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Autore: Lady Lara    05/03/2017    4 recensioni
"Anno domini MDCCXXVI XV giorno del V Mese . Diario di bordo .."
L'Irlanda e la Scozia subiscono il dominio dell'Inghilterra e le angherie di RE Guglielmo III. L'eroico pirata Captain Hook combatte la sua guerra personale. Qualcuno gli ha insegnato che si combatte per onore, per giustizia o per amore. Lui sceglierà quale uomo essere.
Chi è Lady Barbra, che lo assolda per una missione in incognito? E la donna che tutti chiamano "La Salvatrice"? Killian Jones è troppo scaltro per non capire che c'è altro oltre le apparenze.
Due anime che sanno leggersi l'un l'altra. Che succederà quando intenti e passione si incontreranno?
"Preferisco non averti che averti una sola volta e perderti per sempre .." Il dolore vissuto che rende oscuri e una nuova luce che permetterà loro di trovarsi ed amarsi anche se sembrava impossibile. Ciò che hanno fatto nella loro vita e ciò che faranno sarà per amore. Solo per amore.
Genere: Avventura, Erotico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Baelfire, Emma Swan, Henry Mills, Killian Jones/Capitan Uncino, Neal Cassidy, Neal Cassidy/Baelfire
Note: AU, Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo, Violenza
Capitoli:
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LI Capitolo
 
Una preghiera per un Pirata
 

Quante emozioni può riuscire a reggere un cuore? Quanto dolore può sopportare se le emozioni sono legate all’amore e alla paura di perderlo?
 
Quante emozioni aveva affrontato il cuore di Emma quel giorno? Quante paure?
Distesa su uno dei lettini dell’infermeria, si stava riprendendo grazie ai Sali che Frate Benedictus le aveva fatto aspirare. Le aveva auscultato il cuore  per prima cosa, temendo avesse avuto uno scompenso cardiaco. Era incinta, aveva trent’ anni ed era primipara. Il frate sapeva che in quelle condizioni si potevano verificare anomalie cardiache e tutto lo strapazzo e le emozioni vissute quella mattinata, non aiutavano una donna in stato interessante.
 
La rivelazione di Belle, sul fatto che Barba Nera fosse un pederasta, era stata la goccia che aveva fatto traboccare il vaso. Emma era caduta di schianto a terra. Non aveva dato il tempo ai presenti di realizzare che stesse perdendo i sensi. Già il suo cuore aveva vacillato per Killian e ancora era attanagliato dal timore di perderlo, sentire che il suo Henry, suo per adozione e di Killian come genitore naturale, era in mano ad un crudele e pervertito pirata che prediligeva i bambini, come trastullo sessuale, le aveva provocato un tale dolore e un senso d’impotenza, a cui non era riuscita a rispondere se non con la perdita dei sensi.
August ed Eddy si erano chinati velocemente su di lei per sorreggerla, poi il Colonnello l’aveva presa in braccio e portata sul lettino indicato da Frate Benny.
 
– Buon Dio Belle! Dovevi dirle quel particolare così a bruciapelo?!
– Perdonami August … è stato spontaneo da parte mia … per la mia stessa preoccupazione … sai quello che ho vissuto e visto …
- Perdonami tu amore mio, so che non l’hai fatto con cattive intenzioni …
- Hai ragione comunque August … Emma ha ricevuto troppe emozioni forti e dolorose oggi … sono stata inopportuna e indelicata … questa le ha dato il colpo di grazia!
 
Frate Benedictus era rimasto con Emma. Non aveva detto niente a nessuno per non creare ulteriori preoccupazioni, ma lui era seriamente allarmato. Aveva avuto visioni che parlavano di battaglie navali e sangue versato e aveva visto Emma su un letto, scompigliata e sudata, gridare di dolore. Le sue visioni non erano mai completamente chiare e riuscivano a spaventare lui stesso. Temeva per il piccolo Henry, temeva la conseguenza su Emma e temeva che le troppe emozioni e la caduta sul bacino, quando era svenuta, potesse avere una conseguenza nefasta sul piccino che la sua carissima Principessa portava in grembo.
 
– Henry … Henry … Killian …
 
Emma si stava riprendendo con i Sali che le aveva fatto annusare e il suo primo pensiero fu per le persone che amava di più al mondo, due persone che erano l’uno una parte dell’altra, padre e figlio.
Per lei scoprire che il bambino di cui si era preso cura e che aveva riempito la sua vita vuota di amore e tenerezza, fosse realmente figlio dell’uomo che amava da una vita, era stata una gioia immensa. Una gioia che avrebbe voluto condividere subito con Killian. Ma ora? Killian era in quello stato di coma indotto, non si sapeva quando si sarebbe ripreso, né se si sarebbe realmente ripreso! Nel caso in cui si fosse svegliato era opportuno dirgli la verità e poi fargli sapere che suo figlio era in mano ad un mostro? Killian avrebbe voluto partire immediatamente e rincorrere Barba Nera … avrebbe potuto, così, in convalescenza? Quanta altra angoscia e dolore dovevano ancora sopportare Emma e Killian? Non bastava tutto quello che avevano passato? Dove stava un po’ di giustizia divina?
Rumbl e Tamara erano morti! Due delle persone che più al mondo gli avevano fatto del male. Ora era il turno di Henry?
 Killian, pur non sapendo che il piccolo era suo figlio, l’aveva cercato per anni, perseguendo la promessa fatta a Milah in punto di morte. L’aveva trovato, ritrovando il suo primo amore, lo aveva conosciuto e si era legato profondamente a lui, ricambiato in brevissimo tempo.
 “La forza del legame di sangue”, come l’ aveva definita Frate Benedictus, aveva svelato ai loro cuori la verità, prima ancora delle prove fisiche che avevano riscontrato quella mattina.
 
– Stai calma Emma … non ti agitare così! Killian è in coma, ma guarirà e si riprenderà. Henry tornerà tra le tue braccia al più presto …
- Noo! Il mio bambino potrebbe morire sotto le sevizie di quel mostro e io non sono con lui per proteggerlo!
 
Emma piangeva disperatamente e Fra’ Benny tentò ancora di farla calmare.
 
– Emma! Basta ora! Se vuoi essere veramente una buona madre non perdere la speranza! Non resterete mani in mano a far nulla no?! Tuo fratello prenderà una decisione in merito, tu ora devi preoccuparti di questo piccolo che porti in seno!
 
 
Il vecchio frate le aveva posto una mano sul ventre per renderla più consapevole di quanto custodisse e per impedirle di alzarsi dal letto.
 
- Devi stare a letto per un po’, hai avuto una brutta caduta con lo svenimento, vediamo di non far capitare altro anche al Piccolo Fiore tuo e di Killian!
 
Nell’angoscia, sentire chiamare con quel nomignolo il piccolo che aspettava, nonostante il timore, una vena di speranza rianimò il cuore tormentato di Emma.
Fra’ Benny sapeva anche che Killian chiamava così il loro frutto d’amore o era una coincidenza?
In quel momento Emma poteva fare ben poco per Henry, ma poteva fare molto per il tenero “germoglio d’amore” che cresceva in lei.
 
– Stai calma Emma, rifletti sul da farsi, riposati, rilassati … so che non è facile, ma devi! È categorico, lo devi anche a Killian! Proteggi il frutto del vostro amore. Anche il tuo stato d’animo ne influenzerà lo sviluppo, cerchiamo di evitare minacce d’aborto!
– Fra’ Benny … oggi sono caduta due volte … prima sono caduta di pancia … in quel momento Killian si è distratto ed è stato ferito …
 
Le lacrime scesero ancora dagli occhi di Emma al ricordo di quel momento terribile. Non riusciva a togliersi dalla mente l’espressione del suo adorato Killian trafitto da Rumbl e si sentiva in colpa per aver causato inconsapevolmente la sua distrazione.
Il Frate capì cosa le stesse passando per la mente.
 
– Emma … figliola mia … tu non hai colpa per ciò che è accaduto. Ovvio che Killian nel vederti in pericolo si è preoccupato per te e Rumbl ne ha approfittato! Comunque a causa di queste due cadute devi stare riguardata …
– Non è il caso che tu mi faccia un controllo?
- No Emma, meglio non stimolare ulteriormente il tuo utero, anche la visita medica potrebbe peggiorare la situazione. L’unica soluzione è il riposo forzato a letto un paio di giorni e controllare che tu non abbia perdite ematiche. Resterai qui, non farai nemmeno le scale per andare nella tua stanza. Avrai una buona scusa per stare vicino a Killian, come tu volevi, senza destare curiosità e pettegolezzi nella servitù. Betty ti farà mandare i pasti qui da Edith.
 
Emma si rese conto che quella era un’ottima soluzione anche per stare con Killian. Avrebbe veramente fatto mettere il letto vicino a quello suo. Avrebbe potuto controllarlo giorno e notte e scaldarlo con il suo stesso corpo, come lui aveva fatto con lei a Neverland, quando si doveva riprendere dall’avvelenamento da Rubeus Noctis. Ora, ironia della sorte, quello stesso veleno avrebbe, forse, salvato la vita a Killian.
 
Qualcuno bussò alla porta della stanzetta.
Ottenuto il permesso di entrare, August, Jefferson, Eddy, Fox, Brontolo e Anton si presentarono ad Emma.
 
– Emma … so che non è il caso di agitarti, ma sono passate diverse ore dalla sparizione di Henry. Mi dispiace aver trascurato la guardia della Baia Mc Canzie, solitamente c’è movimento nella villa e questo mi aveva fatto pensare che fosse abbastanza sicura. In queste due settimane, in effetti, tu non hai usato la villa e non abbiamo avuto la possibilità del controllo continuo. Barba Nera aveva buttato le ancore proprio lì, con la complicità di Rumbl è risalito dal passaggio segreto e, egualmente, attraverso quel passaggio è fuggito con mio nipote. Hanno già diverse ore di vantaggio e tra poco  tramonterà il sole, le giornate si sono molto accorciate. La mia idea è di partire quanto prima con la nave di Killian ed inseguire Black, lui lo avrebbe fatto pure se il piccolo non fosse stato suo figlio. Io avrò il comando della spedizione, gli uomini di Killian sono d’accordo.
– August, grazie, apprezzo tanto il tuo gesto, ma tu non sai governare una nave e Jefferson non sta abbastanza in forze per un simile viaggio!
–  Emma io andrò lo stesso! Al timone ci potrà pensare anche Spugna, io darò gli ordini.
– No Jeff! Avrai bisogno di medicazioni i prossimi giorni, non possiamo rischiare un’infezione. Hai dimenticato quanto è stato male Killian per quel motivo? Tu resterai qui con riposo in branda come ti ha prescritto Frate Benedictus.
– Emma insisto! Sono il più esperto a bordo, dopo Killian!
– No Fox! Non è così!
 
Brontolo aveva fatto sentire il suo burbero vocione in risposta alle parole di Jefferson. Questi si voltò contrariato verso di lui, con un’espressione interrogativa.
 
– Abbiamo con noi Eduard! Il ragazzo è diventato eccezionale a governare la nave e non te lo dico perché l’ho visto leggere di nascosto i libri del Capitano e studiarli a menadito, parlo per l’esperienza pratica che ha accumulato, l’ho visto manovrare il peschereccio di Sebastian da grande Capitano. Io propongo lui e scelgo di seguirlo e servirlo fedelmente!
 
Eddy non si aspettava quella dichiarazione. Soprattutto non da Brontolo, che lo aveva sempre schernito e, in alcuni casi, invidiato.
 
– Sono d’accordo con Max. Scelgo anche io Eduard!
 
Anche Anton aveva espresso la sua fiducia in Eddy. Il giovane ne fu lusingato e commosso. Avevano smesso di chiamarlo con il suo diminutivo ed ora facevano come Killian, chiamandolo con il suo nome per intero. Era un’ulteriore segno di stima.
 Jefferson non ebbe nulla da ribadire ed August intervenne per tutti.
 
– Giovanotto, si direbbe che tu sia stato promosso sul campo di battaglia! Sia come i “tuoi” uomini propongono!
– Allora miei uomini e mio Colonnello … non perdiamoci in chiacchiere! Noi andiamo subito alla nave e prepariamo la partenza. Vi aspettiamo al porto tra un’ora e mezza Colonnello. Andiamo a riprenderci il figlio di mia sorella e Killian!
– Figlio di Milah e del nostro Capitano?!
 
Anton e Brontolo non erano presenti quando Emma aveva annunciato quella verità a suo fratello. Ora che sapevano, la loro determinazione e la loro motivazione ad affrontare Black, per amore di quel simpatico bambino, crebbero ulteriormente, rinsaldandosi in una ferma convinzione.
Emma fece le sue raccomandazioni al fratello e abbracciò ognuno di quegli impavidi uomini con affetto. L’ ultimo abbraccio e le ultime parole furono per Eddy. Il giovane ancora aveva in mano Excalibur, incrostata del sangue delle sue vittime, e la riconsegnò alla legittima proprietaria.
 
– Questa è tua Emma, con essa ho fatto giustizia …
 
Emma gli sorrise tristemente, prendendo la spada e posandola su uno sgabello.
 
– Eduard … Henry è il tuo nipotino … ma per me è come se fosse veramente mio figlio, lui non sa nulla della verità … per lui sono sua madre … ti prego riportamelo sano e salvo … gli dirò la verità … è giusto che conosca la sua vera famiglia!
 
Eddy vide l’emozione e il dolore negli occhi di Emma. Rispose con sincero affetto al suo abbraccio.
 
– Te lo prometto Emma … ti riporterò Henry, sei stata una brava madre per lui, sono convinto che mia sorella te ne ringrazierebbe! Tu cura Killian, so che saprai guarirlo, già lo hai fatto sulla Jolly Roger, lui ti ama tantissimo, deve vivere e avere la possibilità di essere felice con la sua donna e poter abbracciare suo figlio …
 
Emma aveva gli occhi lucidi e sciogliendosi da quell’abbraccio con Eddy, questi le prese la mano e, come ulteriore segno di stima e rispetto, le depose un bacio su di essa.
Eddy uscì dalla stanza seguendo i suoi compagni. Sarebbe andato per prima cosa alla taverna di Angus.  August, a sua volta, doveva preparare il suo bagaglio da militare e accomiatarsi da Belle.
 
Emma aveva riposto tutta la sua fiducia in quei fedeli uomini, ora doveva confidare anche in Dio, non le restava che pregare. Non avrebbe potuto farlo nella piccola cappella situata nella  parte opposta del giardino, Frate Benedictus era stato irremovibile nell’ordinarle di restare sdraiata a letto. Avrebbe obbedito al medico e intanto sarebbe stata vicina a Killian. Una forte stanchezza la stava vincendo. Tutto ciò che aveva accumulato da quella terribile mattina, sembrava ora scatenarsi sulle sue spalle. Fu costretta ad adagiarsi sul lettino che aveva a disposizione e nel giro di pochi minuti si addormentò profondamente, cadendo in un sonno senza sogni.
 
***
 
- Maledizione! Questo non ci voleva! Quell’uomo ha gironzolato qui intorno per giorni e io non ho capito che era lo stesso tizio che era venuto quella sera alla taverna … Robert Smith!
– Pensare che io gli ho dato anche da mangiare … era in uno stato così pietoso che mi ha ingannata per bene!
– Mary tu sei di buon cuore … l’avresti fatto per chiunque! Invece quel bastardo era Rumbl ed era d’accordo con … con …
- Lo puoi dire Angus … non mi tocca più ormai … quella “puttana” ha avuto quello che meritava … è morta avvelenata … il buon Dio le ha dato la possibilità di morire con un veleno … come per scontare il peccato di aver tentato di avvelenare la nostra unione …
 
Angus e Mary parlavano tra loro, mentre Eddy, dopo aver raccontato come stessero le cose, si stava accomiatando da Anny.
 
Quella mattina, dopo che Angus aveva svolto il suo dovere alla Rocca, era tornato alla taverna con i suoi figli minori. Aveva trovato Killian intento a dirigersi alla fortezza, allarmato per uno strano segnale di fumo. Il boato del cannone, che aveva colpito con un proiettile infuocato la torre, li aveva presi alla sprovvista facendoli saltare per la sorpresa e lo spavento. Killian era partito a cavallo correndo alla velocità del vento. Agnes aveva afferrato suo fratello per il colletto e se lo era trascinato sotto il carro per proteggerlo. Mary, dal piano superiore, aveva appena iniziato a raccogliere le lenzuola del letto di Tamara per bruciarle nella fornace, ma le aveva lasciate cadere immediatamente sul pavimento per correre al piano di sotto, allarmare anche con un colpo di tosse  i due giovani innamorati che, presi dalle loro passionali effusioni, forse non si erano accorti di nulla, e uscire in strada a vedere cosa stesse succedendo. Eddy, imbarazzato, era uscito di corsa dalla taverna, seguito da una Anny rossa in viso, che andava richiudendosi i bottoncini della camiciola che lui le aveva aperto in quel piccolo momento d’intimità che avevano appena avuto.
 
Che la Rocca avesse subito un attacco era evidente! Angus aveva slegato il mulo per correre in soccorso, ma Eddy gli aveva tolto la briglia di mano e, senza un’arma al suo fianco, visto che aveva lasciato la spada che gli aveva regalato Killian sulla nave, velocemente era montato in sella e si era avviato verso la Rocca, incrociando i suoi compagni che si erano mescolati alla cavalleria. Intanto Angus era andato ad organizzare il gruppo della rete per prestare soccorso ai feriti e spegnere l’incendio.
 
Giunto alla fortezza dietro Jefferson, Eddy, a mani nude, aveva combattuto a suon di pugni, finché, inseguendo Rumbl, non aveva trovato infissa tra due lastre del pavimento Excalibur, la spada di Emma, ed aveva compiuto il destino dell’assassino di sua sorella.
 
Tornato alla taverna, il giovane aveva raccontato gli accadimenti ai suoi futuri suoceri e alla sua bella fidanzata. Tutti erano rimasti impietriti a sentire che Henry era stato rapito da Barba Nera. Anny non era riuscita a trattenere le lacrime per il piccolo e per l’idea che il suo Eduard stesse per intraprendere quella pericolosissima missione di salvataggio.
 
Ora il giovane le stava asciugando le lacrime con i pollici, mentre le sue mani erano sulle morbide guance di Anny.
 
– Amore mio, salperemo tra pochi minuti …
- Devi proprio andare anche tu?
– Si Anny … è giusto! Non posso dirti nulla ora, ma quando tornerò saprai cosa mi lega ad Henry … te lo prometto! Diventerai mia moglie e non voglio che tu ignori cose che fanno parte della mia vita …
 
Ancora con le mani che carezzavano il viso di Anny, Eddy l’accostò al suo. Cercò le labbra della sua innamorata e si scambiarono un dolce bacio. Anny gli strinse le braccia intorno al torace muscoloso e gli posò la testa sul petto. Il cuore di Eddy batteva veloce ed Anny si rese conto che era alla stessa velocità del suo.
 
– Promettimi che non ti farai capitare nulla di male … promettimi che tornerai da me Eduard!
– Anny amore … ti amo … ti amo così tanto che da prima di sapere se tu mi ricambiassi, ho fatto in modo di tornare da te. Ora so che mi vuoi tanto quanto io voglio te. Il ricordo di questa mattina … di quei pochi attimi che abbiamo avuto … mi accompagnerà … ti prometto che tornerò … tornerò sempre da te, voglio avere altri attimi con te che diventino ore, giorni, mesi e anni. Te lo prometto con tutto il mio amore Anny!
 
Mentre baciava per l’ultima volta la sua Anny, Eddy ricordò quei piccoli momenti della mattina.
Si erano ritrovati in cucina da soli, Angus e i figli minori erano partiti con Tamara, Mary era al piano superiore a rassettare. Loro due si erano ritrovati ad unirsi in un tenero abbraccio. Avevano cercato da lì un maggior contatto, Anny aveva preso l’iniziativa, meravigliandolo, sorprendendolo ed eccitandolo come mai prima di allora. Quando lui si era tirato indietro per lo sgomento dell’emozione, la giovane aveva pensato di aver fatto qualcosa di indegno e credendo che Eddy la considerasse male, si era ritratta con le lacrime agli occhi. Lui non avrebbe mai potuto pensar male di lei, glielo aveva detto e le aveva fatto capire quanto desiderasse veramente una maggiore intimità con lei. Le aveva chiesto di toccarlo ancora e mentre si rimpossessava delle sue labbra le aveva accarezzato il collo, scendendo ad aprirle la camiciola sul seno, scoprendo quella sua candida e calda pelle, diventata immediatamente rosea quando lui, portandola seduta sul tavolo, le aveva delicatamente baciato i giovani seni. Anny, con il cuore che batteva all’impazzata per quella nuova emozione, aveva reclinato la testa all’indietro, offrendoglisi ancora e portandosi, con le mani, il capo di Eddy ancora più vicino. Il boato della cannonata e il tempestoso arrivo di Mary, li aveva bruscamente distolti da quel momento di passione, una passione che stava divampando come mai prima di quel momento.
 
Eddy ora stava per partire e lo faceva con la consapevolezza di desiderare la sua Anny non solo per un istinto fisico, carnale, bensì per un sentimento maturo e molto più profondo di quanto un giovane della sua età di solito possa provare. Sarebbe tornato da lei. Lo doveva ad Anny e lo doveva a se stesso.
 
– Capitano Gold! Chiedo scusa … ma noi siamo pronti!
 
Con un colpo di finta tosse, Brontolo era apparso alla porta della cucina, dove nuovamente i due giovani si erano appartati per salutarsi.
 
– Capitano?!
 
Anny era piacevolmente sorpresa dall’appellativo che Max aveva usato per chiamare Eduard. Dal canto suo il ragazzo gonfiò il petto per l’orgoglio di quella grande responsabilità e per la fiducia che i suoi compagni gli avevano concesso.
 
– Si Anny … non te lo avevo detto … sarò io il Capitano della “Stella del mattino” in questa missione.
 
Ad Anny vennero i lucciconi agli occhi per il suo amato e tenendosi per mano uscirono dalla taverna. Un ultimo saluto fuori dall’uscio ed Anny, con la sua famiglia, seguì con lo sguardo Eddy e Max che raggiungevano gli altri all’imbarco.
***
 
August e Belle erano stretti l’una nelle braccia dell’altro. Le loro fronti a toccarsi e gli occhi chiusi.
 
– Tesoro stai veramente bene?
– Si August, ho solo qualche livido e il bernoccolo dietro la testa … se Fra’ Benny non avesse fatto mettere quel telo …
- Non voglio nemmeno pensarlo amore mio!
– Volevo solo distrarre Rumbl e darti la possibilità di salvarti, non mi aspettavo quella cannonata e di perdere l’equilibrio … siamo vivi per miracolo!
– Belle … è ora che io vada, mi aspettano al molo, il mio bagaglio è già sul carro … riguardati e stai vicina ad Emma … nelle sue condizioni avrà bisogno di aiuto, sai che dovrà stare a riposo per un paio di giorni … Speriamo che Killian si salvi e guarisca! La cura di Frate Benedictus è sperimentale, non l’ha mai provata su un essere umano, mi ha detto che ha molti dubbi, ma tanta speranza … ad Emma ha parlato solo di speranza ovviamente, non poteva preoccuparla oltre quanto già lo è. Riguardo al povero Neal … ha dato la vita per lei, merita un funerale degno di un eroe, occupatene tu quanto prima …
- Si August … con l’aiuto di Angus e gli amici della rete abbiamo già preparato la stanza per onorarlo. Sarà sepolto vicino alla sua adorata madre, nel sepolcro di famiglia, Rumbl invece in una fossa comune con gli altri pirati … mi dispiace … gli ho dato in passato più considerazione di quanta ne meritasse … ora avrà la sepoltura che veramente merita.
– Angus e Padre Charles ti aiuteranno in tutto, lasciamo che Emma stia lontana da tutto questo e si occupi solo di se stessa e di Killian.
– Si, Sono d’accordo con te August. Ora scenderò da lei per farla lavare e cambiare, tra poco Edith le porterà la cena all’infermeria, resterà li per il momento.
 
Con un ultimo bacio si salutarono ed August, accompagnato da uno dei soldati sopravvissuti, partì alla volta del molo.
 
---ooo---
 
Erano passate diverse ore. Ormai alla Rocca si erano di sicuro accorti che il “Principino” era sparito.
 
Due occhi infossati, bordati di nero e sormontati da due cespugliosi sopraccigli neri, guardavano verso la linea bluastra della Penisola di Storybrooke, sempre più lontana e impercepibile, sia per la distanza che per l’imbrunire ormai sceso sulle onde.
 
L’uomo dal pastrano rosso, sporco di sangue rappreso, si teneva con la mano sinistra ad una delle cime del cassero di poppa e guardava verso il punto che si era lasciato alle spalle. Non poteva sperare in un abbrivio migliore! Il vento soffiava in poppa e gli scompigliava la lunga e incolta barba nera, ricacciandogli negli occhi il fumo denso del sigaro che stava fumando. Gli piaceva il vento in faccia da sempre e fumare quel sigaro gli dava un gran gusto e rilassamento, dopo una scorreria e una battaglia. Quel giorno non aveva combattuto granché! Aveva lasciato ai suoi uomini quel compito. Lui si era occupato del bottino più prezioso:
 
Il figlio di Rumbl Mc Cassidy.
 
Se lo era caricato in spalla come un sacco di patate, dopo che Murdok l’aveva già stordito. Non sapeva che fine avesse fatto il suo pirata migliore, lo aveva lasciato ferito sul marmo dell’elegante sala da pranzo della Rocca, vicino al cadavere di Daniels. A quell’ora poteva essere morto dissanguato, come la maggior parte dei suoi uomini erano morti. Era sicuro che tra loro alcuni fossero sopravvissuti e fossero stati imprigionati, presto sarebbero “andati” anche loro … impiccati … sicuramente.
 
Con il moccioso in spalla si era dileguato nel passaggio segreto, non prima di aver fatto un cenno al suo “compare”.
 Era sbucato nello scantinato della bella villa fatta costruire dalla Principessa Emma e da lì si era avviato verso la Queen Anne’s Revenge, insieme ad un paio dei suoi uomini.
Quando Bonnet, il suo secondo, arrivato dopo di lui, gli aveva annunciato di aver visto morire in combattimento Rumbl, aveva dato l’ordine di cazzare le rande e allontanarsi, quanto prima, dalla Baia dove si erano nascosti.
Per Rumbl non c’era più nulla da fare, non valeva la pena indugiare ancora. Chi dei suoi era rimasto … beh! Ormai non era più affar suo!
 
Aveva dovuto mettere a tacere Davidson, uno dei timonieri, sparandogli ad una gamba. La sua tipica punizione per chi non rispettava i suoi ordini. Davidson non voleva partire senza aspettare qualcun altro dei suoi compagni!
Bonnet aveva cercato di medicare alla bella e meglio Davidson. Erano rimasti in cinque su quella nave, non era il caso di perdere anche un prezioso timoniere!
 
Edward Teach, conosciuto dalla Royal Navy Inglese come Blackbeard, era inseguito dalla Regia Marina, della sua Madre Patria, ormai da anni. Era nato come corsaro, aveva combattuto contro i Francesi nella guerra di Guiana, ma dopo … dopo il gusto dell’oro e quello del rum lo avevano portato a rinnegare i principi che lo legavano alla sua Lettera di Corsa e si era dato alla pirateria. Il sodalizio con Rumbl Mc Cassidy era nato per la loro somiglianza, nella malvagità e nell’avidità.
 
Rumbl lo aveva assoldato per liberare la penisola di Storybrooke da una masnada di pirati suoi rivali … Aveva preso due piccioni con una fava. Aveva dato l’ addio ai rivali e si era guadagnata un’amicizia con un nobile Duca, amico del Re e in realtà più masnadiero di lui. Era stata un’amicizia funzionale ai loro reciproci bisogni, non c’era affetto tra lui e Rumbl ne … sesso.
 Rumbl conosceva i suoi gusti, ma in quello era diverso da lui, comunque  spesso lo aveva ricompensato dei suoi servigi procurandogli qualche bel “giovanottino”. Peccato che dopo i suoi trattamenti non sopravvivevano mai a lungo!
 
Fumando quel sigaro controvento, Blackbeard rimuginava sul da farsi. La morte di Rumbl aveva capovolto tutti i piani. Il Duca voleva riprendersi sia il figlio che la donna di cui era innamorato, Belle. Voleva tornare ad Arran, nel suo castello … ma ormai, pur se non fosse morto, dopo la semi-distruzione del Vascello della Royal Navy “L’orgoglio del Regno”, sarebbe stato perseguitato come nemico della Patria. Black ignorava se il Vascello fosse riuscito o meno ad arrivare a destinazione, era parecchio malconcio! L’albero di maestra era stato abbattuto e la nave pendeva sul fianco su cui esso si era accasciato. Era una nave ammiraglia … se a bordo ci fosse stato un Comandante con gli “attributi” forse ce l’avrebbero fatta e in quel caso lui e Rumbl avrebbero dovuto tenersi alla larga dalle acque del territorio di Guglielmo III, a nulla sarebbe valsa l’amicizia di Rumbl con il Re, questi avrebbe rinnegato ogni rapporto con il Duca.
Ora che Rumbl era morto, era svanito con lui ogni piano e Black sapeva di dover riassettare completamente una nuova strategia.
 
Le mappe con la rotta erano ancora sulla scrivania di Rumbl, ormai inutili! Dove poteva rifugiarsi? Certo la sua “Isola dell’impiccato” poteva essere una soluzione! Era un bel viaggio da Storybrooke dirigersi verso i Caraibi! Avrebbe dovuto fare un giro ben largo, non poteva scendere lungo la costa e rischiare di essere intercettato da qualche nave militare della Virginia! Il Governatore Alexander Spotwood gli aveva sguinzagliato dietro parecchie navi della Royal Navy, giurando di catturarlo prima o poi, vivo o morto! Si era già salvato per un pelo dalla Pearl, grazie al vento a lui favorevole, ma quel giovane Tenente che la comandava era un osso duro. Lo aveva inseguito per un pezzo, ma grazie al rifugio di Arran, dove Rumbl lo aveva ospitato, gli aveva fatto perdere le tracce della Queen Anne’s Revenge.
 
Un altro grosso quesito, per Blackbeard, riguardava Il “Principino”. Con il tempo avrebbe potuto consegnarlo alla Baronessa Cora Di Mills, ma non sapeva quanto questa fosse interessata a volerlo vivo, visto che aveva già tentato di ucciderlo in culla per gelosia.
 
Il ragazzino era stato adottato da Neal Mc Cassidy e se pur Rumbl era ormai inviso al Re, il piccolo era pur sempre l’erede diretto del Ducato di Arran! Sir Andrew Mc Cassisy, fratello minore di Rumbl, per quanto caratterialmente agli antipodi di suo fratello maggiore, avrebbe gradito la presenza del nipotino? Senza Neal e il pargolo, Andrew avrebbe preso il Ducato, diventando il Lord di Arran. Per quanto più magnanimo di Rumbl, il potere era sempre … “il potere”.
La Principessa Emma Swan Charming Pendràgon, figlia del Governatore del Maine, lo aveva allevato come suo figlio … lo amava sicuramente come tale … poteva chiederle un riscatto, sicuramente era la persona più interessata al bambino … e solo per amore materno!
 
Black ricordava vividamente che, pochi anni prima, aveva fatto qualcosa di simile catturando il Governatore della Carolina del sud e suo figlio di quattro anni. In quell’occasione si era accontentato di chiedere un baule di medicinali! Con la Principessa la posta sarebbe stata “molto” più alta.
 
Doveva trattare bene il “mocciosetto”, non sarebbe stata breve la trattativa e non poteva rischiare che gli morisse prima del tempo!
 
– Finny!
– Si Capitano?
– Ti affido la cura del Duchino Mc Cassidy! Vai a vedere se si è ripreso … l’ho chiuso nella cabina di Rumbl … portagli da mangiare e da bere! Vedi di tenerlo in vita … vale più oro di quel che pesa!
 
Finny era il mozzo di bordo. Era il più giovane dei pirati di Blackbeard. Aveva circa una ventina d’anni. Non aveva scelto lui quella vita. Era stato rapito cinque anni prima da Black, quando, quindicenne, lavorava in una fetida bettola di porto. Allora aveva un bel viso implume, la pelle liscia e il nasino all’insù. Aveva stuzzicato inconsapevolmente le fantasie sessuali di Black. Per tal motivo, quando aveva finito il suo servizio alla bettola, camminando in un buio vicolo per tornare alla sua catapecchia, dove suo padre lo aspettava sicuramente ubriaco, qualcuno gli aveva infilato improvvisamente un sacco di canapa in testa e poi lo aveva colpito forte tramortendolo. Quando si era svegliato si era trovato nudo su un pagliericcio, dolorante non solo alla testa ma anche in altre zone del corpo, di cui non si rendeva conto del motivo. Aveva realizzato con disgusto che il maleodorante e orripilante pirata che poco prima aveva bevuto rum alla bettola, gli stava attaccato alla schiena, anche esso nudo. Lo teneva stretto a sé, mentre dormiva ronfando, soddisfatto del piacere che si era preso con la forza, usando il suo giovane e innocente corpo,  abusando di lui nell’incoscienza dello svenimento. Finny non era riuscito a fuggire, non aveva potuto, erano ormai in mare.
 
 Il suo viso ormai non era più quello di cinque anni prima. Una lunga cicatrice gli partiva ai lati della bocca, fin quasi alle orecchie. Black si era divertito con lui in molti modi e quello era stato tra i più drastici e sadici, quando lui si era rifiutato di soggiacere ai suoi piaceri. Era stato ricucito da uno degli altri pirati, quello che dicevano fosse l’unico a sapersi rammendare le calze. Non gli aveva fatto un buon servizio. La ferita si era rimarginata, con il tempo, grossolanamente e ne era rimasta una evidente e orribile cicatrice che aveva deturpato per sempre il suo volto. L’unica cosa che Finny ci aveva guadagnato, era stato l’improvviso disinteresse del Capitano, ormai non lo attraeva più e grazie a questo fatto era rimasto in vita fino ad allora, cosa che non si poteva dire di altri ragazzini che in quei cinque anni erano stati “prediletti” da Blackbeard.  
 
– Agli ordini Capitano!
 
Grattandosi la cicatrice sulla guancia destra, Finny si diresse in cambusa per prendere del cibo al “Duchino Mc Cassidy”. Aveva imparato ad obbedire per non morire, ma in cuore l’odio per Blackbeard non era sopito …
 
Henry si era ripreso lentamente dal colpo che Murdok gli aveva dato tra l’orecchio e la nuca. Aveva aperto gli occhi e si era trovato in una stanza, piccola e completamente rivestita di legno. Era su un letto a baldacchino e sentiva il rullio provocato dalle onde marine. Non ci mise molto a capire che stesse su una nave, anche se la sua esperienza di navi era relegata esclusivamente alla  visita fatta al veliero di Killian. Sceso dal letto cercò di aprire la porta, ma si rese conto che era chiusa a chiave. Quella non era la nave di Killian, lo sapeva bene! Prese una poltroncina che faceva parte dell’arredamento esiguo della cabina e la portò al finestrino. Vi salì sopra e vide la linea di terra che si allontanava sempre di più, mentre intanto calava la sera. Lo sconforto invase il suo giovane cuore, aggiungendosi al dolore per la perdita drammatica di suo padre e all’angoscia per la sorte ignota di sua madre. Era solo al mondo e fu una sensazione orribile. Voleva piangere e gridare, ma il viso della sua mamma gli tornò davanti agli occhi, bella anche nella drammaticità di quel momento, quando gli aveva detto di essere coraggioso come Killian, non piangere e mettersi in salvo. Il ricordo di Emma lo confortò un poco, gli sembrò di sentirla dire di non perdere la speranza. Si convinse che la sua mamma sarebbe andata a cercarlo, non lo avrebbe lasciato solo, la sua mamma tornava sempre, anche quando doveva fare lunghi viaggi. Sarebbe andata a cercarlo con Killian! Lui era un Corsaro coraggioso e valoroso! Lo avrebbero liberato, ne era sicuro! Con il nasino schiacciato al vetro del finestrino, immaginò Emma e Killian che sorridenti andavano verso di lui. Sentì un calore scaldargli il petto, ma il suo sogno ad occhi aperti durò poco. Qualcuno stava aprendo la porta, sentì la chiave nella serratura che girava e poco dopo apparve un ragazzo dal viso orribilmente sfigurato.
***
 
Erano passati alcuni giorni da quel maledetto venerdì cinque Novembre 1726, per la precisione quattro giorni. Emma non aveva lasciato un attimo Killian. Frate Benedictus le aveva portato una branda vicino a quella del Capitano e lei l’aveva usata sia per i primi due giorni di riposo forzato che poi per passare la notte vicino all’uomo che amava. Dopo le due cadute aveva avuto una piccola perdita ematica che l’aveva terrorizzata, se ne era accorta quando Belle l’aveva aiutata a lavarsi e a cambiarsi, quel venerdì sera. Per fortuna era stata una cosa lieve e passeggera, dopo, in quei seguenti quattro giorni, non aveva avuto più problemi e si era tranquillizzata, almeno per la propria salute e per quella del Piccolo Fiore. Riguardo a Killian non c’erano novità. La ferita sembrava cicatrizzarsi, ma lui non dava altri segni di vita, restando gelido e impassibile. A nulla sembrava valere tenerlo coperto con soffici coperte di lana, il suo corpo restava freddo. Emma aveva tentato di tenerlo al caldo infilandosi anche lei sotto le coperte e standogli vicina come quando era stato male sulla Jolly Roger. Nulla da fare! Sembrava veramente morto. Ora lo stava guardando in viso e le lacrime le scendevano copiosamente lungo le guance. Quel bellissimo volto, che lei amava perdutamente, era pallidissimo e la sua espressione era di tristezza. Killian aveva perso i sensi con il rammarico di morire senza poter compiere il suo desiderio più grande: avere un futuro con Emma, Henry e il loro Fiorellino. La tristezza dipinta sul viso di Killian rifletteva quella che Emma aveva nel cuore. Si sentiva lacerare l’anima per la perdita di Henry e la perdita di Killian. Era in attesa di un miracolo!
 
Non era una sciocca credulona, sapeva benissimo che Frate Benedictus aveva cercato di inculcarle speranza, come sapeva bene che una cura sperimentale poteva pur fallire. Si chinò con l’orecchio sul petto di Killian. Il terrore la fece saltar via, non si sentiva più il battito cardiaco, nemmeno il fioco suono dei giorni prima. Chiamò con un urlo il Frate e questi giunse di corsa, seguito da Jefferson che ancora era relegato in infermeria ed era saltato giù dal letto a sentire il suo grido.
 
- Fra’ Benny … è morto … il mio Killian …
 
Emma singhiozzava e piangeva disperata, quasi non respirava, piegandosi su se stessa. Jefferson cercò di abbracciarla, per quanto semi impedito da una spalla fasciata e pallido anche lui per l’angoscia.
 
Il Frate prese il cono acustico e auscultò il cuore di Killian. Non disse nulla. Passò a sollevargli le palpebre avvicinando una candela per vederne il riflesso pupillare. Si allontanò velocemente dal capezzale del Capitano e con la stessa velocità sparì nell’ambulatorio, per tornare in men che non si dica con una siringa in mano. Iniettò nel cuore di Killian un’altra dose di farmaco e rimase in silenzio. Sulla fronte del Frate grosse gocce di sudore erano visibili e non rassicurarono Jefferson che teneva Emma stretta al petto, impedendole di vedere cosa stesse succedendo alle sue spalle.
 
Emma era scossa dai singhiozzi. Si sciolse dall’amichevole ed affettuoso abbraccio di Fox per tornare al capezzale di Killian. Si asciugò gli occhi con il dorso della mano e guardò l’espressione corrucciata e livida del Frate.
 
– Non posso mentirti Emma … Killian doveva essere morto quattro giorni fa … il Rubeus Noctis lo ha tenuto in stato vegetativo … gli ho dato una dose maggiore adesso, ma … sinceramente non so se il suo cuore riprenderà a battere, ho un ultimo tentativo da fare … poi, mi dispiace Emma, ma dovremmo arrenderci …
- Ti prego … fai quello che puoi …
 
Il Frate guardò ancora le pupille di Killian e posata la candela sul tavolino vicino, iniziò a praticargli strani massaggi sul petto, all’altezza del cuore. Con le mani sovrapposte l’una all’altra, premeva in modo ritmico. Lo fece più o meno una ventina di volte e poi auscultò nuovamente il battito cardiaco.
Emma vide il volto del Frate schiarirsi e un sorriso speranzoso dipingersi su di esso.
 
– Emma … non posso dirti che il tuo Killian sia fuori pericolo, ma il suo cuore ha ripreso a palpitare. Bisognerà vegliarlo tutta la notte. Se il cuore si ferma nuovamente … non ci sarà più nulla da fare … non potrò dargli altro Rubeus Noctis … tanto dipenderà da lui, dal suo desiderio di tornare!
 
Detto questo Benedictus si aspettava altro pianto e disperazione da parte di Emma, invece lei stranamente si riprese. Un nuovo cipiglio di sicurezza apparve nella sua espressione.
 
– Lasciatemi sola con lui … lo veglierò tutta la notte.
– No Emma … devi riposare, lo farò io!
– No Fra’ Benny! Potrebbe essere l’ultima notte che passo vicino a lui … se andrà via da me … voglio essergli accanto per salutarlo un’ultima volta!
 
Il vecchio Frate e Jefferson tolsero il disturbo e la Principessa rimase al capezzale di Killian. Gli accarezzò la fronte fredda. Gli rimboccò le coperte e iniziò a pregare.
 
– Signore, mio Dio, lascia che Killian torni da me … non portarmelo via … ti prego prendi la mia vita, quello che resta di essa, fai che io possa dividerla con il mio amore, fosse un secolo che mi resta o un mese, un giorno o un minuto, voglio condividerlo con lui. Non avrebbe senso la mia esistenza se non avessi la speranza di avere un futuro insieme a lui e al frutto del nostro amore. Abbi pietà Signore!
 
Emma pregava ad alta voce e teneva tra le mani la mano destra di Killian. Si abbassò verso di lui e portò la sua mano alle labbra, baciandone il dorso. Ebbe l’impressione che la mano di Killian avesse un lieve fremito. Forse si era ingannata, forse no. Voleva vederlo aprire i suoi meravigliosi occhi di cielo, voleva vederlo ancora sorriderle innamorato. Iniziò a cantare piano la canzone che ambedue conoscevano: la Ballata della Principessa Rosaspina, la Principessa addormentata per un malefico incantesimo. Emma aveva una bella voce, come aveva una bella voce Killian. Quando avevano cantato insieme avevano creato un momento d’incanto. Ora Emma cantò per lui, scambiando il nome di Principessa in Principe. Il suo bel “Principe addormentato” doveva svegliarsi. Emma Swan giurò a se stessa che avrebbe cantato per l’ultima volta se lui se ne fosse andato. Quello sarebbe stato l’ultimo canto del Cigno …
 
***
 
Belle era seduta alla scrivania dello studio di August. Era tardi ormai. Era andata da Emma, ma si era fermata sull’uscio, senza farle capire della sua presenza. L’aveva sentita cantare per il suo “Principe” Pirata. Era un canto triste, struggente, fatto con infinito amore. Aveva saputo della situazione da Frate Benedictus, ed era andata via con le lacrime agli occhi. Belle sapeva cosa significasse amare e temere per la vita del proprio amato …
Seduta a quella scrivania rifletteva tristemente su quanto accaduto e sul fatto che in quattro giorni non si erano avute novità, né notizia alcuna della spedizione di August ed Eduard. Il funerale di Neal era stato celebrato, Emma gli aveva dato brevemente l’ultimo saluto nella stanza d’onoranza, allestita nel salone principale della Rocca, non aveva presenziato alla cerimonia. Tutti sapevano che non stava bene, si era sparsa la voce che attendesse un bimbo dal marito, morto eroicamente per salvarle la vita.
 
Belle pensava e guardava le due armi poste sulla scrivania di August. Tutte le armi erano state recuperate e pulite. Anche le due che aveva davanti brillavano alla luce della lampada ad olio. Erano così simili nella forma e nei fregi che le decoravano! Una poteva essere quasi la miniatura dell’altra, ma mentre una rappresentava ai suoi occhi la giustizia e l’onore, l’altra rappresentava il male assoluto. Ambedue avevano la lama ondulata, ma i fregi di Excalibur avevano una fattura più precisa e fine. La daga con cui Rumbl aveva ferito Killian, a parte la breve lunghezza rispetto alla spada, aveva lo stesso tipo di fregi, ma meno definiti e raffinati. Ambedue le armi apparivano all’occhio, da studiosa esperta, di Belle di fattura molto antica, sicuramente forgiate nello stesso periodo storico, ma da due fabbri diversi. Quello che aveva forgiato Excalibur era sicuramente un artista nel suo campo e chi aveva disegnato la spada … non era da meno.  Le venne il desiderio di saperne di più. Il giorno dopo avrebbe consultato i libri di Frate Benny, ne aveva trovato uno vergato a mano, antichissimo, era scritto in una lingua che non conosceva. Frate Benny l’aveva sorpresa a leggerlo, o meglio, a provare a leggerlo, e glielo aveva tolto di mano. Le aveva detto che era inutile provarci, era scritto in antico gaelico, l’autore era un saggio Druido vissuto tanti secoli prima in Cornovaglia. Belle aveva desistito, ma ora, ricordando di aver visto, tra quelle pagine di pergamena ingiallita, un disegno somigliante ad Excalibur, decise che sarebbe tornata a cercare quel volume rilegato in vecchio cuoio scolorito e consunto. Poteva essere un ottimo metodo per ingannare il tempo di attesa del ritorno di August e Henry.
 
Un fulmine squarciò il buio della notte, seguito dal boato di un tuono. Il temporale novembrino iniziò bruscamente, con violenza. Il vento soffiava forte, ululando tra gli spifferi delle finestre e facendo tremare i vetri. Tremò anche Belle, un brivido le attraversò la schiena. Il mare era in tempesta ora e il suo pensiero tornò nuovamente ad August. Doveva cercare di essere ottimista, non doveva pensare al peggio! Prese la lampada ad olio dal tavolo e, illuminando il suo cammino, si ritirò nella sua solitaria stanza.
 
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Isola di Arran. Tanto … tanto tempo fa …
 
Un potente tuono seguì il frastagliato fulmine che aveva, improvvisamente, illuminato il tetro buio della notte tempestosa. Il frastuono riuscì a coprire il grido di dolore di una donna che, per la prima volta in vita sua, stava scoprendo la terribile e meravigliosa esperienza della nascita di un figlio.
Quei pochi secondi, di luce fulminea, illuminarono i tratti duri del viso di un uomo che, seduto ad un tavolo rotondo, guardava la lama ondulata di una daga che teneva in piedi, con la punta sul legno, mentre, con la mano sul pomolo dell’elsa, la faceva ruotare lentamente, ammirandone i fregi su di essa incisi. Quella stessa luce si riflesse per tutta la lunghezza della lama, esaltandone la letale pericolosità.
 
– E quella Robb?! Dove l’hai presa?
 
Robb Mc Cassidy si voltò lentamente verso suo fratello maggiore Colum, e i suoi occhi brillarono di un fuoco folle.
 
– L’ho fatta forgiare per farne un regalo …
- Un regalo Robb? E di grazia … per chi dovrebbe essere questo “regalo”?
 
C’era dello scherno nella voce di Colum.  Robb lo avvertì chiaramente e ne fu infastidito.
 
– Lo sai bene Col …
- Robb! Questa storia deve finire! È durata anche troppo! Quella donna è una vera strega! Ti ha irretito completamente! Ti ho retto il gioco pensando che per te fosse solo un divertimento, un capriccio passeggero, anche se non approvavo comunque il tuo comportamento!
– Io l’amo Colum! Non posso farci niente e nemmeno tu puoi! Niente e nessuno potrà strapparmela dal cuore!
– Robb! Devi usare la ragione! Non possiamo rischiare di perdere la fiducia di Artorius! Quella donna è un’assassina! Non ho idea del motivo per cui il Re non l’abbia condannata alla decapitazione subito e l’abbia inviata qui ad Arran ai lavori forzati. Forse ha pensato che una donna fine e delicata come lei sarebbe morta lentamente, una punizione forse più adatta per la morte lenta che ha dato alla Regina! Certo non si aspettava che diventasse la tua “favorita”!
– Lei “non è” semplicemente la “mia favorita”, ti ripeto che è la donna che amo ed intendo sposarla!
 
Colum Mc Cassidy sbiancò a quell’affermazione. Suo fratello doveva essere veramente impazzito! Non poteva sposare una prigioniera, una detenuta colpevole di regicidio!
 
– Tu devi essere completamente pazzo Robb! Ero salito a dirti che ha appena partorito … non ti blocca nemmeno il fatto che abbia avuto un figlio?
– Non ha importanza … è mio figlio …
 
Colum scoppiò in una scrosciante risata.
 
– Sei veramente accecato Robb?! Sai benissimo che era già gravida quando è arrivata!
– Il bambino sarà comunque mio, se lei non potrà o non vorrà sposarmi, io l’adotterò!
– Non posso permetterti questa serie di pazzie! Dovrà sparire sia lei che il bambino! Presto arriverà il Primo Cavaliere a stipulare il nuovo accordo sui raccolti. Dovesse chiedere dell’assassina della Regina, voglio potergli mostrare la sua tomba. Non possiamo fargli trovare la donna elegante e curata che tu hai tirato fuori dalla gattabuia!
 - Non ho nessuna paura di quel ragazzino!
– Ragazzino?! È vero che il figlio di Cillian Flinth non ha ancora vent’anni, ma dicono che sia determinato e valoroso non meno di suo padre, non per niente Evan è stato designato da Artorius a prendere il ruolo che era stato di Cillian, lo hanno soprannominato Tiger, non sarà per niente ti pare?
– Anche una tigre può avere dei punti deboli Col! Ti ripeto che non ho nessun timore di lui. Tu puoi inventarti quello che vuoi, ma non potrai far nulla contro la mia donna! Piuttosto fuggirò via con lei e il bambino!
– Mi dispiace fratello! Lo hai voluto tu! Dovrò farti arrestare per disobbedienza e tradimento al volere del Re! Non ho intenzione di perdere i miei privilegi per te e la tua puttana!
 
Colum diede le spalle a suo fratello minore, avviandosi verso la porta per chiamare le guardie e farlo arrestare. Non riuscì nemmeno a raggiungerla quella porta. Un sibilo acuto fendette l’aria e improvvisamente Colum sentì una fitta trafiggergli la schiena e attraversargli il cuore. La daga dalla lama ondulata aveva avuto il battesimo del suo primo sangue e nessun sangue era più maledetto di quello versato in un fratricidio.
 
Robb rise, rise con una stridula risata malefica, mentre si avvicinava al cadavere di suo fratello. Gli tolse la daga incastrata nel costato. La pulì con un fazzoletto candido e la ripose nella sua guaina. A Colum avrebbe pensato dopo, doveva farne sparire il corpo. Ora il suo più grande desiderio era di andare dalla donna che aveva appena partorito quello che sarebbe diventato suo figlio adottivo.
 
Il corridoio, che portava alla stanza in cui aveva ospitato la donna, era fiocamente illuminato da poche torce. Non c’erano guardie in giro e aveva chiuso a chiave la porta della stanza dove giaceva suo fratello.
 
Bussò e una vecchia levatrice gli aprì. La congedò per il tempo che sarebbe rimasto in quella stanza. “Lei” era sul letto. I suoi lunghi capelli corvini erano inumiditi dal sudore versato durante il travaglio. Teneva stretto al petto un fagottino vivace, che sgambettava mentre succhiava al suo seno. Il neonato aveva i capelli bruni e già folti per essere così piccino, un ciuffetto si alzava sulla sua fronte rosea. Era ancora nudo, avvolto solo da un lenzuolino.
 
– Ti ho portato il regalo che mi avevi chiesto mia cara! Lo trovi somigliante al disegno che mi avevi fatto?
– Si Robb! È molto somigliante. Grazie, te ne sono grata …
– Sei molto diversa dalle altre donne lo sai? Qualsiasi donna avrebbe chiesto un anello come pegno d’amore … tu invece hai voluto un pugnale e lo hai voluto simile alla spada dell’uomo che ti ha condannata … mi chiedo il perché.
– Semplicemente perché Excalibur viene considerata la spada della giustizia e io voglio che quest’arma sia invece nel suo opposto, l’arma della vendetta!
Robb la guardò intensamente. Sapeva che la donna di cui si era innamorato follemente fosse un’assassina. Sapeva dai suoi occhi di ghiaccio che era capace di profonda crudeltà e odio. Forse era per quello che l’amava, era estremamente simile a lui!
 
– Ora lasciami riposare Robb! Sono veramente esausta!
 
A Robb piaceva anche quel tono imperioso. Era sicuro che quella fosse la donna per lui. Si alzò dal suo capezzale, non prima di averla baciata sulle labbra, e uscì dalla stanza.
 
Il bambino aveva finito di nutrirsi. La madre lo allontanò dal seno per guardarlo bene in viso. Era bellissimo, perfetto, le braccine e le gambette tornite si muovevano vivacemente. Un sentimento di amore ed odio le pervase il cuore nei confronti di suo figlio. La boccuccia rosea, ben disegnata, del neonato versò un po’ del latte materno con un ruttino. Il piccolo stesso sembrò sorprendersi per il rumore emesso, per la prima volta nella sua vita, dalla sua gola. Spalancò gli occhi, che fino a quel momento erano rimasti chiusi. A sua madre sembrò di perdere un battito cardiaco. Erano azzurri, un intenso e raro azzurro che non apparteneva a lei. Un ricordo dolce le passò per la mente a quella vista e una lacrima apparve all’angolo dei suoi occhi.
 
– Avrei potuto amarlo veramente sai? Per lui ho provato qualcosa di diverso rispetto ad Artorius … avrei potuto diventare Regina e lui avrebbe potuto regnare con me, ma il suo senso dell’onore era più forte dei sentimenti che nutriva per me. Ora piccolo mio c‘è solo odio nel mio cuore e tu crescerai in quell’odio. Kim … mio piccolo Kim … Gli somigli così tanto … sarà come averlo di continuo al mio fianco. Sarai la mia nemesi Kim … avrò pace solo quando questa daga affonderà nel suo petto e sarai tu a guidarla …
 
Il piccolo sbadigliò assonnato, ormai sazio e con il pancino pieno. Sua madre gli accarezzò la testolina bruna e scese delicatamente con le dita sulla sua spalla sinistra, lì, dove quattro piccole macchioline si dipingevano sul suo deltoide.
Morgana aveva già visto quelle quattro macchioline, la prima e ultima volta che lei e il padre di suo figlio si erano amati con passione.
Con rabbia, tristezza e rimpianto, avvolse teneramente il piccolo nel suo scialle di lana e lo lasciò addormentarsi tra le sue braccia.
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Storybrooke
Anno Domini   MDCCXXVI,   IX  giorno del mese  XI
 
Quarto giorno dall’intervento chirurgico. Somministrate due dosi giornaliere di trattamento sperimentale. Il paziente ha avuto un arresto cardiaco alle ore 18.00 di questo pomeriggio. Somministrata dose doppia di farmaco e massaggio cardiaco. Dopo 15 minuti il paziente ha ripreso l’attività cardiaca.  Attuali condizioni del paziente alle ore 24 stazionarie.
Prognosi attuale impossibile. 

 
Frate Benedictus aveva controllato un’ultima volta Killian e lo aveva lasciato alle cure amorevoli di Emma. Aveva impedito a Belle di disturbarli, ma la giovane si era resa conto della drammaticità del momento e aveva capito da sola che era meglio ritirarsi. L’aveva vista molto commossa e intristita. La capiva … lo era anche lui …
 
Aveva incoraggiato Emma a parlare a Killian, ad accarezzarlo, a fare il possibile affinché potesse sentire il desiderio di tornare da lei.
 
Seduto nel suo ambulatorio, stava compilando la cartella clinica del Capitano Jones, ma erano tante le incognite che stimolavano la sua sete di conoscenza.
 
“Già! … Tornare …”
 
Il Frate, nonostante la sua vastissima conoscenza dell’essere umano, della medicina e della natura in generale … non sapeva dove fosse in quel momento il vero Killian! Il suo corpo era lì, in quel letto, sotto le coltri calde che Emma gli rimboccava di continuo per mantenere quel giovane e virile corpo in un minimo di tepore. Ma la sua “Anima”, la sua parte cosciente, il suo pensiero, ciò che faceva di lui la persona che era, dove si trovava in quel momento?
 
Frate Benedictus era convinto che in stato vegetativo, una persona subisse come un distacco tra anima e corpo. L’anima trascendeva, nella sua convinzione, in un’altra dimensione.
Molti erano i pensieri del Frate sulla vita, sul coma e sulla morte e Killian era “sospeso”, in quel momento, tra la vita e la morte, in una sorta di Limbo. Bastava pochissimo per scivolar via definitivamente!
Comunque, la cosa di cui  Frate Benedictus Dotto era sicuro, era che il Capitano ancora fosse attaccato alla vita. Il suo cuore batteva e il sangue irrorava di conseguenza il suo cervello. Le pupille dei suoi magnifici occhi azzurri avevano risposto allo stimolo della luce della candela, il suo cervello era attivo. Cosa pensava in quel momento Killian? Cosa sentiva? Cosa provava? Probabilmente anche la sua amata principessa se lo stava chiedendo …     
***
 
Nella mente di Killian
 
Era tutto così bianco … tutto così stranamente silenzioso e calmo …
 
Era piacevole quel chiarore … La sensazione di pace permeava la sua mente ed il suo cuore. Non aveva pensieri … non aveva ricordi …
 
Nulla lo tratteneva … sapeva soltanto che doveva seguire quel chiarore che si stagliava all’orizzonte.
 
Era sulla sua nave … si … credeva fosse la sua nave. Le vele erano appena smosse da un alito di vento e il mare su cui scivolava il vascello era lattiginoso e appena increspato. Era tutto molto strano e contemporaneamente giusto e normale. Era in piedi sul cassero di poppa, il ponte di comando. Il timone era davanti a lui di pochi passi. Lui era fermo … a gambe divaricate davanti a quella ruota che sembrava attenderlo. Voleva alzare la mano per prendere i manicotti della ruota … non ci riusciva … non ci riusciva e non sapeva il perché. Non aveva nessuna importanza … nulla aveva importanza. Non sapeva da quanto stesse navigando, se ore … giorni … o anni. 
Era solo … forse lo era sempre stato … non lo sapeva, ma nemmeno quello aveva importanza.
 
Improvvisamente un tuono lontano esplose. Da quale direzione arrivava? Era un segno di tempesta vicina. Qualcosa risvegliò il suo istinto … i sensi si misero all’erta … Iniziava un rumore nell’aere … un suono … no … era più una melodia … una dolce voce di donna … cantava una melodia triste, la sua voce era accorata, permeata di sentimento …
 
“Una Sirena?”
 
Una piccola sirena era tra quei flutti? Se lo chiedeva incuriosito. Sapeva che quelle leggendarie creature erano descritte come metà pesce e metà donna e il loro aspetto era incantevole. Se lo fosse stato tanto quanto la voce che sentiva … credette che ne sarebbe rimasto ammaliato per sempre.
 
Voleva affacciarsi sulle onde, ma i suoi piedi sembravano incollati lì dove stava. Iniziò a sentire una mancanza nel profondo del petto … sentiva freddo dentro il punto in cui sapeva ci fosse il suo cuore. Eppure quella voce gli stava ricordando il calore che lo invadeva quando …
 
“Quando?!”
 
Quando e cosa gli dava quel calore? Non riusciva a ricordarlo … non ci riusciva e la rabbia iniziava a scuoterlo. Aveva perso qualcosa … Iniziò a convincersene.
 
“Cosa?!”
 
Forse non era un oggetto … forse era qualcuno …
 
“Chi?!”
 
Aguzzò l’udito. La voce era sparita. Cercò, guardandosi intorno, come se avesse potuto vederne un eco nell’aere.
 
“Dove sei … chi sei … perché non canti più … ti prego canta ancora … scalda ancora il mio cuore mia dolce sirena!”
 
Non si sentiva nessun canto … non più. Gli vennero le lacrime agli occhi nel realizzare di essere veramente solo … dove era “lei”?
 
Poi qualcosa sentì nuovamente. Un singhiozzo soffocato … ancora …
 “Lei” stava piangendo … era un pianto straziante … soffriva … soffriva tanto
 
“Non posso permetterlo … non voglio che tu soffra …”
 
Voleva muoversi … i piedi ancora incollati su quel punto del cassero. Sporse le mani in avanti verso il timone … non si alzavano …
 
“Percheee?!!”
 
Si ritrovò a gridare senza emettere suono. L’angoscia iniziò a farsi sentire nella mente e nel cuore. Doveva trovarla … “Lei” non doveva soffrire … “Lei” era importante! Lo era … tanto …
 
“Perche?”
 
Di nuovo sentì quella voce … pregava … pregava per il suo amore che se ne stava andando. Chiedeva a Dio di regalargli metà della sua stessa vita pur di avere un futuro con lui, anche se le fosse costato di vivere solo un minuto!
 
Si sentì terribilmente in colpa, senza saperne il motivo e sentì anche un grande senso d’impotenza. Avrebbe voluto trovare l’uomo che stava facendo soffrire così quella donna meravigliosa, gliene voleva dire di tutti i colori! Come poteva lasciare qualcuno che l’amava così tanto!
 
– Killian, figlio mio … hai perso la rotta?
 
Era sbigottito a sentire quelle parole e lo fu ancor di più quando vide oltre il timone un uomo e una donna che, vicini, si tenevano per mano e lo guardavano.
 
– Killy … non vuoi rispondere a tuo padre?
 
Un ricordo lontano si fece spazio tra il vuoto della sua mente
 
– Madre … Padre … siete proprio voi?!
 
Come aveva dimenticato i loro volti? Suo padre Colin … così somigliante a lui … Il viso dolcissimo di sua madre Helen …
 
- Come potete essere qui quando voi siete …
 
Non finì la frase, poiché una terribile consapevolezza si impossessò di lui.
 
 – No tesoro …
 
Sua madre alzò una mano per tranquillizzarlo.
 
– Non ha importanza di come siamo qui amore mio, è importante il perché siamo qui …
- Dobbiamo indicarti la rotta Killian …
- Padre … non ho mai navigato in questo mare … e non vedo costellazioni da seguire …
- No Killian … devi solo ricordare … ricordare di seguire la “Tua” Stella Polare …
 
Killian si portò la mano sulla spalla sinistra, dove le quattro piccole macchie della sua identità erano state coperte da un tatuaggio che rappresentava la costellazione dell’Orsa Minore e dove si trovava la Stella Polare … la “Sua” Stella Polare.
Si meravigliò che la mano fosse riuscita a muoversi e si meravigliò di ricordare chi fosse.
 
– Sono Killian Flinth Jones, figlio del Conte Colin e di Lady Helen, Tenente del Vascello della Royal Navy “Il Gioiello del Reame” sono fratello del Capitano Liam Flinth Jones, morto a causa di un Re che odio, sono diventato un Pirata, il Capitano della Jolly Roger, sono Captain Hook e sono nell’oscurità … il mio cuore è pieno soltanto di odio!
– Ne sei veramente convinto Killian?
 
Un’altra figura era apparsa sul ponte di poppa. Gli sembrò di guardarsi in uno specchio e di vedersi riflesso con un abito diverso da quello che indossava. Il viso era il suo, i capelli più lunghi sul collo … una corazza argentea sul busto, un mantello azzurro come i suoi occhi e sul petto uno stemma. Lo conosceva quello stemma … lo conosceva da tutta la vita … lo conosceva da prima della “sua” vita. Il se stesso che aveva di fronte si voltò e tese la mano verso qualcuno che stava arrivando. Inizialmente evanescente, apparve, per prendere corpo, una donna. L’altro se stesso le avvolse il braccio alla vita e le depose un bacio sulla tempia stringendola a sé.
 Killian sentì contrarsi lo stomaco per la gelosia.
 
“Lei” … Lei era splendida … Lei era … Lei.
 
– Ci siamo scambiati una promessa … ricordalo …
- Gwyneth … sei tu …
- Sono io Killian … sarò sempre io … anche se mi chiamerai in altri cento modi … Ci ritroveremo sempre, ai confini del tempo e dello spazio, oltre … - Oltre la Vita e oltre la morte Emma …
 
Killian completò la formulazione della promessa che si era scambiato con l’amore della sua vita senza rendersene conto. Il se stesso avvinto a Gwyneth sorrise e assentì con il capo, poi guardandosi negli occhi con la bellissima donna al suo fianco, si scambiarono un bacio, svanendo così come erano apparsi.
Anche lui desiderava quel bacio, voleva ritrovare quelle labbra che amava, ma come?
 
– Padre aiutami … mi hai detto che mi avresti guidato sulla giusta rotta!
– Figliolo … la rotta che ti ho dato è dentro di te … tutto ciò che ti ho insegnato, se sono stato un buon padre … ti darà la rotta … saprai qual è la strada e l’amore sarà la luce che ti farà ritrovare la tua casa …
- Mamma … Papà … la mia “casa” si chiama Emma … avrei tanto voluto che voi la conosceste …
- Se hai mantenuto la promessa di trovare una principessa bionda, bella e buona come tua madre … sappiamo che hai scelto bene … siamo felici per te …
- Amore mio … vai da lei ora, torna al posto cui appartieni Killian!
 
Anche i suoi genitori svanirono come erano apparsi.
Ora Killian aveva chiari ricordi nella mente. Tanti tasselli si stavano riunendo. Tanti momenti vissuti con la donna che amava. I suoi sorrisi, i suoi capelli lunghi e biondi, il suo candido corpo mentre si amavano, i suoi occhi di smeraldo  che lo guardavano con lo stesso amore con cui la guardava lui … poi … un ricordo ancora più dolce … il loro “Piccolo Fiore” e un dolce bambino di sei anni da salvare da un Duca malvagio.
 
La voce che aveva sentito cantare e pregare … ora lo sapeva, era quella di Emma! La sua Stella Polare era lei, lo era sempre stata!
 
Una determinazione e una nuova forza di volontà si impossessarono di lui. Sentì che una potente energia gli si irrorava dal petto, fluendo nei suoi arti. Doveva invertire la rotta … doveva tornare indietro!
 
Il timone era a due passi … doveva afferrarlo. Le braccia si sollevarono verso di esso e una gamba riuscì a staccarsi da quel punto, seguita dall’altra. Il timone ora era nelle sue mani. Il vigore dei suoi muscoli era tornato insieme ai ricordi e alla volontà. Ruotò completamente il timone invertendo la rotta di 180°. Ora doveva navigare per tornare da lei, per esserle vicino, lo avrebbe fatto anche nel buio della notte, chiamandola finché lei l’avesse sentito anche da lontano.
 
– Emma … Emma …
 
***
 
 Quella notte era stata veramente terribile. Il temporale aveva imperversato fino alle quattro del mattino. Emma non aveva chiuso occhio, vegliando su Killian alla luce del lume ad olio posto sul tavolo. Aveva parlato, pianto, cantato fino a sgolarsi. La gola le doleva e le palpebre erano pesanti per la stanchezza. Aveva vegliato e avrebbe continuato. Non voleva che lui le sfuggisse via per sempre, alla minima distrazione. Sapeva che se il suo cuore si fosse fermato di nuovo … non ci sarebbero state altre possibilità. Teneva la mano di Killian tra le sue, non l’aveva lasciata un minuto. Sentì un leggero fremito tra le sue mani, le strinse maggiormente a quella del suo amore. Lui ricambiò la stretta, sempre più forte.
 
Emma temeva di guardarlo in viso, temeva che potesse essere una contrazione prima della morte, temeva di vederlo spirare. Strinse i suoi occhi stanchi e le lacrime presero ancora il sopravvento.
 
– Emma … amore …
 
Le balzò il cuore nel petto. Era la sua voce! Amatissima, meravigliosa voce! 
 
- Killian … amore mio … sei tornato da me!
 
Gli prese il viso tra le mani e lo baciò su tutto il volto, quasi lo schiacciò con il suo peso.
 
– Emma … tesoro argh! Fai piano o mi ucciderai con il tuo amore!
 
Emma si rese conto che la ferita non era completamente guarita, doveva stare attenta, ma lui era sveglio, era uscito dallo stato vegetativo, il suo cuore batteva veloce.
 
– Amore perdonami …
 
Emma rideva e piangeva contemporaneamente, erano lacrime di gioia. Killian le portò la mano al viso, così vicino al suo. Le asciugò una lacrima che stava correndo giù per la sua guancia.
 
– Emma tesoro …
 
Avvicinò con delicatezza il viso di Emma  al suo e schiudendo le labbra si scambiarono il bacio che Killian aveva tanto invidiato al suo se stesso del passato.
 
– Vienimi accanto Swan … qui … sotto le coperte … sei così stanca …
 
Emma entrò nel letto vicino a quello di Killian, erano stati avvicinati come a formare un letto matrimoniale, così come lei aveva voluto.
 
– Temo di addormentarmi Killian …
- Ne avresti ragione tesoro, da quanto sono in queste condizioni?
– Da quattro giorni … il Rubeus Noctis che ti ha iniettato nel cuore Fra’ Benny, ti ha salvato la vita …
- Che strano senso dell’ironia ha la sorte … quella pianta ha ucciso mio fratello ed ha salvato me!
- Guarda Killian … sta sorgendo il sole … la tempesta è finita …
 
La tempesta era finita, era vero. I raggi del sole di un nuovo giorno entravano dalla finestra. Killian accolse sul suo petto la testa di Emma, avvolgendole la schiena con il braccio destro. Lei esausta si addormentò.
 
Frate Benedictus li trovò così, ancora abbracciati. Emma che dormiva e Killian, ormai sveglio, che  vegliava sul suo sonno.
Fra Benny fu certo che quei due giovani, che si amava da secoli, avessero avuto, ancora una volta, la prova che il loro fosse vero amore …
 
 
 
 
Angolo dell’autrice
 
Killian si è ripreso, è tornato dalla sua Emma, lo ha fatto per lei, per la donna che ama e che è la sua Stella Polare. Non avete un po’ gli occhi a cuoricini? Fatemi sapere cosa avete provato!
 
Questa sera tornano le nuove puntate di OUAT, speriamo che si ritrovino quanto prima anche nel telefilm, quindi, mentre aspettiamo la puntata, se vi va vi faccio compagnia con il nuovo capitolo. Probabilmente riuscirò ad aggiungere anche la 4° e ultima O.S. per “Quattro giorni d’arte con i CaptainSwan”, ho scelto questa volta la scultura di Rodin “Il bacio”, un’opera che fece scandalo per la sua sensualità, quando fu presentata. Spero che la stessa sensualità e passione ve la trasmetta anche la mia O.S
 
A proposito di Bacio … tanti a tutti coloro che seguono, che hanno inserito nelle varie categorie, che leggono silenti e alle mie ormai care e preziose amiche di penna che da 51 capitoli, ancora non sono stanche di lasciare i loro preziosi commenti. Un grazie a tutti.
La vostra Lady Lara
   
 
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