Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Tada Nobukatsu    28/02/2017    0 recensioni
Eccoti qua! Sai, mi aspettavo una tua visita. Ho visto come lo guardi, ho letto la curiosità e il disagio nei tuoi occhi. Hai bisogno di una guida, non è così? Un guida per poter leggere i pensieri del capitano Levi, perché vedere costantemente quel suo sguardo freddo, come se disprezzasse ogni cosa, ti turba. È normale, lui è fatto così. Ma, vedi, Levi in realtà è più semplice di quello che sembra e, che tu ci creda o no, nemmeno lui è immune ai sentimenti profondi di affetto. Posso assicurartelo, io c'ero, l'ho visto con i miei occhi.
Per il momento però tutto ciò che ti serve sapere è che ci sono tante cose che Levi può disprezzare, ma tra queste quelle assolutamente da evitare sono tre: lo sporco, il colore rosso e le Calendule.
Sii tenace, non demordere e avrai la meglio, perché, vedi, alla fine Levi ha il cuore tenero.
Adesso però siediti e lascia che ti racconti una storia...
Genere: Angst, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Erwin Smith, Levi Ackerman, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Comprensione


Il sole era in procinto di cadere a ovest e il cielo cominciava ad aranciarsi e ingiallirsi, perdendo gradualmente la sua colorazione azzurra. Mari ormai allo stremo continuava però a correre intorno al cortile, con sulle spalle uno zaino carico di mattoni. Una punizione simbolica per permetterle di comprendere il peso che portava sulle spalle, ma che al momento l'unica cosa che stava stremando era il fisico. Ludwing la guardava e si assicurava che eseguisse gli ordini, con ancora sul viso lo sguardo furibondo che aveva mantenuto tutto il pomeriggio. Se c'era una cosa al mondo che detestava era proprio chi si comportava stupidamente e Mari si era appena aggiudicata il podio nel suo libretto dei nomi da ricordare e detestare. I respiri affannosi avevano costretto Mari a tenere le fauci spalancate ormai da un po' e l'aria stava cominciando a seccare così tanto la sua gola da recarle dolore. Ogni muscolo bruciava e le spalle si sarebbero potute spezzare da un momento all'altro per il peso che trascinavano e sopportavano.

Ma non fiatava e obbediva. L'aveva sempre fatto, certo non avrebbe smesso in quel momento.

Alzò lo sguardo, osservando l'entrata al canyon dove era stato allestito il campo di addestramento e tenne gli occhi puntati ad essa, fintanto che il giro non la costrinse a voltargli le spalle. Arrivò in fondo al cortile e si voltò per cominciare un altro giro ancora. Nuovamente gli occhi andarono all'entrata e lì vi restarono fintanto che non fu costretta a voltarsi ancora una volta. Trascinò il piede destro in avanti, ma non riuscì a piantarsi a terra in tempo, troppo stanco ormai per star dietro al suo passo, e Mari cadde a terra. Il peso dei mattoni contro la sua schiena la fecero lamentare per il dolore e fu costretta a prendersi qualche secondo, per aspettare che se ne andasse e potesse provare a rialzarsi.

«In piedi!» ordinò Ludwing. Mari poggiò i palmi a terra e si sforzò di sollevare le ginocchia, alzandosi piano piano.

«In piedi!» gridò con più forza Ludwing e digrignando i denti Mari riuscì finalmente a rialzarsi. Fece due enormi respiri, riprendendo fiato, poi riprese a correre, o meglio: a trascinarsi. Altri giri, altri tentennamenti e stava ancora una volta per cadere a terra ormai stremata quando finalmente vide un carro scendere lungo l'entrata che portava al cortile. Davanti e dietro di esso Levi e tre reclute lo scortavano a piedi. Una di queste si reggeva una mano con un fazzoletto insanguinato, ma nessun altro sembrava aver riportato danni di nessun genere, tantomeno il carro.

Arrivati nel cortile, i cavalli con il carico si diressero verso il magazzino autonomamente e Levi si fermò invece a dare qualche disposizione ai ragazzi che l'avevano seguito. Il ragazzo con la mano ferita venne accompagnato in infermeria dai compagni e presto il capitano fu di nuovo solo. Mari si portò le mani alle bretelle dello zaino e cominciò a sfilarselo frettolosamente, mentre i piedi la stavano già portando da lui.

«Dove credi di andare?» urlò Ludwing con tale forza da far voltare perfino Levi, dall'altro lato del cortile. «Torna immediatamente a correre!»

Mari esitò, ma gli occhi erano ancora puntati su Levi, desiderosi di raggiungerlo, ignorando ogni sorta di impedimento. Doveva parlargli, aveva desiderato farlo per tutto il giorno e ora finalmente ce l'aveva davanti. Intercettò il suo sguardo severo, che parve indurirsi ancora di più non appena la vide. Era ovvio che fosse ancora furioso con lei e questo spingeva la ragazza a desiderare ancora di più un confronto.

"Ha ragione Levi! Non hai disciplina!" rimbombò la voce di Ludwing nella sua mente, ricordandosi della sgridata che aveva subito quel pomeriggio. Davvero il capitano Levi pensava questo di lei? Davvero la giudicava tanto male perché a volte faceva di testa sua? Strinse le spalline dello zaino tra le dita, abbassò lo sguardo corrucciandosi e infine riprese a correre. Levi la squadrò qualche secondo, indecifrabile nel volto, poi se ne andò, diretto al capanno di Keith per fare rapporto.

Ancora una volta lo vide passare poco dopo, diretto al suo casolare, probabilmente per rinfrescarsi e cambiarsi, e ancora una volta non poté raggiungerlo per colpa della punizione. Quando finalmente Ludwing decise che era abbastanza e la lasciò libera di riposarsi, il sole ormai era calato. Mari si liberò velocemente del peso sulle spalle, sentendo necessario prendersi qualche istante per godersi la bellissima sensazione di leggerezza e libertà. Le spalle facevano un male indicibile e le gambe non smettevano di tremare. Probabilmente ci avrebbe pensato due volte, la prossima occasione, prima di fare qualcosa di tanto folle davanti a un superiore. Era stato orribile e non ne voleva più sapere di mattoni per un bel po'.

Corse verso le mense, dove si stavano riunendo compagni e superiori per la cena. Entrò, guardandosi attorno freneticamente, in cerca di un volto specifico. Levi non era lì, ma arrivò pochi istanti dopo, accompagnato da Erwin e Hanji. Mari esitò di fronte a quell'espressione così dura: saperlo furibondo con lei le faceva così male.

Nell'istante in cui le passò davanti, senza degnarla di uno sguardo, capì che non poteva far altro che tentare di avvicinarlo. Allungò una mano nel vuoto, cercando di attirare l'attenzione e chiamò: «Capitano Levi!»

Il trio si fermò nel sentirla e sia Hanji che Erwin si voltarono a guardarla, ma non Levi che invece si ostinò a volgerle le spalle. Mari arrossì lievemente per l'imbarazzo di dover tentare di parlargli di fronte agli altri due ufficiali, che sembravano più interessati di quanto si fosse aspettata.

«Potrei parlarle un minuto?» balbettò, abbassando lo sguardo. Era così imbarazzante! Perché gli altri due si ostinavano a guardarla in quel modo?

«Non ora» rispose secco Levi e si allontanò. Hanji e Erwin esitarono un istante, prima di seguirlo, lasciando sola la ragazza con la sua delusione e il suo rammarico.

«La poveretta ce la sta davvero mettendo tutta per riuscire ad attirare la tua attenzione» ridacchiò Hanji, affiancando l'amico.

«Questa mattina era sveglia all'alba per fare esercizio» disse Erwin, lanciando uno sguardo divertito a Hanji.

«E subito dopo è andata a pulire le attrezzature» annuì Hanji. «Non sarai un po' troppo duro con lei?»

«Non mi pare che il nostro addestramento sia avvenuto in un clima gioviale e amichevole» rispose Levi, lanciando uno sguardo scocciato a Hanji. «E comunque non sono affari che ti riguardano» aggiunse, prima di sedersi al tavolo per mangiare.

Hanji volse automaticamente lo sguardo a Erwin, cercando risposte o forse conferma alle sue osservazioni. Ma il comandante al suo fianco non sembrò trasmetterle niente, benché il suo sguardo fosse vagamente divertito, forse soddisfatto. Come se capisse meglio la situazione di quanto in realtà lo facessero gli altri.

Per il resto della serata non venne più fatto cenno all'argomento Mari e gli ufficiali si limitarono a discutere di lavoro o di quanto quella sera la cena fosse particolarmente ricca, forse per le scorte appena arrivate con successo.

Dall'altra parte della sala, Mari era impegnata a giocherellare con una carota galleggiante nel suo brodo, pensierosa. A ogni respiro che faceva corrispondeva una fitta all'altezza delle spalle e del petto, ma dava loro la minima importanza.

Un paio di mani sottili si posarono su quelle spalle doloranti e fecero una leggera pressione, muovendo le dita in senso circolare, e al tocco Mari si irrigidì, mugolando di dolore.

«Ne sei uscita viva per miracolo» disse Angelica alle sue spalle, rivelando che fosse lei a tentare quel massaggio che in realtà non faceva che peggiorare la situazione. «Non ho mai visto l'istruttore Ludwing così furioso, si può sapere che hai combinato?»

«Mi sono buttata dalle mura per guardare i giganti da vicino» disse Mari con voce rotta dal dolore. Angelica scoppiò a ridere divertita, ma non disse altro, restando a guardare il volto di Mari.

Solo dopo pochi secondi di silenzio, strabuzzò gli occhi e chiese: «Aspetta! Non era una battuta?»

«No, l'ho fatto sul serio» disse Mari. La presa di Angelica sulle sue spalle si fece più stretta e questo per poco non la fece urlare.

«E non ti hanno divorata?» chiese rauca.

Mari restò inebetita a lungo, prima di dire con una strana serietà: «Sì, dalla vita in giù.»

«Sul serio?» strillò Angelica, lanciandosi sotto al tavolo per vedere personalmente il corpo sventrato di Mari. Si rialzò con una strana delusione nel volto, quando constatò che l'amica l'aveva solo presa in giro.

«Perché l'hai fatto?»

«Non lo so» sospirò Mari, allontanando il proprio piatto da sotto al naso e accasciandosi al suo posto, avvolgendo la testa tra le braccia. «Ma è stata la cosa giusta.»

«Che dici? Potevi morire!»

«Adesso lo comprendo meglio» sospirò Mari, sollevando la testa e poggiandola sulle braccia avvolte, così da non sentire direttamente sulla pelle il ruvido e il freddo del legno. Voltò la testa di lato, riuscendo a intravedere il capitano Levi attraverso le ciocche smosse dei suoi rossi capelli.

«Comprendere cosa?» chiese Angelica con curiosità, ma Mari decise questa volta di non rispondere.

«Stasera c'è la luna piena» mormorò tra sé e sé, socchiudendo gli occhi in un sospiro. Angelica non potè far a meno di farsi ancora più domande, ma a malincuore si rese conto che avrebbe dovuto aspettare per avere delle risposte. La sua amica sembrava essersi appisolata.


NDA.

Era da un po' che non ne scrivevo uno. Come avete potuto intuire dalla sporadica presenza che ho mostrato negli ultimi tempi, questo è stato un periodo particolarmente difficile per me e riuscire a pubblicare con puntualità non è stato semplice (tant'è che non sempre lo facevo...).

Volevo solo chiedere scusa per la semi assenza dimostrata ultimamente, rinnovare la speranza di riuscire a riprendermi presto e tornare attiva come sempre e ringraziare soprattutto chi ancora legge la storia di sta poveraccia di Mari xD

Il prossimo capitolo si intitolerà "Erwin Smith" e sarà un altro tuffo nel passato... A voi le supposizioni su ciò che accadrà :P. Io non accenno altro ehehe

Vi aspetto!

Cià cià!


Tada Nobukatsu-kun
   
 
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