Coperte morbide e profumate di detersivo al limone lo avvolgevano. La luce fioca del lampione si faceva spazio tra le fessure delle persiane per entrare timida nella stanza. Ogni oggetto occupava il proprio posto, regnava una buia e profonda tranquillità. Un tonfo, improvviso e veloce, risuonò nelle sue orecchie. Conosceva quel fragore violento, lo stava aspettando. Sapeva che avrebbe dato il via ad altri rimbombi: si sarebbero succeduti come una cascata feroce di proiettili assassini. Un altro suono echeggiò, continuo e deciso. Premette le mani sulle orecchie, per proteggerle. Non servì: il motore rabbioso produceva il rumore dei gettoni che cadono rapidi e infiniti nella slot machine, con suono metallico e penetrante. I bombardamenti erano pronti, sull’orlo del burrone. Le vertigini lo pervasero: trasalì. Saltò bruscamente giù dal letto dimenticandosi del corpo candido disteso accanto a lui.
«E adesso cosa succede?»
Gli rimproverò con voce assente.
«I rumori. Li senti? La guerra.»
Alzò gli occhi al cielo e gli lanciò uno sguardo di tenerezza, velato da una distaccata estraneità. Con parole lente e ritmate, a sottolineare l’ironia, gli sussurrò:
«La guerra è finita, tenente.»
Il silenzio tornò.