Il
lunedì mattina non fece fatica ad alzarsi dal letto, prepararsi nel
minor tempo possibile e raggiungere subito scuola.
Avrebbe
voluto evitare di inciampare di nuovo nel suo insegnante, e alle 7:55
era già seduta al proprio posto.
La
scuola era praticamente isolata, e Mel ringraziò il cielo che il
professor Carter fosse un ritardatario cronico; Almeno non avrebbe
dovuto restare da sola in classe con lui.
Questo
pensiero però venne troncato sul nascere, quando la porta dell’aula si
aprì e fece capolino una figura alta e fin troppo conosciuta.
Mel
pensò di provare a sprofondare nel suo banco, ma prima che anche
potesse spostare lo sguardo dal suo professore, questo la guardò.
”Buongiorno
Mrs. Turner.” Le sorrise lui cordiale, quasi come se nulla fosse
successo.
Melanie
annuì, incapace persino di parlare.
La
notte precedente l’aveva passata a girarsi e rigirarsi nel letto,
pensando non tanto al bacio che lui le aveva dato... quanto a quello
che lei le aveva lasciato sulle labbra prima di andar via. Che diamine
aveva combinato, Melanie. Lei che era sempre stata una ragazza timida,
che non commetteva mai un passo falso, che non si era mai dichiarata a
nessun ragazzo per paura di un rifiuto.. Adesso aveva baciato
maledettamente bello che era sicura le avrebbe fatto passare le pene
dell’inferno e che soprattutto era il suo professore. Una cosa
assolutamente malata e assurda.
Guardò
il display del suo cellulare che segnava le 8:05, e pensò divertita che
la settimana precedente a quell’ora ancora doveva uscire di casa.
E
adesso si trovava a dover scappare da un guaio in cui si era cacciata
da sola.
”Mrs.
Turner.. “Si avvicinò lento Cameron, e lei fece appello a tutte le sue
forze per riuscire a non alzare lo sguardo e mettersi a fissarlo. “E’
maleducazione non rispondere.. Lo sa?”
Mel
vide i suoi piedi fermarsi essattamente davanti al suo banco, e
desiderò sparire e diventare piccola piccola in quel momento.
”Ho
risposto, professore. Le dispiace se ripeto?”Sospirò cercando di
sembrare quanto più annoiata possibile. Almeno così, era sicura che lui
avrebbe smesso di parlarle.
Aveva
alzato un evidentissimo muro tra i loro sguardi, era riuscita a non
guardarlo per tutta la durata della lezione, ma nonostante ciò lui
continuava insistentemente a cercare i suoi occhi in quella classe
ancora troppo stretta.
Quella
mattina aveva chiesto al vice preside di sostituirgi l’aula, e lui gli
aveva promesso che entro la settimana prossima ne avrebbe avuta una
tutta sua, autopulente e molto più spaziosa.
Cameron
fu felice di quella notizia perchè pensò che avrebbe deciso lui sta
volta i posti e che sopratutto avrebbe appeso in aula qualche
mensoletta con dei libri e qualche quadro di poco valore, giusto per
smorzare un po’ l’apaticità di quelle mura così maledettamente bianche.
Avrebbe
fatto mettere Allen in prima fila, di fianco a Price, così magari
avrebbe potuto distogliere lo sguardo dalle tette della sua compagna di
banco che pensò di spostare in seconda fila, non molto lontano dagli
occhi dell’insegnante. Almeno avrebbe goduto anche lui della visuale.
Avrebbe posizionato le due amichette della terza fila a sinistra in
prima fila, più precisamente Turner di fronte a lui.
Il
resto della classe... Beh, doveva ancora decidere.
Ed
ecco che gli tornava in mente quella ragazzetta che in due ore di
lezione non aveva fatto altro che fissare il libro durante le
interrogazioni e prendere appunti durante la spiegazione.
Si
aspettava di vederla persa, imbambolata a fissare il vuoto, dopo il
pomeriggio precedente.
Così
come aveva fatto lui la sera prima, quando era al bar con Abram.
Gli
aveva chiesto più volte cosa avesse, ma in effetti lui nemmeno lo
sapeva e aveva finito per rispondere tutte le volte “Nulla.”
Sembrava
una donna alle prese con la sindrome pre mestruale, che lui conosceva
benissimo.
E
tutto ad un tratto pensò a Jenice. Jenice che quando aveva “le sue
cose” diventava di una dolcezza disarmante. Jenice che si accoccolava
su di lui mentre vedevano un qualsiasi film seduti sul divano.. Jenice
che si addormentava e si svegliava ai titoli di coda chiedendo “Ma è
già finito?”. Jenice che... Che era Jenice.
Sbuffò
annoiato. Ricordarla gli faceva male, non soltanto al petto ma anche
all’anima.
Ricordarla
gli faceva venire in mente che il mondo senza lei era noioso, era
angosciante. Che la vita senza lei non era più vita.
Ma
gliel’aveva promesso.. Che sarebbe andato avanti, che avrebbe finito
gli studi e avrebbe portato avanti il suo sogno.
Ed
era arrivato fin lì, a 27 anni ancora da compiere era un professore di
Storia dell’arte in un liceo classico, aveva una classe meravigliosa
tutta sua e aveva cambiato il suo stile di vita. Anche se quest’ultimo
punto era merito di Abram e Tony. Soprattutto di Tony.
Tony
che era stato male due volte tanto, ma che aveva accolto la vita a
braccia aperte; Che aveva coronato il suo sogno di aprire un' editoria
che pian piano stava dando i suoi frutti. Tony che non aveva
tentennato un attimo quando gli avevano proposto l'affare della sua
vita, che era sempre stato una spalla su cui piangere per la sua
famiglia e per Cameron, ma che non aveva mai pianto in presenza di
nessuno di loro.
Eppure Anthony era il fratello di Jenice. Erano cresciuti insieme ed
avevano condiviso la vita.
Avevano trascorso ventuno anni sempre insieme, senza mai separarsi.
Era grazie a Tony se Cam aveva conosciuto Jenice, oppure il
contrario... A distanza di tutti quegli anni era quasi impossibile
ricordarlo.
Agli inizi, quando Jenice sparì, fu una tragedia. Cam tornò il
ragazzino silenzioso ed introverso che era stato prima di conoscere i
due fratelli. E non ci fu verso per due anni interi di tornare come
prima... Solo grazie a Tony era riuscito pian piano a rinsavire e a
prendere coraggio per affrontare la vita.
Da allora con l'amore aveva chiuso. Nessuna gli faceva l'effetto di
Jenice, nessuna solo baciandolo o semplicemente guardandolo gli
provocava una scarica che iniziava dal petto e finiva chissà dove.
Finché non iniziò quel maledetto settembre.
Finché non inciampò con lo sguardo in quello di una ragazzina
indisponente e maledettamente prepotente.
Di certo non era paragonabile minimamente a ciò che provava guardando
Jenice, ma ci era vicina.
Però c'era una cosa che non ricordava della sorella di Tony... Il suo
odore.
Così come non ricordava la sua voce o il suo tocco, adesso che ci
pensava.
E questa cosa gli fece paura, lo spaventò come non mai. Perché quando
provò ad ricordare il suo profumo gli venne in mente la cannella.
Perché quando provò a ricordare il suo tocco gli venne in mente quel bacio
di cui solo le mura di casa sua erano a conoscenza. Perché quando provò
a ricordare la sua voce, gli venne in mente quando lei
gli
disse che voleva fare l'avvocato.
Sorrise a quel pensiero: Come poteva una ragazzina così invadente fare
l'avvocato? Come poteva restare imparziale in un tribunale se solo
leggendo il passato tragico di un pittore le si inumidivano gli occhi?
Ma soprattutto come poteva sprecare la sua evidente passione per l'arte
e il suo talento nell' assorbire determinati concetti?
Avrebbe fatto di tutto affinché lei cambiasse idea. Lo giurò quella
sera stessa.
Ci
sarebbe riuscito.
"Hey
Mel, mariniamo oggi?"
Fu questa la sua sveglia quella mattina, ma Mel non aveva mai marinato
in vita sua.
Aveva sempre chiamato la madre per avvertirla che non entrava, e
altrettanto avrebbe fatto quel giorno.
L'unica cosa che però le fece cambiare idea fu che se le avesse detto
che non entrava lei le avrebbe chiesto di farle compagnia in posta.
E non avrebbe potuto rifiutare.
Per questo si preparò come tutte le mattine e alle sette e quaranta in
punto uscì di casa schioccando un forte bacio sulle guance dei
genitori.
Quella mattina l'aria autunnale si fece sentire, e lei fu
felicissima di poter indossare il parka che aveva comprato in saldi ad
inizio giugno.
A dirla tutta non amava molto il freddo, ma nemmeno il caldo. Era più
per le mezze stagioni, quelle in cui si possono indossare
tranquillamente pantaloncini, calze e cappotti leggeri.
Il suo abbigliamento era sempre dei più semplici, non aveva mai
indossato nulla di estremamente particolare e ricercato e pensò che
questo era un fattore di continuo disaccordo tra lei e Gilda.
La più grande indossava sempre capi alla moda, e seppure vestisse
sempre in modo molto sportivo riusciva comunque ad attenersi a quelle
che erano le tendenze in continuo cambiamento. Melanie invece aveva gli
stessi vestiti da anni ormai, salvo qualcosina che era stata costretta
a comprare dall'amica, giusto per avere qualcosa di nuovo nell'armadio.
Come infatti, il motivo per cui saltarono scuola quella mattina era lo
shopping. Gilda la sera aveva una cena di lavoro del padre alla quale
avrebbe dovuto partecipare tutta la famiglia, e le serviva urgentemente
un abito galante.
In realtà per quanto potesse sembrare annoiata, Mel era consapevole che
la sua amica non vedesse l'ora di indossare un bell'abito e di
sfoggiare il suo splendido sorriso come accessorio. Se ne accorse da
come fu praticamente trascinata per decine di negozi, da come in tre
ore non era riuscita a trovare niente che le piacesse sul serio e da
come osservava ogni particolare di ogni abito o scarpa che indossava.
"Ci sarà Taylor?" Chiese incuriosita ed ebbe conferma dal momento in
cui l'amica arrossì.
Taylor era l'assistente del padre, un ragazzo poco più che ventenne e
pieno di voglia di lavorare.
Seguiva il padre in ogni suo spostamento e Giada lo conobbe proprio ad
una di quelle sere. Non era tenuto ad accompagnarla fin sotto casa, a
spostarle la sedia per farla accomodare e nemmeno ad accompagnarla
fuori al ristorante quando lei si alzò per prendere una boccata d'aria.
Ma lo fece. Non la lasciò sola un attimo da quella sera perchè forse, a
detta dell'amica, si accorse del profondo disagio che provava a star
seduta tra sole persone adulte.
Ogni cena divenne più sopportabile perché c'era Taylor, e le boccate
d'aria divennero un rito per entrambi, da due anni a quella parte.
Era figlio di un amico di famiglia, per questo appena maggiorenne il
padre gli aveva permesso di lavorare per lui.
Pian piano Gilda si stava affezionando e Melanie era l'unica ad esserne
a conoscenza.
Ecco perché tanto impegno e tanta voglia di andare a cena, pensò la
ragazza sorridendo.
Poco
prima di pranzo trovarono un negozio in una stradina poco frequentata,
e Gilda prese un vestito lungo blu notte, con le spalline sottili e lo
scollo
profondo.
Le stava d'incanto e persino la commessa si complimentò per il fisico
sodo e snello della ragazza. Beh, era ovvio che avesse un bel corpo.
Passava la maggior parte del suo tempo ad allenarsi e tenersi in forma
per le partite di pallavolo ed era proprio per questo che si dovevano
pochissimo, ma infondo era la sua più grande passione e aspirazione.
Un fisico come il suo Melanie lo poteva solo avere nei suoi sogni;
Troppo pigra per praticare sport e troppo golosa per rinunciare ad una
fetta di pizza in più.
Però si manteneva abbastanza bene. Era minuta e un po' morbida sui
fianchi, e sapeva sicuramente come mascherare qualche difettuccio con
gli abiti. Ma tutto sommato si piaceva. Non era il tipo da vergognarsi
al mare o da complessarsi per un chiletto di più, e questa cosa la
rendeva estremamente felice.
Si voltò ad ammirare le decine di abiti presenti in negozio, e si
meravigliò del fatto che nè lei nè sua madre avessero mai scovato quel
posticino.
Vide
un abito lungo e morbido in chiffon rosa cipria, con lo scollo
leggermente a cuore e le spalle e la schiena nude ma tempestate di
filamenti in cristalli. Era un sogno quell'abito, così com'era un
incubo il prezzo.
"Dai Mel! Provalo ti prego!" La incitò l'amica, sempre pronta a
spendere soldi inutilmente. Quando l'avrebbe usato un abito
simile che costasse oltre 250 dollari? Esattamente mai.
Non
era solita partecipare a feste o cene di gala, anche perchè la sua
famiglia era solita organizzarne una solo per le grandi occasioni.
Però era pur sempre una donna, e i suoi occhi erano abbagliati dallo
splendore di quell'abito. Sapeva benissimo che quei soldi spesi li
avrebbe poi recuperati in poco tempo. La sua famiglia, come quella di
Gilda erano abbastanza benestanti, e non si facevano per niente
problemi nel comprare ciò che volevano.
Infatti era più che sicura che se avesse comprato quell'abito la madre
sarebbe impazzita e se ne sarebbe innamorata all'istante.
Oh, al diavolo! Aveva quasi 19 anni e poteva permettersi un abito del
genere! E se anche non l'avesse mai potuto indossare, che le importava?
"Facciamo così, ti darò modo di indossarlo. Stasera vieni con me alla
cena." Sentenziò d'un tratto Gilda.
Melanie strabuzzò gli occhi "Ma tu sei fuori! È una cena d'affari e di
famiglia, non potrei mai venire!"
"Oh, quante storie Mel. Prova questo abito, io pago e avverto mia
madre. Sarà contentissima, vedrai." e le sorrise gentile.
Era curiosa ed eccitata all'idea di partecipare ad una cena piena di
gente sconosciuta, era un'esperienza del tutto nuova per lei, e per
quanto si sarebbe
sentita maledettamente fuori luogo, accettò l’invito. Così, sorrise di
rimando all'amica e con l'abito saldo in mano entrò nel camerino.
Si osservò a fondo nel suo completino anonimo nero e iniziò a delineare
pian piano tutti i contorni della sua figura.
Partì dalle gambe, magre fino a sopra il ginocchio e un po' più piene
nell'interno coscia. Erano di un colore molto chiaro, prive di
qualsiasi segni come cicatrici o brufoletti fastidiosi. Su questo era
stata molto fortunata sin dall'inizio dell'adolescenza.
Salì con lo sguardo sui fianchi, un po' troppo larghi per la sua vita
sottile. Non aveva un filo di pancia, ma aveva quelle fastidiosissime
maniglie dell'amore che evidenziavano ancora di più la "morbidezza"
delle sue curve.
Il seno era proporzionato al suo fisico, non troppo grande e abbastanza
sodo. Ne andava fiera a dirla tutta, le dava quel pizzico di
femminilità in più.
Sollevò lo sguardo sulle sue spalle, piccole e ossute. Forse la parte
più magra del suo corpo. E che più preferiva, a dirla tutta.
Passò al viso sottile, dal quale facevano capolino due occhi abbastanza
grandi e lucenti, di un colore non propriamente definito ma che
sembrava orientarsi
verso il mogano.
Il naso era piccolo e leggermente all'insù, gli zigomi poco definiti,
la mascella leggermente arrotondata. Le labbra erano carnose e
leggermente rosate.
D'un tratto le vennero in mente altre labbra carnose. Quelle che
qualche giorno prima si unirono alle sue in un contatto pieno di
scariche e desiderio.
Arrossì di botto e si guardò nello specchio.
Cosa ci trovò quel giorno in lei? Un uomo tanto bello quanto
impossibile, un uomo di cui si legge solo nelle storie più sdolcinate o
nei film più romantici. Cosa
vide di così bello e attraente in lei al punto tale che lo spinse a
baciarla?
Preferì non pensarci, perché una risposta proprio non le veniva.
Spostò lo sguardo su quell'abito da sogno, e si decise ad indossarlo.
Le calzava a pennello. Lo scollo valorizzava il suo seno, la morbidezza
del tessuto nascondeva anche il più minimo difetto e sembrava avere un
fisico da paura.
Un po' titubante e in imbarazzo uscì dal camerino e trovò l'amica a
bocca aperta.
"Melanie... Sei un incanto! Dio, farai impazzire chiunque." commentò
senza nessuna traccia di gelosia o invidia Gilda. Anche perché da
inviarle non aveva proprio nulla.
Melanie sorrise, e convinta dall'amica, ma soprattutto dallo specchio
che la tradiva rivelandole il suo sguardo pieno di gioia nel vedersi
con un abito così indosso, lo acquistò.
Alle 20:00 sarebbero passati a prenderla, e lei alle 19:45 era pronta.
Non era solita truccarsi molto, per questo quella sera optò per un
make-up abbastanza leggero. Una linea di eyeliner nera sottile, un po'
di mascara, un velo
di blush ed un rossetto nude.
Raccolse i capelli in uno chignon morbido e lasciò libere due ciocche
ad incorniciarle il volto.
Siccome aveva un abito abbastanza ricco di particolari sul retro decise
di non indossare gioielli, se non un paio di orecchini a fascia di
diamanti.
Indossò un paio di sandali gioiello che richiamavano perfettamente i
particolari dell'abito.
Si specchiò un'ultima volta e si sentì particolarmente bella.
Cameron
invece dormì tutto il pomeriggio.
Quella
sera avrebbe dovuto andare ad una rimpatriata tra amici.
Avevano deciso qualche settimana prima, incontrandosi per strada, di
ritrovarsi per una cena. La comitiva di cui faceva parte anni prima si
era sciolta per impegni improrogabili, quali il lavoro e la famiglia.
Molti dei suoi compagni di università avevano già messo su famiglia,
altri erano scapoli eterni ed altri ancora erano in continua ricerca di
un impiego.
Avevano deciso di trovarsi in un ristorante non lontano dall'università
e che personalmente aveva frequentato più volte in passato.
Era un ristorante a quattro stelle, dove non solo si mangiava da Dio ma
che era frequentato da persone stracolme di denaro.
Proprio per questo avrebbe dovuto indossare uno dei numerosi abiti
classici che popolavano il suo guardaroba. Tanto belli quanto scomodi.
Optò per un abito nero, mocassini e cover coat del medesimo colore.
Per gli uomini era così facile essere pronti. Bastava indossare
qualcosa di adatto, senza ausilio di gioielli, trucco e parrucco e il
gioco era fatto.
Alle 20:20 uscì di casa e si avviò alla sua macchina.
Il ristorante lo raggiunse in quindici minuti, ed essendo leggermente
in anticipo decise di attendere fuori i suoi compagni.
I primi che arrivarono furono Cassandra e David, seguiti da Lucy e
Michelle.
Mancavano solo Patrick e Robert e il quadretto era al completo.
Arrivarono dopo una decina di minuti, quando i ragazzi avevano già
preso posto a sedere, e Cam non si sorprese a vederli arrivare insieme.
Fu felice di scoprire che Michelle aspettava un bambino da pochi mesi e
che si sposava in estate subito dopo il parto.
Era una ragazza bellissima, occhi azzurri e caschetto biondo. Aveva
sempre avuto l'aria di essere una donna matura, ma vederla con quel
pancino appena
pronunciato fece pensare a Cameron che l'uomo che l'avrebbe sposata
sarebbe stato sicuramente fortunato.
Cassandra e David avevano da poco annunciato a tutti il loro imminente
matrimonio. Erano fidanzati dal primo anno di università, ed erano
diventati ormai una coppia solida e secolare.
Lucy era una donna in carriera ed aveva realizzato da poco il suo sogno
di dirigere una rivista di design ancora poco conosciuta.
Per quanto riguarda Robert e Patrick... Erano sempre i soliti
ritardatari cronici, ed il fatto che fossero arrivati insieme era
l'ennesima prova che il loro rapporto
era rimasto lo stesso.
I soliti scapoli eterni che non prendevano con serietà nessuno dei loro
impegni.
Come
non prendevano con serietà il fatto che fossero ormai sulla soglia dei
trenta e che presto sarebbero apparse le prime rughe.
Molto
simili a lui, Abram e Tony, pensò Cameron.
Quando
i camerieri iniziarono a servire e a riempire loro i calici Cameron
tirò un sospiro di sollievo. Quella giornata a scuola era stata più che
stressante. Aveva trovato l’intera classe impreparata e lei era
stata assente. Quella cena gli avrebbe rilassato i muscoli e pure il
cervello.
Come
previsto il ristorante era impeccabile: Le posate erano in argento, i
calici in cristallo. Niente stonava, niente era nel posto
sbagliato.
Quanto
odiava tutto quel lusso, quello sfarzo. Eppure lui proveniva da una
famiglia più che benestante, ma aveva sempre preferito vivere una vita
normale e poco agiata. Aveva sempre scelto scuole e università non
troppo costose, ma comunque rinomate. Non sopportava gli spendaccioni,
però non era nemmeno un uomo tirchio. Semplicemente preferiva spendere
il suo denaro moderatamente in ciò per cui valeva la pena farlo.
Come quella cena che era sicuro sarebbe stata un ottimo toccasana, un
modo per distogliere i pensieri dal lavoro, per rilassarsi e
soprattutto per smettere di pensare a quella ragazza.
Come non detto: Tornò a pensare che quella mattina non la vide proprio
a scuola, né per i corridoi né in cortile, tantomeno quando entrò in
aula e trovò il suo posto vuoto.
Guardò di sfuggita i suoi amici che chiacchieravano allegri e decise di
scacciare quei pensieri e di dedicarsi solo ed esclusivamente a quella
serata.
Purtroppo però il destino non volle fare da spettatore, non volle
accomodarsi e aspettare che quei due si muovessero ad avvicinarsi e
decise sulla vita di entrambi.
Quella
fu l’ultima volta che Melanie e Cameron furono spinti vicini dal fato,
perchè da quel momento in poi tutto quello che accadde fu solo opera
loro.
Angolinino~
Saaaalve
a tutti!
Allora, questo capitolo l’ho dovuto dividere perchè era davvero TROPPO
enorme ahahaha
Comunque apparte tutto, qui vi racconto un po’ di più della ragazza
nella foto.
Adesso ha un nome.
Jenice è un personaggio che adoro, e conto di inserirla tramite
flashback o altro all’interno di alcuni capitoli.
E poi c’è Tony, lui è in assoluto l’amore della mia vita! Ahahaha prima
o poi scriverò qualcosa su di lui, di certo non resterà scapolo
(Zitello :P) a vita, no? u.u
Spero che il capitolo vi piaccia, grazie perchè continuate a seguire
ogni mio aggiornamento!
Bacini baciotti <3