Gli occhi di Alice si aprirono di
scatto.
Un certo istinto remoto la mise in
guardia; c'era
qualcosa che non andava.
Mettendosi a sedere lentamente,
Alice si avvolse la coperta consumata
intorno al corpo, e alzò gli occhi.
Le due forme oscurate si
concentrarono di scatto allo stesso tempo,
quando interruppero il loro dialogo sussurrato. Alice
strizzò gli occhi e...
Arrossì fino alle radici
delle sue trecce bionde.
Che
spettacolo con cui svegliarsi.
Alice si mise seduta dritta,
annuendo solennemente a suo suocero. Era
imbarazzata per essere stata colta in
flagrante, per così dire, ma si sforzò
di non farsi piccola piccola per il
timore.
Uncas la guardò con
ansia, con la bocca impostata in un'espressione
seria. Sembrava essere senza parole a questa svolta degli eventi.
"Buongiorno, Chingachgook," disse
Alice, con la voce
gutturale per il sonno. "Qualcosa non va?"
Gli occhi scuri di Chingachgook
intersecarono il suo figlio
silenzioso. Ci fu una pausa aspra. Aggrottò la fronte quasi
impercettibilmente,
mentre guardava Uncas. Alice guardava con apprensione padre e figlio,
le sue
dita sottili afferravano la coperta inflessibilmente.
"Andrai dagli Stewart ora, Alice,"
Uncas disse questo con
calma, con lo sguardo sconvolto. "Ti lascerò lì e
poi andrò con mio
padre."
Alice si scoraggiò.
"Dov'è Nathaniel?" insistette, con i
precedenti timori che crescevano dentro di lei.
Chingachgook non era dell'umore
adatto per gingillarsi e indugiare.
"Vieni. Dobbiamo andare."
Si voltò per andare, per
darle il tempo di vestirsi, quando fece una
pausa. Senza guardare nessuno dei due, Chingachgook disse a voce bassa.
"Gli Yengeese a Letort hanno
condannato a morte il mio figlio
bianco nel giro di 5 giorni."
Alice guardò velocemente
Uncas, poco sicura di aver capito bene.
Rimase a guardare, scioccata, in preda all'orrore. Il forte guerriero,
che Alice
era arrivata ad amare e di cui si fidava, guardava in basso verso il
pavimento della
casa in legno, e strizzò gli occhi chiusi.
"E' impossibile!"
sussurrò Alice, alzandosi in piedi
frettolosamente. La coperta scivolò giù in basso
sul suo corpo, scoprendole le
spalle bianche. Alice ignorò questo. Cercò la
sagoma di Chingachgook.
"Condannato per cosa?"
"Sedizione. Tradimento,"
Chingachgook replicò, con la voce
piena di collera.
Alice stava barcollando per
quest'informazione. Per questa terribile
notizia che le diede l' impressione di essere in extremis.
Non
può essere. Non ora. Non così. Non Nathaniel.
Il dolore e il panico scossero
Alice fin dentro l'anima. Non lo avrebbe
accettato. Non avrebbe potuto. Era Nathaniel dei Mohicani. Era La Longue Carabine. Non poteva morire e
lasciare sua sorella vedova, lasciare la famiglia distrutta, a pezzi.
"Cosa faremo, Padre?" chiese Uncas
con una voce uniforme.
"Sì, cosa possiamo
fare?" chiese Alice frettolosamente.
Le sopracciglia di Chingachgook si
incresparono di scatto,
bruscamente, e Alice tremava lievemente. L'anziano uomo aveva
quell'espressione
sulla faccia quando la sua collera veniva provocata.
"Non ci saresti di nessun aiuto. Ci
ostacoleresti," disse
Chingachgook brevemente.
Alice si sentì calda in
volto per la svalutazione. Tuttavia sentiva
che non poteva rinunciare completamente, non quando una così
cara vita era in
gioco.
"Sono cresciuta in mezzo agli
ufficiali," replicò Alice
delicatamente. "Conosco le leggi militari inglesi."
"No," Uncas intervenne rapidamente,
con la faccia più
posata. "Ti porterò dagli Stewart."
Alice fissò Uncas.
Quest'uomo, il suo giovane marito. Alice sapeva
cosa stesse pensando. Non si era concessa a lui soltanto con il corpo.
Il
legame tra loro andava oltre il lato fisico. La ragazza riusciva a
leggere i
suoi pensieri; stavano succedendo troppe cose - mia
moglie. Mio padre. Il mio unico fratello.
"Ma io..." gli occhi di Alice si
muovevano tra padre e
figlio. Il risentimento le crebbe nella gola, anche se cercava di
contenerlo.
Ora era una moglie, lo sapeva. Ma non sarebbe ritornata a essere una
vittima
indifesa o una spettatrice. Non poteva.
La voce di Uncas era decisa.
"Vestiti, Alice. Veloce."
Gli occhi di Chingachgook
sembravano cavernosi nel suo volto rugoso.
All'inizio Alice lo guardò in modo esitante, ma la sua
cautela era massima, più
di ogni altra cosa. Come era stato nei mesi precedenti, Alice
sentì crescere la
propria determinazione, a poco a poco, finché
incrociò fermamente gli occhi di
Chingachgook.
Non
sono inutile.
Chingachgook incrociò lo
sguardo di Alice, inflessibile.
Gli uomini uscirono fuori in
silenzio per darle il tempo di vestirsi.
Alice si accasciò sul letto, togliendosi la coperta dai
piedi, incurante di
avere addosso la sottoveste semi-trasparente. Non gliene importava
nulla,
perché il mondo che aveva conosciuto l'anno scorso, la vita
che era riuscita a
costruirsi dalle macerie e dal sangue, tutto stava crollando ai suoi
piedi.
Alice sentiva che il suo cuore
cominciava a spezzarsi.
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La mano di Uncas era fredda mentre
loro si precipitavano attraverso il
bosco, con Alice che stava facendo del suo meglio per non mostrare la
sua
stanchezza. Sebbene il suo corpo si fosse abituato abbastanza al duro
rigore
della vita di frontiera, era difficile per Alice tenere il passo con un
abile
corridore come Uncas. Era determinata a non farlo rallentare.
Allungando il collo in su, Alice
guardò il sole strizzando gli occhi e
pensò che dovesse essere metà mattinata. Avevano
mantenuto un passo svelto per
diverse ore, fermandosi una volta su insistenza di Uncas,
così che Alice potesse
bere un po’ di acqua dal suo otre. Era una fresca, bellissima
giornata.
Alice aveva guardato nella sua
direzione diverse volte. Nella sua
posizione eretta e nella sua bocca a linea retta - così come
quelle di suo
padre - Alice percepì il desiderio di Uncas di rimanere in
silenzio.
Le dava la colpa?
Alice sentì un senso di
nausea crescerle nella pancia. Il suo gusto
acre le fece emettere un respiro tremante. Che
succederà a Nathaniel? E a mia sorella? Che ne
sarà della mia nuova famiglia?
Mi incolpano? Uncas mi odierà? E Chingachgook? Lui -
Uncas si fermò
così improvvisamente che Alice ebbe appena il tempo di
reagire. Con un sussulto, Alice comprese che si trovavano di fronte a
un fiume ondeggiante.
Lei era a pochi passi davanti a Uncas, con il braccio allungato
all’ indietro,
mentre Uncas le stringeva la mano saldamente.
"Sediamoci," fu la sua richiesta
calma.
"Riposati."
Alice scosse la testa, arzilla.
"Non sono stanca."
Uncas inarcò un
sopracciglio nero. "Siediti per un po', Alice.
Quando ti sentirai più riposata, potremo continuare a
camminare."
Per qualche ragione misteriosa,
Alice sentì un tremito di nervosismo a
quelle parole. Le facevano venire in mente qualcosa... qualcuno... un
altro
posto... Non prometteva nulla di buono.
Era troppo. Alice, già
nella morsa del senso di colpa e della paura,
impostò la mascella.
"Uncas," replicò a voce
bassa, "Sono abbastanza in
forma. Vorrei continuare a camminare. Non sono una bambola. Non mi
romperò."
Uncas la trascinò
gentilmente finché si misero a sedere sulla riva del
fiume; poi le tirò le braccia finché si
calmò.
Alice si sedette dritta come uno
scovolino, con i suoi lineamenti
irrigiditi.
Uncas guardò in silenzio
la sua nuova moglie, inespressivo. Alice non
poteva più sopportare ciò.
"E' colpa mia,"
sussurrò, abbassando la testa.
"No," replicò Uncas
immediatamente, prendendole la mano
fiacca. Alice sentì la bruciante nausea crescerle di nuovo
nella pancia.
"Invece sì!" pianse,
alzandosi in piedi all'improvviso.
"A causa mia, del mio arresto, Nathaniel potrebbe - potrebbe - "
"Non succederà, Alice."
Uncas avvolse le braccia strette
intorno ad Alice, stringendola vicino
al tepore del suo corpo. Comunque, lei percepiva un leggero tremito che
si
insinuava furtivamente attraverso il corpo magro di Uncas.
Era tutto così
maledettamente ingiusto, pensò Alice, abbattuta.
Nascose la testa nel tiepido posto in cui il collo e la spalla di Uncas
si
incontravano, inalando profondamente. La pelle di Uncas aveva il
profumo di
aghi di pino, anche del sapone aromatico di Millie, che probabilmente
si era
trasferito da Alice a lui.
Il giovane guerriero la tenne per
diversi minuti mentre ascoltavano il
fiume che ondeggiava.
"Non lascerò tuo
fratello morire," sussurrò Alice alla fine,
con la voce che si spezzò all'ultima parola.
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Alice fece un sospiro d'impazienza
mentre raddrizzava il chiodo sulla
staccionata che stava cercando di riparare. Con un uno sguardo torvo,
fece
oscillare il martello a granchio in modo secco nelle colonne coperte di
assi
che costituivano la staccionata circostante.
Il colpo del martello fece
sì che il chiodo scheggiasse il legno, e
prima che Alice lo sapesse, la tavola stessa si spaccò a
metà. Senza pensare,
tentò di raddrizzare velocemente la tavola con la mano
sinistra, e si lamentò
per un improvviso dolore bruciante.
Una scheggia.
Una dannata scheggia, lunga circa
quanto la metà del suo pollice, si
era piantata nella soffice, delicata pelle compresa tra il suo pollice
e
l'indice. Lasciando cadere il martello sull'erba con un tonfo, Alice
esaminò la
propria mano con un sussulto. Tentò di estrarre il
frammento, ma riuscì
soltanto a spingerlo dentro ulteriormente. Lo scavare più a
fondo fece sì che
un piccolo schizzo di sangue fuoriuscisse e le scorresse lungo il palmo
della
mano.
Alice si voltò per
andare lentamente nella casa degli Stewart. Si
avvolse la mano che pulsava, sanguinante nelle pieghe della sua gonna
color
crema. Il sole era splendente e l'aria era fresca e propizia, ma Alice
non era
dell'umore adatto per divertirsi.
Uncas l'aveva lasciata
là, nella fattoria degli Stewart il giorno
precedente. Non si era nemmeno fermato a parlare con le altre donne,
anche se
Alice sapeva che era pressato per il tempo. Le donne erano pazze di
gioia,
soprattutto Cora. Aveva abbracciato Alice e aveva continuato a
chiederle cosa
fosse successo, dove fossero gli uomini, e se ci fosse qualche
problema.
Persino dopo che Alice aveva fornito la propria versione abbreviata dei
fatti.
Tuttavia, Alice si sentì
addolorata. Era stata lasciata da sola con
Cora e Annabel, sola a dover essere l'unica a spiegare loro cosa fosse
successo
con Nathaniel.
E Alice era stata incapace di
farlo. Era codardia, si chiedeva mentre
si avvicinava alla porta della casa, o era compassione? Aveva cercato
rifugio
nella certezza di Uncas, secondo il quale avrebbero trovato un modo per
tirare
fuori Nathaniel da tutto questo. Quindi, con questa logica, aveva solo
detto
alle donne della casa che gli uomini erano stati al forte per un'altra
questione. Comunque, quella notte Alice non era riuscita a dormire.
Nelle ore
buie, calme della sera, Alice aveva pianto di fronte alla parete. Aveva
sentito
una pesantezza nel petto. Non c'era niente da fare -
Alice era stata lasciata indietro e
Nathaniel era in grave pericolo.
Aprì la porta e
gironzolò, diretta verso l'armadietto che conteneva
pomate e medicine.
"Va tutto bene, Alice?" chiese
Annabel dal suo posto accanto
al focolare, dove stava girando la cena di quella sera. Stufato di
coniglio o
qualcosa di simile, dal profumo allettante. Annabelle stava guardando
Alice
frequentemente da quando era arrivata, con i suoi perspicaci occhi
color
nocciola. Sentiva che qualcosa non andava, ma si stava trattenendo dal
farle
domande.
"Sì," replicò
brevemente Alice, aprendo l'armadietto e
rovistando con la sua mano libera.
"Cos'è successo alla tua
mano, sorella?" giunse la voce
preoccupata di Cora. Lasciò cadere una delle camicie di
calicò di Nathaniel che
stava rammendando, e avanzò lentamente verso la sua sorella
minore.
"Niente, Cora. Solo - una scheggia."
Cora cercò di esaminare
cautamente la mano di sua sorella, ma Alice si
divincolò. Presto trovò ciò che stava
cercando - una fiala di linfa presa da un
albero di pino, e un piccolo pacchetto contenente grasso di animale.
Uncas
gliel'aveva dato un po' di tempo prima, quando si era lamentata delle
zanzare.
Non che lo avrebbe usato tutti i giorni; tuttavia, il grasso era molto
utile.
Cora corrugò il naso
delicatamente. Non le era mai piaciuto l'odore
del grasso che gli Indiani usavano così regolarmente.
"Posso aiutarti?" disse Cora
provvisoriamente, mentre Alice
si mise a sedere a tavola in silenzio spargendo gli oggetti intorno a
sé.
"Ho solo bisogno di un ago..."
"Questo è più
veloce."
Ci fu un momento di silenzio. Con
un cenno del capo, Cora ritornò al
suo rammendo, lanciando un'occhiata speculativa ad Alice.
Passarono diversi minuti e Alice si
morse il labbro, concentrandosi
per cercare di estrarre la scheggia soltanto con l'unghia del suo
pollice.
"Prenderò un po'
d'acqua," Cora stava seduta dritta con un
sospiro, andando a prendere il secchio accanto alla porta.
Annabelle annuì
piacevolmente.
Una volta da sola con Annabelle,
Alice si chinò. Poteva percepire
l'altra donna che la osservava
costantemente; Alice riusciva quasi a sentire gli ingranaggi che
giravano nella
sua mente acuta; poteva sentirla formulare la sua inchiesta verbale.
Cora era sempre stata intelligente
e con i riflessi rapidi, ma
Annabelle era più unica che rara.
In pochi istanti, Annabelle si
sedette accanto a lei, tenendo il suo
pancione sporgente a debita distanza dal tavolo. Prese abilmente la
mano ferita
di Alice prima che lei potesse protestare, e le diede un rapido esame.
Manovrando e ruotando il palmo di Alice, Annabel premette la propria
unghia
nella pelle della ragazza. Non passò molto tempo prima che
la scheggia
cominciasse a uscire da sola.
Alice sorrise ad Annabelle,
gratificata.
Annabel si concentrò sul
suo lavoro. Poi -
"Cos'è successo?"
Quello fu tutto ciò che
chiese e Alice, sopraffatta da tutto ciò che
era successo negli ultimi giorni, si rifiutò di rispondere.
Annabelle alla fine tirò
fuori la dolorosa scheggia, e cominciò a
massaggiare la linfa sulla pelle di Alice.
"Avresti dovuto immergere la mano
nell'aceto prima," Annabel
la rimproverò tranquillamente.
Alice espresse il suo assenso,
esaminando la donna.
"Alice, nessuno di noi dubita della
tua forza."
Alice sbatté le palpebre
per lo stupore. Cosa?-
Annabel continuò, "Il
mondo non è un fardello che devi trasportare.
E se qualche disgrazia è giunta durante il nostro cammino,
dobbiamo affrontarla
tutti uniti."
Alice sentì un blocco
nella gola. "Io... Annabelle, se tu potessi
aiutare qualcuno a te caro, anche se fosse impossibile, lo faresti?"
"Sì," rispose Annabelle
immediatamente. Non c'era alcuna
esitazione nei suoi occhi. Rimasero in silenzio.
"E' James?" chiese Annabelle alla
fine.
Alice scosse la testa e,
inaspettatamente, gli occhi di Annabel si
bagnarono di lacrime.
Era troppo. Coraggiosa, forte,
sensibile Annabelle. Se solo mia sorella e io
fossimo rimaste ad
Albany. Se solo non avessimo incontrato gli uomini. Non abbiamo portato
nient'altro che disgrazie a tutti in questo continente. Se solo non
fossimo mai
venute in questa Valley.
Alice comprese, tardivamente, che
doveva aver espresso alcuni di quei
pensieri a voce alta. Perché prima che lo sapesse, Annabelle
sopraggiunse e
abbracciò la ragazza dai capelli chiari.
"Dimmi," insistette Annabelle,
accarezzando i capelli lisci
dalla faccia di Alice.
"Nathaniel," disse Alice, colpita,
"Il Generale di Fort
Letort ha ordinato che venisse impiccato. Hanno scoperto della...della
faccenda
di William Henry."
Gli occhi di Annabelle si
spalancarono. Tuttavia, prima che potesse
replicare, Cora entrò in casa, con gli occhi e la faccia
illuminati dal sole.
"Le spigole stanno nuotando nel
fiume!" disse lei
disinvolta, sorridendo calorosamente alle altre donne. Non si accorse
del loro
attento, nervoso silenzio. Mise giù il secchio. "E pensavo
che James
avesse detto che normalmente nuotano in questo modo a giugno."
"Annabelle, dovremmo completare lo
stufato con le patate, e forse
anche con le carote?"
Annabelle annuì senza
parole.
Cora uscì velocemente
come quando era entrata, già preoccupata per la
loro cena.
"Devi dire a Cora che
cos'è successo!" disse Annabelle
subito, afferrandole la mano.
"Annabelle-"
"Alice, se fossi tu al suo posto, e
Uncas fosse così in pericolo,
non vorresti sapere ogni cosa?"
"Certamente! Ma Cora... lei...
Annabelle, lascia che sia io a dirglielo.
Ti prego."
Annabelle guardò Alice
circospetta.
"Va bene, Alice. Di' la
verità a tua sorella. Ma bada a non
indugiare."
Alice annuì, sentendosi
sollevata e biasimata. Sapeva che quello che
stava facendo era da egoisti. Disgusto di sé e panico
guerreggiavano dentro di
lei.
Voltando lo sguardo verso il
piccolo mucchio di indumenti che Cora
stava rammendando, scorse un perizoma, e accanto a esso un wampum di
perline
bianche che formavano una cintura. Nathaniel l'aveva dimenticata? Non
era mai
negligente quando si trattava di quell'oggetto, poiché era
una fonte d'orgoglio
per lui. Uncas ne aveva uno identico; erano cinture che appartenevano
ai
Mohicani. Chingachgook ne aveva una maestosa, fatta di conchiglie
bianche e
nere. Gli Indiani la usavano per tramandare le loro storie.
Alice continuò a fissare
il wampum per tutto il pomeriggio. Mentre
svolgeva le faccende in casa, e quando non era in casa, ripensava alla
cintura.
Gli Indiani trattavano questi cimeli di famiglia con tale cura.
Prossima al tramonto,
ripensò a quel giorno, quel maledetto giorno
dello scorso agosto in cui lei e sua sorella avevano quasi incrociato
destini
orribili. Uncas era quasi morto, e avevano perso il loro caro amico
Duncan.
Quel giorno in cui Nathaniel era
entrato coraggiosamente in un
accampamento nemico per amore di lei e di sua sorella, tenendo
sollevata la
cintura di Chingachgook come testimonianza delle sue parole.
I pensieri di Alice divennero
ipotetici.
Mentre gli altri erano occupati a
fare le pulizie dopo la cena, Alice
nascose la cintura in uno zaino che James aveva lasciato accanto alla
porta.
Dopo alcune considerazioni, si infilò in tasca un coltello
rinfoderato.
Avrebbe potuto averne bisogno.
Al posto del coltello, Alice
lasciò la sua spilla.
In questo scenario, il tempo era
della massima essenza. Si disegnò a
mente una mappa di tutti i punti di riferimento circostanti. Doveva
camminare
più che poteva; per fortuna sapeva che stasera ci sarebbe
stata la luna piena.
L'aria del crepuscolo era fresca
quando Alice sgattaiolò fuori dalla
casa, silenziosa e col passo sicuro. Aveva davanti a sé un
lungo percorso, e a
guidarla c'era soltanto il chiaro di luna.