A Fuji l’estate non è che sia mai piaciuta un granché: troppo sole, troppo caldo, troppo sudore appiccicoso, troppa afa che rende impossibile restare all’aria aperta durante le giornate. Ha ancora dei ricordi orribili della sua infanzia a Chiba, quando Saeki lo trascinava in spiaggia a sguazzare e tornava a casa rosso come un gambero e con la febbre.
Ma ora che è a Tokyo e frequenta la Seishun Gakuen, ha imparato ad apprezzare appieno la stagione.
-BUUUUURNING!- strilla Taka-san, a pochi passi da lui, terminando la sua partita contro uno sconcertato primino. Poi si toglie brutalmente la maglia fradicia dalle spalle, rischiando di strapparla, e si versa l’intero contenuto di una bottiglia d’acqua in testa.
Fuji ha esattamente tre secondi, prima che Tezuka intervenga e gli strappi la racchetta di mano e lo spedisca a farsi una doccia, per ammirare i muscoli torniti della schiena e delle spalle di Kawamura, il modo in cui le gocce si mescolino al sudore e percorrano i deltoidi, i pettorali, gli addominali. Sono tre secondi in cui le sue palpebre si schiudono e una luce diabolica saetta nei suoi occhi, come il riflesso di una lama, tanto che Eiji (che aspettava il suo turno di partita assieme a lui) fa un salto indietro e corre a implorare l’aiuto di Oishi dallo spavento.
Oh sì. L’estate ora gli piace da morire.