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Autore: Heihei    27/02/2017    1 recensioni
TRADUZIONE
La storia è stata scritta da Alfsigesey e pubblicata su fanfiction.net in lingua inglese.
Bethyl post-finale della 4 stagione
"Nulla sarà più facile di nuovo. Scappare da Terminus, sconfiggere una mandria di vaganti, cercare provviste. Ma niente di tutto ciò sarà difficile come innamorarsi e provare a costruire una vita insieme in mezzo a tutto questo."
Genere: Avventura, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Beth Greene, Carol Peletier, Daryl Dixon, Un po' tutti
Note: Traduzione, What if? | Avvertimenti: Violenza
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CALMA

 



 

La seconda volta che s’imbatterono nel cervo vennero interrotti da due vaganti. Beth pugnalò alla testa quello più vicino, mentre Daryl si occupò dell’altro, calciando più volte il cranio del cadavere già abbattuto per la frustrazione.

Sospirando, Beth guardò di nuovo l’area in cui il cervo si era fermato in posizione perfetta. Avrebbe potuto colpirlo senza problemi, se quei due vaganti non l’avessero fatto scappare di nuovo.

“Continuiamo?”, gli chiese.

Guardò il cielo ed era il crepuscolo. Finora, erano riusciti a uccidere solo un paio di scoiattoli e un coniglio.

“Continua a portarci sempre più lontano”, sbuffò Daryl, “non credo che dovremmo allontanarci ancora di più dal campo.”

“Ci stiamo arrendendo?” Beth sembrava delusa.

“Con lei sì. Dai, abbiamo ancora un po’ di luce, possiamo trovare qualcos’altro facendoci un giro qua intorno o ricominciare domani mattina.”

Iniziava a fare freddo, le temperature erano scese in modo impressionante. Accesero il fuoco in una piccola fossa, Beth era stesa a pancia in giù sulla loro coperta e osservava Daryl che abilmente, dall’altro lato del focolare, scuoiava uno degli scoiattoli che aveva catturato.

“Ti insegnerò anche questo”, le disse.

“Non vedo l’ora.” Beth rabbrividì.

Sentì la sua mano pulsare, le faceva più male del solito. Non era mai guarita da quando l’aveva rosicata a Terminus, ogni volta le croste si aprivano poco dopo essersi formate. Per evitarlo avrebbe dovuto privarsi di fare ogni cosa con quella mano, che tra l’altro era pure la destra, ma era fuori discussione. Guardò le macchie di sangue che avevano sporcato l’interno delle bende per l’ennesima volta, non aveva pensato a portarsi delle garze pulite.

Attraverso il barlume di quella lieve luce data dal fuoco, poté vedere gli occhi di Daryl oscillare tra il suo viso e la sua mano, ma non disse nulla. Beth cominciò a fissarlo a sua volta. Guardandolo pensare, si rese conto che sembrava che volesse dire qualcosa. Evidentemente, c’era qualcosa a bloccarlo.

Daryl non era mai stato un libro aperto. I loro sentimenti li facevano avvicinare giorno dopo giorno, ma Beth era consapevole che, anche se fosse stata con lui per anni o, se avesse vissuto a lungo, per tutta la vita, avrebbero sempre avuto dei momenti come quello. Non si sarebbe mai esposto senza una piccola spinta.

“Qualcosa che non va?”

Posò la carne sul fuoco per cucinarla e non le ripose subito, comportandosi quasi come se non l’avesse neanche sentita. “La ferita ti si è riaperta caricando la balestra?”

Lei alzò le spalle. “Sì, e facendo altre milioni di cose.”

Daryl si avvicinò facendo il giro del focolare, per poi stendersi accanto a lei. Si portò un braccio sotto la testa, mentre l’altra mano era alla ricerca del suo viso. Un formicolio la scosse quando tracciò un percorso con le dita dal collo alle guance, si sentì avvampare più della carne di quello scoiattolo.

“Non devi fare tutto questo solo perché te lo dico io.”

Così era quello che lo preoccupava. Almeno non aveva dovuto pregarlo per saperlo, facevano progressi.

“Lo so.” Finì di riavvolgere la garza e si chinò a baciarlo.

“Devi dirmi di andare dritto all’inferno se divento troppo prepotente.”

“E’ un ordine, signor Dixon?”

Daryl alzò gli occhi su di lei e, posandole entrambe le mai sul volto, lo accompagnò verso il suo per iniziare a mordicchiarle il collo con foga, tanto da causarle forti brividi per tutto il corpo.

Quando si ricordarono della cena, si era quasi bruciata del tutto. Spensero il fuoco e piazzarono un paio di trappole anti-vaganti per tenersi al sicuro. Il freddo non fu un problema, dormirono abbracciati sotto la coperta.

Entrambe le soluzioni funzionarono, perché fu la luce dell’alba a svegliarli. Appena Beth si alzò in piedi, sentì tutte le miglia percorse il giorno precedente gravare sul suo corpo e desiderò di poter rimettersi a dormire avvinghiata a Daryl ancora per un po’. Il modo in cui lui si era alzato le confermò che non era stata l’unica ad averlo pensato, ma per esperienza sapeva che l’unica soluzione per sentirsi meglio era rimettersi in marcia. Silenziosamente, raccolsero le loro cose e si mossero in direzione del motel.

“Stasera, quando torneremo al campo, dovremmo massaggiarci a vicenda”, gli disse, portando la balestra più in alto che poteva sopra la sua testa, nel tentativo di sgranchire le spalle doloranti.

“Ci abbiamo già provato, ricordi?”, ribatté lui con un borbottio.

“Ci proveremo di nuovo.”

“Ci sto.” Daryl si fermò improvvisamente. “Aspetta, dobbiamo dare un’occhiata in giro.”

Arrossendo leggermente, Beth si rese conto di non aver proprio prestato attenzione alle tracce, era ancora mezza addormentata. Ispezionò immediatamente l’ambiente circostante con lo sguardo, alla ricerca di ciò che lui aveva visto. Sconfitta, si morse il labbro inferiore e posò gli occhi su di lui, porgendogli delle scuse silenziose e imbarazzate.

“Continua a seguire le tracce, Greene. Stai perdendo le cose.”

Cosa si era persa? Tutte le tracce che vedeva erano probabilmente di un altro scoiattolo che andava nella direzione da cui stavano venendo. Le piante più basse erano rosicchiate, ma non sembravano tracce recenti.

“Io non… aspetta, quelli sono semi di mela?” Gli occhi le si illuminarono non appena iniziò a cercare tra gli alberi.

“Qui ce n’è uno di pesca”, le indicò Daryl.

“Ci sono alberi da frutto nelle vicinanze!”, esclamò euforica. Era da un pezzo che non mangiava frutta fresca. Ma poi, un secondo dopo, dovette ricredersi quando una folata di vento fresco le accarezzò le guance, come se volesse riportarla coi piedi per terra. “E’ troppo tardi, tutti i frutti saranno marciti o caduti”, aggiunse delusa.

“Andiamo a vedere lo stesso.”

Sapeva che percorso fare per raggiungere quegli alberi da frutto, quindi abbandonò il largo sentiero che conduceva al motel e seguì Daryl dove il bosco cominciava man mano a diradarsi e dove il livello del terreno era più alto.

In poche decine di metri, s’imbatterono in una grande proprietà, nascosta dalla fervida vegetazione, al centro della quale c’era la casa di qualcuno che doveva sicuramente essere morto. La casa era così piccola che la liberarono in circa cinque minuti, abbattendo l’unico vagante che era nei paraggi. I proprietari avevano bloccato le porte e, come la maggior parte dei posti in cui erano stati, Beth era sicura che quella casa avesse una storia. Sembrava che nessuno prima di loro l’avesse trovata, il che era raro. Aprirono il piccolo frigorifero che doveva essere stato spento molto tempo prima, difatti era colmo di cibo scaduto e maleodorante. Dagli armadi riuscirono a recuperare del cibo in scatola da aggiungere al loro bottino di caccia, che non era poi granché, ma sempre meglio di niente.

Nonostante tutto, il vero tesoro esisteva e si trovava all’esterno di quella piccola casa, sul retro: come Beth aveva sospettato, il freddo aveva spogliato gli alberi dei loro frutti, ma accanto a loro vi era una serra che strabordava di frutta e verdura fresca. Riempirono il sacco di iuta che lei aveva trovato in casa con tutto ciò che potevano, per poi concedersi una colazione a base di pomodori freschi.

“Lasciala aperta”, suggerì a Daryl non appena lo vide chiudere la porta della serra. “Quello che lasciamo non verrà sprecato, agli animali entreranno per mangiare.”

Rincuorati dalla loro scoperta, s’incamminarono nuovamente verso il motel, trovando presto sulla strada del ritorno altre tracce di animali che non dovevano essere molto lontani da loro.

Tornarono al campo trovandolo così come l’avevano lasciato. In totale portarono due conigli, quattro scoiattoli, una capra e il cibo che avevano recuperato da quella casa.

Mentre Daryl portò il loro bottino a Eugene e Tara, che ormai si erano autoeletti cuochi ufficiali del gruppo, Beth si avvicinò a Glenn, che stava tentando di estrarre la benzina dal serbatoio della berlina.

“Hey, siete tornati!”, la salutò affaticato. “A Maggie sei mancata.”

Beth alzò un sopracciglio, rivolgendogli un’occhiata torva.

“Sei mancata anche a me”, si corresse sorridendo. “Credo.”

Ricambiando il sorriso, gli diede un abbraccio veloce. “Non staremo stretti tutti in una sola macchina?”

Il lato posteriore della jeep offriva un sacco di spazio, ma erano davvero tanti e avevano anche molte scorte.

“Il risparmio di benzina è molto più importante della nostra comodità.”

Effettivamente, tra Terminus e Washington c’erano un bel po’ di chilometri, e del carburante in più non sarebbe stato di certo inutile.

Allontanandosi da suo cognato, le fu inevitabile pensare al segreto che stava mantenendo. Ogni volta che gli parlava avrebbe voluto confessarglielo, ma puntualmente le moriva sulla punta della lingua. Non era compito suo.


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Con riluttanza, Beth si rimise la maglietta così come le aveva detto di fare Daryl.

“Non devi abbassare la guardia, potrebbe salvarti la vita.”

“Uhuh.”

“Mi stai ascoltando.”

“Abbastanza...”

Daryl era supino sul loro materasso, con addosso solo un paio di pantaloni. “Non funzionerà se solo uno di noi è concentrato.”

A quel punto, Beth gli salì praticamente addosso, afferrandogli il viso con entrambe le mani. “Sono concentrata.”

“Ora io non lo sono più”, gemette, ma dopo aver scosso la testa un paio di volte, s’immerse di nuovo nella sua lezione. “Anche se è riuscito a gettarti a terra, c’è ancora molto che puoi fare.”

“Aspetta, sono io che sto attaccando?”

“Sì, stai sopra.”

“Quindi, sei tu la donna?”

“Zitta.” Daryl le afferrò il polso e le portò la mano sul suo petto. “Devi prendere una delle sue armi e scegliere da che lato vuoi rotolare. Tieni una mano bloccata tra di voi e afferrala con l’altra...”

La strinse in un abbraccio un po’ troppo affettuoso per una lezione di autodifesa, invertì le posizioni e le bloccò un piede con la gamba senza che lei si fosse minimamente accorta che l’aveva mossa. In parte rise, e in parte strillò quando la girò di schiena.

“Come hai imparato tutto questo?”

“Il carcere l’ha insegnato a Merle e Merle l’ha insegnato a me.” Si alzò, accovacciandosi di fronte a lei. “Se puoi, alzati e scappa. Se invece ti blocca...”

“Come?”

“Avvolgi le gambe intorno a me.”

Obbedì velocemente, incrociando le caviglie dietro il suo bacino.

Aveva assunto uno sguardo sfrontato che Beth aveva imparato a conoscere molto bene. Baciandola con passione, le fece credere che la loro lezione fosse finita, ma durò solo fin quando non gli mancò completamente il respiro.

“Questo, proprio qui...”, le afferrò entrambe le cosce all’altezza dei fianchi.

“Mi piace”, Beth si morse il labbro inferiore. Quel minimo di attenzione che tentava di prestare alla lezione andò decisamente a farsi benedire.

“Per scappare, devi afferrare la pelle e stringerla.”

Daryl posò le dita sul suo interno coscia, ma al posto di esercitare la pressione di cui parlava, cominciò ad accarezzarla delicatamente e a scendere sempre più giù.

“In genere dovrebbero lasciarti andare”, mormorò.

“In genere?”

“Nel caso stringi più forte, o feriscigli li occhi, stringigli la gola...”

“Sembra difficile”, ammise, “ma voglio imparare.”

“Devi fare pratica. La cosa migliore è sempre scappare, ma se non riesci devi utilizzare tutto ciò che puoi. I gomiti, le ginocchia, le unghie, i denti.”

“I denti?”

“Impara qualcosa anche dai vaganti”, scherzò.

Abbassò la testa e si avventò sul suo collo, mordendolo prima delicatamente e poi con più forza quando lei cominciò a reagire, emettendo dei gemiti. Beth strinse la presa delle cosce dietro la sua schiena e gli strinse le spalle, affondando le unghie nella sua pelle. In poco tempo, lo sentì irrigidirsi e cominciò a sfilarle la maglietta.

“Insegnarmi a combattere è stata una grande idea”, gemette, “una delle migliori che tu abbia mai avuto.”

   
 
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