era tanto raccomandata. Geme, sconsolata, sapendo che in questo caso la sua volontà vale poco o nulla di fronte a quelle… cose. Ombre, Pitch le ha chiamate Ombre. Quale nome potrebbe essere più azzeccato, ora che se le trova di fronte?


Alla sua destra, altre Ombre strisciano, frusciando nella sua direzione. La paura l’assale e, per quanto lo vorrebbe, non può impedirsi di reagire nell’esatto modo in cui la maggior parte degli esseri umani reagisce alla paura: scappando.


Corre veloce fra i tronchi degli abeti, sparpagliando al suo passaggio nuvole di sottili aghi secchi. Nella sua testa unicamente il desiderio di ritrovare la rassicurante luce del sole e il terrore di essere raggiunta da quelle cose. E poi, poi il pensiero del suo Pitch deflagra nella sua testa, per un istante così vivido da bruciare.


Inciampa fra rami di edera, ruzzola sul tappeto di aghi, si rialza ansante e riprende la corsa, stringendo i denti e impedendosi di versare anche una singola lacrima, che avrebbe l’unica conseguenza di annebbiarle la vista e rallentarla ulteriormente.


Sul suo orizzonte, nemmeno troppo distante, può scorgere la luce di una radura. Accelera ancora, risoluta a raggiungerla prima possibile, ma d’un tratto una nera colonna le si para di fronte in un punto che, fino a un momento prima, era totalmente sgombro. Katherine lancia un grido sorpreso e spaventato e scarta di lato per evitare di finire direttamente addosso a quella cosa. Cerca di aggirarla, ma altre si aggiungono alla prima e Katherine, presa dal panico, rinuncia al suo precedente obbiettivo e riprende la fuga in un’altra direzione.


Una parte di lei è cosciente che quelle cose, con ogni probabilità, stanno cercando di attirarla in un qualche tipo di trappola. Tuttavia, al momento non riesce a essere sufficientemente lucida da trovare la giusta alternativa. Il percorso che sta seguendo in quel momento, purtroppo, non mostra segni di sbocco dal quel fitto intrico di alberi. Il buio, attorno a lei, sembra infittirsi. A mala pena riesce a distinguere dove posa i piedi, ora. Il suo respiro è sempre più affannato e sente le gambe stanche. Senza una meta a cui puntare, la sua volontà non è più così forte. I suoi occhi si inumidiscono e qualche lacrima riga le sue guance arrossate.


Il fruscio diviene più alto e sembra molto più vicino di prima. Ha l’impressione di sentirselo tutto attorno, perfino addosso in alcuni momenti. Un’Ombra compare improvvisamente al suo fianco, oscurando il terreno. Lei volta la testa di scatto e di nuovo inciampa, finendo per scivolare qualche metro più avanti. Con un po’ di fatica si rimette in piedi ma, quando tenta di riprendere la fuga, si rende improvvisamente conto di essere ora circondata e sbarra gli occhi, colta dal terrore.


«No» geme, tremando. «No!» grida poi, con più forza, digrignando i denti e piantando i piedi per terra.


I suoi occhi dardeggiano rapidamente all’intorno, cercando, pregando di poter ancora trovare una via di fuga. Il buio, fra gli alberi, è ora così fitto da farle credere che sia già scesa la notte. Cosa del tutto impossibile, considerato che dev’essere ancora mattina.


Ansima pesantemente, indecisa su cosa sia meglio fare. Ma proprio quando sposta lo sguardo di lato, cercando di capire dove potrebbe condurla quel sentiero alla sua sinistra, una massa più scura di Ombre sfreccia rapida nella sua direzione, e Katherine ha solo il tempo di urlare e gettarsi di lato, evitando per un soffio il loro attacco diretto. Veloce si rialza e indietreggia guardinga.


Il fruscio adesso è quasi assordante, ma non è più un suono indistinto, sembrano voci, bisbigli, risate, perfino l’inquietante rumore del raspare di unghie.


«Ombre» riflette, confusa. «Di che cosa siete fatte?» chiede, in un flebile mormorio. «Perché ce l’avete con me?» esclama, pretendendo di capire quel loro comportamento per lei senza senso.


Un’altra massa scura si distacca parzialmente dal resto delle ombre e sembra prendere una forma più distinta. Katherine è già pronta a scansarsi rapidamente, quando la forma diviene nitida e perfettamente riconoscibile: un grosso lupo fatto di ombra, con le fauci spalancate e lunghe zanne affilate.


«Oh» rantola Katherine, colta alla sprovvista e momentaneamente paralizzata sul posto.


Il lupo di ombra le si scaglia d’un tratto addosso, tallonato da vicino dal resto delle Ombre. Lei boccheggia, indietreggiando a fatica di un paio di passi esitanti. Breve ma violenta, d’un tratto lampeggia una luce che brucia le Ombre più vicine. Per un momento tutto sembra congelarsi, l’attimo successivo qualcosa urta prepotentemente il fianco della bambina, spedendola a rotolare scompostamente diversi metri più in là. Il lupo di ombra e le sue compagne, tuttavia, non si sono fermate e, al loro rapido passaggio, spazzano il punto in cui era ferma Katherine un momento prima, investendo ciò che ne ha preso il posto.


Un grido, che sembra un misto fra dolore e disperazione, riecheggia nel cupo sottobosco. Poi uno schianto rimbomba, facendo tremare le alte fronde degli abeti e precipitare soffici cumuli di neve.


Katherine, spaventata e tremante, volta il viso e spalanca gli occhi: intrappolato contro il tronco di un albero c’è il suo Pitch; i suoi occhi dorati sono sgranati e fissano il nulla. Le Ombre, come calamitate da qualcosa e apparentemente incapaci di arrestarsi o deviare il proprio percorso, scompaiono all’interno dello spirito che, ora non più trattenuto, richiude gli occhi e scivola a terra scompostamente come una marionetta privata dei fili.



Lo scoramento è una tentazione. La tentazione di lasciarsi andare, di cedere alla fatica, al pericolo, di arrendersi. Ma vivere significa saper resistere allo scoramento provocato dalle sconfitte.” (Francesco Alberoni)


* * * * * * * * * * * * * *


Ora che ti ho completamente confuso, permettimi una pausa per sentire il tuo grido di sgomento.” (Ray Bradbury)


* * * * * * * * * * * * * *


Se guardi nel buio a lungo, c'è sempre qualcosa.” (William Butler Yeats)






  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > Le 5 Leggende / Vai alla pagina dell'autore: Roiben