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Autore: Heihei    02/03/2017    1 recensioni
TRADUZIONE
La storia è stata scritta da Alfsigesey e pubblicata su fanfiction.net in lingua inglese.
Bethyl post-finale della 4 stagione
"Nulla sarà più facile di nuovo. Scappare da Terminus, sconfiggere una mandria di vaganti, cercare provviste. Ma niente di tutto ciò sarà difficile come innamorarsi e provare a costruire una vita insieme in mezzo a tutto questo."
Genere: Avventura, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Beth Greene, Carol Peletier, Daryl Dixon, Un po' tutti
Note: Traduzione, What if? | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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CAPOLINEA

 


 

 

Carol ascoltò a malapena quello che stava dicendo Rick. Passò tutto il tempo ad osservare la mappa di Terminus creata da lui e da Glenn, mettendo insieme le testimonianze di tutti i componenti del gruppo. Si domandò più volte se l’avessero fatta per bene, ma forse era l’unica a essere confusa su molti dettagli. Del resto, conosceva bene solo l’armeria, l’ospedale e la Casa delle Madri.

“Abraham, Tyreese e Carl seguiranno Carol nell’armeria per recuperare tutte le munizioni possibili.”

Questa fu l’unica parte che ascoltò del grande piano di Rick. Poteva farne quanti ne voleva, tanto non andavano mai come previsto.

Il suo rapporto con Daryl, poi, era l’ultimo dei suoi problemi, ma non poté negare di aver sentito un velo di frustrazione quando lo vide abbracciare Beth. Ovviamente, a quel punto si rese conto che era un po’ di più di un semplice velo di frustrazione, ma tanto aveva già deciso che lui aveva ragione su tutto. Sarebbe andata avanti, pur indugiando su quei sentimenti, pur domandandosi in alcuni momenti se anche lui avesse provato le stesse cose. Ma poi notava gli sguardi che rivolgeva alla ragazza che aveva al suo fianco, più bella e più giovane, e ritornava coi piedi per terra. Era andato.

Nel frattempo, tutti discutevano sul da farsi e Carol pensò che sarebbe comunque successo qualcosa. Tutti speravano per il meglio, ma si preparavano al peggio.

Il pensiero di essere l’unica a sapere dell’altra missione non la faceva sentire proprio al meglio, ma d’altro canto non voleva che qualcun altro ne sentisse il peso.

La maggior parte di loro entrò a Termius. Beth, Judith, Tara ed Eugene restarono in un luogo più sicuro, una torre idrica che Beth e Daryl ricordavano di aver visto quando li avevano portati via per dirottare una mandria.

Erano organizzati meglio, stavolta. Se fosse successo qualcosa, se il gruppo si fosse disperso, avevano scelto un luogo d’incontro e, se questo fosse stato compromesso, ne avevano scelto un altro di riserva. Stavano cercando di imparare dai loro errori, non ne avevano mai abbastanza.

Quando la jeep lasciò la torre idrica, Carol fece più di un respiro profondo, preparandosi psicologicamente a dire la verità a Tyreese e a difendersi. Si stavano avvicinando, doveva dirglielo e lasciargli fare tutto quello che avrebbe ritenuto necessario.

Lasciarono che i quattro corridori più veloci, Glenn, Rosita, Michonne e Sasha, sparassero i fuochi d’artificio un quarto di miglio fuori da Terminus, in direzione opposta alla loro via di fuga. Le istruzioni erano semplici: dovevano illuminare il cielo con i fuochi attirando i vaganti verso di loro e poi dovevano usare il lanciarazzi per farne fuori qualcuno al momento della fuga.

Quando il resto del gruppo tornò sulla strada, videro le luci verdi e azzurre dei primi fuochi illuminare il cielo. Non ne avevano abbastanza per uno spettacolo vero e proprio, ma potevano bastare per tirare fuori i vaganti da Terminus e per attirare gli altri nelle vicinanze.

Attesero fuori ai cancelli che tutti i gruppi di vaganti uscissero dalla struttura, dirigendosi verso i fuochi. Nessuno parlava. Erano tutti accovacciati in silenzio nella jeep, abbastanza lontani per impedire ai morti di vederli o di sentire il loro odore. Quando sembrava che fosse rimasto solo un piccolo rivolo di vaganti, Rick mise in moto ed entrarono per i cancelli che erano crollati.

Era quasi deserta. I vaganti rimasti erano i più lenti, quelli a cui mancavano degli arti. Sarebbero stati avversari facili.

“Ognuno di noi ha una destinazione e un compito. Facciamo quello che dobbiamo e usciamo di qui”, disse Rick.

Si divisero subito nelle piccole squadre prestabilite, determinati e con le armi in pugno.

“L’armeria è di qua.” Carol fece cenno al suo gruppo di seguirla.

A Terminus ormai regnava la desolazione. L’avevano distrutta e lei non poté fare a meno di provare soddisfazione davanti a quello spettacolo. Quelle persone avevano provato ad abusare di loro in tutti i modi possibili. Il ricordo della prigione le riaffiorò in mente quando vide i tetti e le pareti degli edifici anneriti dall’incendio e le recinzioni crollate. Scacciandolo subito, riprese la sua marcia.

Tyreese camminava a fianco a lei, tranquillo come sempre. Non avevano parlato molto da quando si erano ricongiunti con gli altri. L’aveva volutamente evitato, al contrario di come aveva cercato di fare con Daryl. Non le aveva chiesto più nulla di quello che gli aveva detto la prima notte. Probabilmente l’aveva dimenticato, o era solo troppo stanco da aver pensato di essersi sognato l’intera conversazione.

Carl e Abraham erano rimasti indietro per uccidere qualche vagante, ma li raggiunsero in breve tempo.

Raggiunta l’armeria, Carol si fermò davanti all’ingresso e fece un passo indietro.

“Sentite, mi dispiace doverlo fare. Abraham e Carl, entrate lì dentro e prendete tutto il possibile. Io e Tyreese abbiamo un’altra faccenda da sbrigare.”

Il volto di Abraham assunse subito un’espressione di profondo sospetto. Notò la perplessità di Tyreese e si rivolse a Carol: “Che diavolo stai cercando di fare, signora?”

“Non abbiamo tempo per questo”, li interruppe Carl con un tono più maturo di quanto lei si aspettasse.

“Mi dispiace, torniamo subito.”

“Di che si tratta?” Tyreese stringeva nervosamente il manico del suo martello.

“Sophie”, ammise Carol a bassa voce. “Si tratta di Sophie.”

Carl decise di procedere senza gli adulti e aprì lentamente la porta, in attesa di poter constatare la presenza di qualche vagante all’interno. Ma non dovevano esserci, perché il ragazzino scomparve subito nell’armeria.

Prima di seguirlo, Abraham rivolse a tutti e due uno sguardo scettico.

Tyreese guardava per terra. “E’ intrappolata da qualche parte? Dobbiamo cercarla e tirarla fuori?”

Carol annuì lentamente.

Gli occhi dell’uomo s’inumidirono e si accesero di una familiare e selvaggia follia, la stessa che li animava quando si svegliava dai suoi incubi.

“E’ viva?”

“Non lo so.”

Fu così veloce che a malapena lo vide. Tyreese azzerò la distanza tra loro avvicinandosi minacciosamente, costringendola a indietreggiare. Istintivamente, Carol portò la mano al manico del suo pugnale, ma lui non sembrava intenzionato ad alzare le mani, teneva semplicemente lo sguardo fisso sui suoi occhi. Uno sguardo accusatorio.

“Che significa non lo so?”

“Potrebbe stare bene. Io spero che stia bene.”

La voce le morì in gola. Era passato molto tempo dall’ultima volta che aveva sentito quella sensazione di panico e stavolta era sicura che l’avrebbe strangolata. Poi, riposando lo sguardo su Tyreese, riconobbe che aveva mal interpretato la sua reazione: non aveva intenzione di farle del male, stava solo tentando di trattenere il pianto. Non era arrabbiato, era devastato. E lei gli aveva mentito, di nuovo.

“Non ho avuto scelta. Avevano rinchiuso le madri per tenerle al sicuro e dovevano rimanere rintanate lì per due settimane. Avevano delle provviste. Se hanno seguito quel piano, ora dovrebbe essere al sicuro, ma se non l’hanno fatto, non lo so. C’erano vaganti ovunque, se fossi entrata mi avrebbero seguita e probabilmente tutte la madri sarebbero morte, io e Sophie comprese. Sapevo che se te l’avessi detto tu non te ne saresti andato.”

Tyreese le diede le spalle, prendendosi il volto tra le mani. Non voleva ascoltarla, ma doveva.

“Mi dispiace tanto, Tyreese. Credimi!”

“Lei dov’è?”

Col cuore in gola, Carol si voltò e cominciò a incamminarsi verso la Casa delle Madri. Tyreese si mise dietro di lei, in modo tale da non doverla guardare in faccia.

“Sapevo che non l’avresti lasciata qui...”

Non sapeva perché stava continuando a parlare, aveva già detto tutto ciò che serviva a giustificare il suo comportamento, ma le parole sembravano uscire da sole.

“...è per questo che ho mentito, perché tu sei una brava persona e semplicemente non potevi lasciarla qui, anche se era la scelta giusta, anche se era l’unica. Io non sono una brava persona, Tyreese, perciò sono riuscita a lasciarla qui.”

Lui non disse neanche una parola.

Arrivarono alla Casa delle Madri, che era ancora bloccata. Questo causò a Carol un automatico respiro di sollievo. Ogni volta che Rick li portava ad osservare Terminus da lontano, poteva solo constatare che l’edificio, guardando da quella distanza, era ancora integro, niente di più.

Tyreese sfondò la serratura della porta principale col suo martello e, quando si ritrovarono ad aprirne una seconda, un vagante si trascinò davanti a loro, ringhiando. Era una ragazzina, una madre. Lui non esitò a colpirle il cranio e il corpo cadde giù per una rampa di scale, accanto a un’altra fila di vaganti.

Per qualche terribile minuto, Carol rimase immobile, lasciando che fosse Tyreese ad abbatterli uno ad uno. Li colpì con maestria, testa dopo testa, fin quando anche lei trovò la forza di unirsi a lui e, insieme, si aprirono la strada all’interno della Casa. Le tremavano le mani a tal punto che, se il manico del suo pugnale non fosse stato dotato del tirapugni, non sarebbe stata in grado di mantener salda la presa intorno ad esso.

Abbatterono tutti i vaganti presenti e quando Carol non ne vide altri arrivare, cadde sulle sue stesse ginocchia e cominciò a piangere in silenzio. Tyreese vagava per lo spazio circostante, chiaramente sconvolto e nauseato, ma con gli occhi pieni di speranza.

“Non era tra loro.”

Non significava nulla, mancavano anche tutti i bambini. Forse erano stati divorati dai vaganti per intero.

“Carol, ascoltami.”

Le mise una mano sulla spalla. Ora era lei a nascondersi il viso tra le mani, era lei a non volerlo guardare in faccia. Sollevandola con entrambe le braccia, la fece alzare in piedi, la fece voltare e la strinse in un abbraccio.

“Ascoltami”, la pregò di nuovo. “Judith è sopravvissuta, pensi davvero che sia stata l’unica a uscire da qui sana e salva?”

“Le avevo detto di restare!” Carol singhiozzò contro il suo petto. “Voleva che io l’aiutassi ad uscire, ma io le avevo detto di restare qui. Pensavo fosse più sicuro.”

La lasciò piangere, stringendola fin quando non si divincolò, barcollando verso la porta. Restarono in silenzio per qualche istante, finché non la condusse all’esterno dell’edificio.

“Sophie non è qui, ma non è morta. Me lo sentivo e lo sento ancora. Ora so perché: lei è li fuori.”


 

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Abraham e Carl tentarono di capire cos’era successo, ma Tyreese li invitò più volte a dimenticarlo. Per la gioia di Carol, assecondarono il suo desiderio, almeno per il momento.

Erano ancora nel pieno della loro missione di saccheggio, quindi sapevano alla perfezione quello che dovevano fare. Carichi del maggior numero di armi che riuscivano a trasportare, fecero più di un viaggio dall’armeria alla jeep e viceversa. Non incontrarono mai gli altri due gruppi, che rispettivamente dovevano cercare cibo e medicinali, ma potevano vedere il carico all’interno della jeep crescere gradualmente.

Quando i quattro tornarono alla macchina per l’ultima volta, incontrarono il resto del gruppo in attesa dei corridori. Stavano discutendo.

“I fuochi sono finiti decenni fa, dovrebbero essere già qui.” Maggie guardava con apprensione l’ingresso.

“Probabilmente stanno venendo per il bosco. C’è ancora un po’ di spazio, mentre li aspettiamo potremmo continuare...”

Rick venne interrotto da un urlo di Bob, che indicava il punto in lontananza in cui erano apparsi i quattro corridori.

C’era qualcosa che non andava, Carol si sentì come se una mano gelida le stesse stringendo la gola. Non riuscì a spiegarsi esattamente il perché, ma c’era qualcosa in loro che non trasmetteva nulla di buono. Forse era il loro ritmo. L’ultimo miglio era abbastanza semplice da percorrere, avrebbero fatto subito se avessero corso, ma stavano camminando. Tutti e quattro allo stesso modo. Nessuno di loro sembrava apparentemente ferito, ma c’era qualcosa di pesante nel modo in cui camminavano, non sembrava una marcia di vittoria. Al contrario, sembravano sconfitti.

Carol si rese conto del silenzio in cui erano calati tutti gli altri e, senza guadare le loro facce, capì che avevano fatto il suo stesso pensiero. Senza alcun preavviso, Maggie iniziò a correre in direzione di suo marito e, dopo qualche minuto, tutti gli altri seguirono il suo esempio.

Li incontrarono a metà strada. Michonne guardava Rick con gli occhi lucidi, Sasha e Rosita, invece, erano entrambe in piedi accanto a Glenn.

“Che diavolo è successo?”, chiese lo sceriffo, quasi spazientito da quel silenzio.

Maggie si tuffò tra le braccia di Glenn, ma lo lasciò non appena vide la sua espressione scossa. Aveva una mano stretta sotto la mascella.

“Non sono stato abbastanza veloce.”

Spostandola, scoprì un poco profondo ma evidente segno di un morso proprio sul lato destro del collo.

Guardando le loro facce, Carol notò che, esclusa lei, per tutti la prima reazione istintiva fu la negazione, ma per molti durò solo pochi secondi.

Maggie continuava a scuotere la testa, avvicinandosi a Glenn e aggrappandosi a lui. Tremava così violentemente che Carol dubitò che fosse in condizione di dire qualsiasi cosa, ammesso che ci sia qualcosa da dire in una tale situazione.

Fu Michonne a parlare per prima, la sua voce era ferma. “E’ stata colpa mia.”

“Stronzate, me l’hai praticamente tolto di dosso”, rispose, senza staccare lo sguardo da sua moglie. Appoggiò la fronte sulla sua quando lei cominciò a piangere sul serio.

“Non abbastanza velocemente.”

La donna si avvicinò a loro di qualche passo. Le tremavano le labbra.

“Non è profondo”, s’intromise Rosita. Anche se la sua voce era roca, Carol rimase sorpresa dalla speranza che accese il suo sguardo. “Ha detto di essere stato anche graffiato tempo fa. E se… se fosse immune a queste cose o qualcosa di simile e la febbre non lo colpisse?”

Guardò Bob sussultando, come se avesse paura di dare speranza quando non ce n’era nessuna.

Carol fu colta da una scossa di rabbia nel momento in cui vide il volto di Maggie dopo quelle parole. Non sembrava sollevata, per niente, ma c’era una sorta di nuova luce nei suoi occhi, uno spiraglio che scintillava attraverso quelle lacrime che bagnavano le sue iridi verdi disperate.

Non fatele questo.

“Non è impossibile”, disse Bob, con un tono non molto convinto. “Non sappiamo quasi nulla su questa cosa. Siamo tutti infetti, ma non ci uccide… questo mi fa pensare che la febbre dovuta ai morsi sia qualcosa di diverso rispetto a quell’altra condizione che, quando moriamo, ci trasforma in quei mostri. Ma pur non volendo dire che sia impossibile, non ho mai visto una persona guarire da un morso.”

Il medico fece una smorfia, apparentemente preoccupato che a sua spiegazione clinica potesse risultare troppo insensibile. Ma nessuno di loro aveva mai visto qualcuno guarire. Non era mai successo, nessuno resisteva alla febbre. Se venivi morso, eri spacciato.

Carol distolse lo sguardo da Glenn, mordendosi la lingua per non esprimere il suo disappunto. Il ragazzo, che inizialmente non sembrava credere all’ipotesi di Rosita, cambiò gradualmente espressione dopo le parole di Bob.

Rick non disse nulla. Stava cercando, con difficoltà, di metabolizzare la cosa. Ma come sempre, doveva dimostrare di avere tutto sempre sotto controllo.

“Bene, hai sentito il dottore. Non possiamo fare nulla, se non vedere e aspettare.”

Il tremolio della sua voce svelò come si sentiva davvero. Era evidente che fosse scosso e spaventato. Deglutì e fece cenno agli altri di seguirlo. Non aveva senso essere in lutto per chi non era ancora morto, Glenn era ancora lì.

Carol non ci riusciva. Non poteva credere che non sarebbe morto per quel morso superficiale, così come non poteva credere che Sophie non fosse stata fatta a pezzi dalle altre madri che si erano trasformate. Il mondo non poteva non essere diventato un posto freddo e senza speranze.

Salì sulla jeep insieme agli altri e oltrepassarono i cancelli. Mentre tornavano alla torre idrica per recuperare il resto della loro gente, nessuno parlava, eccetto Maggie e Glenn che bisbigliavano tra loro. Erano tutti muti, a testa bassa, con lo sguardo perso nel vuoto. Era un silenzio voluto. Lei non avrebbe detto nulla comunque, ma parlare avrebbe significato disturbare gli ultimi momenti insieme di quei due giovani innamorati.

Non sembra malato.

Non era esattamente una voce ottimista, ma allo stesso tempo persino lei coltivava quella piccola speranza nel suo cuore. Conosceva Glenn praticamente dall’inizio di tutto quel casino. Non era sicuramente legata a lui come Maggie, Rick e qualcun altro, ma dovette sforzarsi anche lei per trattenere i singhiozzi. L’aveva sempre ammirato. Era un bravo ragazzo, completamente normale. Era una di quelle persone che quel mondo avrebbe dovuto corrompere e rovinare, ma con lui non ci era riuscito.

Quello era il pensiero più ottimista a cui Carol poté dedicarsi. Non era ingenua come gli altri, non pensava che sarebbe potuto sopravvivere, ma era sicura che anche dopo la sua morte, probabilmente più vicina di quanto pensavano, la sua vita avrebbe significato qualcosa. Aveva vinto un mondo invincibile. Aveva ottenuto una clamorosa vittoria e la morte non poteva portargliela via.

La jeep militare era perfetta per passare tra i boschi, ma quel percorso era particolarmente accidentato. Ancora una volta, anche se da una certa distanza, Carol poté intuire che qualcosa non andava.

Tara, già scesa dalla torre idrica, correva con Judith in braccio verso di loro, seguita da Eugene.

Non vide Beth da nessuna parte.

Prima che la jeep si fermasse del tutto, Daryl si preparò a saltare giù. Cominciò a correre, raggiungendo la ragazza. Il suo sguardo non era puntato su di loro, ma sul terreno.

“Cos’è successo?”

Carol vide l’oggetto del suo sguardo: il terreno era ricoperto di orme tutte accavallate. Non bisognava essere bravi segugi per capire che un gruppo di persone era passato di lì.

“Erano di Terminus. Abbiamo provato a nasconderci, ma hanno visto Beth. Lei...”

“Dove?”

La voce di Daryl era rotta, aveva i pugni serrati, ma stava cercando di restare lucido.

“Vieni.”

   
 
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