Libri > Percy Jackson
Segui la storia  |       
Autore: DarkDemon    25/02/2017    1 recensioni
[Titolo mooolto provvisorio]
|INTERATTIVA|POSTI FINITI|NON TIENE CONTO DE "LE SFIDE DI APOLLO"
- - - -
–Non scapperai facilmente piccola Dea...–
[...]
Vedeva il lontananza una piccola sagoma avvolta in vesti marroni correre nella leggera nebbia mattutina che avvolgeva le colline e il bosco, mentre una grossa sagoma umanoide la sovrastava, dando l'idea di quello che era un vicolo ceco.
[...]
Felix avanzò ancora qualche passo cauto, un tuffo al cuore lo fece però bloccare sul posto, capiva finalmente la causa del dolore della donna [...]
–Salvala... fallo per me... fallo per noi...– Disse con un tono che mai aveva udito, il tono di una madre, dolcezza e risolutezza, ora spezzate dall'infrenabile pianto che solo una madre può versare sulla salma della figlia, andatasene dal mondo.
- - - -
Sono oramai passati cinquant'anni dalla battaglia con Gea, la pace che ha avvolto il campo, come sempre, non è destinata a durare. Il sottile equilibrio si sta per incrinare, come la liscia superficie dell'acqua sotto un lieve sospiro.
Genere: Avventura, Generale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Slash, FemSlash | Personaggi: Quasi tutti, Semidei Fanfiction Interattive
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Don't stop us now, the moment of truth
We were born to make history


Dean Fujioka - History Maker


 Infinito era convinto, anzi certo, che suo fratello sarebbe stato molto più adatto di lui a quel ruolo: era più grande di lui, anche se solo di un anno, al campo da più tempo, ma sempre solo di un anno, e sopratutto più maturo. Tuttavia seduto al tavolo da ping pong c'era lui, per qualche oscura ragione sconosciuta anche agli Dei. L'unica spiegazione che il biondo si era dato era che con la sua parlantina fluida era più partecipe alle riunioni ed una figura più presente di quanto Alniyat avrebbe potuto essere.
 
La leggera pallina bianca rimbalzava a intervalli regolari, prima da un lato e poi dall'altro della racchetta rossa che il figlio di Nyx teneva in mano. Ogni tanto aveva dato qualche occhiata attorno a se, scorgendo gli sguardi infastiditi degli altri ragazzi presenti, mentre nel silenzio più totale si udiva solo il ritmico e continuo rimbalzare della sfera. Si mise più comodo, incrociando la gamba sinistra sulla destra, tenendo i piedi comodamente appoggiati sul tavolo.
 Venti, ventuno, ventidue,...
Contava nella sua mente, seguendo con gli occhi azzurri il proprio minuzioso lavoro di coordinazione e prontezza di riflessi. Una parte di lui era leggermente dispiaciuta: era piuttosto sicuro di star diventando abbastanza irritante. Dall'altro lato poco gli importava, quei ragazzi più di tutti avrebbero dovuto comprendere l'iperattività che lo colpiva e di come fosse, a tutti loro, assolutamente impossibile stare fermi.

 La porta si spalancò con un tonfo, facendo sobbalzare tutti e cadere la pallina. Sulla porta Isidro Vega osservava soddisfatto gli sguardi dei presenti, con un espressione talmente gioconda e soddisfatta da raggiungere il ridicolmente idiota. Soddisfatto di aver fatto anche quella volta la sua entrata d'effetto.
Il figlio di Alalà annuì deciso e saltellando si diresse verso l'ultima sedia vuota presente.

«EIA, EIA, EIA ALALÀ» Esclamò con convinzione saltando sulla seggiola arancione. Batté le mani sul tavolo e si guardò attorno con lo sguardi di chi ha bevuto troppi caffè.
«Camerati, buongiorno! La seduta può avere inizio! Dunque si discute di...» Chiese alzando un sopracciglio castano e facendo passare lo sguardo inquisitore sui presenti.
«Grazie, Isidro, di essere sempre così sobrio, puntuale e presente...» Iniziò Chirone, avanzando dal caminetto di cui scrutava le braci spente da circa cinque minuti.
«Tuttavia, la riunione che si terrà oggi non è per scegliere i turni delle pulizie o come sarà la caccia alla bandiera. Ci troviamo di fronte ad una profezia, straordinariamente lunga, ma altrettanto intricata. Oggi siamo qui perché alcuni dei nostri ragazzi... undici di loro partiranno per una missione» Mormorii preoccupati si levarono tutto attorno, mentre lungo la schiena di Infinito serpeggiavano dita gelate, come se un coltello rimasto in un abbattitore per una notte gli stesse ora ripercorrendo con la lama affilata la miriade di cicatrici che gli ricoprivano la schiena. Da che ne sapeva le missioni erano un argomento delicato, mai avrebbe osato anche solo immaginare una decisione così repentina e avventata... che ci fosse qualcosa di strano nelle ceneri del camino? Conoscendo il Dio che aveva dimora li non se ne sarebbe per nulla sorpreso.
 «Chi?» La domanda sbucò decisa tra il chiacchiericcio crescente, ammutolendo tutti con ferma decisione.
 Parker se ne stava seduto in un angolo, quasi in doppia fila, vicino al pac-man su cui poggiava la schiena visto che era seduto di lato e teneva il braccio sinistro sullo schienale. Il viso spigoloso portava la sua perenne espressione annoiata e insofferente, piuttosto in disaccordo con la domanda che sembrava celare un velo di sadica curiosità dentro di lui cresceva la sensazione che lo portava a pensare che, almeno quella volta, il camion di letame che era la vita, con tutti i suoi splendidi colpi di scena, aveva scaricato il proprio contenuto addosso a qualcun altro. 
Gli sguardi dei ragazzi ora erano di nuovo concentrati sul volto stanco del centauro, che fissava una delle lattine di coca-cola mentre si accarezzava la barba.
«La tua domanda mi mette in difficoltà: come tutti sapete più si tenta di decifrare una profezia più la situazione si aggrava, sopratutto non sempre la si interpreta correttamente...» Disse in fine in un filo di voce assorto, lo sguardo fisso ora sulla ciotola di noccioline, visto che Orion si era impossessato della lattina per berne il contenuto.
«Bhe... potremmo decifrarne solo alcuni versi, penso sia doveroso, o non sapremmo dove sbattere la testa...» Mormorò Alexander guardando il saggio maestro accanto a se, dando voce all'idea che serpeggiava in tutti i semidivini cervelli li presenti.
 «Inizierei con calma, Estia è stata rapita.» Il capocabina di Demetra aveva spiegato il palese, ma nonostante tutti avessero capito, probabilmente era l'unica parte chiara, la frase rimase ad aleggiare nella stanza procurando a tutti un inquietante senso di smarrimento.
«Perché Estia? E' una Dea che pochi prendono in considerazione, custodisce il focolare, e nessuno ha un focolare ora, o non come era inteso al tempo.» Chiese ingenuamente la ragazza in rappresentanza della Cabina di Hypno.
 «Al contrario di ciò che dici Estia è assolutamente essenziale» Iniziò a spiegare il figlio di Clio «É la fiamma della vita, l'anima dell'Olimpo, fino a che il focolare brucia la nostra realtà sarà viva e presente; ma se Estia viene annientata, se la fiamma Olimpica si dovesse estinguere... il nostro mondo scomparirebbe. Quella fiamma a cui nessuno pensa è il cuore della nostra civiltà, e se annienti quello...» Alexander strinse nel pugno la lattina vuota di thé e la lascio cadere con un sordo suono metallico sul tavolo. «Annienti l'organismo intero.»
 L'ansia era diventata ormai palpabile, presente e concreta quanto i loro corpi, serpeggiava tra di loro come un infido serpente, sfiorano le caviglie, e i colli con il suo viscido corpo freddo, ritrasformandosi in aria per essere inspirata e raggiungere i cervelli in cui scatenava il panico.
«Penso... che andranno dei volontari. Non si obbliga nessuno. Ma undici semidei dovranno partire.» Sentenziò Chirone in risposta all'originaria domanda del figlio di Morfeo, guardando uno ad uno i volti dei presenti e fermandosi poi su quello del ragazzo.
«Non me ne intendo di profezie e di tutte quelle cose li, ma solitamente non ci sono delle indicazioni precise? Voglio dire, “fuoco o tempesta” indicavano delle persone precise... no?» Chiese Orion, allungandosi sul tavolo e agitando una mano verso la ciotola dei salatini, fino a che il capocabina di Atena non gliela avvicinò con sguardo scocciato.
«Dobbiamo tener presente che le profezie di non prevedono il futuro, quindi è destino che ci siano determinati volontari. Almeno me lo auguro...» Il figlio di Ade annuì mentre metteva in bocca metà arachide per poi ignorare completamente la ciotola, come se lo avesse saziato alla perfezione.
«Lo dirò a pranzo, e al falò chiederò se ci sono volontari, è questione di tempo prima che la Fiamma Olimpica si spenga, dobbiamo agire in fretta. Voi... voi iniziate a spargere la voce.» E con questo il centauro se ne andò.
 Ci volle qualche secondo prima che i ragazzi si alzassero iniziando ad uscire, come se nessuno volesse essere il primo, mentre sul loro volto si leggeva chiaramente la voglia di alzarsi ed uscire a distrarsi.

 

<°>

 

 Volontari. Chirone voleva dei volontari.
In pochi sarebbero andati, sicuramente in pochi; Alexander era quasi del tutto sicuro di essere l'unico folle che quella sera avrebbe alzato la mano e già si immaginava gli occhi strabuzzati di quelli che lo circondavano. Tuttavia, per qualche motivo strano, lui sarebbe partito. Probabilmente le sue ragioni avrebbero fatto ridere un sacco di gente: Era un occasione d'oro, il figlio di Clio aveva sempre vissuto con l'idea che ognuno dovesse lasciare un segno, il puntino di sistemare il mondo, fare anche un piccolo gesto che facesse la differenza. “Che senso avrebbe la vita se non fai la differenza?” Chissà, magari era un influenza indiretta di sua madre, Musa della Storia. Forse voleva entrare nella storia, almeno quella semidivina, non per la fama, quella di sicuro non gli interessava, era un volere personale. Uno scopo che aveva, che sicuramente ben in pochi condividevano, o di sicuro non completamente, non arrivando a mettere a serio rischio la propria vita. Ma Alexander era testardo, se aveva un obbiettivo, cadesse il mondo, lo avrebbe raggiunto.
 «Partirai, vero?» La domanda giunse dalle sue spalle, seguito dallo scoppio di una bolla: Leah. Il ragazzo si strinse nelle spalle, scostandosi appena per farla sedere.
«Colpevole» Disse con un sorrisetto mentre la figlia di Efesto si sedeva al suo fianco fissando lo specchio d'acqua davanti a loro.
«Che gran cagata. E' praticamente un suicidio» Sbotto, biascicando appena per via della gomma da masticare con cui subito dopo fece una bolla.
«Nah non credo. E poi, anche se fosse? Nel senso, meglio morire avendo provato a far qualcosa, a sistemare la situazione, che morire da codardi rintanati in un angolo. Non puoi scappare dalla morte, vorrei morire in modo dignitoso, non perché un empusa mi uccide mentre sono sulla water.»
«Meglio vivere e basta»
 L'amicizia tra i due era così: decisamente singolare nel suo genere, era un cercarsi a vicenda, per soddisfare i propri desideri: se ad Alexander piacevano i dibattiti verbali e spiegare la propria opinione, a Leah piaceva avere ragione, dire la propria con franchezza e sincerità e lasciare l'interlocutore senza una risposta convincente. Era un continuo battibeccare, un alzare la voce per farsi valere e, anche quando l'argomento era chiuso, un susseguirsi di frecciatine. Quei due erano decisamente uno spasso assieme, vederli discutere era senza dubbio divertente ed interessante.
 «Abbiamo la possibilità di fare qualcosa! Di cambiare il corso degli eventi, non tutto è perduto, e non lo sarà, per gli dei! Non intendo stare a guardare mentre la mia realtà si sgretola e piangermi addosso in punto di morte perché avrei potuto aiutare. E' difficile e ci vuole coraggio, anche un briciolo di follia, ma non è impossibile.» Esclamò il riccio gesticolando animatamente
«Ma potresti restare qui comunque, altri potrebbero non far sgretolare la tua realtà e se anche fosse potresti passare i tuoi ultimi momenti con le persone a cui tieni, vivere gli ultimi giorni facendo ciò che ti piace, rileggendoti quei tuoi libri ad esempio.» Rispose con calma la ragazza, osservando una macchia di luce filtrata tra le foglie degli alberi dietro di loro illuminarle un pezzo della coscia color cioccolato. Il ragazzo sorrise leggermente divertito.
«Bhe si... ma se lotto i libri li potrei rileggere centinaia e centinaia di volte.»
«Buon suicidio allora, farò un discorso quando bruceremo il tuo drappo: “Io glielo avevo detto, ma sappiamo tutti che era una testarda testa di cazzo”» Ridacchiò estraendo un piccolo ingranaggio dalla tasca che prese a rigirarsi tra le dita.
«Neanche una lacrimuccia piccina picciò?» Chiese il ragazzo con un'espressione infantile, cercando con le iride azzurre quelle chiare della ragazza che ricambiò lo sguardo inarcando un sopracciglio.
«Forse...» Osservò di nuovo l'ingranaggio prima di schiaffarglielo in mano con scarsa delicatezza «Tieni, eroe. Quando sarai in punto di morte guardalo e ricorda la mia faccia mentre ti dico “te lo avevo detto”» Era ironica e seccata, la solita Leah Cage, all'apparenza. Tuttavia Alexander la conosceva abbastanza da sapere che la voce era venata da una leggera tristezza. Sorrise teneramente guardando la rotellina d'ottone nella sua mano, la figlia di Efesto ci teneva agli altri, alla fine, aveva un cuore sotto quegli ingranaggi ed era gentile, a modo suo. Con un sorriso le gettò le braccia al collo in uno dei suoi soliti abbracci teneri che dispensava a chiunque, mettendo in quello qualcosa di speciale.
«Certo capo, ma non ne avrò bisogno.»

 

<°>

 

 L'aria frizzante serale era intrinseca di ansia mista ad una malsana curiosità. Il crepitio del fuoco era unito ad un vociare curioso e preoccupato mentre Chirone avanzava lentamente verso il cratere iniziando a parlare con voce grave.
Cadde il silenzio.

 «Semidei, ci troviamo di fronte ad una grande profezia. Sappiamo solo che Estia è sparita, la dea del focolare, custode del fulcro di vita dell'Olimpo e del nostro mondo. Se lei è in trappola la Fiamma Olimpica si consumerà e con lei il nostro mondo, tutti noi. Undici semidei dovranno partire verso sud, non voglio obbligare nessuno quindi... se ci sono volontari, che si facciano avanti.»
 Gli occhi castani del centauro schizzarono subito verso un lato degli spalti dove Miles Lowell si era alzato di scatto, il volto più rosso dei capelli color carota. Con passo impacciato e insicuro scese le scale in mezzo ai mormorii stupiti. Nessuno si sarebbe aspettato il figlio di Gelos come volontario, come 
primo volontario. Deglutì rumorosamente e si avvicinò al maestro d'armi.
«Mi offro come volontario per questa missione» Disse velocemente, solo quando concluse la frase rilassò le spalle visibilmente contratte: era soddisfatto, era stato veloce, come togliere un cerotto. Non era la persona più coraggiosa del campo, ma lui sapeva che doveva partire, se lo sentiva, per qualche strana ragione.
 Una mano si posò sulla sua spalla facendolo sussultare, Alexander Townsend era in piedi al suo fianco, un caldo sorriso sul volto roseo, con l'altra mano giocava con le quattro perle colorate che portava al collo, il ragazzo notò anche una piccola rotellina di un ingranaggio infilata nel cordino di cuoio.

Assieme i due osservarono gli spalti con una muta domanda di aiuto negli occhi, con la richiesta di farsi avanti, ed uno ad uno i volontari si alzarono.
 Il terzo a farsi avanti fu Lorcan Cunningham, che con sguardo basso si diresse velocemente vicino ai due, mormorando un piccolo "ciao". Era piuttosto sicuro che nella profezia si parlasse di lui, ma non nel modo più simpatico di tutti. Poi chi lo sapeva, magari non centrava nulla, ma magari moriva da eroe, magari suo padre decideva di riconoscerlo, almeno nei Campi Elisi.
 Quando Infinito scese gli scalini di pietra, con la solita camminata leggera e dritta di chi sta fronteggiando qualcuno, i tre ragazzi non ne furono eccessivamente felici. In tre anni che il ragazzo stava al campo tutti avevano imparato a conoscerlo principalmente in due aspetti: Infinito non sapeva stare in un gruppo: era decisamente il peggior compagno che si potesse avere. Sembrava del tutto incapace a giocar di squadra, se normalmente gli si voleva scocciare la bocca quando si trattava di strategie e azione bisognava pregarlo perché parlasse, affinché collaborasse e si attenesse ai piani. Ma ogni tentativo era sempre risultato vano. Punto secondo: c'era quasi una prova scientifica che provava che il figlio di Nyx non sapeva vincere. Ovunque fosse, qualsiasi schieramento, in ogni gioco, battaglia, o che si voglia, Infinito perdeva. Sempre.
 Timothy non sapeva che problemi avesse quella figlia di Efesto, sapeva solo che la sua presenza, quasi perenne attorno a lui iniziava seriamente a infastidirlo. Non era nemmeno sicuro del suo nome, ma tutti la chiamavano Dawn. Gli trotterellava attorno da circa una settimana, in modo velato, non troppo appariscente, ma la notava: si sedeva con disinvoltura al fuoco vicino a lui, faceva quasi sempre copia con lui quando avevano le lezioni di scherma assieme, o semplicemente lo guardava di sottecchi. Il figlio di Thanatos odiava lo sguardo altrui, saper di essere centro dell'attenzione di qualcuno, il disagio che ne scaturiva, sopratutto poiché trovava sempre pena nello sguardo altrui.
 «Allora andiamo?» Era la prima volta che la rossa gli rivolgeva la parola, aveva un tono squillante, nonostante stesse parlando a bassa voce per non farsi sentire troppo nel silenzio quasi totale. Il quindicenne girò leggermente il capo verso di lei, confuso.
«E' un esperienza... no?» Continuò la ragazza; era piuttosto sicuro di essersi perso qualche pezzo della frase, ma non aveva assolutamente intenzione di chiederle di ripeterla. Alzò lo sguardo verso i quattro ragazzi in piedi al centro dell'arena, sul volto la stessa espressione; forse solo Infinito sembrava più rilassato.
«Come vuoi...» Con un sospiro Dawn si alzò e trotterellò giù fino ad unirsi al gruppetto, un sorriso sul volto e le mani che lavoravano ad un filo di metallo che continuava a piegare e modellare. Timothy non era uno psicologo, ma probabilmente tutti avevano notato che quel gesto non era dovuto solo alla sua grande iperattività, ma sicuramente anche a qualcosa di più, ansia, forse.
 Quella ragazza però gli aveva mosso qualcosa dentro, un idea malata, a cui non voleva dare ascolto, eppure prendeva sempre più in considerazione. Si riteneva l'essere più inutile del mondo però partendo avrebbe potuto far qualcosa, forse, se anche non fosse stato il combattere valorosamente... almeno avrebbe fatto numero. Fece per alzarsi ma si bloccò, e se fosse morto lentamente? Quella era l'unica morte che temeva e di sicuro i mostri non volevano non farlo soffrire. Fece il terribile errore di incontrare gli occhi azzurri di Dawn, che con un sorriso incoraggiante fece un piccolo cenno con la testa per invitarlo ad aggiungersi al gruppo, forse con un tono troppo deciso.
 Perché Timothy Alexander Wraith si alzò, scese la scalinata e si aggiunse al gruppo, perché ancora una volta era sottostato all'idea di qualcun'alro.

 


 

Angolo    

Autrice

Quattro mesi sono tanti...
Lo so, e vi chiedo umilmente scusa, mi sento l'essere più spregevole sulla faccia della terra, ma mi ero ripromessa di fare un capitolo più sostanzioso dei precedenti, e cavarlo fuori è stato davvero, davvero un parto.
Come se non bastasse non ne sono nemmeno del tutto soddisfatta, ma proprio per nulla, ew.
Spero che a voi non abbai deluso troppo... *si prepara a ricevere i pomodori*
Come sempre una recensione con un vostro piccolo parere mi solleverebbe molto la giornata.
Piccola noticciola, non se se avete notato, ma il titolo e l'autore della canzone sono un link per andare alla canzone.
Che dio mio quanto è bella?! Quanto?! Voglio la seconda stagione, help~
Quindi vi invito tutti a cliccare ed ascoltare! Che poi sono anche un sacco fiera perchè finalmente ha più o meno senso rispetto al contenuto del capitolo, yay!
Btw, appena ho tempo e voglia inserirò i link anche alle canzoni precedenti, quindi magari date un occhio ogni tanto (?)
Dunque,  in questo capitolo conosciamo due personaggi nuovi, vi presento dunque:

  • Isidro Vega - Seconda classe
  • Parker Carson - Seconda classe
​E con questo vi do definitivamente l'arrivederci :3

Baci

ΩEbeΩ

 
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Percy Jackson / Vai alla pagina dell'autore: DarkDemon