Libri > Shadowhunters
Segui la storia  |       
Autore: Lamy_    26/02/2017    1 recensioni
È passato un anno da quando Astrea é tornata all'Istituto di Lisbona, questa volta come Capo. Ed é da un anno che la relazione tra lei e Raphael procede senza troppi impegni. Intanto a New York giungono cattive notizie: qualcuno sta facendo strage di Nephilim. I Cacciatori hanno bisogno di tutto l'aiuto possibile, ma Astrea deve fare anche i conti con il Fuoco Rosso. Scoprirà le conseguenze del suo nuovo potere e dovrà scegliere: scappare o affrontare la verità?
Nuovi pericoli, segreti e avventure attendono gli Shadowhunters. Ce la faranno?
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alec Lightwood, Magnus Bane, Nuovo personaggio, Raphael Santiago, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
CAPITOLO DECIMO: Epilogo.
 
Sei mesi dopo.
Vivere da sola era un'avventura che Astrea non aveva mai affrontato fino ad allora. Sebbene orfana a soli quindici anni, aveva vissuto comunque in compagnia: con Thomas, con Remus, con Magnus e Alec, con Raphael a Lisbona, e anche al DuMort. Dopo la morte di Stan e l'incarcerazione di Sylvie, lei e Raphael si erano divisi: Astrea aveva trascorso qualche mese con Sally all'Hotel in attesa di trovare un posto tutto suo, mentre Raphael aveva lasciato New York. Lasciarsi era sembrata la cosa giusta da fare ad entrambi. Erano state troppe le perdite, troppe erano le ferite che si erano causati a vicenda, e troppi erano i sentimenti distrutti. Inoltre, il nuovo Console Rita Blackwell aveva indetto una riunione ufficiale durante la quale era stata pronunciata tale sentenza: «Astrea Monteverde, nata il ventotto novembre 1996 a Lisbona, con la presente direttiva viene riconosciuta parte dei Nascosti, in quanto possessore di poteri magici estranei ai Figli di Raziel, e pertanto viene estromessa dalla comunità dei Nephilim ed esiliata dalla patria di questi». Le era stato tolto lo stilo e le spade angeliche, così come era stata privata dell'Istituto e della possibilità di essere seppellita nelle Città di Ossa. Astrea non aveva protestato, non aveva parlato proprio, si era solamente alzata e aveva abbandonato Idris. Da quel momento in poi le cose erano cambiate, doveva imparare a vivere come i Nascosti, nonostante le rune. In realtà i Nephilim avevano paura di lei e del suo potere, anche perché non si identificava in nessuna categoria nascosta: non era una strega, ma neanche una Shadowhunters. Era un ibrido, da cui tutti volevano strare alla larga. Ecco perché abitava da sola in un piccolo appartamento nel centro di New York, in un palazzo a due piani, e una vicina anziana davvero fastidiosa. Astrea si era allontanata anche da Magnus e Alec, perché in qualche modo aveva il disperato bisogno di restare sola e trovare equilibrio. Non li vedeva da sei mesi ormai, ogni tanto mandava loro un messaggio per sapere come stessero i bambini. Quel giorno, mentre si allenava con i coltelli, abitudine che non aveva perso, sentì bussare alla porta. Era sicura che fosse la signora Murray, settantenne attempata, che si lamentava per i rumori, ma dovette ricredersi. Quando aprì la porta, le mancò il respiro: Magnus Bane era sulla soglia di casa sua in un elegante completo viola.
"Posso entrare?" la voce dello stregone le provocò una crepa al cuore, erano mesi che non parlavano. Senza dire nulla, Astrea si spostò di lato e lo fece accomodare. Magnus si sedette sul divano e si diede un'occhiata in giro.
"Hai trovato un bel posticino. E' arredata bene."
Astrea rimase in piedi, incapace di sostenere lo sguardo del suo amico.
"Che ci fai qui?"
"Sono qui per Raphael. Devo parlargli."
Astrea parve confusa, e prese posto perché le tremavano le gambe.
"Raphael non è qui. Ha lasciato New York mesi fa, e noi non stiamo più insieme." rispose la ragazza, le mani strette sul grembo, gli occhi remissivi. Magnus si scurì in viso, e allora Astrea capì che non si trattava di una scusa. Il suo cuore prese a battere velocemente per la paura.
"Magnus, che succede?"
Quando Magnus alzò gli occhi, le sembrava di essere tornata indietro nel tempo, nel soggiorno di casa Lightwood-Bane. Ma quante cose erano cambiate in sei mesi.
"Sai bene che l'ho aiutato quando è diventato un vampiro, e vorrei aiutarlo anche adesso. Deve essere difficile per lui essere tornato un mondano, perciò lo sto cercando."
"Nessuno sa dove sia andato. E' semplicemente...sparito. Pensi che gli sia successo qualcosa?" la voce di Astrea mal celava la preoccupazione.
"Sì, potrebbe essere nei guai, ma non possiamo esserne certi. Come mai vi siete lasciati?"
"Magnus, lo sai che non potevamo più stare insieme. Siamo troppo incasinati. Raphael ha ucciso Stan per me, ha evitato che mi portassi un peso del genere per tutta la vita. Mi ha salvata, ma ha condannato se stesso." ed ecco che le lacrime minacciavano di uscire, di abbandonare il suo cuore e sfogarsi. Magnus le strinse una mano.
"Ha ucciso Stan perchè sapeva fosse giusto farlo. Non lo ha fatto solo per te, ma soprattutto per se stesso e il suo clan, quindi non fartene una colpa. Devi trovarlo, Astrea, e dovete ricominciare insieme. Avete avuto del tempo per riprendervi, ma adesso basta. Sapete entrambi che la soluzione è restare uniti. Lui ha bisogno di te, ha bisogno di una ragione per vivere. Ti prego, aiutalo."
"Sono stata bandita dalla comunità dei Cacciatori e per noi Nascosti è vietato entrare in relazione con i mondani. Non posso."
Magnus la guardò con i suoi occhi da gatto, era davvero disperato per il suo amico e irritato dal comportamento infantile della ragazza.
"Raphael possiede la Vista, perciò non infrangi nessuna Legge."
"Va bene. Lo cercherò. Ma non ti assicuro niente."
 
 
 
Tornare al DuMort dopo tanto tempo le creava una certa ansia. Non avrebbe mai pensato di rivedere quell'Hotel. Eppure eccola lì, che attraversava la strada per raggiungere l'enorme edificio che si stagliava contro il cielo blu e rosso nella sua solita aria derelitta. Sapeva di dover entrare dal retro, dove era consentito l'accesso ai Nascosti.  La tromba delle scale era immersa nel buio e Astrea dovette farsi luce con il cellulare, perché aveva dovuto restituire anche la stregaluce. Ad ogni passo i ricordi la investivano con una forza tale da farle girare la testa. Conosceva ogni angolo di quel posto, ecco perchè si tirò indietro quando un tubo arrugginito di metallo le sibilò accanto: era una trappola ordita dai vampira per tenere a bada i nemici. Riuscì a spalancare la porta in cima alle scale e la luce le ferì gli occhi. Si trovava nella sala comune dell'Hotel, dove si riunivano gli abitanti durante il giorno. Infilò il cellulare in tasca e si incamminò verso il vecchio ufficio di Raphael, ma fu bloccata da una voce.
"Quante altre volte ti devo dire che non ti voglio più qui?"
Lily fece la sua elegante e teatrale entrata. Astrea si voltò verso di lei e alzò le spalle.
"Non sono venuta a creare problemi. Voglio sapere dov'è Raphael."
"Non lo so." rispose brevemente Lily, ma era chiaro che mentisse.
"Senti, dimmi solo dove si trova e sparirò per sempre dalla tua vista. Ho bisogno di saperlo." la voce di Astrea nascondeva una certa urgenza che divertiva la vampira.
"Gli ha rovinato la vita, lascialo stare. Non ti basta tutto quello che gli hai fatto?"
Astrea ignorò quella frecciatina e continuò a mantenere la calma.
"Devo sapere che sta bene, non per me ma per Magnus."
"Raphael sta bene. Adesso va via!"
Astrea si avvicinò a Lily ed erano ad un passo di distanza. Era normale che gli amici di Raphael volessero proteggerlo, ma lei aveva fatto una promessa a Magnus e aveva l'intenzione di mantenerla. Sfoggiò il suo sguardo più letale e fece zampillare sulle dita piccole fiamme, al che la vampira indietreggiò.
"Dimmi dove si trova Raphael, altrimenti ti sfondo il cranio con le dita e queste fiamme faranno il resto."
Pronunciare quelle parole le era sembrato così contro natura per una come lei abituata a fare il bene. Ma aveva perso tutto, di nuovo, e di certo il Fuoco Rosso era l'unica certezza a cui si aggrappava per non affondare del tutto. Il viso pallido di Lily si allontanò ad una velocità impressionante e la stanza per un attimo parve sfocata ai suoi occhi. Il corpo freddo di Elliott la teneva inchiodata alla parete, le dita serrate attorno alla gola ricordavano ad Astrea gli ultimi momenti con Sylvie. Con le mani cocenti strinse il polso di Elliott fino a che il vampiro fu costretto a mollare la presa per colpa del calore intenso. Astrea sorrise maligna.
"Non vi conviene sfidarmi. So che il DuMort appartiene a voi due adesso, ma nessuno sarà mai in grado di tenermi testa. Pertanto, per evitare che io vi incenerisca seduta stante, vi conviene parlare."
Elliott, il polso arrossato e le dita arricciate per il dolore, lanciò uno sguardo a Lily in attesa di un ordine. La vampira, che come nuovo capo-clan non voleva inimicarsi un soggetto potete come Astrea, dovette arrendersi.
"Non sappiamo dove sia Raphael, davvero. Ha portato via solo i suoi vestiti e altri oggetti personali. Ha lasciato qui denaro, gioielli e quanto altro potesse recargli ricchezza. E' partito di mattina, quindi non ci ha comunicato la sua meta." la risposta di Lily fu sufficiente, era la verità. Astrea si prese qualche secondo per riflettere, dopodiché fece un cenno col capo ai due vampiri e si incamminò verso l'uscita. Sembrava proprio che Raphael non volesse essere trovato. Come dargli torto, dl resto? Aveva perso Mark, Stan e Sylvie, e inoltre aveva perso il potere e il clan. Era solo al mondo. E forse era giusto così. Ma la paura che potesse essere in pericolo o addirittura morto accresceva in lei la voglia di trovarlo.
"Astrea." una voce sottile e rotta frantumò quel poco di lucidità che aveva ripreso. La silhouette di Sally, bianca e verdastra nel suo abito color petrolio, sorse dal buio della scalinata. Istintivamente Astrea si sfiorò il braccio con le dita, il punto in cui gli artigli di Mar le avevano solcato la pelle prima di morire. Il suo cuore non poteva reggere quel ricordo e il viso affranto della vampira, così abbassò gli occhi e riprese a camminare, o meglio a fuggire.
"Fermati, ti prego. Devo dirti solo due parole."
Astrea si fermò, senza voltarsi, e attese che la vampira parlasse. Sally stava a qualche metro da lei, in un angolo buio, e cercava di mascherare la voce incrinata e il viso macchiato di sangue dalle lacrime.
"Ho incontrato Raphael il giorno in cui è partito. Era una mattina soleggiata ed io ero sveglia perchè non riuscivo a dormire, non che ora le cose siano cambiate. Comunque, gli ho chiesto dove fosse diretto e lui mi ha semplicemente risposto che gli animali sono conservati nella grotta. Mi ha implicitamente detto dove stesse andando, ma purtroppo non sono capace di cogliere il messaggio."
Anche Astrea non capiva le parole di Raphael, nonostante si sforzasse. Certo era che la presenza di Sally non aiutava la sua mente poco lucida. Si girò verso la nascosta e distolse immediatamente lo sguardo, puntando gli occhi sulle sue mani. Poteva ancora vedere il sangue di Mark fuoriuscire dalla ferita e sporcarle le braccia e i vestiti. Non si dava pace per gli amici morti tra le sue braccia, Mark e Remus, entrambi uccisi per colpa sua. Allontanò il pensiero così come le era venuto in mente. Riprese a camminare.
"Non è colpa tua, Astrea. Lui non avrebbe mai vissuto una vita eterna agli ordini di Sylvie. La morte gli ha donato sollievo e pace." Sally parlava con dolcezza e comprensione, ma non serviano a lenire il senso di colpa. Astrea fissò Sally con le lacrime agli occhi e la mano destra sollevata che tremava.
"E' con questa mano che gli ho conficcato un pugnale nel cuore che lo ha ucciso. Porto sul braccio i segni dei suoi artigli e nella mente il suo corpo freddo tra le mie braccia. E' morto lontano dalle persone che amava, è morto tra le braccia del suo assassino.
Sai la cosa peggiore? Mi ha ringraziata prima di morire. Cosa diavolo aveva in mente? Grazie per averlo lasciato solo contro Sylvie? Grazie per averlo lasciato morire?" senza rendersene conto, Astrea stava gridando e gesticolava animatamente. Non aveva smesso di piangere. Ricordava il viso sereno di Mark mentre il coltello gli trapanava il cuore, il sorriso dolce che le aveva rivolto e le sue ultime parole. Si rese conto di non aver riferito a Sally il messaggio di Mark.
"Lui mi ha raccomandato di dirti che ti ama e che ha fatto di tutto pur di proteggerti."
Sally, veloce come una saetta, la strinse in un abbraccio e Astrea, troppo sopraffatta per dimenarsi, abbandonò la testa contro la spalla fredda della vampira.
"Va tutto bene, Astrea. E' finita. Smettila di incolparti. Mark sapeva bene  a quali conseguenze avrebbero portato le sue azioni. Se fosse ancora vivo non ti accuserebbe, anzi ti ringrazierebbe per averlo liberato. Adesso, però, devi dimenticare e andare avanti. Hai sprecato troppo tempo a piangerti addosso."
Astrea aveva smesso di piangere, adesso aveva gli occhi appannati e le bruciava la gola. Si staccò da Sally e si asciugò le guance col dorso della mano.
"Mi perdoni?" quella supplica fu accompagnata da uno guardo carico di dolore e rammarico, e Sally non poté far altro che sorridere luminosa.
"Ti perdono, Astrea."
 
 
 
Erano ore che viaggiava e non vedeva l'ora di mettere i piedi sulla terra ferma. Dopo la visita al DuMort e il suggerimento di Sally, aveva capito che Raphael si era nascosto nell'unico luogo che gli era rimasto: a Santillana del Mar. Gli animali conservati nella grotta di cui parlava Raphael erano i dipinti primitivi ch decoravano la Cueva di Altamura. Così aveva chiesto a Magnus di fare apparire magicamente un biglietto aereo, e lo stregone era stato ben disposto. Ovviamente tutto alle spalle di Alec. Dal finestrino dell'autobus osservava la strada di ciottoli che saliva e conduceva a Santillana. Era seduta in fondo da sola e questo le aveva dato la possibilità di riflettere sul da farsi. Non aveva portato con sé abiti, se non un unico cambio di vestiti per il giorno dopo e il portafogli. Non aveva certo pensato di restare in quella cittadina per chissà quanto tempo, il tempo di verificare lo stato di Raphael, dormire una notte in albergo e ripartire alle prime luci del giorno. Ancora non sapeva dove cercare Raphael, ma almeno casa sua, quella che avevano condiviso per un paio di giorni, era un buon punto di partenza. Il mezzo di fermò d'improvviso e le porte si spalancarono in un tacito invito ad uscire. Si sistemò la tracolla sulla spalla e scese. La fermata pullulava di turisti di tutte le nazioni e di tutte le età, chi fotografava il cielo rossastro del tramonto, chi si affrettava a tornare in hotel e chi saliva sul bus per lasciare la città. Astrea inforcò gli occhiali da sole, si abbottonò la giacca di jeans e si incamminò verso il centro. Bancarelle colorate e piene di souvenir costeggiavano la piazza centrale, e la gente si accalcava per accaparrarsi gli aggeggi più assurdi e inutili. Astrea si fermò e controllò il cellulare: aveva inserito le coordinate della via in cui forse abitava attualmente Raphael e le indicazioni suggerivano che era arrivata a destinazione. Ruotò su se stessa per darsi un'occhiata attorno e si tolse gli occhiali quando riconobbe la casetta di nonna Santiago. Mise il telefono in tasca e si immerse nella folla che si diramava man mano che si lasciava alle spalle il mercatino. Una volta di fronte alla porta, alzò il pugno per bussare ma fece ricadere il braccio lungo i fianchi.
E adesso che gli dico?
"¿buscas para raphael?"
Astrea alzò gli occhi e sul balconcino del secondo piano un anziano signore le sorrideva gentile. Forse era il nuovo proprietario a cui Raphael aveva venduto la casa. Almeno sembrava sapere dove fosse.
"Sí. tù sabes onde eu posso encontrar Raphael?"
L'uomo ridacchiò nell'udire la ragazza parlare in portoghese, ciononostante era chiaro cosa gli avesse domandato.
"Lo puoi trovare nella Chiesa che sorge sulla scogliera." il forte accento spagnolo conferiva al suo inglese un suono bizzarro, e fece sorridere Astrea.
"Grazie."
 
 
Astrea non era mai stata una credente, non aveva fede se non nelle armi. Sua madre le ripeteva sempre che la fede aiuta le anime ad alleviare il dolore, ma lei non ci aveva mai dato peso. Allo stesso modo Raphael credeva nella sua religione in modo assiduo, nonostante ritenesse di aver perso l'anima e che sarebbe finito all'inferno. Astrea, però, era sicura che adesso le cose fossero diverse. La Collegiata di Santa Juliana spiccava nel suo stile architettonico romanico in netto contrasto col mare che si agitava impetuoso alle sue spalle. Era una vista mozzafiato, doveva ammetterlo. Santillana del Mar era magica. Un sentiero sterrato coperto di fiori secchi e foglie, che dava l'impressione di essere uno degli ingressi della Corte Seelie, conduceva alla struttura. Un enorme cartello giallo spiegava la storia e la struttura della chiesa, ed era contrassegnata da una scritta a caratteri cubitali che attirava l'attenzione: PATRIMONIO SPAGNOLO DAL 1889. C'era un silenzio piacevole che avvolgeva la costa. Si avvicinò al portone di legno spalancato, ma un rumore metallico la distrasse. Proveniva dal cortile della chiesa. Astrea raggiunse uno spazio verde non molto grande alle spalle della Collegiata: dei bambini stavano facendo catechismo e un prete narrava loro le gesta di Mosè; una donnina, forse la perpetua, annaffiava le piante della sagrestia; un gruppo di uomini lavorava a quello che sembrava un carro. Astrea aguzzò la vista e analizzò il cortile, eppure sembrava non ci fosse traccia di Raphael. Un bambino le sorrise e lei ricambiò. Poi il suono inconfondibile di una risata la fece ghiacciare sul posto: un ragazzo dai capelli neri armeggiava con una chiave inglese, e il suo compare doveva aver fatto una battuta perchè non smetteva di ridere. Era Raphael. Il cuore di Astrea batteva oltre la norma, voleva scappare e sotterrarsi. Le mani tremavano e faceva fatica a deglutire. Dovette chiudere gli occhi per qualche secondo. Raphael stava bene e lei tornava da Magnus con buone notizie. Si precipitò sul sentiero e scese di nuovo verso la città.
Raphael si prese una pausa e abbandonò gli arnesi a terra. Felipe, il suo amico, continuava il suo lavoro. La vista che offriva la costa era meravigliosa e creava una certa magia.
"Por favor, ilevame un vaso de agua." gli disse Felipe, mentre con un fazzoletto di cotone si asciugava il sudore sulla fronte. Raphael annuì e si allontanò verso il chiostro della chiesa che vendeva bibite e cibo. Avvertì una strana presenza, qualcosa che lo costrinse a fermarsi. Guardò alla sua sinistra e per un momento temette di svenire. Sebbene si fosse tagliata i capelli fino alle spalle ed era vestita come una ragazza normale, l'anello che luccicava all'anulare e l'andatura sicura la tradirono: era Astrea. E stava tornando in città. Dimenticò l'acqua che doveva portare a Felipe e corse lungo il sentiero di fiori e foglie.
"Astrea!"
La ragazza rallentò fino a fermarsi, ma non si girò. Raphael la raggiunse e le fu di fronte con poche falcate. Era cambiata così tanto. Era dimagrita di molto, aveva i capelli corti, un anello di pietra azzurra pendeva al suo collo e il colore delle rune sul collo e le braccia erano sbiaditi. Lei non lo degnava di uno sguardo, continuava a fissare un punto indefinito. Raphael allungò una mano verso di lei, ma Astrea scattò indietro.
"Credevo che non ti avrei più rivista." mormorò il ragazzo, gli occhi spalancati e la voce leggermente tremolante
"Magnus mi ha mandata a cercarti, così eccomi qui. Adesso, però, devo andare. Sarà contento che tu sia vivo."
Non stavamo così vicini da sei mesi e faceva male ad entrambi quella vicinanza. Astrea desiderava che un demone la rapisse e la portasse via da lì. Lo sguardo intenso di Raphael le stava trapanando il cervello, così decise che era meglio tornare a New York.
Prese a camminare di nuovo ma la mano di Raphael si strinse dolcemente attorno al suo braccio e la tirò verso di se.
"Resta. Solo per una cena. Ti prego."
Lottare contro i sentimenti è una battaglia persa, e loro lo sapevano. Avevano deciso di stare lontani, eppure ora si guardavano negli occhi e non c'era nulla di meglio.
"Va bene, resto. Solo perchè sto morendo di fame."
 
 
 
Con grande sorpresa, Astrea scoprì che l'uomo anziano a casa Santiago era il fratello più giovane di Raphael, Armando. La casetta della nonna era stata costruita da cima a fondo dopo che due demoni per rapire Astrea l'avevano ridotta a piume e legno. Astrea ricordava i giorni trascorsi in quella casa e sembrava che tutto fosse tornato come prima, ma era solo un miraggio. Mentre Raphael preparava la cena (si era rivelato un amante della cucina), Astrea se ne stava seduta sul divano cercando di non scoppiare a piangere. Raphael aveva fatto così tanti progressi per abituarsi ad essere un mondano e adesso lei gli aveva scombinato i piani.
"Non ricordavo che tu fossi così silenziosa. Di norma parli continuamente." disse Raphael con un sorriso.
"Non ho nulla da dire."
"Noto che sei rimasta la solita ragazzaccia dal brutto carattere. Mi piace."
"Metti da parte i convenevoli, per favore."
Raphael sospirò, stordito da quanto era accaduto quella sera. Aprì il frigo e tirò fuori una confezione di birra, una la tenne per se e l'altra la fece scivolare sul tavolo. Astrea l'afferrò prontamente e mandò giù un sorso.
"Come vanno le cose all'Istituto?"
"Sono stata bandita dalla comunità dei Nephilim e sono stata etichettata come un Nascosto. Mi hanno tolto le armi, lo stilo e presto le rune perderanno potere e intensità. Ah si sono anche presi il mio Istituto a Lisbona. Non vedo Alec e gli altri, inclusi i bambini, da mesi ormai. Quindi, le cose vanno proprio bene." il sarcasmo di Astrea graffiava e tagliava, così come era il suo cuore.
"Non è un male essere un Nascosto, poi ti abitui ad essere disprezzato. Anche se sono sicuro che a te poco importi cosa pensa la gente di te." replicò Raphael inarcando le sopracciglia, gesto che Astrea adorava. La ragazza annuì solamente, le dita attorno alla bottiglia, gli occhi fissi sul tavolo.
"Come hai tirato avanti in questi mesi?" chiese Raphael, la schiena poggiata alla credenza, e bevve un altro sorso della sua birra.
"Ho fatto qualche favore ad un paio di Nascosti, folletti e stregoni. Nulla di pericoloso e nulla che vada contro le Leggi. E tu come te la cavi?"
"Faccio qualche lavoretto per il parroco della Chiesa. Sai, aggiusto le panche rovinate, dipingo le pareti stonacate, rimetto in sesto le travi del tetto. Mi pagano bene, almeno il giusto per vivere qui. Sto bene, tutto sommato."
Quella risposta avrebbe dovuto far sorridere Astrea, ma desiderava che lui si lamentasse della sua nuova vita e che la disprezzasse così come lei disprezzava la sua. Raphael stava bene e lei lì non aveva più nulla da fare. Si alzò e prese giacca e borsa.
"Grazie per la birra, ma adesso devo proprio tornare a New York."
"Avevi detto che saresti rimasta per cena. Armando passerà la nottata nella locanda in fondo alla strada. Non te ne andare, ti supplico."
Astrea aveva già la mano sul pomello della porta e, nonostante le suppliche di Raphael, l'aprì e si immerse nella fiumana di turisti che scendevano in piazza per festeggiare. Le pizzicavano gli occhi e le forze stavano abbandonando il suo corpo. Cercare Raphael era stato un errore. In parte sperava di riuscire ad avvicinarsi di nuovo a Magnus e Alec, e dall'altra moriva dalla voglia di rivedere Raphael. Ma il suo cuore, lacerato e sanguinante, non ne era ancora in grado. Trattenne le lacrime e questo le provocava un terribile nodo alla gola che le impediva di respirare o parlare, ma non aveva voglia di crollare davanti a tutte quelle persone.
"Credi davvero che  io ti permetta di scappare un'altra volta? Mi devi una cena."
La voce di Raphael arrivò ovattata alle sue orecchie a causa della confusione, ma aveva capito benissimo cosa le aveva detto. Prima di potersi muovere, le dita del ragazzo accarezzarono la sua mano e si allacciarono alle sue. Gli occhi di Astrea saettarono verso le loro mani unite e una lacrima fece capolino sul suo viso, ma Raphael l'asciugò in fretta. Per una sera poteva benissimo lasciare da parte la ragione e seguire solo il cuore.
"Una cena."
 
 
La cena, dopo tutto, era stata piacevole. Raphael era un cuoco eccezionale e Astrea ne fu piacevolmente stupita. Armando era rientrato verso le undici solo per recuperare altro denaro che gli serviva per bere, e suo fratello non gli aveva detto nulla.
"Come mai Armando è qui? Credevo vivesse a New York." disse Astrea, le gambe distese, le caviglia incrociate sul cornicione del balcone, e rivolse un'occhiata di traverso a Raphael.
"Sua moglie lo ha lasciato un paio di mesi fa e lo ha cacciato di casa. Lui non sapeva dove andare e si è rifugiato qui. Quando mi ha trovato, gli ho dovuto raccontare circa gli ultimi settanta anni della mia vita."
Se ne stavano seduti all'esterno, appollaiati su delle vecchie poltrone in pelle rossa, e chiacchieravano come due vecchi amici. L'aria frizzante di maggio soffiava dolcemente ma non era sgradevole.
"E' tipo un rifugio per single questa casa?"
Raphael scoppiò a ridere e scosse la testa, mentre Astrea finiva di mangiare il suo gelato alla vaniglia.
"Io sono qui in riabilitazione, diciamo. Armando riesce a stare lontano dalla sua ex moglie, per me è più difficile." rispose il ragazzo, gli occhi puntati sulle stelle, l'espressione malinconica.
"Mi stai dicendo che non riesci a stare lontano dalla tua ex moglie?" quella di Astrea doveva essere una battuta, ma Raphael non rise. Si girò verso di lei e si prese qualche secondo per ammirarla.
"Sto dicendo che non riesco a stare lontano da te."
"Siamo troppo danneggiati per stare insieme." disse Astrea, cercando di convincere più che altro se stessa. Raphael sorrise senza umorismo.
"Non siamo mai stati normali. Siamo sempre stati frantumati, perennemente bloccati nel nostro inferno personale. É arrivato il momento di ricominciare a vivere. Possiamo farcela. Possiamo essere danneggiati insieme."
Astrea sorrise, mentre le lacrime scorrevano amare e pesanti come macigni.
"Sei un buon amico, Santiago."
"No, Astrea. Non posso essere tuo amico quando voglio soltanto baciarti, dormire e svegliarmi accanto a te, quando morirei e vivrei per te."
Astrea, spaventata da quella confessione, scattò in piedi e abbandonò la tazza di gelato sulla poltroncina.
"Hai paura così tanto di quello che provi da scappare via come una codarda?" adesso il tono il Raphael era diverso, più cupo e accusatorio. Astrea si sentiva in gabbia, ma non aveva paura o voglia di darsela a gambe. Al contrario, una strana forza le fluiva in corpo. Era arrivato il momento di buttare fuori tutto. Le ansie, i timori, le bugie, i segreti, cacciare via il dolore. Lì, solo loro due, sotto un manto blu puntellato di stelle avvolti dal silenzio.
"Scappo da me stessa e da ciò che provo, hai ragione. Lo faccio perchè sono a pezzi, Raphael, e non credo di poter reggere ancora questo dolore. Sono al limite. Da un giorno all'altro scopro che il mio parabatai ha cospirato contro di me insieme alla donna che ha ucciso la mia famiglia, e ho dovuto accettarlo senza lamentarmi più di tanto. Poi devo affrontare una taglia che mi vuole morta a tutti i costi. Remus muore per salvarmi e devo affrontare la maschera di dolore di Elizabeth, la sua compagna. E inoltre quello che ritenevo un amico è stato costretto a uccidermi ed ha perso la vita tra le mia braccia, e mi ringrazia mentre la morte lo congelava. E per finire in bellezza, tu ammazzi un tuo carissimo amico solo per salvare la mia inutile vita, dannando te stesso per il resto della vita. Non parlo più con i miei amici, non vedo più Max e Rafe, e Alec non si è minimamente sforzato a cercarmi. Ti ho tolto tutto quello che avevi: il potere, una casa, una famiglia e la possibilità di vivere in eterno. E' come se avessi scelto io per te, nello stesso modo in cui Cesare decideva chi moriva e chi viveva. Mi sono fatta giudice di troppe vite che non mi appartenevano affatto, e nel frattempo gli altri morivano per me. Sai, per quanto strano possa essere, credo di aver perso l'anima."
Raphael era contrariato come suo solito e sembrava che avesse appena assistito ad una scenetta pietosa. Scosse la testa e sollevò le sopracciglia in segno di disappunto.
"Non sei l'unica ad aver perso il proprio parabatai: pensa a Luke. E smettila di incolparti per la morte della tua famiglia. Gli hai vendicati e sarebbero fieri di te, ne sono certo. Mark è stato ammazzato dall'ossessione di Sylvie per il controllo e il coltello se l'è conficcato da solo nel cuore. Stan meritava di essere eliminato, era un pericolo per se stesso e per gli altri. Non mi pento di averlo ucciso perchè ho salvato la persona che amo di più al mondo, cioè tu. Astrea, devi smetterla di consumarti l'anima, che ancora possiedi, con questi stupidi pensieri. Credi di meritare solo dolore e per questo continui ad immaginarti errori e gesti mostruosi che non hai compiuto. Sei convinta di aver deciso della mia vita, e ti sbagli. Il tuo sangue mi ha guarito. Non ho mai voluto quella vita e solo perchè la mia fede è forte non mi sono tolto la vita. Mi hai dato una terza possibilità. Mi hai salvato in tutti i modi possibili in cui qualcuno può essere salvato. Adesso lascia che sia io a liberarti dalla sofferenza. Nessuno si salva da solo, e tu sei troppo presa a demolirti invece di curarti. Lasciati curare da me. Te ne prego."
Un gruppo di ragazzi passò di lì tra schiamazzi e risate per raggiungere la festa in piazza, poi tornò il silenzio a regnare. Le case vicine e la stradina erano vuote. Astrea aveva il viso completamente bagnato dalle lacrime e le sue ciglia brillavano sotto la luce dei lampioni, sembrava così potente e fragile al tempo stesso. Raphael nella sua lunga vita non aveva mai visto nulla di più bello. Una goccia cadde a terra con un tonfo che spezzò quella calma apparente, seguita poi da una miriade di gocce. In una manciata di secondi la pioggia venne giù dal cielo come se anche le stelle volessero partecipare. Astrea e Raphael erano zuppi d'acqua, i vestiti appiccicati al corpo, ma ancora occhi negli occhi. Almeno le lacrime si sarebbero confuse con le gocce, come avrebbe detto Bukowski. Raphael avevano mandato in mille pezzi quelle poche certezze che Astrea aveva, era riuscito a demolire i muri dentro ai quali era intrappolata. Aveva buttato giù i mattoni ad ogni parola e adesso lei era libera di respirare e di vedere oltre il dolore. Forse potevano ricominciare. Insieme.
"Possiamo essere danneggiati insieme, se vuoi." disse Astrea, un sorriso appena accennato e le mani strette tra loro. Raphael si avvicinò a lei lentamente, camminando con le mani in tasca e un sorriso raggiante che non riusciva a nascondere. Quando le fu di fronte, le scostò i capelli bagnati dal viso e le afferrò la vita attirandola a se. Astrea gli poggiò le mani sul petto.
"Questa volta vediamo di farla durare." si assicurò Raphael.
"Finché morte non ci separi, Santiago."
"Ti amo, chica."
Astrea si sporse per baciarlo e lui ricambiò senza esitare. Forse le cose sarebbero davvero cambiate per due come loro, distrutti e coperti di cicatrici.
 
 
Salve a tutti! :)
Siamo giunti all’ultimo capitolo.
Spero che la fine vi sia piaciuta.
Grazie di cuore a tutti voi che avete seguito la storia, a chi ha recensito, a chi ha messo tra i preferiti e via dicendo. GRAZIE.
Forse tornerò con la terza parte, ma non se sono ancora sicura.
Detto questo, mi dileguo.
Un bacio.
-Lamy_
 
 
Ps. Perdonate eventuali errori di battitura.

 
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Shadowhunters / Vai alla pagina dell'autore: Lamy_