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Autore: Urban BlackWolf    02/03/2017    1 recensioni
Michiru è determinata. Determinata a riprendersi ciò che le appartiene, che è suo dalla nascita. Ne va della sua stessa sopravvivenza, del suo benessere fisico e mentale.
E questa volta quella meravigliosa bionda che è la sua compagna, anima nobile, essere irrequieto, fortezza per il suo spirito e gioia della sua vita, non potrà aiutarla. Dovrà addirittura essere ferita, lasciata in disparte, relegata all'impotenza, perchè questo genere di lotte si debbono combattere da soli.
Ma la donna amante delle profondità oceaniche, non sa di avere un piccolo angelo custode venuto dal passato che la guiderà nei percorsi intrigati e dolorosi dei sui ricordi; Ami, giovane specializzanda in medicina, tenterà in tutti i modi di restituirle la libertà di sogni perduti. -Sequel dell'Atto più grande-
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yuri | Personaggi: Altro Personaggio, Ami/Amy, Haruka/Heles, Michiru/Milena, Nuovo personaggio | Coppie: Haruka/Michiru
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna serie
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Il viaggio di una sirena

 

Sequel dell'Atto più grande

 

I personaggi di Haruka Tenou, Michiru Kaiou e Ami Mizuno appartengono alla fantasia della scrittrice Naoko Takeuchi

Sviluppo della storia ed altri personaggi sono idea di Urban Blackwolf


 

 

 

Brividi nella notte

 



La festa del Porto Grande si divideva in due parti ben distinte, quella estiva, in agosto, più turistica e commerciale, richiamo per tutta l'Attica e quella che ricadeva negli ultimi giorni di febbraio, molto più intima, ad appannaggio degli ateniesi, generalmente meno pittoresca, ma strutturata più sulle tradizioni territoriali che sul folclore dozzinale. Qui si potevano trovare veri e propri stand fieristici incentrati sul cibo e sull'arte locale, dove commercianti, ristoratori e settore alberghiero, s'incontravano scambiando merci e creando basi per sinergie economicamente sostenibili al fronte di una crisi che, anche se non drammatica come negli anni passati, era comunque sempre latente. Il gran vociare, gli odori, il brulicare di gente, avevano invaso fin dalle prime ore del pomeriggio tutta la strada principale che correva fasciando il porto. La Akti Rhemistokleous sembrava ora una cintura luminosa che stringeva le spalle della zona marittima; una muraglia difensiva ardua da superare per chiunque non fosse del luogo.

La famiglia Mizuno in mezzo a quel calderone si trovava come a casa. Camminando lentamente tra i banchi e salutando ogni commerciante come se fosse un parente americano ritrovato dopo anni, procedeva in branco lasciandosi condurre dalla corrente umana. Agapi accanto alla figlia più piccola e Khloe stretta al braccio di Alexios. Michiru subito dopo, li aveva osservati per minuti interi rivedendo in quell'atteggiamento delizioso, il comportamento che lei era solita usare con il padre ogni qual volta uscivano insieme per una passeggiata. Viktor che le offriva l'avambraccio e lei che vi si stringeva come se fosse stato uno scoglio. I sorrisi, i baci affettuosi sulla fronte, i discorsi impegnati e le battute di un uomo di spirito sempre pronto a buttarla sullo scherzo.

Michiru se n'era accorta subito; quella scena famigliare non la stava predisponendo ad una serata di relax, anzi, leggermente incupita, verso le ventidue aveva espresso ad un Alexios fiero capo famiglia di quel drappello di quattro donne, il desiderio di tornare al Re del mare. Ancora indaffarato con l'associazione di quartiere alla quale apparteneva, l'uomo aveva cercato di temporeggiare non sentendosi sicuro nel lasciarla tornare a casa da sola, ma vista l'insistenza, aveva lanciato alla figlia maggiore uno sguardo che lei aveva raccolto smettendo immediatamente di fare quello che stava facendo, ovvero ingozzarsi di psarokeftedes di pesce.

“Guarda Alexios che non v'è alcun bisogno di scomodarla. La pensione è qui vicino.” Aveva cercato di tamponare Michiru, ormai pericolosamente abituata ad avere Khloe in torno.

“Non esiste che tu vada da sola!”

“Non mi dispiace Mich, sono stanca e domani devo alzarmi presto.” Ancora quel diminutivo. Sospirando la straniera aveva capitolato.

Da par suo notata la ritrosia dell'amica, Ami aveva provato in tutti i modi ad accodarsi, ma fermata dalla madre con una scusa banale, l'aveva fissata contrariata non capendo.

“Ma, mamma...” Aveva detto sottovoce sentendo la mano della donna arpionarle il braccio.

“Lasciala fare amore.”

“Come lasciala fare?! Michi è fidanzata e...”

“Fidati di tua madre... Molto probabilmente tua sorella prenderà una portata in faccia, ma deve provare a togliersi questo prurito prima che diventi un'ossessione.”

E così il gruppo Mizuno si era diviso e spalla a spalla, le due donne stavano ora camminando a passo sostenuto verso casa illuminate dalla luce giallognola dei lampioni.

“Dio Kaiou, ti faccio così tanta paura da rischiare di fare brutti incontri pur di non rientrare sola con me?” Una domanda a bruciapelo che fermò immediatamente il passo dell'altra.

“Scusa?”

Ma Khleo se la rise contintinuando mentre prendeva a stringere con disinvoltura la cinghia della sua borsa. “ Non spalancare i tuoi begli occhioni fingendo stupore. Con me non attacca.”

E da esperta pescatrice qual'era decise di provare a fare di quella battuta di pesca un successo.

“E perché dovrei avere paura di te?” Michiru annusò la pastura inforcando la rete con tutte le scarpe rendendosi conto troppo tardi della “trappola”.

“E' palese che stai cercando in tutti i modi di starmi lontana. - In un certo senso era vero. - E mi chiedo il perché, visto che non credo di starti antipatica, ne di averti mai fatto qualcosa di male.” Rimarcò il mai sicura che l'altra ne avrebbe afferrato il vero senso nel ricordo dei loro passati scambi di pelle.

“Ti stai sbagliando Khloe.” Cercò di sottolineare tornando a camminare con passo svelto

“Ecco a cosa mi riferisco. Non te ne rendi conto, ma se potessi ti metteresti a correre pur di arrivare prima in pensione e rintanarti nella tua stanza.”

Si, Michiru voleva tornare alla pensione e si, avrebbe corso se non avesse portato i tacchi, ma, no, non per difendersi da approcci infantili come quelli, ma perché voleva chiamare Haruka prima che andasse a dormire. Sentiva un bisogno quasi fisico di ascoltare la voce profonda del suo amore.

“Come ti permetti di pensare anche solo lontanamente di capire cosa mi stia passando per la testa! Non credere che tutto il mondo giri in torno a te, Khloe!”

Per nulla colpita la donna più grande continuò ad issare la rete convintissima del fatto suo. “ Allora spiegami perché non vuoi starmi vicina. Io credo che tu senta attrazione e non lo voglia ammettere, Mich.”

Visto il suo continuo cercare un contatto, Michiru si era ritrovata costretta a non concederle più dello stretto necessario del vivere civile, ma non lo aveva fatto per paura di cederle, di tradire in qualche modo Haruka, piuttosto non voleva trovarsi nella sgradevole posizione di dover dire di no ad un approccio. Aveva voluto un bene immenso a quella donna e non voleva rischiare di ferirla.

“Ti stai sbagliando.” Ripeté dura abbassando la voce.

Una delle prerogative di Michiru era questa; nei momenti di crisi, di scontro, di discussione, non alzava quasi mai il timbro, bensì tendeva ad abbassarlo. Cosa che spesso mandava Haruka fuori dai gangheri.

“A si? - Chiese Khloe con malizia ritrovandosi pericolosamente vicina. - Ne sei sicura... Mich?”

Al tocco gentile, ma prepotente di Khloe sul suo viso, Michiru rabbrividì facendo scattare la mano allontanandola.

“Khloe… ti ho già fatto notare di non chiamarmi in quel modo. Sono trascorsi vent'anni e di acqua sotto i ponti ve n'è passata tanta, ma tu, come allora, proprio non vuoi capire. Perché stai cercando in tutti i modi di farti del male?!”

Questa volta Kaiou bloccò la pesca. Colpita dal ricordo di quell'addio straziante che aveva infranto il loro amore prima che avesse avuto modo e tempo di consolidarsi abbastanza per poter sopravvivere alla distanza, la donna più grande si mise le mani in tasca tornando a camminare. "Nulla da dire... La signorina negli anni e' diventata molto diretta."

“Khloe...” La chiamò desolata Michiru non avendo però alcuna risposta.

 

 

“Mamma mia se fai schifo!” Un rapido movimento del controller ed Haruka mandò in goal l'ennesimo attaccante.

“Ma vedi di farla finita. Hai solo un gran... CUORE, ecco tutto.” Giovanna quel gioco proprio non lo capiva. Voleva andare a destra ed andava in basso. La sua sinistra era un colpo di testa, un passaggio diventava uno scatto e tanto lo sapeva, che prima o poi, sarebbe arrivata a segnarsi da sola. Era solo questione di tempo. Ma dov'era andato a finire il buon vecchio Pakman ?!

“Chiamalo come vuoi, ma ti sto stracciando pur essendo menomata.” Rise soddisfatta guardando la fascia elastica che le stava immobilizzando il gomito.

Sospirando tornò a concentrarsi sullo schermo quando il cellulare di Giovanna iniziò a squillare ed il suo cuore a fremere. Una rapida occhiata allo schermo, un occhiolino e la maggiore le lancio' l'apparecchio che lei prese prontamente al volo mollando il controller sul cuscino del divano. Alzandosi la bionda si diresse verso la camera da letto prima di rispondere alla compagna.

“Michi?” E si richiuse la porta alle spalle.

“...Ruka. Ciao amore.”

L'altra si sedette sul letto sorridendo. Michiru aveva su di lei il solito controllo. Le bastava ascoltarne il suono della sua voce ed i nervi si placavano quasi all'istante lasciando che la tolleranza verso tutto e tutti tornasse ad invaderle la mente.

“Come stai?” Chiese Haruka sperando che ci fossero novità.

“Procede. Ho compitini giornalieri neanche fossi in procinto di sostenere un esame.” Le rispose spiegandole velocemente cosa Ami le aveva chiesto di fare in quella giornata.

“Mi sembra interessante. Potrebbe anche funzionare, non trovi?”

“Vedremo. Tu piuttosto?” Svicolò Michiru neanche troppo velatamente.

Certamente voleva metterla a conoscenza dei suoi “progressi”, ma voleva anche provare a ritagliarsi uno spicchio di normalità famigliare che quella situazione le aveva tolto. Le sarebbe piaciuto sentire come la giornata dell'altra era trascorsa o raccontarle come si era svolta la sua. Così, con tranquillità, com'erano solite fare tutte le sere. Continuando si fece curiosa.

“Ho provato a chiamarti al tuo numero, ma è sempre irraggiungibile. Ho telefonato a Giovanna, ma francamente non credevo stesse ancora da noi.”

Fino a quando non sarò nuovamente autosufficiente... O fino a quando una delle due non ucciderà l'altra nel sonno. Pensò la bionda storpiando le labbra.

“Credevo che oggi ti avrebbero riparato l'Iphone.”

“Lo credevo anch'io. Invece.... Diciamo che il danno si è rivelato più grave del previsto.” Al via la confessione della causa dello schianto che aveva quasi disintegrato lo schermo con conseguente prolungamento dei giorni che sarebbero serviti per renderlo nuovamente funzionante.

“Oh Ruka...” Fu l'unico commento che Michiru si sentì di fare con voce vibrata di dispiacere per essere l'inconsapevole causa dello scatto di nervi di una donna generalmente molto rispettosa degli oggetti che con tanto sacrificio riusciva ad acquistare.

“Allora, visto che Giovanna s'mmolerà ancora qualche giorno per permetterci di sentirci, dalle le chiavi della mia macchina, così che possa almeno muoversi quando tu sei al lavoro.”

Dovrò farlo per forza visto che non potrò guidare per un po’ e non ho alcuna intenzione di chiedere a nessuno della scuderia di scorrazzarmi in giro. Avrebbe voluto risponderle, ma non era sua intenzione dirle nulla in merito alla caduta.

“Amore... ti prego, perdonami.” Disse improvvisamente Michiru sospirando.

“Basta con le scuse Michi. Non ne posso più.” Le rispose la bionda con un filo di voce.

“Hai ragione. Ti dimostrerò con i fatti il mio dispiacere e voglio iniziare con il dirti dove sono.”

“In Grecia...” L'anticipò l'altra approfittando di un paio di secondi di silenzio.

“Sapevo che lo avresti capito subito non appena visto il prefisso del numero internazionale che ho attivato. Ma voglio dire... che sono ad Atene. Nella pensione che gestiscono i genitori di Ami.”

Atene?! Pensò completamente spiazzata. Si sarebbe aspetta l'isola di Santorini o al più le Cicladi. Terre che le avevano viste felici.

“Si. In realtà non l'avevo preventivato. Non avevo preventivato nulla Haruka. Ferma davanti al tabellone delle partenze, ho solo scelto una località che fosse discretamente vicina a casa e che, magari, avesse anche il mare.”

Il mare. La bionda si lasciò cadere con un tonfo ovattato sul materasso continuando ad ascoltare.

Così Michiru le raccontò delle sue reticenze e della voglia di rientrare immediatamente a casa una volta scesa dall'aereo, poi polverizzata dal terrore che ormai provava ogni volta che chiudeva gli occhi, dell'idea di tornare al comprensorio di Pirix, in dettaglio dell'incontro con la specializzanda, avvenuto per pura coincidenza sulla soglia della villa che una volta era stata dei Kaiou, dell'accoglienza dei genitori di Ami e del suo vivere ora al Re del mare. Le raccontò anche di Khloe, lasciando che Haruka la ricollegasse ai discorsi che a volte avevano fatto sui loro primi amori.

“Non voglio nasconderti niente e lei più di tutto. Sei sempre stata un tipo geloso, ed anche io lo sarei nel saperti sotto lo stesso tetto con colei che è stata la tua prima fiamma. Ma sei anche molto intelligente per capire che Khloe è il passato e tu... Tu amore, sei il mio presente.” E spero il mio futuro. Aggiunse mentalmente.

“Non adularmi Michi. Non ti nascondo che questa rivelazione mi fa incazzare parecchio.”

“Vorresti allora che ti avessi taciuto che la sorella maggiore di Ami è colei che mi portò a capire le mie tendenze e che ho, nel bene e nel male, amato da ragazzina?”

Il silenzio, pesante, nervoso, ed un no profondo, vibrato nell'oscurità della loro stanza.

“Amore sono passati talmente tanti anni e tutto è differente da allora. Io sono differente ed il mio cuore appartiene ad Haruka Tenou ora.”

“E lei? Lei è … differente?”

“E' irrilevante Ruka. Sarò crudele, ma ora m'interessa ciò che provo io e non quello che potrebbe provare lei. Stai tranquilla. Sotto questo punto di vista non sono mai stata tanto sicura, ed anche se ti sto facendo del male, se sto tenendoti fuori da questa situazione, ti chiedo di credermi se ti dico che sento di amarti ogni giorno di più.” Nel confessarsi Michiru sapeva di stare chiedendo alla compagna un sacrificio enorme e sperò con tutta se stessa che quella sincerità, venisse, se non apprezzata, quanto meno compresa.

Haruka sbuffò coprendosi gli occhi con l'avambraccio sano. Ora anche quest'ennesimo, dannatissimo, intollerabile pensiero. Aveva sempre “odiato” la donna che per prima aveva posseduto il cuore ed il corpo della sua dea e non le piaceva per niente saperla ancora una volta gravitante in torno alla sua orbita. Provò comunque a non pensarci, anche se sapeva che da quella sera in avanti ci avrebbe pensato di continuo.

“Ok Michi.” Sentì che avrebbe tanto voluto rispondere a quella botta di egoismo che sentiva di aver ricevuto da Kaiou, con la medesima bastarda moneta.

E se ti confessassi io qualcosa? Per esempio che oggi sono caduta perchè il pensiero di te è talmente intenso da deconcentrare la mia guida? E se ti raccontassi che al ritorno, in ufficio, Henry Smaitter mi ha fatto una lavata di capo assurda? E se ti dicessi che sono talmente tanto fuori di me che ho sbattuto Patrik al muro perché si è permesso di fare un apprezzamento su Giovanna? Tu Michi, come la prenderesti dall'alto della tua proverbiale lucidità?!Pensò Haruka ricordando con rabbia il pomeriggio appena trascorso.

Lei ferma in piedi di fronte alla scrivania del Capo tecnico Smaitter, braccio al collo e sguardo basso, mentre lui seduto dalla parte opposta continuava ad inveirle contro, più come sfogo per la paura presa, che per l'incidente in se per se. Da quando era tornata al lavoro dopo la malattia era diventato ancora più protettivo nei confronti della sua ragazza e nonostante ad Haruka facesse piacere, era anche consapevole che quel tipo di attenzioni paterne alle quali lei non era assolutamente abituata, a lungo andare avrebbe anche potuto portarla all'insofferenza.

“Perché diavolo sei tanto deconcentrata Tenou?! Hai rischiato l'osso del collo senza alcun motivo. Ma che ti prende?!” Le aveva urlato sbattendo il pugno un paio di volte. La vena del collo gonfia. Gli occhi celesti iniettati di sangue.

“Capo, il posteriore scoda. Sarebbe successo a chiunque di perdere il controllo.” Si era messa sulla difensiva convintissima di avere ragione.

“Ma che cazzo stai dicendo Haruka! Patrik sarebbe caduto. Stefano sarebbe caduto. Anche i nostri piloti più giovani della Superbike sarebbero caduti. Ma non Haruka Tenou. Ragazzina ascoltami bene, conosco il tuo modo di correre, i tuoi riflessi e la prontezza di spirito che caratterizza la tua visione mentale della pista e se ti dico che se fossi stata più concentrata avresti ripreso la scodata, stai pur certa che è così. Perciò vedi di sistemare i problemi che ti rendono tanto poco efficiente, perché fino ad allora tu in sella non ci torni!” E l'aveva sbattuta fuori prima che avesse avuto modo o l'ardire di controbattere.

In ultima battuta, il pomeriggio non si sarebbe potuto dire “magnificamente” concluso, se non avesse sentito quell'imbecille di Patrik ridacchiarle alle spalle affermando che, pur se meno bella della ragazza precedente, Tenou si portava a letto una femmina con un fondo schiena di egual valore. E lei non ci aveva visto più ed il collega era diventato il capo espiatorio di tutto; la fuga di Michoru, la frustrazione che la stava divorando, la caduta, il dolore fisico, quello morale. Protezione fraterna inclusa. Portando l'avambraccio destro sul collo dell'uomo lo aveva schiacciato al muro pronta a liberarsi la mano sinistra dal sostegno per piantargliela sul naso. Stefano era riuscito ad afferrarla per la vita appena in tempo strattonandola lontano.

“Pezzo di stronzo, devi sciacquarti la bocca prima di parlare di mia sorella! Hai capito Patrik?! E se ti permetterai ancora di guardarla...” Aveva abbaiato avvertendo il polso destro bloccato dalla forte stretta del mediatore.

Mortificato per la rivelazione, l'altro le aveva chiesto scusa, ma ormai la frittata era fatta. La zuffa sarebbe costata a Tenou una multa salata. Molto probabilmente a tre zeri e con un bel numero uno davanti. Ecco perché non era solita portare Michiru in scuderia. Ecco perché nessuno era solito portare le proprie compagne, amiche o sorelle, in scuderia. Si rischiava sempre di assistere a cose come quelle, perché in un ambiente come il loro gli apprezzamenti più o meno azzardati erano all'ordine del giorno e pur se non ci si trovava in un'officina di periferia, ma bensì in un distaccamento elvetico della grande casa automobilistica Ducati, si parlava comunque di uomini.

“Ruka...” Soffiò Michiru.

“Mmmmm....” Alzandosi dal letto la bionda si diresse verso la finestra guardando fuori. Nevischiava leggermente.

“Che tempo fa ad Atene?” Chiese rendendosi conto della banalità di quella domanda. Avvertendo un brivido alla pelle nuda delle braccia, attese.

“C'è il sole da giorni. La temperatura verso l'ora di pranzo arriva a toccare i diciotto gradi.” Rispose l’altra ascoltando lo scampanellio d'allarme del suo cuore.

Da quando in qua tra loro si parlava del tempo? Rabbrividì anche lei, ma provò comunque ad usare quella banalità per raccontarle dell'immersione “premio” fatta con Ami, ed anche se la bionda non sarebbe mai arrivata a comprendere quanto quell'esperienza le fosse stata di giovamento, provò comunque a descriverle le sensazioni che aveva provato quando, gettandosi dal bordo della barca, l'acqua le aveva frustato il corpo accogliendola nel suo mondo.

“Ruka, se avessi visto che colori... Continui colpi di luce che provocavano sfere biancastre su tutta la superficie ocra del fondo. Abbiamo esplorato anche una parte di un relitto della seconda guerra mondiale. Io credo ti sarebbe piaciuto, anche se non ami le profondità marine.”

“Non credo. Lo sai che l'acqua non è il mio elemento.” Haruka era sollevata nel sentirla tanto euforica per quell'esperienza, ma dentro sentiva di stare covando la brace dell'insofferenza.

Sembrava stesse parlando di una vacanza tra amiche, mentre lei se ne stava a casa, davanti ad una spolverata di neve, con la pelle delle braccia gelata, a rischiare un'infreddata. Sarebbe esplosa. Dio non avesse voluto, ma sarebbe esplosa da li a breve.

“Io invece credo di si. Ti piacciono le navi da guerra e quella che abbiamo visto è molto ben conservata e...”

“Kaiou basta! - Alzò la voce per abbassarla di colpo continuando - Ti prego..., basta.” Un alito. Toccandosi la fronte con le dita iniziò a massaggiarsela. L'altra capì.

“Vuoi che smetta di parlare?”

“... Si.”

E per un tempo indicibilmente lungo rimasero così, ad ascoltarsi i respiri, come spesso facevano abbracciate tra le loro lenzuola prima di accogliere il sonno.

 

 

La straniera era parecchio apatica. Ami l'aveva notato ancor prima d'iniziare a porgerle la prima di una serie di domande che aveva deciso di farle in quella mattina di sole.

“Hai avuto altri incubi?” Le chiese preoccupata.

“No, tranquilla. Non ho proprio dormito.” Rispose sorridendole tristemente.

La notte precedente era stata dura e forse per la prima volta da quando era in terra ellenica, Michiru si era resa conto di quanto il coltello che sapeva di aver affondato nella carne di Haruka, fosse penetrato in profondità. Il patimento della compagna a causa della sua alzata di testa, l'aveva in un certo senso destabilizzata, rimettendo in discussione tutta la voglia, la buona volontà e la speranza che nutriva in una completa “guarigione”.

Camminando lentamente sul bagnasciuga della spiaggetta privata dei Mizuno, Michiru si fermò guardando il mare dalla superficie leggermente increspata. Era sempre meglio disposta all'ascolto e al dialogo quando puntava i suoi occhi su di lui e questo al medico non era sfuggito, ecco perché si ritrovavano spesso nelle sue vicinanze.

“Ami ascolta. Non credo di poter restare.” La fissò cercando comprensione.

“E' accaduto qualcosa tra te e mia sorella?” Chiese l'altra allarmata sperando che Khloe non avesse fatto danni. In quel periodo Michiru era fragile. Perché nessuno della sua famiglia sembrava volerlo accettare?!

“No, lei non c'entra nulla. O meglio... Non direttamente.” Soffiando lievemente scosse la testa. Forse non era stata una buona idea parlare di lei ad Haruka.

“Spiegami o non potrò aiutarti Michi.” La vide sedersi sulla sabbia seguendola.

“Quando ieri sera sono ritornata in stanza ho chiamato la mia compagna. Forse ho sbagliato, ma le ho raccontato tutto, rivelandole dove fossi, cosa stessi facendo e ... Khloe. Avevo già parlato di lei ad Haruka, ma certo non si sarebbe mai aspettata che venissi a cercare aiuto proprio sotto al tetto dove vive. In verità non lo avrei creduto possibile neanche io, ma sta di fatto che non potevo e volevo nasconderle ulteriormente la parentela che vi unisce. Ami..., non l'ha presa bene.”

“Avete discusso?”

“No. In realtà no, ma vedi... - Gli occhi le si velarono di rimpianto - ...forse sarebbe stato meglio se mi avesse urlato contro tutta la frustrazione che ha, invece ha preteso da entrambe... il silenzio. Per la prima volta ho avvertito una distanza tra i nostri cuori. E non è per la lontananza fisica, abbiamo già affrontato una situazione simile quando si è ammalata. Haruka ha compreso perfettamente la necessità di questo viaggio, ma ho paura che il dolore che le sto provocando in nome della risoluzione dei miei problemi, stia in qualche modo minando la fiducia che ha sempre riposto nei sentimenti che nutro per lei. Non me lo ha detto apertamente, ma so che mi sta tacciando di essere un'egoista.” Concluse tornando a perdersi nella distesa azzurra.

La specializzanda iniziò ad incamerare informazioni e a tracciare conclusioni. Michiru aveva innalzato attorno al suo cuore una spessa muraglia e questo era un fatto assodato. La compagna era forse l'unica persona ad avere la capacità, la possibilità ed il permesso, di aggirarne i confini.

“E così vorresti mollare proprio ora? Michi non sono neanche dieci giorni che sei arrivata e tornare a casa ora, non soltanto non ti sarebbe di giovamento, ma rischierebbe addirittura di aggravare la situazione.” Confessò guardando gli occhi cobalto dell'altra spalancarsi.

“Stai scherzando? Come aggravare la situazione!? Vuoi farmi intendere che sono obbligata a rimanere qui!?”

Una sorta di panico s'impossessò di lei ed Ami dovette immediatamente mettere le cose in chiaro. “Aspetta e non arrivare a conclusioni affrettate. Lascia che mi spieghi. Hai presente quando un terreno non adibito alla semina deve essere preparato togliendo tutto il pietrisco che non lo rende fertile? Bene, con la tua mente è un po' come per un campo. La fatica che si compie all'inizio servirà per avere buoni frutti alla fine. Se alla prima pietra ci si ferma... bèh Michiru, quel campo sarà inservibile per sempre.” Pragmatica Ami continuò affermando che si sarebbe dovuto provvedere ad “arare” già da molto tempo la sua psiche, facendo tabula rasa di tutti i ricordi alterati dal dolore causati dalla malattia del padre, dal menefreghismo della madre e da comportamenti stereotipati che l'avevano condizionata e che più avesse continuato a non voler far fatica a rendere il suo campo fertile e più si sarebbe riempito di sassi ed impurità.

“Ora dipende da te cara. Lo sapevo che avresti voluto forzare i tempi per poter far ritorno dalla tua compagna, ma addirittura arrenderti...” Stuzzicò trovando la reazione.

“Non mi sto arrendendo! Non capisci che non voglio continuare a far del male alla mia Haruka?!” La zampata di una tigre.

Ami la spiazzò continuando a seguire il percorso della sua logica. “Ormai le hai già fatto del male. “

Michiru sentì gli occhi bruciare mentre l'altra le chiedeva di essere sincera. “Scusami se mi permetto, ma quale livello di amore lega il vostro rapporto?”

“Dopo quattro anni sentiamo ancora la necessità di addormentarci abbracciate.” E nel sentire quelle parole pronunciate con una semplicità disarmante, la specializzanda sorrise mettendole una mano sulla spalla.

“Allora non c'è nulla da temere Michi. Nulla!”

La straniera abbassò la testa serrando gli occhi sperando con tutta se stessa che l'altra avesse ragione.

“Dimmi Michi, hai fatto il disegno che ti avevo chiesto?”

“No.”

“Non hai neanche avuto un ricordo?”

“No.”

“Michiru...”

“Scusa... In realtà qualcosa mi è venuta in mente.” Rivelò ancora con il pensiero “sintonizzato” sulla sua bionda.

“Te la senti di parlarmene?”

Con parecchia reticenza la donna più grande iniziò a raccontarle del periodo nel quale lei, Viktor e Flora avevano vissuto in Cile, quando il padre era dislocato all'ambasciata di Santiago. Prima che la moglie partisse per una tourne in Europa, tutti e tre erano riusciti a partecipare alla Fiestas Patrias. Era stata quella, a detta di Michiru, l'ultima vera occasione che la sua famiglia aveva avuto per essere e comportarsi come tale.

“Avevo venticinque anni allora e mi ricordo veramente poco di quella giornata, ma ieri sera guardando Khloe che stringeva il braccio di vostro padre, come io ero solita fare con il mio, mi è venuta in mente quella giornata, i colori, gli odori del cibo sulle bancarelle, la musica dei flauti, la sfilata delle forze armate cilene, i caccia che solcavano il cielo terso di settembre. Non saprei dirti come si svolse la nostra giornata, ma so con assoluta certezza che ero pervasa da uno stato di grazia che non ho più raggiunto in loro presenza.”

“Quanto tempo dopo tuo padre è venuto a mancare?”

“Qualche mese. Per l'esattezza un anno e mezzo....”

“Dovremo affrontare anche questo prima o poi. Ne sei consapevole, vero?” Un pro forma, perché Michiru sapeva benissimo che quel grande trauma era una delle cause, o forse la causa, di tutto.

“Si.”

“Va bene, ma faremo un po' per volta e senza fare confusione. Ho bisogno di mettere ordine su quello che mi hai raccontato e tu alle tue emozioni. Ora però vorrei che dormissi un po'. Vieni, ti accompagno in camera.” Si alzò porgendole la mano, ma stirando le labbra l'altra fece da sola.

 

 

 

 

 

 

Note dell'autrice: Salve a tutti. Piccola spiegazione su un piatto di streat food tipico greco: il psarokeftedes, ovvero polpettine di pesce, spesso il merluzzo, mischiato con patate, cipollotti tritati con aneto, il tutto “tempestato” di pangrattato, sale e pepe. Insomma, credo proprio una cosa buona.

Akti Rhemistokleous , una delle arterie che cinge il porto del Pireo. Ho pensato che poteva essere una bella location per una festa di quartiere.

Cambiando continente, abbiamo niente di meno che la festa delle forze armate cilene, ovvero la Fiestas Patrias (18/19 settembre). E si, Michiru ne ha visitati di posti e ne conosce di lingue.

Ps Credo che nel prossimo capitolo sarà Tenou a prendere le sembianze di un Kappa.

 

   
 
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