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Autore: Echocide    20/02/2017    4 recensioni
[Sequel di Miraculous Heroes e Miraculous Heroes 2]
La minaccia di Maus è stata sventata, ma non c'è pace per i nostri eroi: il mistero dell'uccisione degli uomini del loro nemico non è stato risolto e un nuovo nemico trama nell'ombra...
Genere: Azione, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Altri, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Quantum Universe'
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Titolo: Miraculous Heroes 3
Personaggi: Adrien Agreste, Marinette Dupain-Cheng, altri
Genere: azione, mistero, romantico
Rating: NC13
Avvertimenti: longfic, what if...?, original character
Wordcount: 2.631 (Fidipù)
Note: Ed eccoci qua con una nuova settimana appena iniziata e, come sempre, si comincia con Miraculous Heroes 3. Or dunque, questo capitolo è totalmente incentrato su una cosetta o meglio su ciò che darà il via per arrivare a questa cosetta (e non vi dico cosa è, per non togliervi il piacere della lettura). Fortunamente - per voi! - non c'è nulla da dire su location varie o altro, quindi passo subito ai ringraziamenti: grazie a tutti voi che leggete, commentate, inserite le mie storie in una delle vostre liste, mi supportate e sopportate.
Semplicemente grazie a tutti voi!



«Come stai?» Thomas osservò la sorella, mentre beveva il latte caldo che la madre aveva preparato per lei: «Vuoi…»
«Sto bene, Thomas.»
«Io proprio non capisco…» mormorò la loro madre, poggiata contro il lavello della cucina con le spalle rivolte verso i due figli: «Papillon era sparito o comunque aveva smesso di fare questo. Perché? Perché proprio a mia figlia?»
«Mamma, io…»
«Non è colpa tua, Camille» mormorò Thomas, stringendo le mani a pugno e abbassando lo sguardo: la colpa era totalmente sua, che non aveva dato retta a Nooroo e aveva agito d’impulso.
Era tutta colpa sua se sua sorella…
«Tuo fratello ha ragione: non è colpa tua. E’ colpa di Papillon!» sbottò la madre, voltandosi verso di loro: «E spero che gli eroi di Parigi lo prendano e lo sbattano in prigione e gettino la chiave da qualche parte. Quel…quel…quell’essere deve marcire!»
Thomas alzò lo sguardo, fissando la madre e annotandosi mentalmente che, se mai la donna fosse venuta a conoscenza del fatto che il figlio adesso era un supereroe, non doveva fare assolutamente menzione del fatto che aveva accidentalmente akumatizzato la sorella.
«Mamma, esageri» sbuffò Camille, bevendo un sorso di latte e posando lo sguardo sull’orologio: «Thomas. Ma non avevi gli allenamenti oggi?»
«Gli allenamenti! Cavolo!»
«Thomas Lapierre, il linguaggio!»
«Ma mamma, ho solo detto ‘cavolo’.»
«Vuoi sfidare tua madre?»
«Ci conviene non farla arrabbiare, Thomas. Soprattutto ora che Papillon akumatizza di nuovo.»
«Come se io fossi tanto scemo da akumatizzare mia madre quando è arrabbiata con me…» bofonchiò Thomas, uscendo velocemente dalla cucina e andando a recuperare il borsone del calcio.
«Hai detto qualcosa?»
«No, niente. Io vado agli allenamenti!»


Lo sguardo verde era rivolto al palazzo, le mani infilate nelle tasche del giaccone e poteva avvertire su di sé lo sguardo fisso di Plagg: «Cosa c’è?» domandò dopo un po’, stanco del kwami che lo guardava: «Vuoi altro camambert?»
«No, in verità mi chiedo perché siamo qui, come due dementi a fissare un palazzo» sentenziò Plagg, facendo capolino dalla tasca e indicando con una zampetta il palazzo di fronte: «Vivo con te ventiquattr’ore su ventiquattro quindi posso escludere tranquillamente il fatto che tu abbia un’amante. Perché siamo qui?»
«Perché non ti fai gli affari tuoi?»
Plagg lo fissò, inclinando il capo e piegando la bocca in un sorriso diabolico: «Perché siamo qui?» domandò nuovamente, sapendo benissimo quanto lo avrebbe infastidito.
Il parigino sospirò, tenendo lo sguardo fisso in quello del kwami, portandosi poi una mano alla nuca: «Mentre correvamo per andare a salvare la sorella di Thomas…» iniziò, alzando la testa e osservando il balcone dell’ultimo piano: «Ecco, con Ladybug mi sono fermato qua e…»
«E…» lo incitò il kwami, quasi come se stesse pendendo dalle sue labbra: «Cosa hai visto?»
«Una casa.»
«Una casa?»
Adrien sorrise, inspirando profondamente e sentendo l’aria fredda entrare nelle narici, poi rilasciò andare tutto: «Sì. Ed è…» si fermò, scuotendo il capo: «Perfetta. Perfetta per Marinette e me.»
Plagg sbatté le palpebre, inclinando la testa: «Non è un po’ presto?» domandò, massaggiandosi il mento con la zampina: «Insomma, nel tuo grande piano, il matrimonio ci sarà quando tutti e due lavorerete e…»
«Stavo pensando…»
«Ah. Sei capace di farlo?»
«Plagg…»
«Ok, stavi pensando a cosa?»
«Io sono un modello, no?»
«Purtroppo ribadisci questa cosa ogni volta che giri per la stanza nudo.»
«Ti ripeto che quella è camera mia e sono libero di fare come voglio.»
«Ok, sentiamo il grande piano, parte seconda. Sei un modello…»
«Rafael si mantiene da solo e ha pure molti soldi da parte» spiegò Adrien, poggiandosi contro il muro e osservando il palazzo dalla parte opposta della strada: «Perché non potrei fare lo stesso? Io e Marinette potremmo…»
«Pensi davvero che quella ragazza si lascerà mantenere? Andiamo, ho imparato a conoscere un po’ Marinette e devo dire che quella ragazza ha preso da Tikki quella stramaledetta indipendenza. Tikki era uguale da umana: mai una volta che si facesse aiutare o che si lasciasse consigliare.»
«Ma non sarebbe per sempre» mormorò Adrien, inspirando profondamente: «Forse sto facendo una cavolata.»
Plagg lo fissò in silenzio, voltandosi poi verso il palazzo e sorridendo quando vide un uomo uscire dal portone di ingresso con una coppia: «Ehi, quello ha tutto l’aspetto di un agente immobiliare» dichiarò, indicando il tipo che stava stringendo la mano all’altro uomo: «Ce lo facciamo un giretto in quella casa?»
«Ma…»
«Andiamo, dai!»


Felix alzò gli occhi dal fascicolo che stava studiando, togliendosi gli occhiali e sorridendo alla ragazza che, rannicchiata sul divano, lo stava fissando da un po’: «Sì, Xi-xi?»
«Xi-xi?»
«E’ un soprannome» le spiegò l’uomo, sorridendole: «Tu potresti chiamarmi papà, che ne dici?»
«Che problema hai con la paternità?»
«Che problema hai con l’umanità?»
Xiang sospirò, scuotendo il capo e facendo così ondeggiare i lunghi capelli scuri: «Oggi sono andata a vedere gli eroi di Parigi» dichiarò, enfatizzando le ultime parole: «Il nuovo Portatore della Farfalla ha creato un campione per sbaglio.»
«Prima volta che usava i poteri» borbottò Felix, tornando al suo lavoro: «Capita a tutti. La prima volta che ho usato il potere del Miraculous ho distrutto – per sbaglio – un intero edificio.»
«E perché?»
«Beh, Plagg mi aveva spiegato come funzionava il tutto ed io volevo provare questo fenomenale potere» spiegò Felix, sorridendo al ricordo: «Il problema è che mi aveva anche detto che poi sarebbe tutto ritornato a posto, dimenticando il fatto di precisare che era il potere di Ladybug a far tornare tutto come prima.»
Xiang lo fissò in silenzio, tirando su le gambe e poggiando il mento contro le ginocchia: «Ho deciso cosa fare» sentenziò, dopo un momento di silenzio: «Penso che Kang mi abbia detto di venire qua per fare una cosa.»
«Allearti con quei ragazzi e sconfiggere il nemico?»
«No, la mia missione è recuperare i Miraculous e portarli al sicuro, dove il dì rén non possa prenderli.»
Felix annuì con la testa, sfogliando la pagina e fermandosi, quando le parole della ragazza arrivarono a destinazione: «Scusa, puoi ripetere?» domandò, sorridendo e fissando Xiang: «Vuoi prendere i Miraculous?»
«Sì.» assentì Xiang, alzandosi in piedi e fissandolo dall’alto: «Io recupererò i gioielli di Nêdong e li porterò al sicuro.» dichiarò, raggiungendo la porta della stanza e uscendo, sotto lo sguardo attonito di Felix.
L’uomo rimase immobile, poggiando poi i palmi sul tavolo e scuotendo il capo biondo: «Mi serve un bicchiere di qualcosa di forte» bofonchiò da solo, alzandosi e andando al carrello dove teneva i liquori, prendendo una bottiglia di liquido ambrato e osservandola, decidendo che, dopo quello che gli aveva rivelato Xiang, un bicchiere non sarebbe bastato. Svitò il tappo e si portò la bottiglia alle labbra, bevendo una generosa dose: «Devo avvertire Fu. Devo assolutamente avvertirlo prima che Miss Cina faccia qualche cavolata» si fermò, sbuffando e alzando gli occhi al cielo: «E sto di nuovo parlando da  solo!»



Sophie sorrise, osservando il figlio rientrare: «Ho saputo che il piccolo Thomas ha fatto qualche guaio» esordì, andando incontro ad Adrien e abbracciandolo, posandogli poi le labbra sulla guancia: «Risolto tutto?»
«Se per guaio intendi aver akumatizzato la sorella per sbaglio…» Adrien sorrise, togliendosi il giaccone e sorridendo alla donna: «Sì, ha fatto un piccolo guaio. Risolto, fra l’altro.»
«Ottimo» dichiarò la madre, prendendo il cappotto e sorridendo: «Sei stato con Marinette?»
«Ah no. Ho fatto una cosetta.»
«E cosa?»
«Papà dov’è?»
«Nel suo studio, come al solito» gli rispose Sophie, aggrottando lo sguardo: «Hai combinato qualcosa?»
«Assolutamente niente.»
«E allora perché non mi hai risposto?»
«Perché, se ti rispondessi, poi tu daresti di matto» spiegò Adrien, posando le mani sulle spalle della madre e chinandosi per baciarle la guancia: «Mentre preferisco essere prima sicuro di quello che sto per fare» le bisbigliò all’orecchio, tirandosi poi su e facendole l’occhiolino: «Nello studio, giusto?» domandò, indicando la porta della stanza del padre e raggiungendola velocemente, lasciando Sophie al centro dell’androne della villa.
Scivolò all’interno della stanza, sorridendo al padre che, accortosi della sua presenza, aveva alzato la testa e lo guardava con fare curioso: «Com’è andata con il piccolo Papillon?» domandò Gabriel, posando la penna e dedicando la sua completa attenzione al figlio.
«Si fa chiamare Hawkmoth.»
«Nome interessante» dichiarò l’uomo, annuendo con la  testa: «Immagino che sei qua per chiedermi di spiegargli come fare per creare supercattivi perfetti.»
«Papà, ti prego, pensavo avessimo superato questa fissa dei cattivi.»
Gabriel sorrise, aprendo le mani: «Vuoi fare una chiacchierata con il tuo vecchio, allora?» gli domandò, togliendosi gli occhiali e massaggiandosi il setto nasale: «Di cosa potremmo parlare? Pensiamo.»
«Stai bene?»
«Sì. Sto bene. Sono solo stanco. A breve ci sarà il rilascio della nuova collezione e sono pieno di lavoro, inoltre ci sono quei due o tre incompetenti che rallentano il tutto» l’uomo sospirò, scuotendo la testa: «Mi chiedo ancora perché non li ho licenziati.»
«Nuovi servizi fotografici» dichiarò Adrien, scuotendo il capo: «Ci sarà da divertirsi con Mister Spaghetti.»
«Mi stavo domandando se i tuoi amici avrebbero voglia di fare qualche scatto» mormorò Gabriel, poggiandosi contro lo schienale della poltrona e sorridendo al figlio: «Nathalie mi ha detto che serve un po’ di freschezza nella nuova collezione e cosa c’è di meglio di nuovi volti? Magari quelli che puoi incontrare quando esci di casa.»
«Posso sentire» Adrien annuì, fissando il padre: «Avevi qualcuno in mente?»
«Oh. I soliti: Marinette, Lila, Sarah, Alex e Wei.»
«Li sentirò.»
«Anche Willhelmina aveva in mente di contattarli.»
«Diventeranno famosi, allora, se saranno i volti sia del marchio Agreste che di quello Hart.»
«Potrei anche sentire per Thomas, ma servirebbe il consenso dei suoi genitori.»
«Tentar non nuoce, no?»
Gabriel annuì, sorridendo: «Ma non sei entrato qua per parlare di questo, vero? Su, dì tutto al tuo vecchio.»
«Sembri Plagg»
«Plagg, esci fuori così il nostro moccioso ci dirà tutto» dichiarò Gabriel, sistemandosi meglio sulla poltrona e osservando il kwami nero uscire dal suo nascondiglio e  sistemarsi davanti a lui, lo sguardo rivolto verso Adrien: «I tuoi vecchi ti ascoltano, figliolo.»
«Voi due siete inquietanti assieme. Da quando andate così d’accordo?»
«Da quando ho iniziato a vedere le repliche di Masterchef con tuo padre» sentenziò Plagg, ridacchiando: «Anche se non ha ancora apprezzato la bellezza soave del camambert.»
«Voi due mi state facendo veramente paura…»
«Che cosa volevi chiedermi, Adrien?» domandò suo padre, riportando la conversazione sui binari di partenza: «Dubito che riguardi la mia amicizia con Plagg.»
«Quanti anni avevi quando ti sei sposato con mamma?»
«Diciannove. Dovresti saperlo» rispose immediatamente Gabriel, piegando le labbra in un sorriso: «E tu sei nato parecchi anni dopo, perché…beh, come dire…volevamo goderci appieno l’intimità.»
«Questo era un dato non richiesto.»
Gabriel intrecciò le dita, guardando il figlio e socchiudendo gli occhi: «Avevo la tua età, Adrien, quando Sophie è diventata mia moglie. E immagino che questo discorso riguardi in qualche modo Marinette: se volete sposarvi adesso, per me va bene. E posso parlare tranquillamente a nome di tua madre, anche. Riguardo a Tom e Sabine…» Gabriel si fermò, sospirando: «Non posso dire nulla riguardo ai Dupain-Cheng, ma sono certo che acconsentiranno anche loro; per quanto riguarda dove potete vivere, la tua camera è…»
«Oggi ho visto un appartamento» lo interruppe Adrien, tenendo lo sguardo sulla scrivania e sorridendo: «E’ perfetto per Marinette e me: è piccolo, però c’è una stanza che lei può trasformare in laboratorio e una camera in più; poi c’è un grande terrazzo immerso nel verde, come quello che Marinette ha a casa e la sala, con la cucina, e la camera hanno queste grandi vetrate che illuminano tutto e…»
«Marinette l’ha visto?»
«No. Sono andato da solo.»
Gabriel annuì, sorridendo al figlio: «Beh, in tutti questi anni non hai lavorato come modello gratuitamente. Hai il tuo conto e, posso tranquillamente affermare, che sei abbastanza ricco» si fermò, osservando il figlio: «Io ti appoggerò, qualsiasi cosa farai. Ma non sono io quello con cui devi parlare e lo sai bene.»
«Sì, vero.»
«Quindi ora vai dalla tua adorata fidanzata e parlatene.»
«Ok» Adrien si alzò, facendo un cenno a Plagg, rimasto in religioso silenzio e si avvicinò alla porta: «Grazie, papà.»


Marinette osservò il proprio telefono per la…
Fantastico. Aveva perso il conto.
E tutto per colpa di un certo gattaccio che se n’era andato con fare misterioso.
Tutta colpa di Adrien.
«Giusto per sapere…» mormorò una voce maschile dal tono divertito: «Quante volte hai guardato il telefono da quanto ti ho lasciata?»
Marinette si voltò, osservando Chat Noir balzare dentro la camera e sorriderle: «Buonasera, my lady. Il tuo eroe è qua» dichiarò, chinandosi con fare galante e regalandole un occhiolino quando si rialzò: «Allora? Quante volte?»
«Ho perso il conto» mugugnò Marinette, osservandolo con il broncio: «Hai fatto quella cosa che dovevi fare? Cosa di cui non mi hai detto assolutamente niente.»
«Noto un certo risentimento nella tua voce» mormorò il biondo, togliendosi l’anello e tornando ad essere Adrien: «Possiamo parlare?»
«Mi vuoi lasciare?»
«Marinette…»
«Di solito quando qualcuno dice ‘possiamo parlare’, poi di solito segue anche il ‘lasciamoci’.»
«Tikki, quanti film mentali si è fatta?»
«Abbastanza» dichiarò la kwami rossa, ridacchiando: «Il mio preferito è quello dove eri diventato un agente segreto e te la intendevi con una spia russa.»
«Ma ce l’hai con le spie russe, ultimamente.»
«Vanno di moda.»
Adrien sorrise, avvicinandosi alla ragazza e prendendole le mani, esortandola ad alzarsi dalla sedia della scrivania: «Possiamo parlare? Ti prometto che non è una cosa brutta» mormorò, baciandole le nocche con fare riverente: «Sposami, Marinette» dichiarò deciso, tenendo lo sguardo in quello azzurro di lei.
«Mi sembra che avevamo già affrontato questo…»
«Intendo sul serio.»
«Cosa?»
«Sposiamoci. Facciamo i documenti necessari, diamo il via libera alle nostre madri e sposiamoci.»
Marinette aprì la bocca, richiudendola e scuotendo poi il capo: «Stai dicendo veramente?» domandò, lasciandosi cadere sulla sedia e osservando il ragazzo inginocchiarsi davanti a lei: «Non sto sognando, vero?»
«Ah. Ecco, cosa sogni quando borbotti ‘Sì, Adrien’ mentre dormi» dichiarò il biondo divertito: «Ed io che speravo in qualcosa di sconcio.»
«Io non borbotto.»
«Oh sì, che lo fai» le dichiarò il ragazzo, allungando una mano e portandole indietro una ciocca di capelli: «Quando ti ho lasciata sono andata a vedere quella casa dove ci eravamo fermati, mentre andavamo a salvare la sorella di Thomas. E’ in vendita e me la posso permettere: sono abbastanza ricco, sai?»
«Quella con il terrazzo?»
«Quella. Sono stato abbastanza fortunato perché ho incontrato l’agente immobiliare proprio fuori dall’abitazione: è perfetta per noi, Marinette.»
«Adrien…»
«Io lavoro come modello e posso tranquillamente coprire tutte le spese, finché tu non inizierai a lavorare a tua volta» continuò il biondo, baciandole di nuovo le mani e sorridendo: «Voglio iniziare la mia vita con te, Marinette. Voglio che tu diventi mia moglie e svegliarmi la mattina con te nel letto e…»
Marinette lo interruppe, posandogli una mano sulla bocca e osservando lo sguardo verde serio: «Sei davvero sicuro?» gli domandò, vedendolo annuire vigorosamente con la testa; scivolò giù dalla sedia, togliendo la mano e coprendo la bocca di lui con la propria, stringendolo forte: «Facciamolo» mormorò contro le labbra, poggiando la fronte contro quella di Adrien: «Lo sto aspettando da quando avevo quattordici anni, quindi figurati se ti dico di no.»
«Lo stavi aspettando…»
«Sposarci. E poi avere dei bambini: tre per la precisione. E poi…»
«Per quanto voglia avere dei bambini con te» Adrien la interruppe, mettendole una mano sulla bocca e sorridendole: «E fidati, ne avremo. Per il momento preferisco…come dire…godermi appieno l’intimità con la mia fantastica mogliettina. Ci stai?» Marinette annuì con la testa, sorridendo contro il palmo di Adrien: «Brava, ragazza.»
La mora portò le mani su quella di Adrien, abbassandola un poco: «Quindi…»
«Quindi domani vado a informarmi su tutto quello che serve e poi…»
«L’abito. Le bomboniere. Il rinfresco.»
«E poi tu sei appena diventata la fusione fra mia madre e tua madre.»

   
 
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