Film > Le 5 Leggende
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Autore: Roiben    23/02/2017    1 recensioni
Ancora poco, solo qualche metro, e infine sarà libero.
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«Tu chi sei?»
«Boogeyman, e tu?»
«Katherine»
Genere: Angst, Fantasy, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Emily Jane Pitchiner, Kozmotis 'Pitch' Pitchiner, Nuovo personaggio, Pitch
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'La Strada Verso Casa'
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capitolo 44 – Segni




«Pitch» mormora Katherine delicatamente.


La voce della bambina sembra essere in grado di riscuoterlo parzialmente e farlo momentaneamente tornare alla realtà.


«Mh» soffia appena in risposta.


La guancia di Katherine è ancora appoggiata al petto di Pitch. Non riesce a decidersi a muoversi, spaventata all’idea che il suo cuore smetta nuovamente di battere.


«Come… Come ti senti?» chiede, cauta.


Lo osserva, pensierosa, lottare per aprire gli occhi, prima, e la bocca, dopo. Ma nessuna delle due azioni sembra avere successo. È piuttosto ovvio che non sia in condizione di muoversi da lì, al momento.


Katherine ci ha riflettuto parecchio ed è giunta a una conclusione: è necessario che si allontani per cercare aiuto. Da sola, allo stato attuale delle cose, non c’è altro che possa fare.


«Pitch» bisbiglia vicina al suo orecchio. «Lo so che non puoi rispondermi. Ascolta e basta, d’accordo?».


Un minuscolo, esitante cenno del capo le dice che lui l’ha sentita e la sta ascoltando. Sospira: a lui non piacerà affatto la sua idea, ma Katherine non ne ha altre, ora come ora.


«Non posso stare qui con te, questa notte. Ma non posso nemmeno lasciarti da solo. E tu… non ti puoi muovere. Quindi…». Si mordicchia un labbro, nervosa, poi tenta il tutto per tutto. «Vado a cercare aiuto» spara, tremando come una foglia.


Le ciglia di Pitch fremono. Ha chiaramente percepito il suono del suo cuore cambiare ancora, fino a divenire simile a quello delle ali di un colibrì. Lo sente tremare, sotto di sé, probabilmente nell’inutile sforzo di muoversi, di fare qualcosa, qualunque cosa. Nel momento in cui il respiro diviene affannoso, trasformandosi in rapidi singulti frammentati, Katherine, spaventata, si aggrappa alle sue spalle e preme la fronte sul suo collo.


«Ti prego, non fare così, Pitch. Io… non so cosa fare, non… Per favore» supplica, notando tuttavia che nulla sembra placare l’agitazione dello spirito, nulla a parte… Solleva appena il viso, sfiorando con le labbra screpolate il padiglione auricolare. «Io ho paura, Pitch» ammette suo malgrado.


Il corpo dello spirito si irrigidisce improvvisamente. Sembra perfino aver smesso di respirare. Schiude le labbra e lentamente le muove, ma nessun suono ne esce. La bambina le osserva con più attenzione e, sorpresa, si rende conto che il loro movimento forma sempre la stessa parola: Katherine.


«Ti prometto che tornerò, Pitch. Te lo prometto. Tornerò e mi farò perdonare. Lo giuro, lo giuro» soffia Katherine, stringendosi a lui e stritolandolo nelle sue braccia.


Posa un piccolo bacio sulla sua gota spigolosa poi, onde non correre il rischio di cambiare idea, si scosta velocemente e riprende una corsa interrotta molto tempo prima, questa volta nella speranza di poter fare ritorno con l’aiuto necessario.



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La mente di Pitch è confusa, i pensieri pesanti, i concetti sfuggono prima di venire afferrati, la ragione è qualcosa di impalpabile, perfino la paura fatica ad attecchire come un seme piantato nell’arido deserto.


Ha provato più volte ad aprire gli occhi, ma quelli si ostinano a rimanere chiusi, relegandolo nell’oscurità, nonostante sia a tratti consapevole che là fuori, oltre il velo sottile delle palpebre, si trovi la rassicurante luce del sole.


Katherine, il suo unico appiglio sicuro alla realtà, non è più vicina a lui. Quando ha annunciato che si sarebbe allontanata per cercare qualcuno che potesse aiutarli, il panico più puro è dilagato in lui, sommergendo ogni altro pensiero razionale. Nonostante tutto, lei è in qualche modo riuscita a rassicurarlo che avrebbe fatto ritorno.


Eppure ora, da solo, ha l’impressione di affogare nelle buie profondità di un luogo senza confini definiti. Un luogo così simile a quello dei suoi incubi più realistici da fargli pensare che non ne uscirà mai più.


Il rassicurante tepore di Katherine gli manca così tanto.



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Katherine non sa come riuscirà a trovare ciò che sta cercando. Ma se ha imparato qualche cosa da quando conosce Pitch, quel qualcosa è che bisogna crederci, crederci sul serio. E lei ci crede, con tutta sé stessa, ne ha bisogno, è qualcosa che sente distintamente dentro di sé e che guida i suoi passi, rischiarando per lei la strada giusta.


«Ti prego, per favore, ho bisogno di un segno» mormora, concentrata, senza mai smettere di correre.


Il sole è alto e si riflette scintillante sulle vetrine di fronte alle quali passa, procedendo nella sua ricerca. All’improvviso si blocca di fronte a una di quelle vetrine; non è ciò che si trova dietro ad aver attirato la sua attenzione, ma quello che riflette: il tetto spiovente di un palazzo più alto degli altri, e sopra… Katherine si fa più vicina, osservando meglio il riflesso, poi sgrana gli occhi e spalanca la bocca.


Velocemente si volta verso il palazzo riflesso. Lassù, in cima al tetto aguzzo, c’è qualcosa, qualcosa che sembra tendere quasi disperatamente verso il cielo, qualcosa che richiama il colore stesso del cielo, ma in modo più sgargiante.


«Eccolo!» esclama su di giri.


Sì, dev’essere quello il suo segno, ciò che cercava con tanto accadimento. Ma come raggiungerlo? Riprende a correre, questa volta con una meta precisa: il tetto di quel palazzo e ciò che vi si trova sopra.


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Il palazzo, alla fine, lo ha trovato. Ci ha messo quasi mezz’ora per scovarlo, fra un dedalo di vie e l’altro, ma in quel momento lei si trova proprio di fronte alla sua entrata, ansimante e sudata per la fatica. Sbuffa, pensando che, accidenti, il suo segno poteva pure scegliersi un posto con meno scale da salire!


«O con un ascensore che funziona» inveisce, dopo averlo scoperto guasto.


Quando si dice la sfortuna. Katherine si rassegna a farsi tutte quelle scale a piedi e si augura che, nel frattempo, qual cavolo di segno non si stanchi di aspettare e se ne vada a far da segno a qualcun altro.


«Oh, questo no! Non ci provare!» borbotta tra una rampa e l’altra.


Dopo la bellezza di un altro quarto d’ora abbondante, finalmente raggiunge la cima dell’edificio e solo per pura forza di volontà non stramazza a terra priva di sensi. Invece arranca verso la porta che, spera, conduca alla terrazza e… Sorpresa: è chiusa a chiave.


Katherine ringhia, pestando i piedi per terra, pericolosamente vicina all’esaurimento nervoso. Per fortuna, sua e del suo sistema nervoso, nota delle grosse finestre alla fine del corridoio. Magari non potrà salire sul terrazzo, però forse riuscirà a vedere fuori e, con un po’ di fortuna, a scorgere quel maledetto segno così elusivo.


Con un diavolo per capello, macina il resto del corridoio e, aggrappandosi alla prima maniglia a portata di mano, spalanca una finestra e, freneticamente, si guarda intorno.


Sta quasi per gridare dalla frustrazione per non aver ancora visto un accidenti, quando scorge un brillio blu sopra la sua testa. Spalanca la bocca, sconcertata, fissando quel maledetto segno: ha le ali! Ali blu!


«Ehi, tu!» strilla con poca grazia.


Quello però nemmeno si accorge del suo richiamo. Forse il suono del vento, lassù, è troppo forte. Beh, col cavolo che rinuncia, giunta a quel punto.


«EHI!» grida ancora più forte, sbracciandosi nella speranza di essere vista.


E in effetti, qualunque sia la natura del suo segno, alla fine abbassa lo sguardo e la vede. Per un lungo momento si fissano senza fare assolutamente nulla, entrambi apparentemente troppo sorpresi per la presenza l’uno dell’altra. Poi il segno in cima al tetto spalanca gli occhi, sbigottito.


«Tu puoi vedermi?».


Katherine lo fissa ancora, stranita, poi sospira. “Ci risiamo” pensa, scuotendo la testa sconfortata.



"Promettiamo secondo le nostre speranze, e manteniamo secondo i nostri timori." (François de La Rochefoucauld)


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"Se continuerai a camminare le strade si apriranno." (Welcome to the NHK)


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"Noi possiamo trasformare la disperazione in speranza, e questa è una magia." (Leo Buscaglia)






  
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