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Autore: MaxB    14/02/2017    5 recensioni
In barba al mio terrore delle scadenze, quest'anno partecipo anche io alla Gajevy Week, e non solo da lettrice!
Spero che il mio piccolo contributo possa piacervi e riempirvi le vene di fluff^^
31/01: Bonus day - Dojo Au
14/02: 1 - Matching
15/02: 2 - Longing
16/02: 3 - Pillow Talk
19/02: 6 - Grief
26/02: 7 - Living Together
17/10/2018: 5 - Trouble Twins
Prompt dei prompt: il letto ;)
Enjoy the Week♥
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gajil Redfox, Levy McGarden, Pantherlily
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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1. Matching

Alcuni faticavano a crederci, ma Gajeel era un vero patito di stile e di moda.
Personali, ovviamente.
Sebbene fosse ben informato riguardo alle nuove tendenze in fatto di abbigliamento, lui si riteneva superiore al dubbio gusto di quelle persone che, incapaci di indossare qualcosa che li rappresentasse davvero, si nascondevano nei dogmi stilistici di chi dettava le regole e spingeva la popolazione ad uniformarsi per essere “trendy”.
Chi seguiva la moda non era “trendy” o “chic”. Era solo ridicolo e privo di originalità.
E a Gajeel l’originalità artistica non mancava affatto.
Oltre a questo, un’altra cosa che molti non sapevano era che Gajeel tendeva ad essere un uomo d’azione.
“Ma questo lo sappiamo da sempre, signorina Ovvietà!”, penserete tutti.
Gajeel è, certo, un uomo d’azione che non esita a ficcarsi in qualche rissa o a creare scompiglio, ma è un uomo azione anche nel senso che lui dimostra ciò che sente, senza bisogno di parlare.
Ne è un esempio lampante la musica. Quando entrò a far parte di Fairy Tail, lungi da lui l’idea di fare un discorso appassionato con cui scusarsi e chiedere di essere accettato, Gajeel legò Mirajane, togliendole la scena, e cantò a tutti il suo bisogno di essere considerato uno di loro, spiegò con la musica ciò che lo aveva spinto fin lì e il suo desiderio di non stare più solo.
Ammettiamolo, suonare e cantare non era il suo forte, ma in quell’arte (molto personale e spesso incompresa) lui aveva messo tutto il suo cuore e il sentimento che non poteva, e non riusciva, a esprimere a parole.
Gajeel, pertanto, era un uomo d’azione. Non si sarebbe mai scusato di persona, avrebbe fatto qualcosa per far vedere che era pentito. Non avrebbe mai detto grazie, avrebbe dimostrato di essere riconoscente.
Quando si era reso conto di essersi innamorato di Levy, in quella maniera lenta, naturale, incomprensibile e inconscia che contraddistingue solo i veri amori, Gajeel aveva agito per farle capire che a lei ci teneva.
Ci teneva davvero, davvero tanto.
Stavano spesso insieme, accoppiati in qualche missioncina o lavoretto per conto di Mirajane, eppure Gajeel non aveva mai avuto il coraggio, o la capacità, di invitarla a uscire o farle qualche complimento. Anche al Ryuzetsuu Land si erano trovati per caso a fare un giretto insieme, senza concludere nulla.
Per caso, o, per meglio dire, grazie all’innaturale passione femminile per il corretto funzionamento dei sotterfugi amorosi, Gajeel e Levy erano stati insieme per tutta la serata, insieme agli exceed. Inutile a dirsi, Gajeel si era sentito vivo per la prima volta dopo tanto tempo, a suo agio con una ragazza che credeva di aver irrimediabilmente spezzato e che, invece, gli stava insegnando a raccattare i suoi pezzi e guardare la vita per ciò che era davvero: un’avventura piena di gioia e dolore. Insieme. Non solo l’uno o l’altra.
Gajeel si era reso conto, poco tempo dopo, di aver bisogno di dimostrare a Levy che a lei ci teneva, che lei gli piaceva così com’era, che aveva un debole per la sua anima. Aveva capito di avere quella necessità quando, passando davanti a una vetrina di un negozietto della metropoli di Crocus, vide un foulard attorcigliato al collo di un manichino. Senza capire ciò che faceva, e seguito da un interdetto Lily, il ragazzo aveva la soglia della boutique e ne era uscito con una specie di bandana rossa e bianca che per qualche motivo gli aveva ricordato le fascette di Levy. Il suo gatto l’aveva osservato, di nascosto, mentre se la passava in fronte per poi legarla dietro la nuca e nascondere il laccio con i capelli, e aveva sorriso intuendo ciò che voleva dimostrare.
Indossare una fascia come Levy era il suo modo di emulare un atteggiamento, e l’imitazione è la più alta forma di ammirazione. Quel pezzo di stoffa significava “lei mi piace e quindi voglio essere un po’ simile a lei”, ma voleva dire anche “il fatto che abbiamo qualcosa in comune dimostra che siamo legati, quindi state alla larga”.
Quando Levy, poco prima del suo incontro contro Sting e Rogue al Dai Matou Enbu, era corsa a salutarlo e fargli gli auguri, era rimasta interdetta di fronte al suo nuovo accessorio, facendolo leggermente arrossire.
- Ti sta bene – gli aveva rivelato, alzandosi sulla punta dei piedi per scrutare meglio la fascia. Poi si era aperta in un sorriso consapevole e lo aveva guardato da sotto le lunghe ciglia. – Mi piaci molto con questo look, ti sta bene. È come se fossi abbinato a me.
Levy lo aveva incoraggiato e gli aveva detto che credeva in lui e non aveva dubbi circa la sua vittoria, e si era allontanata insieme a Lily con un sorriso sulle labbra che poteva raccontare un mondo di verità.
Gajeel era quello che dimostrava con i fatti.
Levy era quella che dimostrava con i fatti e con le parole, che sapeva sapientemente usare per entrambi.
Quella fu la prima volta che Gajeel indossò una fascetta coordinata a quella di Levy, ma non fu l’ultima.
No, non fu proprio l’ultima.
 
Ormai non si premuravano più di nascondere la loro tacita relazione velata da un’amicizia sincera.
Colori e vestiti coordinati, fantasie ripetute: dalla loro entrata al Concilio ai colori abbinati, quando Gajeel aveva deciso di indossare una t-shirt nera sotto alla giacca, proprio come Levy, passando per tutte le fascette per capelli di cui aveva fatto incetta per sentirsi sempre legato a lei. Gliene aveva addirittura regalata una quando le aveva proposto di andare a fare una specie di campeggio alternativo, una fascetta blu tinta unita che lui aveva indossato con orgoglio, sentendo di fare parte di una coppia eccezionale. Persino durante la guerra contro Alvarez, quando ormai erano lampanti i loro sentimenti ma non era tempo di dichiararsi, Gajeel aveva fatto in modo di indossare i suoi stessi colori nella battaglia, verde, blu e marrone, nel rispettivo ordine.
Per non parlare dei regali che, una volta chiarite le loro posizioni come coppia, lui le aveva fatto. Fascette coordinate? Ormai erano ricordi lontani! Dagli asciugamani da bagno con le scritte abbinate alle lenzuola e, più di tutto, le maglie con le scritte condivise, da indossare solo e unicamente insieme.
“Best Boyfriend à” e “ß Best Girlfriend”.
“King” e “Queen”.
“Uomo da sposare” e “L’ho già sposato io”.
Quella di Gajeel era diventata, con il tempo, una mania quasi ossessiva, di cui Levy si era all’inizio divertita e poi preoccupata. Preoccupata nel momento in cui, quando erano diventati decisamente più intimi e finalmente estranei a quel mondo di dubbi creati da un’amicizia che sottende sentimenti più profondi, Gajeel le aveva chiesto di indossare biancheria coordinata alla sua, per sentire che facevano parte della stessa coppia quando, spogliandola lentamente, poteva osservare le loro mutande pendant.
La prima volta che lui gliel’aveva proposto Levy era scoppiata a ridere, zittendosi subito di fronte alla sua occhiata quasi offesa. Gajeel, quasi sdraiato sopra di lei, l’aveva fissata con le sopracciglia aggrottate, in attesa di una risposta.
- Non puoi metterti dei boxer di pizzo! – aveva sbottato lei, sconvolta di fronte all’assurdità dell’idea.
- Ovvio che no, ma almeno di colore uguale alle tue!
- Gajeel sei ridicolo!
- Scusa se ci tengo alla nostra immagine di coppia – aveva replicato lui, piccato.
- Ma siamo solo io e te ora! E poi quando mi spogli siamo abbinati, no? Entrambi nudi… - aveva cercato di farlo ragionare Levy, dispiaciuta di aver smorzato il suo entusiasmo.
Alla fine aveva trovato il modo di zittirlo per un po’, facendolo concentrare su altro, ma c’erano mattine in cui Gajeel le chiedeva di indossare un determinato colore di biancheria e la sera, quando la gettava sul letto con sguardo da predatore, scopriva che era lo stesso che anche lui indossava.
Alla fine la cosa non le dispiaceva più di tanto, sapeva che quello era il suo modo, uno dei tanti, per dire “ti amo” con i fatti e non con le parole. Faceva lo stesso con Lily quando tornava a casa con un paio di pantaloncini larghi dello stesso colore dei suoi, che poi il gatto finiva per non indossare o mettere quando lui non lo faceva, per irritarlo.
Fu per questo che Levy non si sconvolse quando, dopo avergli dato la notizia del suo stato di dolce attesa, una delle prime cose che Gajeel fece fu andare per negozi. A fare compere per l’intera famiglia.
Poi sono le donne quelle che amano fare shopping e spendono una cifra in vestiti, eh! Gajeel era l’anti-stereotipo.
Anche il quel caso, “Miglior mamma del mondo”, “Miglior papà del mondo” e “Miglior gatto del mondo”.
Quando erano nati i gemelli, Gajeel non aveva atteso un attimo e aveva preso per tutti dei pigiami coordinati, con le stesse fantasie e gli stessi toni, che Levy e Lily erano stati costretti per esasperazione ad indossare. A Levy la cosa faceva piacere, ma a volte era davvero esagerato, così una sera mise le cose in chiaro.
Seduta sul letto a gambe incrociate, con una camicia da notte a fiori che Gajeel le aveva da poco regalato, Levy attese che il marito tornasse dalla camera dei bambini, finalmente addormentati.
Gajeel entrò pochi attimi dopo, scompigliandosi i capelli e togliendosi la canottiera. Guardò Levy con intenzioni esplicite e si leccò le labbra.
- Sei riposata, piccoletta? Sono così carico che potrei andare avanti tutta la notte, sappilo – la avvisò gattonando fino a lei, al centro del letto, per morderle dolcemente il collo.
Levy sorrise e lo trascinò giù con sé.
Più di un’ora dopo, quando Levy si era rifugiata tra le braccia di Gajeel per ascoltare il suo cuore battere contro il proprio orecchio e il suo respiro accarezzarle i capelli, la donna sospirò e si alzò sui gomiti. Gli occhi attenti e scattanti di Gajeel seguirono ogni suo movimento e Levy sentì il proprio cuore sciogliersi in quelle iridi rosse che sembravano splendere sempre di più dopo che avevano fatto l’amore.
Lui le accarezzò dolcemente la schiena e lasciò l’altro braccio dietro la nuca, nella sua posizione preferita per rilassarsi. – Che hai, Lev?
- Perché sei ossessionato da questa storia dell’essere abbinati? – buttò lì senza mezzi termini, incrociando le braccia sotto la guancia.
Gajeel si girò sul fianco e iniziò a disegnarle la schiena con le dita, facendola sorridere e spedendola in quel luogo di pace al quale solo lui sapeva condurla.
Sorrise osservando il suo viso beato, quel viso che ogni mattina gli ricordava che la vita meritava di essere vissuta per la bellezza che la permeava.
- Gajeel? – lo incalzò Levy, battendogli un dito sulle labbra con gli occhi ancora chiusi.
- Mh?
- Mi rispondi?
- Boh – disse lui, sapendo di farla infuriare.
Infatti Levy sbuffò e si girò sulla schiena, offrendogli pienamente la vista del suo corpo, quel corpo di cui non si sarebbe mai stancato nonostante ne conoscesse a memoria ogni millimetro. – A me piace andare in giro coordinati, però a volte sei esagerato.
- Non è vero – la contraddisse lui, mettendosi a giocare in punta di dita sulla sua pancia.
- Gajeel – lo bloccò lei, prendendogli la mano birbante. – Mi hai comprato un paio di calzini abbinati ai tuoi e a quelli dei gemelli. Persino a Lily, che i calzini non li mette!
Lui scrollò le spalle e si girò sulla schiena come lei, sperando che sul soffitto si riflettessero gli ingarbugliati pensieri di Levy. Dopo anni di matrimonio, la mente di sua moglie restava ancora un mistero insondabile per lui.
- Per via di Metallikana – mormorò dopo alcuni istanti passati in un silenzio rotto soltanto dai loro sospiri appagati e sereni.
- Cosa? – chiese lei, continuando a fissare l’interessantissimo soffitto con occhio clinico.
- È per via di Metallikana che sono così fissato con gli abbinamenti. Da piccolo lo accusai di essere un dittatore freddo e approfittatore. Un momento di crisi, presumo. Ero un duro, non mi interessava molto di legami affettivi o dimostrazioni d’amore, però… Quando Grandine e Igneel si trovavano con Metallikana e portavano noi marmocchi con loro, ci lasciavano giocare mentre loro discutevano. Grandine strofinava sempre il viso contro quello di Wendy e le faceva delle raccomandazioni amorevoli, come ogni mamma farebbe. Persino Igneel spintonava giocosamente Natsu e gli faceva il solletico. Metallikana, invece, mi guardava dall’alto con sguardo truce e non mi diceva nulla, mi lasciava con gli altri e basta.
Levy si sollevò sul gomito e posò una mano sopra al cuore di Gajeel, senza proferir parola. Con il tempo aveva imparato che erano rare le volte in cui suo marito si lasciava andare e la metteva a parte dei propri ricordi così spontaneamente. Lo vide chiudere gli occhi e sospirare prima di continuare.
- Una volta sono scappato. Me ne sono andato via per un giorno intero dopo che lui mi aveva raccomandato di stare nascosto nella grotta. Appena ha scoperto la mia fuga non ci ha messo molto a seguirmi. Olfatto da drago, ovviamente. Mi ha trovato sulle rive di un lago mentre facevo rimbalzare i sassi sulla superficie dell’acqua, in silenzio. Non si è arrabbiato. Si è seduto di fianco a me ed è rimasto a fissare il tragitto dei sassi prima che sprofondassero nel lago. Metallikana sapeva che tenermi il silenzio era il miglior modo per farmi parlare, così dopo un po’ gli dissi che poteva abbandonarmi lì e andarsene, perché sapevo di non essere abbastanza drago per lui. Sapevo che si vergognava di me.
Gajeel prese un respiro profondo e iniziò a giocare con i braccialetti di metallo che portava costantemente ai polsi, mettendoli persino sopra ai guanti.
- Metallikana non era un tipo loquace, specialmente quando si trattava di dimostrare qualcosa a parole. Così posò ai miei piedi due bracciali di metallo lucidi e scintillanti su cui mi gettai quasi con voracità. Li infilai ai polsi e risi vedendoli scintillare al sole. Metallikana mi disse semplicemente che era come se avessi le sue scaglie, per cui potevo smetterla di frignare come una cucciola di drago.
Sia Levy che Gajeel sorrisero, e lei si sporse verso di lui per baciargli la guancia, premendogli il corpo contro il fianco.
- Metallikana mi ha voluto bene, a modo suo. Solo che non è stato capace di dirmelo. Però me l’ha dimostrato, me l’ha mostrato in molte maniere.
- Con i braccialetti eri abbinato a lui – ridacchiò Levy, facendo due più due.
Ecco perché Gajeel era fissato così tanto con i vestiti e gli accessori coordinati. Metallikana gli aveva insegnato ad amare in quel modo, con le dimostrazioni, non con le parole.
- Be’, Gajeel, ti ricordo che mi sono fatta fare otto buchi sulle orecchie per essere abbinata a te, quattro per parte – gli fece notare, baciandogli di nuovo la guancia.
Gajeel ridacchiò e rotolò sul lato fino a trovarsi sopra di lei, iniziando a baciarle tutto il viso e il collo. Quando non erano troppo stanchi e i bambini andavano a letto relativamente presto, Levy si struggeva di desiderio sapendo quanto Gajeel diventasse dolce dopo i loro amplessi.
Dolce come una caramella dal cuore liquido oppure addormentato come un ghiro nel giro di due minuti.
Non c’erano mezze misure con Gajeel.
- Se comprarmi le cose abbinate equivale ad un “ti amo mia piccola Levy, luce della mia vita e scopo della mia esistenza”, allora compra pure quello che vuoi – concluse lei, spingendolo per le spalle affinché si allontanasse un po’ e la guardasse in volto.
Lui ghignò: - Ti amo mia piccola Levy, luce della mia vita e scopo della mia esistenza – le mormorò dolcemente, scoppiando a ridere quando la vide sbiancare e poi arrossire di botto.
Gajeel sapeva bene come mandarla in brodo di giuggiole, e in quel momento non aveva tra le braccia sua moglie, ma una gelatina d’amore che si era sciolta al calore delle sue parole.
Si lasciò cadere pesantemente su di lei e rise di nuovo quando la sentì imprecare e sbuffare, buttando fuori la poca aria che le arrivava ai polmoni. – Gajeel – annaspò. – Così uccidi la luce delle tue giornate.
- Mh – mugugnò svogliatamente lui, girandosi sul fianco per lasciarla libera.
- Senti – buttò lì Levy, stringendosi a lui e abbracciandolo. – Fai dei gioielli per noi. Ad esempio per Yajeh puoi fare dei bracciali come i tuoi, per me e Shutora magari fai un piccolo pendente o un anellino, come Metallikana ha fatto per te. Così non dovrai più prendere vestiti abbinati.
Gajeel ponderò l’idea e ghignò. – Non è una brutta idea, piccoletta. Ma non sperare che io butti via il mio gusto stilistico negli abbinamenti.
Levy sbuffò. – Suona come una minaccia.
- Lo è – ridacchiò lui. – Ora dormi o…
Una sonora imprecazione gli sfuggì dalle labbra e Gajeel si alzò fulmineamente. Lanciò a Levy la sua vestaglia e le mutande e si rifugiò in bagno avvertendola del fatto che i gemelli erano in arrivo.
Levy fece appena in tempo ad abbassarsi sul ventre la camicia da notte quando Yajeh e Shutora entrarono in camera con i piccoli occhietti gonfi di sonno.
- Dov’è papà? – bofonchiò Yajeh prima di sbadigliare.
Shutora si arrampicò sul letto e si rifugiò in braccio alla mamma senza proferire parola. Levy sapeva che si sarebbe riaddormentata in meno di un minuto.
- Sta facendo pipì – lo informò Levy, allungando la mano per aiutare suo figlio a salire sul letto.
- Pigiama party? – chiese Gajeel uscendo dal bagno, sistemandosi i pantaloni del pigiama.
- Papà non hai tirato l’acqua – gli fece notare il piccolo.
Lui guardò Levy, che gli suggerì di andare a tirare l’acqua prima che Yajeh si insospettisse e andasse a verificare che avesse davvero fatto la pipì.
Quando tornò in camera trovò Levy sdraiata a letto che accarezzava i capelli di Shutora, alla sua destra, mentre Yajeh se ne stava raggomitolato contro la sua schiena.
Gajeel si prese un attimo di tempo per dissipare la vertigine che gli aveva attanagliato il cuore più che la mente di fronte a quel quadro di cui non solo faceva parte, ma era addirittura l’autore. Sua moglie. Suo figlio. Sua figlia. Tutti suoi. Mancava solo Lily, ma non era il caso di andare a svegliarlo.
- Non vieni? – sussurrò Levy, allungando il collo per vedere cosa stesse facendo.
Gajeel sorrise notando che Levy e Shutora avevano lo stesso pigiama e che Yajeh aveva i pantaloni del suo stesso colore.
Senza rispondere salì sul letto e, dopo aver spostato Yajeh di fianco a Shutora, si sdraiò sul lato opposto rispetto a Levy, intrappolando i bambini nel mezzo perché non cadessero.
Dopo uno sbuffo, un calcio infastidito e un brontolio indefinito, Gajeel sollevò di scatto la testa e Levy soffocò una risata vedendo la sua nuca sbucare fuori da oltre Yajeh. – Ma per quanto ancora verranno a dormire con noi? Non posso mica dormire con le mani sulla pancia o sul sedere di mio figlio!
Levy non respirava più nel tentativo di trattenere le risate. Alla fine allungò il piede accarezzandogli le gambe, cercando di placarlo, e rispose: - Non volevi essere abbinato? I nostri figli con i nostri stessi pigiami stretti fra di noi, cosa vuoi di più dalla vita?
- La pelle di mia moglie – farfugliò lui, abbracciando suo figlio e tirandosi la coperta fino al collo.
Gli abbinamenti servivano a dimostrare che lui era parte di qualcosa, che non era solo.
Ma se abbinare tutta la sua famiglia significava non poter più dormire appiccicato a sua moglie… be’, che lo vestisse un cieco allora!
 
 
MaxB
BUONA GAJEVY WEEK A TUTTI*-*
La prima a cui partecipo! Spero che anche voi partecipiate come lettori attivi e vi godiate questa coppia fantastica.
Io chiedo scusa in anticipo perché i cap non sono il massimo dell'originalità. Ho avuto poco tempo, infatti avviso subito che il prompt 5 non lo farò, il 4 arriverà molto in ritardo e il 7 devo ancora scriverlo, ma ho il weekend di mezzo e dovrei farcela.
Per cui scusate, perdonatemi, ma ci tenevo a partecipare nel mio piccolo. Per il cap 4 ho una sorpresa, vi darò dettagli più avanti.
Passo e chiudo, buona Gajevy Week*-*
MaxB
  
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