C'erano fili d'erba che poi diventavano nastri distesi ad interrompere il cielo accartocciato.
C'erano anche le nuvole e poi non c'erano pił, giusto il tempo di chiudere gli occhi per un tempo verosimilmente breve e non c'era pił traccia di nuvole sulle ciglia, nemmeno uno sbuffo, andate - chissą dove poi, dov'č che vanno le nuvole quando scappano dagli occhi? - poi ritornavano. Ammattite, sbriciolate, viola e rosa, sapevano di fumo e di arancia e di sale e di neve e tornavano, portandomi odori di altre strada.
Dunque, c'era un mondo immerso ed ero un puntino nero sul nastro verde.
C'era il sole che mi scrutava, chiedendosi che si fa quando si č soli, e chiamava le nuvole. Mano a mano, arrossivano, quasi s'innamoravano e si spingevano nell'oblio.
Era quasi sera e il tappeto verde abbracciava le scapole, le costole, le mani e poi di nuovo le scapole, i respiri, i pensieri andati a male, inaciditi, imbruniti.
Andavano i pensieri, andavano. Si rincorrevano e sparivano nella solitudine del cielo azzurro lacerato dai raggi.
E poi c'era blu attorno e la cittą cantava in lontananza in una grande orchestra stonata di passi calpestati e vecchi campanili.
Era sera e gemevo ancora un po'.
Poi la pioggia delle ciglia cessava
e scrosciavo