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Autore: PuccaChan_Traduce    23/02/2017    1 recensioni
Asahi e Nishinoya hanno finito il liceo e frequentano l’università. Asahi studia medicina dello sport e Noya gioca ancora a pallavolo. La loro amicizia pare salda come sempre, ma qualcosa sta per cambiare... specialmente dopo l’entrata in scena di una ragazza che sembra molto interessata al piccolo libero.
DISCLAIMER: questa fanfiction è una traduzione che io sto effettuando con il permesso del legittimo autore; tutti i personaggi citati appartengono ai rispettivi autori.
Genere: Generale, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altri, Asahi Azumane, Nuovo personaggio, Ryuunosuke Tanaka, Yuu Nishinoya
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Autore: Codango
Storia originale: And yet here you are

~

Asahi lasciò cadere il borsone sul pavimento accanto al divano. Tirò fuori il cellulare dalla tasca della giacca e lo fissò.
Chiamalo. Adesso, subito, più ci pensi più sarà penoso.
Selezionò il numero di Nishinoya. Fissò quel ciuffo bruno con la ciocca bionda e il solito sorriso spavaldo. I suoi occhi si concentrarono sulle labbra di Noya. Erano sul suo collo solo la sera pri–
Asahi gettò il cellulare sul divano e si precipitò in bagno. Quella telefonata poteva aspettare. Meglio fare prima una doccia. Senza dubbio gli sarebbe venuto qualcosa di geniale da dire al telefono mentre era sotto il getto dell’acqua.
Avrebbe preparato la cena, decise insaponandosi i capelli. Doveva solo andare a comprare patate e carote, e avrebbe messo insieme un curry decente.
“Ehi”, provò mentre si asciugava. “Ehi, ho della roba che dev’essere consumata. Dovresti venire a mangiare un po’ di curry, ne ho fatto decisamente troppo.”
E poi – Asahi tornò al divano, con l’asciugamano intorno ai fianchi. E poi, forse posso prendere della birra. E poi gli dirò, ecco...
Strinse il cellulare tra le dita.
Sai... noi...
...
Io...

“Aaaaaaughhh!” Asahi compose il numero di Nishinoya e si portò il telefono all’orecchio, fissando il soggiorno con uno sguardo truce. Si morse il labbro mentre il telefono squillava. E squillava. E continuava a squillare.
E cazzo, no, non lascio un messaggio. Asahi cominciò a camminare avanti e indietro, strattonandosi i capelli umidi. Non sono assolutamente pronto a lasciare un messaggio. Adesso riattac–
“Asahi-san!”
“N–Noya!” Asahi si lasciò cadere seduto sul bracciolo del divano. “Io... hai risposto!” Ma che bravo, Capitan Ovvio.
“Già, ero tipo a lezione”, ridacchiò Nishinoya.
Asahi socchiuse le palpebre. “Eri a lezione?”
“Beh, non posso mica rispondere mentre sono in aula! È da cafoni, Asahi-san.”
“Sei uscito per rispondere al telefono.”
“Mm. Il prof sembrava un po’ incavolato, ma ho detto che era il mio medico e così sono uscito.”
Asahi si passò una mano sul viso. “Il tuo medico. Noya, non ci crederà nessuno.”
“Ma in un certo senso è vero”, protestò Nishinoya. “Tu sei una specie di medico, no?”
“Non sono per niente un medico! La medicina sportiva è una disciplina molto–”
“Sì, vabbé, per quale motivo mi hai chiamato?”
“...Oh.”
“Voglio dire, mi sentirei un po’ stupido ad aver piantato la lezione solo per sentirmi dire che hai trovato un video su un gatto o qualcosa del genere.”
“Non ti chiamerei mai solo per questo.” Asahi sentì un sorriso nascergli sulle labbra.
“Ma se mi hai mandato un link giusto la settimana scorsa.”
“Esatto. Io mando solo link dignitosi.”
“Asahi-saaaaaannnnn.”
Asahi deglutì. “Giusto. Ehm.” Si passò le dita fra i capelli, che restarono impigliate in alcuni nodi. “Vuoi, uhm, vuoi venire a cena stasera?”
Nishinoya restò in silenzio più a lungo del normale. Nel suo caso, circa tre secondi. “Beh, certo! Che ti va di fare?”
Asahi riprese a respirare. Questo era normale. Andavano sempre a cena loro due, poteva essere tutto normale. Almeno fino al dopo cena. Quando sarebbe accaduta la cosa più anormale che lui avesse mai– “Preparo il curry.”
Oh.” Nishinoya tacque di nuovo. “Ceniamo a casa tua, allora? Uhm. Sembra... fantastico! Uhm, devo portare qualcosa?”
Non è normale. Questo non è assolutamente normale, lo sa, cazzo, lui sa. Asahi chiuse gli occhi e alzò la testa al soffitto. “Uhm? Pensi di volere la birra?”
“Sì. È un sì. La porto io.” Un’altra pausa. “Oppure... uhm. Forse preferiresti il vino?”
Oddio. “Purché sia secco e rosso”, riuscì a rispondere Asahi.
“Grande.” Adesso la voce di Nishinoya sembrava più cauta del solito, ma c’era definitivamente un sorriso in essa. “Grande. Allora ci vediamo, ehm– a che ora?”
“Ah.” Asahi guardò velocemente l’orologio sul cellulare. “Alle sette?”
“Alle sette! Fantastico! Perfetto! Sono eccitatissimo, non vedo l’ora, meglio che torni in classe, a dopo!”
Asahi fissò il telefono. Non aveva mai dovuto spingere un masso su per una collina, ma immaginava che facendolo ci si doveva sentire come si sentiva lui in quel momento.

~
 
Nel tempo che Asahi passò a contemplare la cassetta delle patate, i suoi capelli si asciugarono completamente.
Patate, carote. Il riso ce l’ho. Non ho visto se ho il latte di cocco, forse dovrei prenderlo– aspetta, ce l’ho la carta igienica?
Girò un angolo e andò a sbattere contro una dura spalla.
“Azumane!”
“Kuroo! Scusa, ero, ehm. Un po’ distratto.” Asahi sorrise, imbarazzato.
Kuroo aveva una cassa di birra sotto un braccio e nell’altra mano una grossa busta di patatine. Sorrise indicando con la testa il cesto di Asahi. “Verdure fresche, eh? Noya è super eccitato per la serata.”
Asahi sentì il rossore risalirgli lungo il collo. “Tu, ah... te l’ha detto?”
Il sorriso di Kuroo si fece ancora più malizioso. “Vuoi scherzare? L’ha scritto a tutta la squadra. Credo che Oikawa gli abbia consigliato di mettere una cravatta. Non c’è di che.”
“Una cravatta.” Asahi si guardò i jeans. C’era un buco in entrambe le ginocchia.
“Ehi”, disse Kuroo, tornando serio. “Non arrovellarti troppo. Stai da Dio.”
“Indosso una felpa.”
“Ma è pulita, no?”
Asahi sospirò. “Che sto facendo?”
“Prepari una cenetta per un ragazzo che è cotto di te. Adorabile. Guarda, mi hai ispirato.” Kuroo sollevò le patatine e le birre.
Asahi alzò un sopracciglio. “Quella non è la tua cena.”
“Uhm?” Kuroo occhieggiò le patatine. “Beh, intendevo tenerle da parte per il weekend, ma in tutta onestà mi sa che non arriveranno all’ora di pranzo di domani.”
Asahi sorrise suo malgrado. “Che succede di tanto speciale nel weekend?”
“Oh-oh.” Kuroo si sporse verso di lui con fare cospiratorio. “Una giovane e promettente recluta sarà ospite della nostra squadra. Forse lo conosci – alto, biondo, occhiali, odia il mondo?”
Asahi rimase a bocca aperta. “Tsukishima? Voi ospitate Tsukishima. Questo weekend.”
“In effetti, ho detto ‘odia il mondo’ ma in tutta onestà è un errore imperdonabile”, rifletté Kuroo. “Più che altro, ‘ crede che il mondo sia stupido e cerca di tollerarlo’.”
“Voi... siete rimasti in contatto?” farfugliò Asahi. Tsukishima, che stava da Kuroo. Per il weekend. Al campus. Decise fermamente che per quel weekend non sarebbe assolutamente andato a nessuna festa.
“No, no.” Kuroo si appoggiò la cassa di birre su un fianco. “Il coach ha chiesto se c’erano volontari per ospitare la recluta, ho riconosciuto il nome e non ho saputo resistere. Per questo sto facendo provviste.”
“Ah.” Asahi si inumidì le labbra. “Uhm. Sai, forse dovresti aggiungere delle fragole o roba simile? Cibo vero, insomma.”
“Ooh.” Kuroo gli scoccò un’occhiatina di sbieco. “Consigli da un vecchio senpai, eh? Le fragole sono di qua, giusto?” S’incamminò verso la corsia. “In bocca al lupo per stasera, Azumane! I preservativi sono sullo scaffale quattro!”
Asahi si disse che non avrebbe avuto problemi a guardare in faccia la cassiera quando sarebbe venuto il suo turno di pagare, ma venne fuori che si sbagliava.

~
 
Asahi assaggiò il curry per la decima volta. Era buono, buonissimo. Si costrinse a non aggiungere altre spezie. Se s’innervosiva troppo, lo avrebbe rovinato.
Si era già arrovellato abbastanza sulla musica. Non ne aveva mai messa durante le visite di Nishinoya, ma aveva letto che della musica di sottofondo durante una festa aiutava a dissipare i silenzi imbarazzati. Quella non era una festa, ma quasi sicuramente ci sarebbe stato dell’imbarazzo, no?
Gli ci erano voluti solo venti minuti per decidersi sulla stazione. E aveva trascorso la successiva mezz’ora a spegnere e riaccendere lo stereo prima di alzare le mani e lasciarlo acceso.
Si era tenuto i jeans strappati, ma aveva cambiato la felpa con una camicia a tessuto scozzese. Gli sembrava più sicura.
Si aggrappò al bancone della cucina e fissò la pentola fumante. Non sopravviverò a questa cosa. Di sicuro non sopravviverò a–
Una bussata entusiastica alla porta gli scatenò un brivido in tutto il corpo.
“Asahi-saaaaaan!”
Asahi deglutì rumorosamente, si passò le mani nei capelli – li aveva lasciati sciolti – e si affrettò alla porta.
Nishinoya non indossava una cravatta. Grazie al cielo. Probabilmente però era opera del diavolo se indossava una t-shirt con sopra stampato il logo di una band sotto una giacca attillata e calzoni di tela neri.
Era troppo tardi per rifugiarsi in camera sua e cambiarsi i jeans, vero?
Nishinoya sollevò una bottiglia di vino come fosse stata un trofeo. “Uno dei ragazzi mi ha consigliato questo! Ha detto che è eccezionale, così ho pensato che avremmo dovuto provarlo.” Entrò nell’appartamento e si tolse gli stivaletti come fosse la cosa più naturale del mondo.
Asahi si aggrappò a quel frammento di conversazione. “Fammi indovinare: Oikawa?”
“No.” Gli occhi di Nishinoya si accesero. “È stato Aone-san. Vuoi farlo parlare? Vai sul cibo, cibo buono intendo. Diventerà rapsodico su umami-questo e besciamella-quest’altro e sous-vide-come diavolo si chiama.”
“Rapsodico?” Asahi non riusciva neanche a immaginare quel gigante dire qualcosa di più di un saluto formale.
“Almeno due frasi, non scherzo.” Nishinoya gli mise in mano la bottiglia di vino ed entrò in cucina. “Wow, amico, che profumino!”
“Il riso sarà pronto fra un paio di minuti”, promise Asahi. Lo seguì, posò la bottiglia sul bancone e si mise a cercare il cavatappi. Sapeva di averlo, solo non apriva una bottiglia di vino da–
Due esili braccia gli si avvolsero intorno allo stomaco. Le mani di Asahi si immobilizzarono dentro il cassetto; sentì che Nishinoya gli appoggiava la fronte sulla schiena.
Ci fu un istante di attesa. Un istante in cui Asahi seppe che nessuno di loro sapeva cosa sarebbe successo dopo. Sentiva il sangue ruggirgli nelle orecchie.
Le dita di Nishinoya si flessero, la stretta delle braccia si allentò. Asahi vi poggiò sopra una mano per impedire loro di lasciarlo.
Nishinoya si appoggiò alla sua schiena con tutto il peso, sospirando. “Mi sei mancato”, mormorò.
Ad Asahi venne da ridere. “Ci siamo visti appena ieri.” Si girò nel suo abbraccio e si appoggiò al bancone. “Tipo, per ore.” Intrecciò le dita dietro la schiena di Nishinoya e wow, sembra così facile.
Nishinoya si aggrappò alla parte anteriore della sua camicia. Non lo guardava negli occhi, il che era insolito per lui. “Lo so”, borbottò.
Andrà... bene. Asahi non sapeva ancora a cosa Nishinoya stesse pensando. Non ne aveva la più pallida idea. Ma all’altro quella situazione sembrava star bene, perciò...
E se questo fosse tutto ciò che vuole? No, smettila, non puoi pensare a questo, devi prima chiederglielo. Ma chiedere fa schifo! Ommioddio, Asahi, vuoi deciderti una buona volta a–
Nishinoya si scostò da lui e Asahi lasciò ricadere le braccia, sorpreso. “Allora!” disse allegramente il ragazzo. “Mangiamo, eh? E voglio un bicchiere di quello, tipo, adesso.”
Asahi batté le palpebre. Aveva pensato – beh, era a tanto così dall’aver– “Sì. Sì, prendi le ciotole, ti spiace?”
Tornò a cercare il cavatappi, lo trovò e si volse per prendere il vino. E rimase lì impalato.
Nishinoya, in punta di piedi, cercava di raggiungere la mensola su cui Asahi teneva la sua modesta collezione di stoviglie. Con un ringhio di frustrazione, il ragazzo si riabbassò, si tolse la giacca e riprovò. La t-shirt gli si tirò su mostrando una schiena muscolosa. Le sue braccia erano sottili ma accidenti che bicipiti...
Asahi si morse un labbro per impedirsi di scoppiare a ridere mentre Nishinoya tirava giù le ciotole, con un sorriso soddisfatto. Doveva essergli sfuggito qualche suono, però, perché la testa di Nishinoya scattò dalla sua parte.
“Ehi! Avresti anche potuto aiutarmi invece di star lì a ridere, eh! Gigante del cavolo”, brontolò.
“Non voglio che tu mi tenga intorno solo perché sono alto”, lo prese in giro Asahi. Andò in soggiorno con il vino e due bicchieri per dissipare il rossore.
Nishinoya lo seguì in silenzio. Mise giù le ciotole e due cucchiai e si sedette al basso tavolo. Bevve cautamente un sorso del vino che Asahi aveva già versato.
Quel silenzio improvviso era pesante e anche un po’ snervante. Asahi si passò le mani sui jeans. “Vado a prendere il cur–”
“Asahi-san.”
Asahi, che era già arrivato alla porta della cucina, si girò.
Nishinoya strinse le mani a pugno sulle ginocchia e tirò le labbra in una linea sottile. “Potresti, uhm. Prima. Potresti sederti un attimo... per favore?”
Asahi non riusciva a dire se quel che sentiva nello stomaco erano farfalle svolazzanti o un macigno pesante una tonnellata. Si schiarì la gola. “C–certo.”
“Sul divano va bene”, suggerì Nishinoya.
Asahi si leccò le labbra e sedette sul bordo del divano, i gomiti poggiati sulle ginocchia e le mani incrociate. Sta’ calmo, calmo, per l’amor del cielo, stai calmo.
Nishinoya gli si avvicinò camminando sulle ginocchia, riducendo un po’ la distanza fra loro. Sembrava impallidito, gli occhi enormi, le spalle tese. Tornò a sedersi sui talloni, in quella stessa posizione stranamente formale.
“Asahi-san, io– non voglio incasinare qualunque cosa tu abbia in mente per, uhm, per questo.” Gesticolò verso il tavolo apparecchiato per la cena. “Ma–” Si lasciò sfuggire una risatina nervosa. “Devo dirti una cosa e se non te la dico adesso sento che esploderò. Oppure Tanaka entrerà correndo da quella porta o qualcosa del genere.”
Asahi si strofinò le mani, cercando di cancellare la sensazione di appiccicaticcio.
“Tu mi piaci un sacco.” Nishinoya sostenne il suo sguardo e deglutì rumorosamente. “Cioè, proprio un sacco, ok? Mi piaci da tanto, tantissimo tempo e non avevo intenzione di dire niente, avevo intenzione di lasciarti... sperimentare le tue preferenze, quali che fossero, solo che non sapevo proprio quali fossero queste preferenze perché tu non avevi mai detto se ti piaceva qualcuno, perciò io... gah, ero felice anche solo che tu avessi voglia di passare del tempo con me, ma poi ho vinto una borsa di studio per questa università e ho cercato di esserne contento comunque, solo che poi–” Trasse un respiro profondo e lo rilasciò. “Sono arrivato qui e tu eri... ancora più... beh, è stata dura, ok? Ma ho cercato di fare in modo che tutto fosse come prima tra noi, e poi tu...” Nishinoya sorrise, un sorriso piccolo, felice e bellissimo. “Tu mi hai b–baciato. E così ho pensato che. Uhm. Forse dovevo. Dirtelo. Finalmente.” I suoi occhi corsero sul pavimento, poi su Asahi, poi di nuovo sul pavimento. Dove rimasero.
Asahi inspirò a fondo. E si prese il ragazzo tra le braccia, sdraiandosi sul divano con lui in un unico movimento fluido. Serrò le palpebre e si concentrò sulla respirazione.
Nishinoya emise un urletto di stupore.
Asahi lo abbracciò più stretto e immerse il naso nei suoi capelli. Avevano un profumo come di colonia. Frondoso e fresco. Accidenti. Accidenti, è molto più figo lui di me. Sentì un bruciore negli occhi e si sforzò di non mettersi a piangere. Non credeva di riuscirci.
“Asahi... san?”
“Non ho mai avuto preferenze.” Asahi odiava che la sua voce tremasse. “Non ho mai... v–voluto nessuno... beh, non così.” Mise una mano sulla spalla di Nishinoya, vagamente sorpreso a come la contenesse per intero. “Amo stare  con te.” Questo lo sapeva. Era facile. “Voglio stare con te.” Anche questo era facile. “Per favore.”
Dio, suona così patetico dopo il discorso di Noya–
Nishinoya si agitò nel suo abbraccio finché Asahi ritirò le mani, sorpreso. Il ragazzo gli si mise a cavalcioni, lo afferrò per il colletto della camicia e poggiò la fronte contro la sua. Asahi chiuse un occhio per focalizzarlo meglio. Il sorriso di Nishinoya era enorme.
“Per favore è la formula magica”, disse a voce bassa. “Azumane Asahi, mi duole informarti che da questo momento in poi sei mio.”
Asahi trattenne il respiro. “O–ok”, gracchiò.
Con un sospiro, Nishinoya gli prese il viso con entrambe le mani. “”, e coprì la sua bocca con la propria.
Asahi cercò di ingoiare il resto delle lacrime – alcune erano scappate fuori, dannazione – e appoggiò le mani sui fianchi dell’altro ragazzo. Amava anche solo stare con lui ma, cazzo, amava anche questo. Le labbra di Nishinoya contro le proprie, il suo respiro sulla sua bocca. Il lieve sapore del vino era molto meglio di quello del ramen dei baci della sera prima. E di quelli della sera prima ancora.
Asahi inclinò la testa per avere un’angolazione migliore e fece scorrere le dita sulla maglia di Nishinoya, avvertendo al di sotto i muscoli compatti e la spina dorsale flessuosa. Con un lieve gemito, Nishinoya strinse le ginocchia contro le sue costole.
Tenendo una mano sulla sua schiena – ma dove le trovava quelle t-shirt così morbide? – Asahi gli fece sollevare il mento con l’altra e poggiò le labbra sul suo collo. Aveva un profumo fantastico.
Nishinoya rabbrividì e strinse la sua camicia tra i pugni. “Asahi”, sospirò. Allargò un po’ le gambe, appoggiandosi con tutto il peso sul suo inguine.
Asahi gemette contro il suo collo, e premette la mano sulla parte bassa della sua schiena. Non troppo forte, solo... se Nishinoya voleva stargli più vicino, allora...
Nishinoya restò senza fiato. “Caaaaazzo.” Lo afferrò per i capelli e lo tirò a sé per un altro bacio.
Asahi non credeva che sarebbe riuscito a riaprire gli occhi almeno per una settimana. Si stava sciogliendo, stava trasformandosi in una pozza di miele, una pozza di miele che andava a fuoco. Le sue mani continuarono a scendere, le dita trovarono l’orlo di quella maglia così morbida. Wow, la pelle di Nishinoya era... beh, com’era una pelle di solito, calda e liscia e tutto il resto, ma era la pelle di Nishinoya ed era incredibile. Le dita di Asahi cominciarono a tracciare il profilo di quella spina dorsale così sexy.
Woah, ok, ah.” Nishinoya interruppe il bacio e gli afferrò la mano.
Asahi sentì una fitta di panico farsi strada nella nuvoletta soffice che lo avviluppava. “Che c’è? Non è... n–non ti piace?”
“Un secondo.” Nishinoya appoggiò di nuovo la fronte contro la sua. “Scusa, io–” Rise tra un ansito e l’altro. “Asahi. Forse dovremmo... uhm.” Chiuse gli occhi. “Non voglio affrettare troppo le cose, capisci? E, uhm, dovremmo. Fermarci. Probabilmente dovremmo, ehm. Sta diventando un po’...” Lasciò l’ultima frase in sospeso.
Una parte di Asahi – una in particolare – urlava di voler continuare, grazie tante. I pantaloni aderenti di Nishinoya, quella sua t-shirt così morbida, i suoi occhi dorati che lo guardavano in quel modo. Cazzo, no, Asahi non voleva fermarsi.
Un’altra parte – una parte molto grande, ben nascosta dentro di lui – si dibatteva e diceva, sì ti prego, ci stiamo facendo trasportare e sta diventando un po’ troppo in una volta sola, perciò, sì, se non ti dispiace.
Con un gemito, Asahi prese il volto di Nishinoya tra le mani. Lo baciò ancora una volta, dolcemente. “Sei troppo intelligente; lo odio.” Ma ritirò del tutto le mani e osservò Nishinoya che si rimetteva seduto sui talloni.
Nishinoya inclinò il capo e lo guardò. Sulle sue labbra aleggiava un piccolo sorriso. “Dio, sei così– ehi.” Si raddrizzò, annusando l’aria. “Non senti odore di bruciato?”
“...Oh, MERDA!”
Riuscirono a salvare buona parte del curry. Abbastanza per la cena, almeno. Ma la pentola, francamente, era rovinata. Nishinoya lo convinse a buttarla via e a non pensarci più.
  
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