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Autore: Tormenta    06/03/2017    1 recensioni
[Destiel | AU]
Castiel è un angelo, Dean nulla più d'un normale essere umano e la loro storia è raccontata interamente in rima. Dal testo:
Accadde un giorno: dopo aver combattuto una lunga guerra, / l’angelo di nome Castiel si ritrovò bloccato su questa Terra. / Tutta colpa d’un’ala ferita, / tale poiché in battaglia era stata colpita. [...] / Doveva dunque restare, rimettersi in sesto, / e pensò che se fosse rimasto immobile e muto / lì, sul cemento del vicolo dov’era caduto, / allora il processo di guarigione sarebbe stato più lesto. / Si mise quindi silenziosamente a sedere; / come unico compagno, le gocce fredde che piovevano da nuvole nere.
Genere: Poesia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
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4.
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Nei cieli,
i regolamenti erano alquanto severi.
C’erano ordini da rispettare,
posti da mantenere,
missioni da completare –
e tutto ciò glorificando le alte sfere.
Agli angeli, specialmente a quelli destinati alla battaglia,
che dovevano esser disposti a scattare ad ogni nemica avvisaglia,
non veniva lasciato spazio per pensare da sé;
erano trattati da chi in comando com’un unico coro
da cui non si volevano sentire perché:
dovevano sol fare il proprio lavoro.
E affinché sia ben chiaro –
i suddetti non trovavano quel destino amaro.
La loro esistenza era fatta a quel modo lì,
e desideravano continuare così:
credevano e confidavano nell’alta guida,
non s’alzavano in ribellione le grida,
ciascuno traeva gran soddisfazione
nell’occupare il posto assegnatogli nella creazione;
insomma, non si sentivano intrappolati:
semplicemente, agivano per come erano stati programmati.
Certo era capitato,
nel passato,
che qualche voce cercasse d’emergere,
ma erano ricordi che si volevano sommergere
insieme con il nome di Lucifero
e il suo essere divenuto immondo e velenifero.
Era poi vero che anche nel presente
capitava che qualcuno rompesse le fila,
ma era un evento raro, a malapena esistente
e a farlo non erano mai in centomila,
tutt’insieme, quanto piuttosto la singola creatura
che per rabbia, per paura,
per follia, o anche solo per sventura,
si perdeva nel mondo;
mai abbastanza per rendere il Padre furibondo.
Un’altra cosa che va poi sottolineata del regno divino
è l’atteggiamento di superiorità
che l’angelo medio, escluso il classico cherubino,
mostrava nei confronti della vicina umanità:
essa era rispettata il necessario
per ordine del gran Primario;
per difenderla, le creature celesti combattevano, morivano,
convinte che fosse ciò a cui servivano,
e tutti loro andavano molto fieri
delle proprie imprese da protettori e guerrieri.
Ma c’era anche il rovescio della medaglia:
una volta di ritorno dalla battaglia,
la Terra era vista con condiscendente pietà
(e magari anche un pizzico di stizza
poiché da quando gli uomini facevano parte della realtà
per il posto di figli prediletti gli angeli non erano più in lizza).
Gli individui sul pianeta,
con la loro esistenza concreta,
le loro vite brevi e intense,
la loro incapacità di raggiungere le conoscenze immense,
erano dai più visti come sciocchi
intrattenuti da astrusi balocchi.
«Scimmie nel fango» li chiamava lo splendente Zaccaria
usando a suo parere una forte analogia;
forse divertenti da guardare, ogni tanto,
ma considerate tutte le imperfezioni
e l’abitudine di dare costanti delusioni,
quello era quanto.
 
 
 
Detto ciò, e precisato che in Paradiso
la luce d’un angelo racconta quanto d’una persona il viso,
si può forse intuire
il motivo per cui il rientro di Castiel diede da dire.
Fece ritorno
comparendo presso la propria guarnigione,
e i compagni subito gli si radunarono attorno,
lieti della sua guarigione;
tra loro, lui brillò con enorme amarezza
madido di tristezza,
e sotto a quel primo strato
che già qualcuno avrebbe potuto decretare inappropriato,
nel suo lume si rese evidente una gran felicità
che riportava ovunque le sporche impronte dell’umanità.
A raffica piovvero le domande in cerca d’indizi
tutte colme di pregiudizi,
mentre gli sguardi preoccupati lo scrutavano a fondo
lanciati da destra, da manca – a tuttotondo.
«Sei guarito lentamente, ti aspettavamo tempo fa»
affermò un fratello sfavillando d’incredulità;
«Cosa ti ha trattenuto?»
«Temevamo fossi stato abbattuto!»
vociarono degli altri, assieme,
col tono vibrante di chi teme;
«Sono stati gli uomini, ti hanno intaccato?»
«Certo non ti hanno rispettato!
Guarda la tua luce, è avvizzita!»
«Sì, prima era così pulita!»
Da quelle e molte altre esclamazioni
Castiel sopportò di farsi colpire i padiglioni,
mentre la sua pazienza scemava,
già di per sé ridotta dallo sconforto che provava;
poi, ad un tratto, l’ennesimo commento
lo spinse a ribaltare il proprio atteggiamento –
«Combattiamo per loro, e questo è il ringraziamento!»
disse qualcuno con la voce ricca d’aborrimento
e lui, bruciando di collera nefasta,
urlò forte: «Ora basta!»
Immediatamente tutto tacque, eseguendo il comando
poiché Castiel sapeva ancora incutere timore, abbagliando,
a dispetto delle contestazioni
e delle varie insinuazioni.
«Io ho scelto di prolungare il mio tempo sulla Terra,
al ritorno dalla guerra»
continuò, potendo vedere attorno a sé
la gran perplessità di chi non capiva i suoi perché.
«Sono guarito più lentamente per restare
e per imparare».
Il pensiero volò a Dean, senza chiedere il permesso,
e in quanto a vigore lui ebbe un netto recesso:
si fece più fioco,
quasi si fosse spento il suo fuoco,
e si sciolse la sua tensione,
rimpiazzata da un’interna corrosione.
«Imparare cosa?»
gli chiese una sorella sospettosa,
e subito s’ammorbidirono i suoi raggi
al ricordo delle persone, delle loro invenzioni, dei paesaggi.
«Tra gli uomini c’è molto che noi nemmeno immaginiamo.
Tanta diversificata cultura,
una sorprendente letteratura,
e abitudini che noi non abbiamo.
Mentre la mia ala era spezzata, ho appreso
cose che sempre nell’ignoranza ho difeso;
ora lo so: di combattere per la vita terrena
vale davvero la pena».
Tra i compagni si diffuse il vigoroso bisbigliare
tipico delle masse che qualcosa non si riescono a spiegare.
«Tutti noi lo sappiamo»
qualcuno infine affermò,
e Castiel prontamente replicò:
«Ma non l’avete mai toccato con mano!»
«Perché dovremmo?»
«Perché vorremmo
s’accavallarono le voci,
basite e veloci.
«Nostro Padre ci ha detto quanto, a modo suo, è degna la Terra,
e per proteggerla noi andiamo in guerra.
Ma per il resto—»
«Perché dovremmo voler far più di questo?
Certo, gli umani hanno scritto dei libri—»
«—ma comunque dell’universo non conoscono gli equilibri!
Vivono nella semplicità,
attaccati alle loro strane tradizioni
e regolati da primitive emozioni!»
«Ed è vero che meritano di poterlo fare in tranquillità,
ma perder tempo a capirli che senso ha?»
A quelle collettive parole si sollevarono i consensi,
mentre su Castiel s’infittivano gli sguardi intensi.
«Perché avvicinarsi a creature di così basso rango,
perché impantanarsi nel fango
quando volendo già da quassù
possiamo vedere quello che succede laggiù?»
proseguì l’ennesima voce, echeggiando da lontano;
poi si fece sentire un quesito
che suonò nell’aria con la forza d’un titano
e lasciò l’interpellato sbigottito:
«Quello che dici d’aver imparato,
non lo davi già per scontato?»
Castiel si sentì come lacerato, ed esitò –
cosa significava tutto quello?
Era l’unico ad aver avuto dei dubbi, l’unico ad aver portato quel fardello?
Arse dal disagio, sussurrando disarmato un soffocato «No».
Quella singola sillaba dentro gli rimbombò,
mentre lui s’agitava
sommerso da un’attenzione che non desiderava.
Sentì crescere la voglia di fuggire;
sarebbe bastato un battito d’ali
per lasciarsi dietro i propri pari,
ma l’ennesimo angelo si fece avanti per intervenire,
e riconosciutolo, lui non si poté dipartire.
Si trattava del suo diretto superiore,
ed avanzava avvolto nello splendore
mentre la guarnigione si divaricava
per aprirgli la strada.
«Sei tornato» disse a Castiel quando l’ebbe raggiunto,
e lui confermò, riverente e smunto:
«Sì, signore. La mia ala è guarita».
«Hm. Sapevo della ferita
e che tu sia finalmente qui è una buona notizia»;
a riflettere quel pensiero,
oltre all’atteggiamento sincero,
fu il suo palese raggiar letizia.
«Puoi tornare ai tuoi compiti, Castiel. E anche voi!»
aggiunse rivolto a coloro che ancora osservavano come avvoltoi.
E nel frenetico disperdersi della folla,
per un attimo la mente di Castiel fu avvolta in una bolla;
l’appesantivano mille idee
colpendolo ritmicamente come maree:
davvero, tra tanti angeli, era il solo ad aver dubitato?
Sapeva quale parere della Terra nei cieli era divulgato,
ma comunque non era possibile, non sembrava sensato.
Come potevano gli altri non serbare la minima curiosità
verso le complicate meraviglie dell’umanità?
Al di là del dismetterla da saccenti –
cosa che persino lui aveva fatto, sebbene non in tempi recenti –
come potevano restarne fino in fondo indifferenti,
accusandola fra tutto proprio di semplicità?
Queste domande si poneva,
e intanto qualcosa lo distraeva:
c’era un lieve sussurro in sottofondo –
era come un concetto sfocato,
un qualcosa di mai provato;
capì: veniva dal mondo.
Scoperto ciò, si concentrò ed affilò la vista,
cercando sul pianeta, seguendo la pista,
e presto incappò nell’origine del suono:
subito la sua Grazia rombò com’un tuono,
perché era Dean – ovviamente era lui:
seduto in compagnia della bottiglia a cui si rivolgeva nei giorni più bui
lo chiamava, pur senza parole.
Erano le mute note di chi duole,
una spenta e continua litania
che però all’angelo non poté che sembrare una melodia
perché voleva raggiungerlo, chinarsi,
dirgli che non doveva farsi del male per sfogarsi;
voleva andare, voleva—
«Non possiamo che augurarci che più non succeda».
Castiel sussultò, la bolla scoppiata
per via del superiore e della sua uscita garbata.
Di nuovo, un duro panico lo rivoltò
e la sua luce traballò –
pur potendo vedere tutto ciò,
il suo generale non commentò.
Disse solo, pratico e soprattutto indulgente:
«Riprenditi. Devi tornare a schiarire la mente».
Dopodiché andò via,
lasciando l’altro solo con la sua perplessa malinconia,
mentre sulla Terra un uomo ancora cantava
e il Paradiso efficienza ed obbedienza s’aspettava.
 
 
 
Castiel, per recuperare almeno un briciolo di lucidità,
ricominciò ad eseguire gli ordini, perché quella era la sua natura
ed era ciò che aveva fatto sin dall’antichità.
Se poi nel frattempo aveva anche la sventura
di dover sostenere il giudizio
di chi con lui prestava servizio,
era un problema che solo lui riguardava –
e certo non se ne lamentava.
Difatti, non condivideva più del minimo possibile;
d’altronde, che senso aveva,
se il suo pensiero con quello degli altri era incompatibile?
A testa bassa allora tirava avanti e resisteva,
continuando a pensar al proprio dubbio, al proprio dolore –
era forse tutto un suo errore?
Era sbagliato, fallato,
suo Padre lo stava scrutando contrariato?
L’avrebbero accusato d’essersi perso
e brutalmente la sua Grazia avrebbero deterso
per riportarlo sulla via
di chi seguiva il Paradiso senza far alcuna fantasia?
E quando quegli interrogativi iniziavano a pesare
sempre alla canzone di Dean ricorreva per rimediare
in virtù del fatto che quel richiamo mai l’abbandonava,
anche se a volte in volume fluttuava;
c’erano addirittura momenti –
momenti speciali, ridenti,
in cui poteva udir la sua voce, leggera,
sotto forma d’una preghiera.
Sentì, la prima volta che successe,
in modo assoluto, come se null’altro esistesse:
«Terra a Cas. Mi sento un po’ stupido a far questa cosa, sai?
Insomma, quando— uh, quando mi ascolterai?
Sto tipo lasciando un messaggio in segreteria?
O mi stai ascoltando adesso?»
E sebbene rispondere non gli fosse concesso,
l’angelo si gonfiò d’euforia –
euforia che si ripeteva tale e quale
ogni volta che iniziava quel loro parlare,
a priori dall’argomento
e dalla durata del collegamento.
Solo un aspetto, a volte, era negativo:
il tono di Dean, quand’era schivo
o insoddisfatto, o passivo.
Come: «Sam mi ha chiesto di salutarti.
…A volte mi chiedo se possiamo mancarti».
Dopo quella volta, non l’aveva più sentito
per un tempo più lungo che nelle altre occasioni,
e aspettando era appassito
pur avendo ancora per sé la più dolceamara delle canzoni.
 
 
 
Di guardia alle anime, un giorno, stava mantenendo la sua postazione
in compagnia d’un commilitone,
quando capitò che Dean gli parlasse, scherzoso:
«Prego quell’angelo maestoso
che va matto per i panini» cominciò;
«Indovina un po’?
Sono nel locale dove hai mangiato,
e la cameriera mi ha chiesto
dov’è quel mio amico tanto affamato.
Io— volevo solo dirti questo.
È stato divertente».
E su quello, Castiel non esitò a credere al mittente;
s’illuminò, infatti, mimando un sorriso –
e nel farlo attirò del compagno l’avviso.
Da lui si lasciò fissare senza batter ciglio,
tornando presto ad indossare un serio cipiglio;
tra i tanti, il giudizio di quell’angelo in particolare
non lo faceva granché preoccupare:
Balthazar era il suo nome; anche lui era stato ferito
e sebbene il ricordo di ciò fosse ormai smarrito,
rimaneva vero che era stato sulla Terra, che l’aveva conosciuta:
per questo la sua opinione, rispetto alle altre, doveva essere meno cocciuta.
Ma lui non poteva che ipotizzare
poiché tra loro non c’era mai stato un gran chiacchierare.
Sapeva però per certo che si trattava d’un soggetto perspicace –
in effetti, abbastanza da azzardare, audace:
«Quella era una preghiera».
Castiel di scatto gli lanciò un’occhiata nera
e perse la buona disposizione che aveva,
ma non negò – non poteva.
«Ti ho molto osservato, da quanto sei tornato.
E fidati d’un fratello che c’è già passato»
proseguì Balthazar, pacato
e alludendo a un che d’imprecisato,
«quello che l’umanità offre può fare gola,
ma non vale quel che costa
e non rende quel che mostra;
non alla fine della fola».
Cercando di decifrare quel discorso,
Castiel da un antipatico presentimento fu percorso.
L’altro nel mentre andò avanti,
con parole disilluse e pesanti:
«Hai visto l’Inferno. Sai di cosa sono capaci
quei piccoli omini fallaci;
e sono tutti uguali!
Inclini a compiere i peggiori mali,
per quanto si possa sostenere
che sappiano fare anche del bene.
Mentono e ingannano,
peccano,
senza preoccuparsi d’un eventuale danno;
poi certo di rispetto non ne hanno—»
Disse anche dell’altro, ma Castiel non volle più ascoltare;
quello che preferì fare
fu interromperlo per sbottare:
«Non posso concordare.
Gli uomini hanno sì dei difetti –
ma dimentichi che sono stati creati imperfetti:
è questo che dà loro valore
e che innalza le anime con più candore».
«Fammi indovinare; quello che ha pregato,
quello che ti fa traballare in modo tanto sfrenato –
il tuo omino
è una di queste anime bianco certosino».
Al che, Castiel s’incendiò:
poteva accettare d’essere costantemente scrutato
e spesso questionato;
Dean doveva rimanerne fuori, però.
La sua anima era buona, l’aveva vista,
perciò che Balthazar tacesse
e non osasse inserirla nella sua visione nichilista –
a meno che uno scontro non fosse ciò che volesse.
«Non parlare di ciò che non conosci» avvisò, torvo
e l’altro lo guardò storto.
«Potrei dirti lo stesso»
sibilò con astio represso;
«Cerca di vedere il mio intervento come un aiuto.
Per i guai ho un certo fiuto,
e ho la sensazione che tu stia rischiando:
la strada che hai imboccato— so dove ti sta portando.
Quindi lascia che ti ripeta:
l’umanità giù sul pianeta
è marcia fino al midollo
e può farti perdere il controllo.
So bene quanto sia inebriante stare tra loro,
ma non dimenticare che non sono poi questo gran capolavoro:
svegliati, se un qualche umano t’ha annebbiato la mente,
e non commettere lo sbaglio di crederlo differente».
Di nuovo la fiamma di Castiel aumentò, furente,
e fu praticamente un miracolo
se azzuffandosi con l’altro non diede spettacolo.
«In molti possono essere diversi
e lui è uno di questi»
asserì, con voce tagliente
mentre Balthazar brillava insolente.
«Ti prego, illuminami. Dimmi in che modo» lo sfidò,
e Castiel subito a molte prove a proprio favore pensò;
eppure, quando gli fu richiesto
con fare ancor più manifesto:
«In che modo è diverso?»
ben altro si ritrovò a replicare,
con la foga e il tremore di chi vorrebbe gridare:
«L’ho conosciuto, ed è diventato il mio universo».
Con quell’ammissione sprofondò,
e il suo compagno con amaro scherno lo fissò
prima di dir, bieco:
«Un angelo asservito ad un uomo. Che spreco».
Castiel invano tentò di negare,
di sostenere che non aveva smesso d’ascoltare
il Padre, il Paradiso, i loro criteri,
ma l’altro ribatté: «Cerchiamo d’esser seri.
Non sono interessato ad accusarti,
volevo solo avvisarti.
Anche se le cose stanno così, non hai da temere:
non sarò io a darti in pasto a chi è al potere.
Solo, pensa bene a quello che fai».
Luccicò sornione, «Mi chiedo: alla fine, cadrai?»
 
 
 
Lì per lì lo sbigottimento aveva imposto a Castiel di tacere.
Solo poi, nelle lunghe ore in cui faceva il suo dovere
con nulla se non il silenzio a fargli compagnia,
della confusione poté far pulizia.
Lo terrorizzò quanto, di primo acchito, l’idea di cadere,
d’abbandonare le regole a cui si doveva attenere,
di raggiungere la fonte della sua canzone prediletta
sembrasse perfetta;
ma poi mise a fuoco: non poteva
e quel progetto, un senso non l’aveva.
Cadere, rinascere tra gli umani
come avrebbe alleviato i suoi fastidi quotidiani?
In nessun modo, ecco come,
perché il suo vacillare non era dato dalla mera tentazione
di vivere una vita lontana dalla devozione;
se era irrequieto e la sua mente non aveva freno
era perché non importava dove –
nei cerchi o sul terreno,
o anche altrove:
si sentiva a metà,
e una nuova esistenza non avrebbe curato quella vacuità.
Vacuità dovuta al lasciar Dean indietro
per accettare d’esser rinchiuso dietro le porte di Pietro,
e ai dubbi e alle incertezze
che della sua fede avevano minato le fondamenta
mettendone in risalto le debolezze,
quale la sua incapacità turbolenta
d’accettare ad occhi chiusi come corretti e reali
le testimonianze del Padre, ed i suoi ideali.
Con quel peso sulle spalle, cosa fare? Come comportarsi?
Ribellarsi?
A chi, a cosa
e inseguendo quale follia fumosa?
Non aveva risposte,
tirato com’era tra due volontà opposte –
una era legata alla Terra, e a ciò che aveva da offrire,
l’altra apparteneva ai cieli, e non voleva smettere di servire.
Come metterle d’accordo?
Come creare tra due contrari un raccordo?
“…Sì, così”,
si disse quando capì.
Anche se a metà, anche se insicuro
doveva continuare a sopportare,
a lottare,
a muso duro,
per non tradire sé stesso
 e non essere dai piani alti manomesso,
e anche per proteggere Dean, i suoi amici, suo fratello
e tutto ciò che loro gli avevano mostrato di bello.
 
 
 
Aveva eppur un punto debole, la sua decisione,
ed era che nulla diceva riguardo alla vocazione
che dalla Terra costantemente s’alzava
e che le orecchie gli solleticava –
Castiel adorava e odiava che l’accompagnasse
qualunque cosa facesse,
poiché era un richiamo
che sempre gli ricordava da cos’era lontano,
e di quel passo l’avrebbe corrotto:
ormai bruciava dal desiderio di scendere di sotto.
All’inizio s’era trattenuto
persino dal considerare il progetto, indefesso,
perché di far quello non aveva il permesso,
ma poi— lentamente, s’era ammorbidito il suo netto rifiuto,
a forza di guardar il pianeta e quell’uomo che si riteneva banale
quand’invece a lui sembrava speciale.
Comunque, probabilmente mai avrebbe ceduto
se non fosse stato per quello che Dean gli disse una sera
componendo a tentoni una preghiera.
 
 
 
«Hm, Cas. …Io—
Come— com’è lavorare per Dio?
Perché—
uh. Okay, no
è solo che—
non lo so.
Cioè, lo so
però—
Cristo.

L’ultima volta che t’ho visto
hai detto che non lo sapevi
ed è da ieri—
Insomma, magari adesso lo sai
e non me lo dirai mai
però io vorrei—
Sam dice che dovrei—

Quando
quando te ne stavi andando
non te l’ho detto
ma vorrei averlo fatto
e ora—

Cas, so che siete gente che lavora
ma gli angeli vanno mai in vacanza?
Perché
se hai del tempo che t’avanza –
cioè
se lo puoi fare—
uh, vienimi a trovare?»
 
 
 
Quella richiesta
zittì anche l’ultimo sussurro che consigliava: “Resta”,
e vibrando, Castiel per un solo secondo esitò:
poi decise, ardendo com’un falò.
E forse era un gesto sbagliato,
ma Dean l’aveva chiamato –
esplicito, diretto
anche se aveva impiegato un po’ ad esprimere il concetto –
quindi, non appena fu libero e pronto,
prima ancora che se ne rendesse conto,
in sordina lui le ali aveva già spiegato
e verso la Terra s’era lanciato.
 
 
 
Trovò l’uomo di mattina
mentre lavorava all’officina:
atterrato sul ciglio della strada
e condensato in forma umana,
attraverso il garage aperto
Castiel lo vide trafficare con gli attrezzi, esperto.
Prese a fissare la sua figura senza muovere un dito –
notò la concentrazione
che gli marcava l’espressione
insieme con gli aloni d
un sonno sbiadito,
e pensò che, dopo tanta attesa, era sopraffino
poterlo finalmente rivedere da così vicino.
Poi, Dean alzò la testa
e distrattamente fece vagare lo sguardo;
così, pur con ritardo,
notò l’angelo, e la sua posa mutò, lesta:
s’appiattì la fronte aggrottata,
si drizzò la schiena incurvata
e s’ingrandirono gli occhi dall’incredulità
riempendosi d’un che di caldo e selvaggio –
pareva dubitare che Cas fosse veramente là,
come se potesse trattarsi d’un miraggio.
Ogni scetticismo fu tuttavia cancellato
quando quello l’ebbe salutato
alzando una mano
con quel suo unico fare goffo e balzano:
l’uomo s’aprì allora in un incerto sorriso
mentre gli si illuminava il viso,
e a passi lunghi lo raggiunse fuori
abbandonando gli arnesi e i lavori
che una guancia e le dita gli avevano tinto di scuri colori.
«Cas?» chiamò con voce palpitante,
e pur non essendo un tipo effusivo
lo strinse in un abbraccio impulsivo,
tanto raffazzonato quanto adorante.
L’angelo, 
travolto da uno strano sollievo e colto impreparato,
s’impegnò per ricambiare, impacciato;
poi: «Ciao, Dean» disse quando l’altro lo lasciò andare,
puntando lo sguardo nel suo senza esitare.
«Mi hai— mi hai ascoltato?»
domandò l’uomo con sconcerto
e Castiel replicò subito: «Certo.
Ti avevo detto che l’avrei fatto, se avessi pregato».
«E sei venuto».
Come non avrebbe potuto?
«Mi hai chiamato».
 
 
 
 







 
Angolo di Tormenta
Chiusura sentimentale, perchè non ho resistito alla tentazione. c':

Come per certi aspetti si capiva già dal primo capitolo, gli angeli e il Paradiso in questa storia non funzionano in tutto e per tutto come quelli dell’universo canon, per quanto la somiglianza sia molta. 
Spero d’aver reso dignitosamente le varie ideologie e i concetti, come quello della canzone che Castiel sente - un richiamo dovuto al "bisogno" di Dean. A voi la parola. :)
Alla prossima,
T. ♪

 
   
 
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