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Autore: Seagull83    21/02/2017    4 recensioni
Raccolta di momenti One-shot per risolvere un puzzle particolarmente complicato...le Calzona. Un percorso ipotetico tra le scene che non abbiamo mai potuto vedere e che dissipano la matassa che la coppia ha tessuto negli anni tagliandosi le gambe. Non saranno in ordine cronologico ma sparso.
Potrebbero esserci SPOILER anche sull'ultima stagione.
Tasselli che tornano al proprio posto...i pensieri di Arizona e Callie quando qualcosa riportata alla mente frammenti di passato dolorosi e sopiti.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash | Personaggi: Arizona Robbins, Callie Torres
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Più stagioni
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Ciao a tutti!Buona lettura e grazie mille a chi mi lascia la sua opinione. Altro tassello.

 

“Se fosse successo a noi?”

 

Vibra sotto la pelle, sto cercando in ogni modo di farlo tacere, accelero il passo lungo questo corridoio che sembra richiudersi su di me.

Ho operato come un’automa, non è da me.

Una volta hai detto che ti piaceva mi coinvolgessi sempre, nonostante i teli, nonostante le distanze prese a forza dai pazienti.

Oggi no.

Ho operato meccanicamente, senza cuore, in modo perfetto certo, ma senza che la mia anima toccasse il bisturi.

Ed è colpa tua.

Solo colpa tua.

 

Mi sento soffocare.

Maledetta bastarda, dovevi venire da me nonostante tutto e aprire con le dita una ferita ancora infetta?

Mi gira la testa e ormai corro, vedo con la coda dell’occhio Penny che accenna un saluto con quello splendido sorriso storto, una bocca che ancora non ha gridato fino a trapassarsi i timpani, non ha graffiato il suono e il suo dolore.

Innocente amore mio, spero non le capiti mai di sentire quello che sto riprovando ora, di sentire mille piaghe screziarti, di sentire che l’aria ti manca nonostante tu continui a respirare, di sentire che la vita va avanti mentre una parte di te muore e muore in modo così atroce, innaturale da pensare che non potrai vedere più nemmeno un giorno, una notte, un amore. E invece succede, contro ogni previsione, contro te stessa, vai avanti. Fino a che qualcun altro soffre la stessa atrocità e i tuoi occhi blu Arizona, tornano a scavare nel mio sangue.

 

Quando un bambino smette di esistere…quando tuo figlio smette di esistere prima ancora di aver potuto sentirlo scalciare, prima ancora di averne sentito anche solo il battito, una parte di te muore.

 

Ignoro la mia ragazza, giro il viso e la ignoro, non voglio veda cos’ho dentro ora.

E’ colpa tua anche questo.

Solo colpa tua.

 

Non c’ero.

Non l’ho sentito mai quel battito, eppure era mio figlio.

Il mio bambino.

Il figlio che avevamo scelto di avere insieme.

Era il sole, eravamo noi due al nostro meglio, io tu e il mondo, in un’unica piccola persona.

Era ciò che avremmo dovuto avere fin dall’inizio.

Ce l’hanno portato via senza motivo e questo ci ha spezzato.

Era tutto quello che rimaneva di noi.

Ce l’hanno portato via e sono morta anch’io quel giorno.

I tuoi occhi Arizona erano pozze oltre mare, nessun riflesso, nessuna luce, non eri tu.

Ti ho guardato e non eri tu.

La dottoressa con i pattini a rotelle non c’era più, la donna che ho amato non c’era più, la madre di Sofia non c’era più.

Eri solo un involucro vuoto dagli occhi di pece.

Eri morta dentro.

Ma anch’io lo ero.

Ho solo tentato di trovare una soluzione, di non farmi ingoiare dal tuo dolore, ma tu non l’hai permesso, non l’hai capito, hai pensato non mi importasse.

Nostro figlio.

Come hai potuto anche solo pensare che non mi importasse.

Non hai lasciato soffrissimo insieme, mi hai chiuso fuori.

E’ stata colpa tua.

Solo colpa tua.

 

Volevo solo aiutarci.

Forse non ho capito che in te c’era spazio solo per il dolore, c’era solo vuoto e null’altro.

Forse ho sbagliato io.

E ho odiato te e ho odiato me…e abbiamo perso lui.

 

Sono senza fiato di nuovo e me l’hai tolto tu con una frase, sbalzandomi indietro in quel dolore e ora qui in un ascensore di servizio vuoto, mi chino e sputo sangue, odio e rabbia, piango fuoco, urlo agonia, straziata digrigno i denti mentre il mio sale mi impasta le guance e le labbra.

 

Ed è casuale, profetico, assurdo che le porte si aprano sul tuo viso, sulle tue braccia stanche lungo i fianchi, sul tuo ventre vuoto che grida il mio nome e lo sfregia.

 

Cosa ci fai nei sotterranei?Cosa ci fai qui ora?

Esplodo.

 

-Era mio figlio!!MIO FIGLIO!!Me l’hanno portato via!Ci ha uccise!Mi ha portato via te!Era mio…-

 

Ho gridato e tu tremi, solo ora vedo che versi nelle mie stesse condizioni, ma il tuo sguardo non è quello di quel giorno.

C’è qualcosa di condiviso, capito, comprensivo c’è qualcosa che non ho più visto.

Piango come non ho fatto allora, travolta da tutto quello che è venuto dopo, mi accascio sul pavimento lercio di quest’ascensore e lascio che il dolore mi passi attraverso, lento, cattivo e il mio pianto è quello di una fiera sopita, graffiante, esagerato, distruttivo.

A pezzi non sono più intera, un piccolo frammento di cui piango il lutto ora se n’è andato tanto tempo fa.

 

Ti siedi al mio fianco.

Non mi tocchi, ma ti sento.

Mi lasci gridare, mi lasci soffrire, ma sei qui.

Fino a che i miei singhiozzi calano di intensità e per un solo secondo non c’è più niente oltre la tua voce che arriva piano, dolce, definitiva.

 

-Capita Callie…è capitato a noi. Si era tuo figlio, era nostro.-

 

 

 

E’ sempre stata colpa tua?

 

No.

 

Bisogna essere in due si dice, per straziarsi il cuore.

Soffriamo finalmente insieme per la Nostra perdita.

  
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