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Autore: sour_greentea    05/03/2017    0 recensioni
Il problema era proprio quello. Serge abbassò lo sguardo sull’ormai gelida carcassa che teneva fra le braccia. Riusciva a precepire il dolce tepore, che aveva animato quel corpo fino a poco prima, scivolare via.
Di nuovo.
Ormai non soffriva nemmeno più. Non perché avesse smesso di amarla, ovviamente: non avrebbe cessato mai. Ma aveva ormai raggiunto uno stato di gelida accettazione, privo di qualsiasi dolore o amarezza. Si alzò in piedi, diretto fuori e, armatosi di pala, cercò con lo sguardo per metà cieco un posto abbastanza ampio dove sarebbe stata comoda. Non che importasse davvero. Aveva anche pensato di scavare una specie di fossa comune e, nonostante lei non avrebbe dovuto condividere la propria tomba con nessun...altro, gli pareva comunque irrispettoso. Trovava già irrispettosa la sepoltura “di fianco”. Ogni volta le chiedeva, con quanta più leggerezza possibile, come avrebbe voluto essere sepolta. Lei dapprima spalancava gli occhi, per poi scoppiare in una limpida risata. “Di fianco! Almeno sarei comoda!”
Il ragazzo aveva già preparato la targa che avrebbe funto da lapide, insieme alla semplice cassa in legno. Si trattava, come sempre, di un semplice rettangolo in ferro battuto, sul quale erano incise cifre; in quel caso, 177.
Genere: Angst, Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing
Note: Lime | Avvertimenti: Incest, Incompiuta
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Il sonno inquieto e tormentato di Rozen cessò improvvisamente, e la ragazza si risvegliò, spalancando le palpebre. Ad accoglierla non c'era né il soffitto della propria stanza, né quello dell'ostello nel quale aveva alloggiato con James per alcuni giorni. Il soffitto che l'accolse stavolta era...non poteva saperlo. La stanza nella quale si trovava era troppo al buio per vedere qualsiasi cosa, e certamente troppo buia per i suoi gusti. Rivolse il palmo verso l'alto, serrò il pugno e mormorò una breve frase. Un globulo di luce bianca apparve appena riaprì le dita, per poi fluttuarle accanto. Quando la ragazza provò a mettersi a sedere, poi, una fitta le percorse una gamba. Soffocò un grido, portando le mani all'altezza del polpaccio, e sentì una specie di tessuto avvolgerla. Il globulo di luce si avvicinò e illuminò la sua gamba, avvolta infatti da una garza, intrisa di una sostanza liquida e maleodorante. -Uhh...- fece, ritraendo le mani. Quella sostanza le aveva sporcato le dita, rendendole appiccicaticce, e Rozen si limitò a fissarle, non sapendo cosa fare. Era stanca, nonostante avesse l'impressione di aver dormito per mesi. Gli occhi le facevano male, e serrò per un paio di istanti le palpebre, ripensando al sogno che aveva fatto. Un ragazzo alto, completamente vestito di nero, era inginocchiato ai piedi di un grande letto in ferro battuto, sul quale aveva finito per addormentarsi, stremato. Fra le lenzuola, di un tenuo beige, vi era una figura – una persona probabilmente. Nel sogno il tempo pareva essersi fermato: un fascio di luce dorata, flebile, faceva capolino dalla finestra e dalle impalpabili tende bianche, e finiva per illuminare una porzione del letto. Non si udiva nessun rumore o suono, e Rozen avvertiva una sorta di disagio nell'aria. Sentiva di doversene andare da lì, perché avrebbe potuto svegliarlo. Ma svegliare chi...? -Oh, sei sveglia.- fece una voce femminile. Rozen alzò lo sguardo e vide, sullo stipite della porta, quella che era poco più di una bambina. Avvertì lo stomaco chiuderlesi alla sola presenza di quella figura, e non ne capì il motivo. Anne si fece avanti, e le rivolse un piccolo sorriso. Attorno a lei fluttavano una miriade di piccoli globuli di luce; sembravano delle lucciole, ma erano più grandi ed emanavano una flebile luce rosata. La ragazza entrò, si inginocchiò davanti il divano e posò sul basso tavolino un vassoio con dei bendaggi puliti, una tazza, una brocca e una ciotola. -Per quanto ho dormito?- chiese Rozen, fissando il vassoio. -Tre giorni, più o meno.- rispose l'altra, versando il contenuto della brocca nella ciotola, per poi immergerci una garza. Il silenzio calò nuovamente nella stanza. Anne si avvicinò poi al polpaccio dell'altra e cominciò a togliere il bendaggio, che gettò noncurante a terra, rivelando l'enorme taglio. Portò poi il palmo della mano verso uno dei globuli di luce che le levitava attorno e lo attirò verso la ferita. Rozen osservò come il tenue barlume esitò sopra la propria gamba, e avvertì solo un calore vago nel momento in cui la luce venne gradualmente assorbita. Anne prese poi la garza che aveva immerso prima e la tirò fuori, per poi strizzare il liquido maleodorante in eccesso. La rossa continuò a fissare i gesti piccoli e precisi dell'altra, come ne fosse rapita. -Dove sono?- chiese qualche istante più tardi, sollevando lo sguardo verso il volto di Anne. -Questa è la casa del bänt Oron.- rispose la bionda, continuando a strizzare il panno. -Il cavaliere di Trystann ti ha portata qui.-

 

...cavaliere di Trystann...? James? Rozen fissò la ragazza senza dare voce alle proprie domande. L'avrebbe chiesto direttamente a lui, appena l'avrebbe visto. Senza fornire ulteriori informazioni, Anne posò finalmente la garza sulla ferita e premette delicatamente ma con una certa veemenza, facendo gemere l'altra. Prese un'altra striscia di tessuto e la passò sulla garza, stringendo progressivamente ad ogni giro che faceva fare attorno alla gamba. -C...credo sia un po' troppo stretta...- sussurrò Rozen. Anne si voltò verso il vassoio, prese la tazza e la porse a Rozen. -Se fosse meno stretta il sangue potrebbe riprendere ad uscire. In ogni caso, bevi questo. È un antibatterico alle erbe.- spiegò Anne, e quando l'altra fece per prendere la tazza, le loro dita di sfiorarono. Fu un contatto breve e leggero, ma Anne si ritrasse immediatamente, come si fosse scottata. La tazza rovinò a terra, in una miriade di pezzi, che si sparvero ovunque. Anne fissò un punto indistinto, gli occhi spalancati, e rimase immobile, inorridita, mentre si teneva la mano. -Che succede?- fece agitato un ragazzo albino, affacciandosi alla porta.

-Oron..!- balbettò Anne, scattando in piedi e correndo verso di lui, fiondandoglisi contro. Affondò il volto nel petto di lui, mentre le mani presero a stringere compulsivamente il tessuto della tunica di lui. Oron abbassò lo sguardo sulla ragazzina tremante e le poggiò una mano sul capo. -Guarda che disastro...- mormorò poi, fissando i pezzi di quella che poco prima era ancora una tazza. -Sono davvero dispiaciuto.- continuò poi, verso Rozen. -Sono sicuro che non l'abbia fatto apposta... Torno subito per portarti l'infuso antibatterico e per ripulire tutto.- fece infine, per poi sparire dietro l'angolo, portando Anne con sé. -Cos'è stato?- le chiese sottovoce Oron, una volta nell'altra stanza, inchinatolesi davanti. -Quella ragazza...- cominciò Anne, balbettando. -Io...io...credo di averla uccisa.- Oron la guardò come se fosse pazza. -Se l'avessi uccisa non potrebbe essere qui, Anne.- La bionda si aggrappò alla tunica del ragazzo e avvicinò il suo volto a quello dell'altro, fissando i propri occhi inorriditi e spalancati in quelli di Oron. -Credimi! L'ho visto...!- Il ragazzo non l'aveva mai vista così scossa, e le poggiò le mani sugli avambracci. -Anne. Anne! Ascolta. Cerca di calmarti. Ne riparliamo più tardi, d'accordo? Così non riesco a capire.- Anne abbassò lo sguardo e lasciò la presa sugli abiti di lui. -Brava. Siediti e aspetta qui, va bene? Io le porto l'infuso e vado un secondo a sistemare.-

 

***

-Lo sapevo, maledizione!- sbottò Sean. Reon corrugò appena le sopracciglia, fissandolo: non l'aveva mai visto così agitato. Il potere che quella bambina aveva su di lui era spaventoso. Reon scosse appena il capo, sorridendo, e si alzò. -Andrà tutto bene. La sua forza sta finalmente venendo a galla. Non c'è bisogno di preoccuparsi tanto. E per quanto riguarda quel Jago... beh, ha già avuto troppe possibilità. Ma tornerà. E quando lo farà mi assicurerò personalmente che avrà ciò che merita, se consenti.- Uscì infine dalla stanza, lasciando Sean solo di fronte al tavolo, sul quale erano ancora flebilmente illuminati alcuni punti. Lui portò la mano alla mascella, tentando di calmarsi, mentre il sangue gli ribolliva nelle vene. Si lasciò poi cadere sul divanetto in pelle castano che gli era accanto. Accavallò le gambe e rovesciò la testa all'indietro, portandosi le mani all'attaccatura dei capelli, per poi esalare un respiro. Non credeva che sarebbe andata così. Si odiava per aver permesso che potesse accadere...ma, d'altra parte, che avrebbe potuto fare? Non è che potesse lasciare quel posto, comunque.

   
 
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