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Autore: lithnim222000    28/02/2017    4 recensioni
|Interattiva - Iscrizioni aperte fino al 10/03|
La porta si richiuse, e il ritmico scandire dell'orologio si fermò di colpo. Ora il silenzio era totale.
-Che tipa carina la tua amica, Os.- una voce dietro le sue spalle lo distrasse, facendolo balzare in piedi.
-Morfeo!- i suoi occhi si posarono sulla figura snella del ragazzo, appoggiato al muro con le braccia incrociate. Quanto ad aspetto, invece, suo fratello era lo stesso di sempre: un bel ragazzo dai capelli ricci e scuri, premuti sotto un cappellino da baseball. Indossava jeans scoloriti, con più buchi che stoffa, scarpe da ginnastica che si tenevano insieme a dispetto della forza di gravità e felpa rosso brillante, con la scritta in nero “chase your dreams, go to sleep”. Be', certe cose non cambiavano mai.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Dei Minori, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Il Signor D è una brutta statuina e Will fischia come un treno merci.


-Africa, non sono sicuro che sia una buona idea.- la voce di Connor Stoll giunse dal basso, poco più di un sussurro -Ahio!- aggiunse subito dopo, più forte, quando la ragazza gli piazzò un piede sulla testa per raggiungere un punto ancora più in su.

Africa sbuffò, evitando di rispondergli: stare in equilibrio sulle sue spalle, in piedi, mentre cercava di far scattare la serratura arrugginita di una finestra della Casa Grande era già abbastanza complicato, anche senza dover rispondere ai suoi commenti idioti. Accidenti, ma chi aveva messo così in alto le imposte sul retro dell'abitazione?

Con la lingua fra le labbra, concentrata, continuò a ruotare la forcina dentro il buco della serratura, spingendo con tutte le sue forze per vincere l'opposizione degli ingranaggi deteriorati. Alla fine, il tanto atteso clic della finestra che si apriva le strappò un sorriso soddisfatto.

-Ci sono riuscita, Con.- annunciò, sporgendosi un attimo verso il basso -Adesso entro e poi ti tiro su.

-Fa' in fretta!- il tono di Connor era urgente -Mi sa che Hedge sta tornando dalla sua passeggiata quotidiana con il piccolo Chuck, e se mi vede qui...

Africa spinse il vetro e scavalcò il davanzale, atterrando sul lucido parquet del salotto. Immediatamente, un fortissimo odore di mosto le invase le narici, ma non ebbe il tempo di stare a goderselo: si sporse fuori, agganciando la mano del figlio di Ermes e issandolo dentro più rapidamente che poté.

-Hai messo su peso!- si lamentò battendogli un colpetto sul braccio, quando finalmente anche Connor fu dentro la stanza -Che c'è, gozzovigli da quando tuo fratello è via?

-Ma va', sono tutti muscoli.- Connor fletté il bicipite, con aria da atleta -E comunque non mi serviranno a niente se il signor D ci incenerisce per esserci introdotti qui...

-Al massimo ti trasforma in un delfino.- tagliò corto la ragazza, muovendo qualche passo verso il centro della sala. L'interno era completamente rivestito da tralci di vite, da cui pendevano grappoli rossi e verdi dall'aria succosa. Le piante coprivano le pareti e il soffitto e si attorcigliavano, come barbe e capelli, introno ad un'incredibile assortimento di maschere di ogni tipo, appese alle pareti.

-Mi sembra tutto normale.- commentò Connor, incrociando le braccia -Perché hai voluto che scassinassimo una finestra? Oh, carino questo.- agguantò un soprammobile di vetro e se lo intascò con assoluta naturalezza.

-Io l'ho scassinata, tu facevi da scala.- precisò distrattamente la ragazza, avvicinandosi alla libreria lungo una parete. Senza accorgersene, iniziò a picchettare ritmicamente una falange sugli scaffali di legno, mentre scorreva con lo sguardo i dorsi dei libri -Comunque, perché Chirone a quest'ora avrebbe lezione di tiro con l'arco, ma invece di essere nell'Arena si è piazzato sulla veranda della Casa Grande e impedisce a tutti di entrare. E perché il signor D non è lì con lui a giocare a pinnacolo.

-Magari è in gita sull'Olimpo, o in giro qualche ninfa carina, o in bagno...- iniziò ad elencare il ragazzo, spazientito. Poi però si interruppe di botto, trasalendo -...o magari è steso sul divano. Ric, vieni qui, credo che stia male!

La ragazza si era già fiondata al suo fianco.

Connor aveva ragione: il signor D non aveva affatto un bell'aspetto. Sdraiato sui cuscini del divano con la stessa rigidezza di una statua di marmo, la camicia hawaiana a fenicotteri rossi tirata sulla pancetta tonda da bevitore e un rivoletto di bava che gli colava fra la barba dalla bocca spalancata, avrebbe anche potuto sembrare una visione divertente se non fosse stato per gli occhi: il suo sguardo era vitreo e incolore, fisso nel vuoto come quello di un pesce morto. Una morsa di gelo serrò lo stomaco della ragazza: Dioniso era forse...?

Connor si chinò in avanti e piazzò due dita sotto il naso rosso del dio.

-Respira.- annunciò in tono sollevato. La ragazza sentì le gambe diventare molli per il sollievo. Per un attimo aveva davvero temuto il peggio. Si era sempre ritenuta una persona dalla mentalità piuttosto flessibile, ma affrontare il fatto che una divinità immortale potesse trapassare sarebbe stato troppo anche per lei.

Polluce non dovrà mai sapere niente di questo decise, fissando il volto inespressivo del signor D. La morte del fratello Castore, durante la guerra contro Crono, aveva già segnato il figlio di Dioniso in profondità: non osava immaginare come avrebbe reagito se avesse creduto di aver perso anche il padre.

-Bene.- si voltò di scatto e guadagnò di nuovo la finestra, arrampicandosi sul davanzale. Connor la tallonò, con gli occhi sgranati.

-Bene? Cosa c'è di positivo in questa faccenda, me lo spieghi?

-Ora sappiamo perché Chirone faceva la guardia alla porta.

-Ah, okay. Allora è tutto a posto.- ironizzò lui -Rikie, abbiamo visto la stessa cosa? Perché mi sembri un po' troppo tranquilla per una che ha appena trovato un dio semivivo su un divano.

-Non è peggio di te alla tua prima sbronza.- Africa ammiccò, sogghignando -E poi sapevamo già che sono in atto forze potenti. Dopo il sogno che Os ha fatto stamattina...

-Quello per cui Chirone ha convocato un'assemblea?

-Quello. Insomma, qualcosa me l'aspettavo. Anche se...non un dio mezzo morto.- concesse la ragazza. Si sporse e saltò giù, piegando le ginocchia quando toccò terra. Connor la seguì, dopo essere rimasto in bilico sul davanzale esterno per un paio di secondi, per riaccostare l'anta della finestra.

Iniziarono entrambi a camminare verso le capanne, come se non avessero fatto altro che una passeggiata.

Erano quasi le nove del mattino e, nonostante fosse il primo giorno di ottobre, un timido sole dai raggi ancora caldi faceva capolino fra le nuvole grigie, profumando il vento di un ultimo strascico di primavera. Africa respirò quell'odore di terra ed erba e lasciò che facesse scivolare via dalla sua mente il ricordo degli occhi di vetro del signor D. L'avevano scossa più di quanto avesse fatto intendere a Connor, ma non aveva senso rimuginarci sopra adesso.

-Ehilà, coach.- Connor la distrasse alzando una mano per salutare il coach Hedge, che passava lì vicino con suo figlio Chuck sulle spalle -Senti, Ric, che fai ora? Prima della riunione c'è un'ora buona, potremmo andare al lago insieme, e magari...- tentò poi con aria conciliante.

La ragazza lo fermò subito, alzando una mano.

-Connor, ne abbiamo già parlato.- sospirò -Non sei il mio tipo. Ti ho chiamato oggi solo perché mi serviva il tuo aiuto come amico, non perché stessi cercando una scusa per vederti.

Il ragazzo sembrò deluso per un secondo, ma si riprese subito.

-Mm, sarà...ammettilo che non sai starmi lontana.- scherzò -Come vuoi, comunque. Me ne farò una ragione. D'altra parte l'ho capito che ti piace ancora Os.

La ragazza gli affibbiò uno spintone, a metà fra sorpresa e stizzita.

-Ma cosa dici, se ci siamo lasciati un anno fa!

-Sei arrossita...

-Io non sono...e poi questi non sono minimamente affari tuoi, mi rifiuto di parlarne!- incrociò le braccia, voltando la testa dall'altra parte -Se vuoi saperlo, è che adesso ho da fare. Devo preparare i prossimi allenamenti per la squadra di Sparta.

Connor rise, scuotendo la testa.

-State ancora mandando avanti quegli stupidi gruppetti? Siete rimasti in...quanti, dieci in tutto?

-Undici.- precisò lei -Ma ”Atene” e “Sparta” sono club di tutto rispetto. Mi diverto a mandarli avanti: facciamo gare di tiro con l'arco, di arrampicata, di nuoto, ma ci sfidiamo anche sulla conoscenza dei miti, su chi indovina per primo i nomi dei mostri...è forte. E poi incoraggia il contatto fra cabine diverse, visto che nessun membro delle due squadre ha lo stesso genitore divino. Anzi, un figlio di Ermes ci manca proprio...- aggiunse, lanciandogli un'occhiata che parlava da sé.

Connor ridacchiò di nuovo.

-Oh no, scordatelo. Mi piaci, ma non abbastanza da frequentare i tuoi amici psicopatici.- infilò le mani nelle tasche e si voltò verso l'Arena -Bene, io vado ad allenarmi, allora. Divertiti con Sparta, e...tanti auguri per la tua storia con Odisseo.

Ammiccò e filò via, inseguito dalle maledizioni della ragazza.

 

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Odisseo non era mai stato ad una riunione alla Casa Grande. A detta di Clovis, il capocabina di Ipno, non era roba per lui, anche se il ragazzo si era sempre rifiutato di spiegargli perché. Ora Os cominciava a capire come mai Clovis non facesse mai parola di quello che si deliberava durante le assemblee: probabilmente non ne aveva idea. Il suo contributo alla conversazione generale sembrava essere essenzialmente quello di fornire un rilassante sottofondo sonoro: non appena i ragazzi si erano seduti, aveva abbandonato la testa sul tavolo da ping-pong e aveva attaccato a russare beato.

Il ragazzo gli lanciò un'occhiata e storse il naso, disgustato. La sua assoluta mancanza di interesse in qualsivoglia questione lo esasperava. Sapeva che era una caratteristica dei figli di Ipno l'essere costantemente in balia di una sonnolenza latente, ma lui non era mai riuscito a sopportarlo, nemmeno su se stesso. C'era un momento per dormire, ed era la notte: per tutto il resto della giornata il sonno, oltre a gettarlo in uno stato di confusione che detestava, non era che una perdita di tempo, che gli impediva di concentrarsi su quello che giudicava veramente importante, tipo i libri, gli allenamenti, lo studio dei miti. Era arrivato ad uno stato di frustrazione tale da bersi una tazza di caffè all'ora, cosa che, oltre a risultare perfettamente inutile, non faceva altro che aumentare il suo nervosismo.

Per fortuna, da un anno a quella parte, aveva trovato il modo di evitare di cadere addormentato ogni due per tre. Faceva parte del patto con la sua dea, e, nonostante quella piccola, insignificante clausola imposta sul contratto, lui non si era ancora pentito di aver stretto quell'accordo.

Del resto, i sogni sono sopravvalutati meditò fra sé.

A distrarlo da quei pensieri fu Africa che, dall'altro capo del tavolo, lo salutò strizzandogli l'occhio. Il ragazzo notò che aveva Micros, il suo stiletto, appoggiato accanto alle mani che ticchettavano inconsciamente sul legno un ritmo inventato. Nessuno di quei dettagli era una novità: da quando la conosceva, cioè da quando, tre anni prima, era arrivato al campo, non aveva mai visto Africa girare disarmata, né tanto meno starsene in silenzio. Musica di percussioni sparata nelle cuffie a tutto volume, un piede che batteva a terra, una serie di note canticchiate a bocca chiusa, addirittura l'accartocciarsi ripetuto dell'involucro plastificato di qualche merendina: erano tutti rumori con cui dovevi imparare a convivere se avevi a che fare con lei. Diceva che i suoni costanti la aiutavano a mantenere la concentrazione e scaricare l'iperattività. Era irritante, ma ci si faceva l'abitudine. Solo una cosa Odisseo non aveva mai tollerato, di lei: il suo orologio. Era un orologio da polso vecchio stile, dal cinturino in cuoio nero e la ghiera sottile, dorata, ma così chiassoso che potevi sentire lo scandire delle lancette ad un metro di distanza. Secondo, dopo secondo, dopo secondo.

Ora non lo portava, però, e la cosa lo sollevò alquanto. Tecnicamente nemmeno lei avrebbe dovuto trovarsi lì, in quanto non era la capocabina di quelli di Poros, ma tutti i suoi fratelli erano tornati a casa per l'anno scolastico, perciò la ragazza era rimasta l'unica a poter rappresentare la sua capanna. Be', perlomeno c'era una faccia amica nella selva di sguardi torvi che gli altri si stavano scambiando.

Ricambiò il saluto, per poi spostare la propria attenzione su Chirone. Il centauro, nella sua forma umana in sedia a rotelle, aveva la fronte solcata da una ruga verticale, profonda come un solco d'aratro, e gli occhi già stanchi, nonostante fossero solo le dieci del mattino. Con la barba ormai ingrigita, bloccato in quella carrozzina, la sua figura appariva rattrappita e molto meno rassicurante della sua manifestazione a quattro zampe. Tentò lo stesso di sorridere quando si accorse di avere gli sguardi di tutti puntati addosso, ma dovette esserci qualche incomprensione fra il cervello e i muscoli facciali, perché quello che venne fuori era a malapena una smorfia tirata.

-Ci siete tutti?- esordì, spingendo avanti la ciotola di nachos al formaggio -Bene, ognuno prenda del cibo: cominciamo la riunione.

-Perché non c'è il signor D?- domandò Lou Ellen, della capanna di Ecate -Non che la cosa mi dispiaccia, sia chiaro, ma...

Chirone sospirò.

-È proprio di questo che dobbiamo parlare. Il signor D e tutti gli altri Olimpi...temo che saranno fuori gioco per un po'.

-In che senso “fuori gioco”?- indagò allarmato Polluce, il figlio di Dioniso. Il centauro aprì la bocca per parlare, ma qualcuno lo batté sul tempo.

-Rinchiusi sul monte Olimpo per questioni di sicurezza.- Africa rivolse un gran sorriso al ragazzo, allungando contemporaneamente una mano per affibbiare un doloroso pizzicotto sul braccio a Connor Stoll, che, di fianco a lei, si era voltato a fissarla con aria sgomenta -Non preoccuparti, Polluce. Tuo padre sta bene.

Odisseo non ci credette neanche per un secondo. Quando Africa mentiva inclinava sempre la testa un po' di lato, come ora. La cosa gli depositò sullo stomaco un blocco di agitazione: Dioniso era ridotto in condizioni così brutte da non poterne rendere partecipe il suo stesso figlio? La faccenda si prospettava peggiore del previsto.

Anche Chirone osservò per un secondo la ragazza, con aria di rimprovero mista a qualcos'altro di indecifrabile, ma non la contraddisse.

-È così.- confermò lentamente. I suoi occhi scorsero i campeggiatori, fino a fermarsi su Os -Odisseo, raccontaci il tuo sogno.

Il ragazzo si alzò e prese un respiro, ignorando il mormorio che serpeggiò intorno al tavolo quando i semidei lo individuarono. Si era aspettato una reazione simile, d'altra parte. La sua reputazione al Campo...era quella che era.

Il suo resoconto fu stringato ma preciso, come al solito: se c'era una cosa che Odisseo sapeva fare, era parlare. Quando ebbe finito, sull'assemblea calò il silenzio più completo. Si poteva quasi sentire il rumore dei pensieri che si rincorrevano e si agganciavano nella testa dei presenti. Alla fine fu Sherman Yang, figlio di Ares, a spezzare la tensione.

-Cos'è, una specie di scherzo?- sbottò, sporgendosi sul tavolo verso Chirone -Dovremmo credere che Seawind, mister sono-un-figlio-di-Ipno-ma-non-dormo-mai, abbia fatto un sogno del genere quando neanche i figli di Apollo ricevono più messaggi da loro padre? Cos'è, Os, non hai trovato altro modo per stare al centro della scena che usurpare il posto di profeta della cabina sette?

-Apollo è sparito da quest'estate, dopo la fine della guerra contro Gea.- gli fece sommessamente notare Miranda Gardiner -E poi il sogno di Os non veniva da lui. Ha detto che sono stati gli Oneiroi a contattarlo.

Solo una severa occhiata di Chirone impedì a Sherman di sputare per terra.

-Oh, ma andiamo!- il ragazzo allargò le braccia, sprezzante -Secondo voi Ipno invierebbe i suoi figli proprio a lui? Lo sanno tutti che Seawind è stato rinnegato da suo padre!

Os era rimasto immobile fino a quel momento, ma le parole del figlio di Ares gli fecero scattare qualcosa dentro. Balzò in piedi così rapidamente che la sua sedia cadde a terra con un fragore assordante.

-Ipno non mi ha rinnegato.- sibilò glaciale -Semmai, sono io che ho rinnegato lui.

Sherman inarcò un sopracciglio.

-Ah sì? A me sembri solo la volpe che non arriva all'uva.

Lo sguardo di Odisseo si assottigliò pericolosamente. Si era già mosso per aggirare il tavolo e raggiungere il figlio di Ares, con i pugni stretti, nell'utopistico intento di suonarle a quella massa di muscoli, quando un fischio acutissimo, più potente di quello di una locomotiva, costrinse lui e tutti i presenti a piegarsi in due, con le mani premute sulle orecchie.

-Aah, Solace!- gemette Connor Stoll, scrollando la testa come un cane -Era proprio necessario?

Il figlio di Apollo si tolse le dita dalla bocca e incrociò le braccia.

-Piantatevela, entrambi.- ordinò, rivolto a Os e Sherman -Yang, i figli di Apollo si difendono da soli e tu, Odisseo, abbi almeno la maturità di ignorarlo.

-Se lo dice il dottore...- il figlio di Ares sbuffò seccato, tornando a sedersi. Anche Odisseo tirò su la seggiola e la riavvicinò al tavolo da ping-pong, abbandonandosi contro lo schienale con uno scatto nervoso.

-Consideriamo che gli Oneiroi abbiano detto la verità.- Africa appoggiò i gomiti sul piano di legno, riprendendo il ragionamento come se nulla fosse successo -Se i fili della vita degli Dei Maggiori sono in mano a questa Lei sconosciuta...come facciamo noi a recuperarli senza nessun tipo di indizio? Os ha parlato di una grotta, ma non abbiamo idea di dove cercarla.

Chirone si passò una mano sul volto, strofinandola sulla barba bruna con un rumore di carta vetrata.

-Senza nessun elemento su cui basarci non possiamo far partire un'impresa. E siccome tutte le fonti oracolari dipendenti da Delfi, compresa la nostra Rachel, sono per il momento precluse, non c'è modo di procurarsi una profezia.- decretò, lapidario.

Odisseo inarcò le sopracciglia. Si era perso il passaggio in cui Chirone tentava di essere incoraggiante, o era il centauro ad averlo saltato a piedi pari? A giudicare dagli sguardi smarriti degli altri, la seconda.

-E quindi?- incalzò Polluce.

-Quindi dobbiamo affidarci a qualcuno le cui capacità profetiche non dipendano da Apollo.- chiarì il centauro, come se fosse ovvio.

-La Sibilla di Cuma?- suggerì Lou Ellen, passandosi una mano fra i ciuffi di capelli verde acido -Era consacrata ad Ecate, oltre che a Febo.

-Era consacrata ad Ecate perché custodiva l'ingresso del regno degli Inferi.- la corresse automaticamente Odisseo -Ma la capacità di prevedere gli eventi le veniva comunque da Apollo.

Africa ridacchiò.

-A che ci servono i figli di Atena, se abbiamo te? Comunque, Lou, sono secoli che nessuno sente più parlare della Sibilla. Se esiste ancora, si tiene ben nascosta.

Chirone annuì.

-Esatto. No, stavo pensando a qualcuno di egualmente famoso, ma più facile da rintracciare. Un indovino la cui fama ha attraversato i secoli...

-Tiresia.- completò una voce funerea, proveniente da un angolo. Nico di Angelo emerse dall'ombra come una sagoma fatta di fumo, sistemandosi il giubbotto da aviatore.

-Nico!- Will saltò in piedi, in faccia un'espressione a metà fra sgomenta e felice -Credevo fossi con Hazel a Nuova Roma!

Il ragazzo si soffiò via una ciocca di capelli neri dagli occhi. Era meno pallido di come Odisseo lo ricordava dopo la battaglia contro Gea, ma sempre magro come un chiodo e dall'aspetto un po' trasandato.

-Ero là fino a stamattina, infatti. Chirone mi ha convocato con un messaggio Iride: scusate il ritardo, a proposito. E, Will, prima che tu attacchi con il solito ritornello,- aggiunse, alzando una mano per frenare le parole del suo ragazzo -No, non ho usato il viaggio-ombra dal campo romano. Frank Zhang aveva delle faccende da sbrigare nei dintorni, mi ha portato ad una cinquantina di chilometri da qui.

Will tornò a sedersi, indicandogli un posto libero al proprio fianco.

-Uhm.- commentò -Non so se sentirmi sollevato per la tua salute o seccato per non poterti tenere in infermeria nemmeno mezza giornata.

Odisseo vide Africa roteare gli occhi con aria esasperata e Sherman far finta di vomitare. Chirone tossicchiò.

-Dicevamo di Tiresia, Nico.

Il ragazzo, che era arrossito come un peperone, sembrò felicissimo di non dover rispondere a Will.

-Giusto.- si sedette, poggiando i polsi sul tavolo e rigirandosi attorno al dito un anellino a forma di teschio -Be', immagino sappiate a chi appartiene questo nome.

-Il celebre indovino della mitologia greca. Citato nell'Iliade, nell'Odissea e in svariati miti.- si lasciò scappare Odisseo, guadagnandosi un'occhiata divertita da Africa. Nico annuì, mostrando l'ombra di un sorriso.

-Precisamente quello. Sai anche perché ci interessa?

Il ragazzo ci pensò su un attimo.

-La capacità di prevedere il futuro gli fu donata dalla dea Atena.- affermò alla fine -Secondo la leggenda, Tiresia capitò per sbaglio nei pressi di un laghetto dove Atena stava facendo il bagno e la vide nuda. Per punizione la dea lo accecò, ma dal momento che Tiresia non l'aveva spiata intenzionalmente gli donò anche la profezia, per compensare la perdita della vista.

-Quindi è un oracolo che non dipende da Apollo.- comprese Miranda Gardiner -Questo è decisamente utile.

-Per niente, invece.- Sherman incrociò le braccia -A quanto ne so, Tiresia è morto da secoli.

Africa si voltò a fissarlo con un sopracciglio inarcato.

-Scusa, ma ti sei accorto o no di essere seduto allo stesso tavolo di un figlio di Ade? Basterà che Nico lo evochi, e...

-No.- la interruppe Nico, nello stesso momento in cui Will Solace balzava in piedi come una molla, gridando: -Non se ne parla nemmeno!

Nico lo tirò giù afferrandolo per il dorso della maglia e gli piantò un gomito in mezzo alle costole.

-Ti calmi?- sbuffò a denti stretti -Li conosco da solo i miei limiti. Comunque,- aggiunse rivolgendosi a tutti -non posso essere io ad evocare Tiresia. È uno spirito molto potente, e tenerlo ancorato al mondo dei vivi per più di pochi minuti mi prosciugherebbe.

-Nel suo viaggio verso Itaca, Odisseo lo evocò tramite un il sacrificio di una pecora e un montone.- fece notare Chirone -Ora, non dico di sgozzare un satiro, ma potremmo...

-Gli Happy Meal funzionano bene lo stesso.- lo interruppe Nico -Ma un sacrificio di quel tipo attira un sacco di anime, non solo quella che si cerca. Rischiamo di richiamare l'attenzione di chi ha rubato i fili della vita. No, quello che serve a noi è un'evocazione individuale.

-E allora siamo daccapo.- Connor Stoll si lasciò cadere all'indietro, sconfortato -Se tu non puoi evocarlo, tutto questo discorso è inutile.

-Invece no.- Nico scambiò con Lou Ellen un'occhiata d'intesa -Io non posso richiamare Tiresia, ma...forse c'è qualcuno che può farlo al posto mio.

 

La Parola all'Autrice

Lo so, lo so, questo capitolo è mastodontico, ma mi sono arrivate le prime schede e avevo troppa voglia di scrivere! Vi ho dato un bel po' di informazioni, a parte tutto. La storia, come avrete capito, è ambientata dopo Eroi dell'Olimpo, ma prima delle Sfide di Apollo. Ah, per chi partecipa all'interattiva, una cosa che mi ero dimenticata di dirvi: se volete potete inserire (come amici, fidanzati, nemici...) anche alcuni personaggi dello zio Rick, come io ho fatto con Connor Stoll. Chi mi ha già inviato le schede può scrivermi di nuovo per precisare. Ciao, al prossimo capitolo!

   
 
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