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Autore: CaptainKonny    15/02/2017    6 recensioni
"Quando hai accettato la tua vita e sei pronta ad affrontare il tuo futuro.
Quando ti senti abbastanza forte, credendo che il passato non potrà mai tornare a farti del male.
...E poi arriva uno psicopatico a smontare il tutto."
***
Mi chiamo Serena Brooks e Aaron Hotchner è mio padre...e si è appena fatto rapire dal mio prossimo S.I.
Il vero problema è che io non voglio avere niente a che fare con mio padre.
***
[Dal testo della canzone "Daddy's little girl": Daddy, daddy, don't leave/I'll do anything to keep you right here with me/I'll clean my room, try hard in school/I'll be good, I promise you/Father, Father, I pray to you]
***
Un ringraziamento speciale ad una persona molto importante che ha contribuito alla revisione della storia una volta ultimata.
Genere: Azione, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Aaron Hotchner, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Missing Moments, Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 7

 
BAU TEAM

Il penitenziario era situato su di una collina, circondato dalle montagne. Un luogo fuori mano per i turisti, un luogo isolato per i detenuti. Il livello di sorveglianza era alto tanto quanto lo erano i litigi fra i suoi ospiti. Famoso per rinchiudere i prigionieri più sadici e malati, nessuno ci andava mai volentieri, nemmeno la polizia o gli avvocati per interrogarli. Il settanta per cento dei detenuti che entrava in quel posto non ne usciva vivo.
Durante il tragitto Derek e Emily si misero d’accordo sulla tecnica da usare con l’indiziato, dovevano farselo amico per avere informazioni. Sapevano benissimo che era un tipo tosto, sapeva il fatto suo, il suo problema era stato usare le proprie capacità per commettere atrocità sui bambini.

-Non guardarlo mai troppo a lungo negli occhi. È un tizio che parla poco, ma sa far sentire una persona a disagio con pochi gesti.- le consigliò Derek.

-Pensi che potrebbe manipolare l’interrogatorio?-

-Non lo escludo. È uno psicopatico, ma è intelligente e organizzato. Analizza le situazioni e le opportunità prima di agire.-

-Derek?-

-Sì.-

-Credi che scopriremo qualcosa?-

-Lo spero. Tutta questa situazione non mi piace per niente, ma se Garcia ha ragione quest’uomo potrebbe essere la nostra gallina dalle uova d’oro.-

Per la maggior parte del viaggio non parlarono, concentrati sui loro pensieri: l’idea di trovare una traccia sul proprio capo, l’idea di ritrovarsi nuovamente faccia a faccia col killer di Jack Hotchner. Non era mai semplice confrontarsi con qualcuno che aveva fatto del male a dei bambini, il disprezzo nei loro confronti montava ancora prima di incontrarsi e questo poteva condizionare tutto l’interrogatorio. In quelle ore che passarono in macchina, entrambi i profiler si imposero la calma mentale ed emotiva. Sarebbe andato tutto bene. Doveva andare tutto bene.
Ad accoglierli al loro arrivo chilometri di rete e filo spinato, in una muraglia che circondava tutto il perimetro. Emily osservò fuori dal finestrino a bocca aperta.

-Inquietante vero?- le domandò Derek.

-Eri già venuto?-

-No, ma ne ho sentito parlare. Questa è l’ultima di tante barriere. Qui gli agenti sono incaricati di sparare a vista se qualcuno evade. Non esiste posto più sorvegliato al mondo.- Derek, che di solito ironizzava su tutto, era particolarmente taciturno; anche su di lui quel posto aveva allungato la sua ombra. –Fu Hotch a richiedere il trasferimento qui per il killer.-

-Lo avrei fatto anche io se avessero ucciso mio figlio.-

Lande desolate, cielo grigio, il freddo sembrava penetrare fin dentro le ossa. Superarono altri cancelli sorvegliati da guardie armate prima di giungere a destinazione. Una struttura sviluppata sia in larghezza che in altezza, una fortezza inespugnabile. Si incontravano guardie ovunque e i due agenti dovettero passare per più controlli prima di venire scortati nell’area riservata ai detenuti. Lasciarono in custodia le loro pistole ad un agente, i corridoi sapevano di disinfettante e le celle (tutte automatiche) scorrevano identiche ai loro lati. I detenuti li osservavano con sguardi da lupi, curiosi ed affamati, ma nessuno osava fiatare; temevano il manganello che la guardia che faceva loro da guida teneva in mano. Si fermarono di fronte ad una porta in metallo bianca, con una finestrella rettangolare sulla parte superiore.

-I miei uomini sono andati a prelevare l’indiziato, sarà da voi tra alcuni minuti.-

-La ringrazio.- fece il moro, prima di entrare nella stanza ancora vuota, solo un tavolo e tre sedie ad attenderli.

-Nella stanza rimarrà presente una guardia, nel caso il detenuto dovesse dare di matto. Bussate quando volete uscire.- e si congedò.

Emily prese posto su una delle sedie, Derek rimase in piedi accanto a lei, la tensione tra loro era palpabile. Di fronte a loro stava un’altra porta: quella da dove il prigioniero sarebbe entrato. Stavano per incontrare l’uomo che aveva ucciso il figlio del loro capo quando aveva soli dieci anni. Fu il rumore di catene ad annunciare il suo arrivo. La guardia che lo scortava diede due potenti giri di chiave, poi Rudy Gilgun fece il suo ingresso. Mani e caviglie erano ammanettati e un’ulteriore catena centrale le collegava, limitandone i movimenti. Indossava la tipica divisa arancione, la quale lo rendeva ancora più magro di quanto il suo metro e ottanta non facesse già. Emily si stupì di quanto quei diciassette anni sembrassero non averlo scalfito, era ancora identico ad allora. All’epica dei fatti doveva avere venticinque anni, adesso quindi rasentava la quarantina. Eppure quegli occhi azzurri erano glaciali come allora e la sua bocca una linea stretta, quasi a rimproverare qualcosa a qualcuno. In passato aveva accusato il padre, il quale aveva abusato di lui in modi diversi, ecco perché rapiva altri bambini, per crearsi la famiglia che non aveva mai avuto. Ma purtroppo alla fine finiva sempre con l’ucciderli e questo lo obbligava tutte le volte a ricominciare da capo. Ma adesso? Cosa c’era che lo faceva così tanto arrabbiare? Il giovane prese posto davanti a loro, la guardia vigilava in piedi in un angolo della stanza. Gilgun li guardava come un animale ferito, quasi aspettandosi che qualcuno di loro potesse fargli del male, circospetto.

-Signor Gilgun, siamo gli agenti speciali Morgan e Prentiss. Avremmo bisogno di farle qualche domanda.- disse Emily, tentando di stemperare la situazione.

Il detenuto fece scattare gli occhi serpentini su Derek, quasi gli stesse comunicando che essendo stata Emily a interpellarlo, lui non temeva alcuna sua minaccia, benché tutto dell’uomo di colore lasciasse ad intendere che fosse lui il capo; lo aveva surclassato.

-Lo so.- con fare tranquillo si appoggiò allo schienale della sedia, nel lasso di pochi attimi la sua espressione era mutata –Vi stavo aspettando.-. Era un camaleonte. I criminali come lui erano molto pericolosi, poiché imprevedibili. Sapevano adattarsi a qualunque situazione e questo gli consentiva di essere molto sfuggenti. Derek si avvicinò, appoggiando entrambi i palmi delle mani sul tavolo in metallo, reclamando l’attenzione del giovane. Fuoco con ghiaccio, uno scontro interessante.

-E perché ci stavi aspettando?-

-Perché avete bisogno di me.- la sua unicità nel sapere le risposte di cui gli agenti avevano bisogno gli conferiva importanza e potere. A Derek quel gioco piaceva sempre meno ed Emily iniziava a sentirsi nervosa, doveva assolutamente prendere in mano la situazione se voleva evitare che quei due uomini esplodessero.

-Allora, cosa sa riguardo a Rowan McGrant?- nuovamente gli occhi del giovane furono calamitati su di lei.

-Cosa vuole che le dica?- sorrideva.

-Tutto ciò che sa.- rispose Derek, riprendendo il controllo della situazione.

-Si è cacciato in qualche pasticcio?-

-Signor Gilgun, si limiti a rispondere alla domanda.- gli intimò fermamente Emily.

-E’ ovvio, altrimenti voi non sareste qui.-

-Basta Gilgun! O ti riporto dove dovresti stare!- era intervenuta la guardia, picchiando il manganello contro la porta di metallo, rammentando al detenuto dove si trovava.

-Dicevamo?—domandò il giovane criminale, visibilmente infastidito per l’interruzione del suo gioco.

-McGrant.- fu la secca risposta che ottenne da Derek.

-Ecco lui…era una persona interessante.-

-In che senso?- domandò Emily.

-Non era come gli altri detenuti. Era tranquillo, ma pericoloso. Nessuno sapeva cosa gli frullasse in quel suo cervellino sempre al lavoro.-

-Ma tu sì, non è vero Rudy?- Derek usava sempre quella tattica, chiamare i criminali per nome era come creare un rapporto diretto, più intimo con loro. L’altro sorrise.

-Un tipo vendicativo, proprio come me. Non ci piace avere conti in sospeso.-

-E con chi aveva conti in sospeso?- chiese Emily

-Con il poliziotto che lo ha messo qui. Il medesimo che mi ci ha mandato.- i suoi gelidi occhi bruciavano di rabbia, la bocca contorta in un’espressione di disprezzo –L’agente Aaron Hotchner.-

-E ha fatto bene. Hai ucciso suo figlio, ti è andata ancora bene.- fu Derek a calmare la situazione. Il gioco tra lui ed Emily di alternarsi a fare domande stava funzionando alla perfezione.

-Quindi è questo il motivo per cui siete diventati amici?-

-Amici? Agente questa è una prigione, non ci sono amici. Ci sono solo alleati e chi aspetta solo il momento giusto per pugnalarti alle spalle. Non è stato facile avvicinare Rowan, un tipo schivo. Ma appena è girata la voce di cosa avesse fatto e chi lo avesse sbattuto al fresco, ho fatto di tutto per ottenere la sua fiducia.-

-Lo sai vero che potresti essere accusato di complicità nel rapimento dell’agente Hotchner?- gli disse Derek, avvicinando il viso a quello del detenuto in maniera alquanto pericolosa. Il ragazzo si voltò verso di lui con un sorriso divertito in volto.

-No, questo è quello che a lei piacerebbe per costringermi a collaborare con voi.- poi diede in un sospiro annoiato –La verità è che voi non potete provare nulla contro di me, mentre io non ho nulla da nascondervi.-

-Ma hai appena detto di aver fatto di tutto per avvicinarlo, per vendicarti dell’agente Hotchner.- sottolineò Emily.

-Mi credete davvero così stupido?-

-Sentiamo allora, cosa gli hai detto di preciso?- lo prese in giro Derek.

-Gli ho solo dato qualche suggerimento, del tipo: quali tasti toccare. L’agente Hotchner era molto sensibile all’argomento famiglia se non ricordo male.- le nocche delle mani di Derek scrocchiarono. Quella frase, detta con così tanta leggerezza, lo stava mandando in bestia. Emily era certa che se non fossero stati in prigione e senza testimoni, il suo collega avrebbe massacrato di botte quell’insolente.

-Ad ogni modo non capisco ancora perché tu lo abbia aiutato, o comunque come tu ci sia riuscito. Di solito in carcere chi ha commesso reati sui minori non è visto di buon occhio dagli altri detenuti.-

-Ve l’ho già detto, lui non era come gli altri. Era come me. Era una minaccia.-

-Era abile nel difendersi, dico bene?- lo interrogò Morgan.

-E’ così, sebbene i primi giorni non lo abbia dato a vedere. La prima settimana è stato messo in isolamento per aver rotto il naso ad uno.-

-Cambiando un attimo prospettiva: tu conoscevi bene i componenti della famiglia dell’agente Hotchner?-

-Aveva un figlio ed una figlia, se non ricordo male. Il bambino me lo ricordo bene.- un sorriso perverso gli solcò il viso al ricordo macabro di quanto era accaduto diciassette anni prima. I due agenti preferirono non assecondarlo.

-Cosa sapevi della sorella?- domandò Derek.

-Sapevo che si chiamava Serena e aveva un anno in meno del fratello. Fu il piccolo Jack a dirmelo.- ancora quel sorriso sadico.

-E’ tutto quello che sai?- gli domandò poco convinta Emily.

-E’ così. Come ben sapete dopo mi hanno portato qui e non ho avuto molti contatti con l’esterno come potete immaginare.-

-Perciò non sapevi che aveva cambiato cognome?- insistette Derek.

-No. Potevo semplicemente immaginare che l’agente Hotchner avesse preso dei provvedimenti dopo la morte della moglie e del figlio.-

-Non capisco. Quindi quale sarebbe stato il consiglio utile che hai dato a McGrant?-

-Gli ho solo suggerito di fare qualche ricerca sulla famiglia dell’agente Hotchner. Dopotutto per lui non era una cosa nuova. L’unica parente con nome Serena che avesse trovato non poteva essere altri che sua figlia. Non poteva sbagliare.-

-Tu gli avresti solo detto di fare una ricerca?- domandò Emily, ma dopo pochi istanti carichi di silenzio e di sguardi, fu Derek a trovare la risposta.

-No, quella era una briciola di pane, ma dietro c’era molto di più. Non è vero Rudy?- il detenuto sorrise baldanzoso, mentre Emily fissava il collega ancora senza capire.

-Cosa vuoi dire?-

-Prima ha detto che McGrant era simile a lui, ma non si riferiva solo al carattere. McGrant uccideva famiglie con bambini. Dicendogli di fare ricerche sulla famiglia di Hotch ha attirato la sua curiosità, erano la sua preda ideale. Tu gli hai suggerito con chi prendersela.-

-E tutto senza sporcarti le mani.- concluse Emily amaramente. Il criminale alzò le spalle sghignazzando.

-Sapete, Jack non era come gli altri bambini. Anche lui voleva il suo papà, ma quando ha capito che non sarebbe arrivato non si è messo a piangere. Nessuno mi ha mai guardato con occhi così arrabbiati, tranne mio padre. Quando l’ho preso a cinghiate ha pianto, ma non ha fatto rumore. Era il bambino giusto. Se solo lo avessi incontrato prima. Poi ha iniziato a ribellarsi, solo dopo che l’ho portato all’annegamento tre volte si è calmato. Gli altri bambini mi hanno sempre ubbidito, invece lui doveva comportarsi come il suo paparino; coraggioso fino all’ultimo. Quando abbiamo sentito i poliziotti siamo scappati e ci siamo nascosti. Era ancora tutto bagnato e faceva freddo. Sapevo che i poliziotti pur di salvarlo mi avrebbero ucciso, ma lui era il mio bambino perfetto e se io non potevo averlo, non lo avrebbe avuto nemmeno il suo paparino. Non se lo meritava. Così siamo fuggiti e l’ho accoltellato. Non volevo farlo, ma lui continuava a ribellarsi. Ha solo anticipato il momento. Voi non potete nemmeno immaginare come mi sono sentito in quel momento: la paura, l’adrenalina, il freddo, l’eccitazione. Non avevo mai provato nulla del genere, con nessun bambino. Ed è da allora che mi domando come sarebbe stato se avessi preso Serena al suo posto. Quella con McGrant è stata un’occasione unica, la stessa eccitazione che ho provato a rapire Jack. Adesso toccherà a lui affondare il coltello. Come potete ben capire non potevo lasciarmi sfuggire questa opportunità di far ripetere la storia un’altra volta.-

-Agente! Lo porti via!- disse Derek con tono pacato rivolto alla guardia.

Rudy Gilgun li guardava ancora con occhi luccicanti e sorriso smagliante quando lo portarono fuori. I due agenti avevano finalmente scoperto qualcosa di utile, ma erano schifati da quanto avevano udito, sdegnati da come si potesse far del male a dei bambini.

-Ah, un’ultima domanda: non è che sai dove si sia nascosto?- chiese Morgan.

-Informazione riservata.-

La guardia lo spintonò fuori con un colpo secco. Emily e Derek si scambiarono uno sguardo stanco, pieni di rabbia verso quei due criminali, dei quali uno conoscevano solo il nome. L’unica cosa che potevano fare era sperare con le nuove informazioni ottenute di riuscire a tracciare il profilo dell’S.I. .
  
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