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Autore: myqueasysmile    01/03/2017    1 recensioni
La scuola.
Il canto.
La musica.
La famiglia.
Queste sono le cose più importanti nella vita di Elisa, ragazza diciottenne dal carattere molto introverso e complicato.
Una ragazza che adora il fratello, che spera di conoscere il suo "eroe" e che ancora non ha idea di cosa sia l'amore.
Ma poi arriva lui, completamente inaspettato, che un po' alla volta le stravolge la vita.
Forse riuscirà a farsi avvicinare da lei, lei che tende ad allontanare tutti e starsene per conto suo. O forse no.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Camminavo a ritmo con la musica che ascoltavo nelle cuffie.
Avevo iniziato ad uscire per un'oretta il pomeriggio a camminare, quando avevo il tempo per farlo ovviamente.
Ormai ero sulla via del ritorno, e mi stavo godendo i raggi di sole che mi arrivavano addosso.

Tirai fuori il cellulare dalla tasca e controllai che non mi fossero arrivati messaggi o telefonate. E poi, visto che c'ero, cambiai artista passando ai My Chemical Romance.
«Ehi, Elisa!» sentii chiamare.
Alzai gli occhi, incontrando a qualche passo da me quei familiari occhi azzurri. Perfetto! Questo ragazzo mi perseguitava!!
«Oh, ciao!» salutai squadrandolo dalla testa ai piedi. Come faceva ad essere sempre così dannatamente attraente?!

«Cosa fai qui?» chiese avvicinandosi.
«Sono andata a farmi un giro, ne ho approfittato visto che avevo un po' di tempo oggi» risposi stoppando la musica.
«Ti va di entrare?» chiese lui indicandomi casa sua. Solo in quel momento mi accorsi che ci eravamo proprio davanti.
«Non so...» dissi esitante.
«Su dai! C'è Spark che ti aspetta» fece lui sorridendo «Non dirmi di no!».
«In realtà... avrei delle cose da fare, devo studiare» risposi cercando una scusa.

Lui mi guardò socchiudendo gli occhi.
«Non sei brava a mentire, potrei offendermi» concluse estraendo la chiave dalla tasca dei jeans.
«E tu come faresti a sapere se sto dicendo o meno la verità?» chiesi alzando un sopracciglio.

«Mi basta guardarti, sei un libro aperto. E poi non eri molto convinta mentre parlavi» rispose lui aprendo il cancelletto e prendendomi per il polso.
Mi arresi, facendomi guidare da lui fin davanti alla porta, che poi aprì precedendomi all'interno.
«Eccoci, ciao piccola peste!» disse togliendosi la giacca e accarezzando Spark che gli era andato incontro.

Lo imitai, togliendomi la giacca e appendendola sull'attaccapanni. Poi mi abbassai a coccolare il gattino, mica poi tanto "ino" ormai, che era arrivato a giocare con i lacci delle mie scarpe.
«Come va?» chiese il suo padrone. Tornai in posizione eretta e lo seguii fino al divano, sedendomi non troppo vicina a lui.
«Al solito» risposi guardandolo.

«Hai già cominciato la tesina?».
«Mmh no... Mi stai per fare la predica?» chiesi scrutandolo.
Lui ridacchiò e scosse la testa «Se vuoi te la faccio però!».
«Non serve grazie. In realtà ho qualche idea, volevo parlarne con Marco e farmi aiutare da lui. Ma come sicuramente sai non lo vedo da Natale, perciò mi toccherà arrangiarmi...» risposi guardando Spark che saliva sul divano tra noi due. Era più facile parlare con lui se non lo guardavo.

«Non è colpa sua» disse lui, probabilmente notando la delusione nella mia voce.
«Lo so che non è colpa sua» dissi stuzzicando il micio «Ma devo ancora abituarmi a non averlo sempre intorno, a non poter parlare con lui quando ne ho voglia o quando ne ho bisogno».
«Puoi sempre parlare con me no?».
«Si, lo so... Ultimamente sei più presente tu nella mia vita, di lui. Ma non sei mio fratello, e sei il mio prof» dissi sospirando.

«Ancora con questa storia...» commentò lui alzando gli occhi al cielo. Lo vidi con la coda dell'occhio.
«Sì, e a parte il fatto che non dovrei nemmeno stare qui adesso, sai già troppe cose di me» replicai.

«Lo sai vero che più continui a cercare di evitarmi e più io mi incuriosisco no?» ribatté lui con tono divertito.
Sbuffai. «Perché ti diverti a perseguitarmi? Non hai una ragazza da intrattenere?».
«No, niente ragazza».
«Impossibile!» esclamai prima di riuscire a fermare la bocca.
Arrossii, e lo sentii ridere. La sua solita risata che mi arrivava fin sotto la pelle e mi vibrava nelle ossa.

«Posso chiederti una cosa?» domandai cambiando argomento e lanciandogli un'occhiata.
«Certo, spara!» rispose lui.
«Perché quella volta che Marco è venuto a scuola non mi avete detto che siete amici, e anzi avete fatto finta di non conoscervi nemmeno?» chiesi, stavolta alzando lo sguardo.

Lui si passò una mano tra i capelli, poi mi guardò. «Marco ha pensato che fosse meglio che tu non lo sapessi, così non ti saresti trattenuta dal parlare con me o sentita in qualche modo in imbarazzo».
«Adesso lo so, e comunque sto parlando con te... Non serviva tenermelo nascosto!» ribattei.
«E poi, a meno che tu non gli dica quello che io dico a te, non dovrebbe esserci alcun problema. Ora dovrei andare!» conclusi facendo per alzarmi.

«Perché tanta fretta?» chiese trattenendomi con una mano sul braccio.
«Uffa, mi sembra di stare dallo psicologo» dissi sbuffando.
Lui ridacchiò, ma alla mia occhiata si ricompose.
«Devo ancora parlarti di una cosa seria comunque».
«Mmh» replicai.
Era molto più semplice parlare con lui, notai, se mi limitavo a guardarlo pochissimo.

«Al compleanno di Marco, quella sera, quando Dan ha parlato di Benedetta...» cominciò lui.
«Non voglio parlarne» lo interruppi distogliendo lo sguardo.
«Ma io sì, Piccola Solitaria» disse, usando quel soprannome che era da un po' che non sentivo.
«È successo altro con loro?» chiese.
Scossi la testa «Umiliarsi una volta mi basta e avanza... ogni tanto mi prendono in giro, ma ci ho fatto l'abitudine ormai».

«Qualcuno lo sa?».
Alzai lo sguardo incontrando i suoi occhi, «Tu, ora» risposi.
Lui mi guardò a lungo.
«Non parli con me solo perché ti faccio pena, vero?» chiesi sentendo il bisogno di saperlo.
Sentii il suo sguardo analizzarmi e frugarmi dentro.
«È questo quello che pensi?» chiese aggrottando le sopracciglia.

«Guardami» disse alzandomi il viso con un dito «dalla prima volta che hai imprecato perché ti ho tolto una cuffia, mi hai incuriosito. Sembrava che vivessi in un mondo tutto tuo. Volevo conoscerti meglio, e capirti. Poi ho scoperto che parlare con te era bello, e sinceramente, anche se Marco non mi avesse chiesto di tenerti d'occhio, avrei continuato a farlo».

Elaborai queste parole, ma poi alzai un sopracciglio. «Aspetta! Marco ti ha chiesto di tenermi d'occhio?».
«È preoccupato per te, ed è comprensibile dato che passa così tanto tempo lontano da qui. Voleva essere sicuro che in caso di bisogno potessi parlare con me».
«Oh, bene. Allora anche mio fratello pensa che sono una sfigata. Che bello!» commentai acida.

«Lo sai meglio di me che non è così. Lui odia lasciarti da sola, vuole solo che tu abbia qualcuno a cui puoi rivolgerti».
«Lo so. E ovviamente ha scelto te per farmi da psicologo».
«Già, sono uno psicologo di tuo gradimento?» chiese sorridendo.
"Sapessi quanto!" pensai.
«Mmh, non sei male» dissi invece.

«"Non sono male", speravo in una risposta migliore ma mi accontenterò... Per quanto riguarda la tesina invece, puoi rivolgerti a me, credo di essere in grado di aiutarti».
«Volevo farla sulla tua materia, è ovvio che sei in grado!» commentai alzando gli occhi al cielo.

«Chissà perché non ne sono sorpreso!» esclamò alzando il sopracciglio «Allora, quando vuoi che ne parliamo me lo dici e vediamo di metterci d'accordo, possiamo anche fermarci a scuola se vuoi».
«No grazie, meglio qui o a casa mia. A scuola no!» risposi decisa, dopo qualche secondo.
Lui mi guardò con sguardo interrogativo.
Sbuffai «Meno mi vedono con te, meglio è».
«E la ragione è...?».

«Devo dirtelo sul serio?» chiesi facendo una smorfia.
Lui annuì.
«Voglio evitare un'altra situazione come quella che sai. Il punto è che... ecco... al momento, cioè da quando sei arrivato, sei... be', il prof più amato della scuola. E non vorrei scatenare... qualcosa facendomi vedere con te» ammisi con un po' di fatica.
Lui rise «Davvero?».
Annuii «Credo sia una delle ragioni per cui quelle tre se la sono presa tanto con me, mi stavi dando troppe attenzioni. E invece ti vogliono tutto per loro».

Lui mi scrutò a lungo, senza parlare.
«Io approfitterei per farle ingelosire di più» disse finalmente.
«Così mi becco un altro bernoccolo? Mi odi così tanto?» chiesi scherzando.
«No, voglio semplicemente far capire loro che tu vali di più di tutte e tre messe assieme. E che mi piace parlare con te».

«Mi vuoi far piangere? No, perché la prima volta che sono venuta qui ho pianto, la seconda ero felice, e ora se continui a dirmi queste cose finirà come la prima volta» mormorai alzandomi.
Lui mi imitò e prima che me ne rendessi conto mi trovai tra le sue braccia. Esitai un attimo, poi lo strinsi a mia volta e appoggiai la testa sul suo petto.
Se avesse continuato ad essere così gentile e dolce con me sicuramente non sarei riuscita a trattenermi e lui avrebbe capito tutto. Ammesso che non lo avesse già capito.

Mi strinse per un tempo che mi parve infinito.
«Grazie di esserci» sussurrai ancora appoggiata a lui.
«Ci sarò sempre Piccola Solitaria, ok?» replicò lui.
«Ok, Occhi Azzurri» risposi.
«Non stai piangendo, vero?» chiese sottovoce.
Sorrisi «No, sto pensando».
«A cosa?» chiese.
«Forse un giorno te lo dirò» risposi «Credo sia meglio che adesso vada. Non c'è nessuno che mi aspetta, ma credo di aver già preso abbastanza del tuo tempo».
Lui sciolse la stretta e mi guardò «Mi puoi prendere tutto il tempo che vuoi Elisa».
Annuii e gli sorrisi «Perché sei così gentile con me?».
Lui si strinse nelle spalle infilando le mani in tasca.

Recuperai la mia giacca, me la infilai, poi salutai Spark arrivato ai miei piedi.
«Allora, mmh grazie! La prossima volta però faccio io la psicologa e tu parli ok?» feci tornando a guardarlo.
Lui sorrise divertito «Ok, fai la brava!».
Mi seguì fino alla porta, aprendola.
«Lo sono sempre, buona serata!» lo salutai.
«Grazie, anche a te» rispose.
«E stai attenta per strada!» aggiunse mentre percorrevo il vialetto.
«Va bene papà!» risposi prendendolo in giro.
Lo vidi scuotere la testa e sorridere prima di chiudere la porta.

Mi incamminai verso casa.
Il mio piano di evitarlo e cercare di stargli lontana era durato nemmeno un mese.
Quel piano era decisamente e definitivamente andato a farsi fottere alla grande.
In un pomeriggio era praticamente riuscito a farmi recuperare tutto il tempo in cui ero riuscita ad essere fredda con lui.

Non mi rimaneva che una cosa da fare. Prendere le cose così come venivano!
Certo, avrei cercato di trattenere i miei sentimenti per lui e nascondergli quello che mi faceva provare... ma perché dovevo complicarmi la vita cercando di stargli distante se a me piaceva stare con lui?
Più mi sforzavo di dimenticarlo, più lui mi perseguitava impedendomi di farlo.

Oh, chissenefrega di quello che avrebbe potuto pensare!
Passando del tempo con lui non avrei commesso alcun reato... perciò godermi quei piccoli momenti in sua compagnia non poteva essere un errore, no?
  
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