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Autore: HarryJo    15/02/2017    0 recensioni
[Edito da CentauriaLibri]
Sono passati dodici anni da quando Adela, Queen, Evan e Viper sono stati sequestrati da uno psicopatico, rinchiusi in una grande casa nelle campagne russe e infine liberati – unici sopravvissuti tra i tanti bambini scomparsi – dalla polizia. Non ricordano nulla, ma ciascuno porta impresso nella mente un trauma, che ha fatto di loro quattro giovani dotati di capacità inquietanti, ognuno a modo suo un «esperimento riuscito». Ora il loro carnefice è evaso di prigione, deciso a perseguitarli ma anche – pare – a rivelare i suoi segreti. Messi al sicuro in una casa controllata dalla polizia, i quattro scapperanno insieme alla ricerca dell’uomo che ha segnato il loro passato. E che li sta aspettando.
Per le strade di San Pietroburgo e nelle vaste nebbie della Russia, Adela, Queen, Evan e Viper scavalcano assassini e poliziotti, spacciatori e traditori, per tacere delle loro stesse ombre, forse le più mortali di tutte. Chi incalza chi, in questo gioco di inseguimenti e inganni? Il loro obiettivo è scoprire la verità, consumare una vendetta, o porre fine una volta per tutte alla loro vita ormai «contaminata»? Quattro eroi sbagliati in un thriller che unisce avventura e atmosfera, ritmo forsennato e scavo psicologico.
Genere: Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Amaro amore
Spin-off 2/4 di San Valentino
 

San Pietroburgo,
San Valentino, 2012
[Queen/Henryk - l’unico che mai amò]



 
 
 

«Mi posso voltare?» Il tono di voce di Henryk era evidentemente infastidito.
«Non ancora.»
Si trovavano all’interno di uno dei migliori cocktail bar di San Pietroburgo, il Pivorama. Queen lo adorava e non aveva potuto pensare ad altro posto per passare il suo San Valentino con Henryk. Anche se lui non sembrava molto contento della soluzione che lei aveva voluto tentare.
In effetti, all’interno del locale in quel momento, nonostante fosse ancora pomeriggio, c’erano numerose coppie ai tavolini singoli che si scambiavano effusioni e promesse d’amore che probabilmente sarebbero state dimenticate la sera stessa, dopo qualche goccio di troppo. Henryk si era dimostrato contrariato quando aveva dovuto sedersi al tavolino da solo, mentre lei si era seduta a quello esattamente dietro, in modo tale che si dessero le spalle. Era il loro primo appuntamento; Henryk non aveva idea di che volto avesse Queen, la ragazza che lo aveva contattato misteriosamente al telefono qualche mese prima ma non si era mai esposta. Temeva seriamente che fosse brutta, forse con un’orribile montatura di occhiali o con il volto sfigurato con l’acne: quale altro motivo avrebbe avuto per continuare quel giochetto?
«Queen, sono mesi che ci sentiamo. Sarebbe anche ora se ti guardassi negli occhi, no? È un’ora che sembriamo due scemi parlandoci di spalle, seduti a due tavoli diversi. È un comportamento infantile.»
«Devo capire se ti piaccio veramente» ripeté lei per quella che poteva essere la centesima volta.
«Magari se potessi vedere il tuo volto lo potrei capire anche io.»
«No!» quasi urlò, spaventata. «Se mi vedi, non lo capirò mai.»
«Credi che sia così stupido da valutare solo il tuo aspetto fisico?»
«Non è questo…»
«E allora cos’è!» Era esasperato.
«Okay, dimmi solo…» sussurrò lei, e dovette rischiararsi la voce per continuare a parlare. Si sentiva stupida, quasi umiliata, e non era abituata a quel tipo di sensazione. Lei era bellissima, austera. Ma aveva commesso un errore. Si era innamorata. «Sei innamorato di me, ora?»
«Che domande sono? Come posso essere innamorato di te se non ti ho nemmeno mai visto
«Henryk, se mi vedrai ti innamorerai.»
«Allora lascia che ti possa guardare.»
«No!»
Sentì dietro di sé il rumore di un pugno che sbatteva sul tavolo, lo stridio della sedia, e lei si spaventò. «Sai cosa ti dico?» La voce di Henryk quasi rimbombò per tutto il locale. «Sei solo immatura. No, non sono innamorato di te, e non potrei mai esserlo» quasi sibilò, «perché sei immatura. Viziata. Non fai altro che parlare del tuo ambiente agiato, di come tutti ti desiderino, ma io no. Eri solo l’ennesima conquista che volevo portarmi a casa, ma a tutto c’è un limite.»
E con queste parole, se ne andò, lasciando Queen seduta al suo tavolino, davanti al suo aperitivo. Le lacrime le premevano contro il viso. Aveva fallito. O meglio: il suo esperimento aveva funzionato. Lei si era innamorata, lei, che poteva avere tutti, si era innamorata. Un errore madornale, si era ripetuta, ma aveva voluto provare a giocare pulito per una volta, impedendo al ragazzo di vederla negli occhi. Dandogli l’occasione di innamorarsi di lei, di ricambiare i suoi sentimenti per davvero prima di farlo cadere in una trappola.
Ma prima che le lacrime avessero effettivamente il tempo di scorrerle lungo le guance, Queen si alzò e corse fuori dal locale, quasi ignorando i richiami in russo del barman che le chiedeva di ritornare.
Si voltò, con lo sguardo duro, e gli ordinò risoluta: «Offre la casa.»
Il suo tono non ammetteva repliche; l’uomo si era zittito e non aveva potuto fare altro che ripetere: «Offre la casa.» Non aveva avuto alternative. Nessun uomo che la guardava aveva mai alternative.
Queen aveva concesso l’alternativa solo a Henryk, e lui era stato così stupido da averla rifiutata.
Lo rincorse, fino a raggiungere il ciglio della strada dove si poteva intravedere il fiume Neva. Si era avvicinato al suo motorino, pronto per ritornare a casa. Queen sapeva che lo avrebbe trovato lì: lo aveva seguito sin da quando era arrivato, per evitare che potesse scorgere il suo viso prima del previsto.
«Henryk!» urlò, fermandolo. Lui si girò e lei sorrise.
Sul volto ancora corrucciato dal nervoso, improvvisamente si distese un’espressione di stupore che, a mano a mano che Queen si avvicinava, si confondeva con un intorpidimento dei muscoli. Lei lo riconosceva: erano anni che le capitava di generare quel tipo di reazione.
«Dove credi di andare?» gli sussurrò una volta arrivato davanti a lui.
«Qu-Queen» balbettò Henryk, incapace di muovere un muscolo e di togliere lo sguardo da quei maledetti occhi verdi. Lei si girò i capelli in un dito, si mordicchiò un labbro con fare languido e non sbatté gli occhi nemmeno una volta. Fece passare la sua unghia smaltata attorno al suo volto, accarezzandogli la leggera peluria che cominciava a contornare il suo mento. E sentendo quel pizzicore naturale sotto la sua pelle, percepiva lentamente anche il suo cuore che si spezzava.
Si era innamorata, e aveva sbagliato. Ma Queen non era capace di accettare di aver perso. Si sarebbe presa ciò che era suo senza che gli fosse concesso. Si sarebbe presa il cuore di Henryk. Non le era permesso di essere amata, ma avrebbe preteso di essere guardata anche da lui.
Percepiva brividi di eccitazione lungo il suo corpo: era l’effetto del suo potere che le scorreva, dandole elettricità lungo le vene. Poteva avere tutto, poteva avere chiunque. Avrebbe potuto fargli fare qualunque cosa, in quel momento, il mondo di Henryk e la sua esistenza erano nelle sue mani, pronti a modellarsi a suo piacere. Era euforica, e dimenticò completamente per un istante il dolore di essere stata rifiutata.
Queen non aveva bisogno dell’amore, ma di inebriarsi di quel potere.
«Sei innamorato di me?» gli richiese, con tono duro, avvicinandosi al suo corpo e soffiandogli lentamente sul collo.
«Follemente» mormorò, con la voce roca.
Una scarica di soddisfazione le attraversò il corpo. Per un secondo aveva temuto di aver perso, come qualunque altro essere umano innamorato. Sciocca: non poteva perdere.
Queen sorrise e lo baciò.
Aveva commesso un errore: si era innamorata e aveva permesso a Henryk di scegliere. Ma non sarebbe ricapitato più. Non avrebbe più permesso a qualcuno di scegliere se innamorarsi di lei o meno: si sarebbe fatta guardare, idolatrare, ammirare. Se non poteva essere amata senza essere guardata, avrebbe rubato tutti i cuori con la forza.
 

 
   
 
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