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Autore: Luxanne A Blackheart    07/03/2017    4 recensioni
Costantinopoli, 1518, Sublime Stato Ottomano.
Ibrahim Pargali Pascià, il Gran Visir, giunge a Palazzo Topkapi con un regalo speciale per il suo sultano. Si tratta di Roxelana, una schiava dai lunghi capelli rossi e la pelle bianca come il latte. Roxelana è stata venduta ad Ibrahim in cambio di soldi. Verrà condotta nell'harem di concubine di Süleyman il Magnifico. Nonostante l'amore incondizionato e puro che il suo padrone le dimostra, la rossa non si sente a casa, poiché non vuole essere una semplice schiava del piacere. Ella non vuole essere la favorita del sultano, vuole la libertà. Il suo animo ribelle e combattivo non si fermerà davanti a nulla pur di raggiungere il suo scopo: il potere. Non si fermerà neanche davanti all'omicidio e alla morte. A tutto ciò si aggiunge l'odio viscerale e l'amore proibito che le accecano la vista, emozioni che non sono destinate a Süleyman . Sentimenti contrastanti che la faranno impazzire.
Cosa rimarrà della schiava dai capelli rossi quando il destino chiederà il conto?
STORIA IN REVISIONE.
Genere: Drammatico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Medioevo
Capitoli:
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“Non siamo stati nulla, non siamo stati fidanzati, in fondo non siamo stati neanche amici, siamo stati solo due sconosciuti che in un punto della loro strada si sono scontrati, siamo stati un incidente.”




-Ibrahim! Ibrahim! - Le urla di Roxelana si udivano per tutto il Palazzo. La rossa correva, le lacrime che le bagnavano le guance e il sangue che scorreva sulle sue gambe, dovuto alla ferita non ancora rimarginata del parto.  Era scalza, in camicia da notte e avrebbe potuto avere un collasso da un momento all'altro,  ma non le importava del decoro, l'unico suo pensiero era Ibrahim. Doveva raggiungerlo prima che fosse troppo tardi.   Gli eunuchi neri di Selim l'avevano avvertita, li aveva costretti a raccontarle tutto e loro lo avevano fatto. Le avevano detto che Selim stava per giustiziare il Gran Visir, in gran segreto, e che aveva chiesto anche di lei.
Allora la sultana aveva compreso che suo marito sapeva, sapeva della loro relazione, sapeva tutto e se la stava prendendo con Ibrahim, uccidendolo.
-Ibrahim! - La rossa aprì le porte della sala del trono, trovandolo lì.
Lui era  steso per terra, solo in mezzo ad una pozza di sangue, ancora denso e caldo, bianco come un lenzuolo. Era troppo tardi, la morte se lo era portato via. - No! No! Ti prego, no! -
Roxelana corse da lui, lasciandosi cadere sulle ginocchia, che cozzarono dolorosamente contro il pavimento. Se ne infischiò del dolore, della ferita che continuava a pulsare e che facendo così, peggiorava le cose. Quella vista, lui, il suo Ibrahim morto, era peggio di qualsiasi cosa le fosse capitato fino a quel momento.
-Amore mio, no! Non tu! Non tu tra tutti, ti prego! Svegliati! - Piangeva, mentre si trascinava verso di lui, distrutta dal dolore, sembrava che le avessero strappato il cuore dal petto. Lo prese, rabbrividendo quando la sua pelle entrò in contatto con quel liquido denso, caldo, dall'odore metallico. Nonostante lei lo avesse stretto fra le sue braccia e continuasse a scuoterlo, a baciarlo sulla fronte, a chiamarlo, lui non rispondeva.
-Oh, sorte maledetta, che cosa ti avrò mai fatto? Che cosa?! Ti sei portata via il mio Ibrahim, l'amore della mia vita e mi hai lasciato un figlio a ricordarlo. Come farò a guardarlo adesso che lui è morto? - Guardò il cielo, inveendogli contro, mentre il corpo freddo di lui le accapponava la pelle. Eppure il suo sangue era ancora caldo e la sua pelle aveva ancora lo stesso odore di qualche ora prima, quando si era staccata dal suo abbraccio e se n'era andata via.
Roxelana urlò, pianse e si dondolò, abbracciando e baciando il corpo senza vita di Ibrahim, sperando con tutta se stessa che, così facendo, avrebbe sentito qualcosa; la sua voce o un lieve battito del cuore o magari un sospiro. Qualcosa era sempre meglio di niente.
Sperava che quello fosse un brutto incubo e che l'uomo che amava non fosse davvero morto. Il dolore la lasciava senza fiato, incapace di pensare lucidamente e in quel momento avrebbe tanto voluto avere qualcosa fra le mani e ferirsi mortalmente.
-Oh, come sei bello. Anche dopo che la morte ti ha rubato così tragicamente la vita, tu hai saputo preservare la tua bellezza. I tuoi capelli neri, le tue belle labbra rosee e i tuoi grandi occhioni cangianti, pieni di vita, che adesso sono vuoti, insignificanti, opachi. Ti ricorderò per sempre, amore mio, mio primo amore. Ricorderò tutto ciò che in questo tempo mi hai dato e non lo dimenticherò. Vivrai per sempre e quando ci rincontreremo, sarà per stare insieme. - Roxelana si asciugò le lacrime, sporcandosi il viso di sangue. L'odore della morte, dell'assassinio, era ovunque. - Perché per quanto si odieranno e litigheranno, non c'è nessun Ibrahim senza la sua rossa e nessuna rossa senza il suo Ibrahim. -
Lo guardò per l'ultima volta, cercando di imprimere tutti i particolari nella sua memoria. I bei lineamenti, i capelli neri sempre fin troppo lunghi e che crescevano sempre velocemente, le ciglia lunghe, le sopracciglia folte e scure, le labbra perfette e morbide, la barba morbida. Il suo modo gentile e passionale di baciarla e quello possessivo delle sue braccia, il modo in cui la sua folta barba le solleticava il viso. Le belle mani eleganti ma callose, la sua altezza, la voce bella e profonda.
Il suo Ibrahim fonte di grande dolore e grande amore.
Si chinò per l'ennesima volta e lo baciò sulle labbra. Flash del loro primo incontro le passarono per la mente, che si sforzò di ignorare, troppo dolore.
-Addio, Ibrahim Pascià, mio amato e mio odiato. -
Si sollevò dal suolo, cercando di ignorare il suo cadavere e corse fuori, lasciandosi cadere per terra, rannicchiandosi in un lato e piangendo. Pianse, pianse così tanto da esaurire le lacrime per le prossime tre vite.
In quel momento le vennero in mente le parole della strega, della maledizione e seppe che tutto ciò era vero, era stata colpa sua, delle sue parole.
“Sarai la sua rovina, la sua assassina, morirà per causa tua. Il vostro bambino sarà maledetto, Roxelana, i tuoi capelli ti hanno macchiata. Piangerai e respirerai sangue fino alla fine della tua vita.”
La prima parte della maledizione si era avverata, cosa sarebbe accaduto a lei e al suo bambino?

*** ***
Qualche ora dopo Selim la raggiunse, non sorprendendosi affatto di trovarla lì e in quello stato. Sapeva non avesse avuto la decenza di controllarsi, l'avevano sentita tutti, ma non sapevano il motivo delle sue lacrime. Non l'avrebbero mai saputo, nessuno, altrimenti sarebbe apparso un vile e un debole.
-Prendete il corpo del Gran Visir e dategli una degna sepoltura. Mia sorella vorrà andare a visitare anche la sua tomba. - Ordinò agli eunuchi, che non si fecero ripetere l'ordine due volte prima di agire silenziosamente. Si voltò verso la moglie e si chinò al suo fianco, scostandole i capelli dal viso. -Hurrem, andiamo nelle nostre camere. Hai dato fin troppo spettacolo per oggi. -
-Perché? Perché lo hai fatto? Era il tuo migliore amico, Selim, un fratello per te! - La rossa alzò lo sguardo, guardandolo negli occhi. Era distrutta dal dolore e per quanto il sultano provasse ancora dell'odio nei confronti dell'ex amico, la compassione e il dolore di vederla stare male lo sopraffacevano.
-Non doveva sedurti. Ha ferito il mio orgoglio e tradito il suo sultano, quando aveva detto... -
-Va bene, non mi importa, poiché qualsiasi motivazione era futile davanti all'uccidere il proprio fratello... A me cosa farai? - Roxelana si alzò, aggrappandosi al davanzale di uno dei balconi. Aveva perso molto sangue e si sentiva sfibrata, non aveva più voglia di vivere, di resistere. - Voglio solo dirti che è stato qualcosa che è cominciato per caso, non avevamo intenzione di ferirti e mi dispiace Selim, mi dispiace, perché io ti amo, ti amo quanto lui, solo che Ibrahim è stato il primo. - Fece un sorriso triste, afferrando la mano che il sultano le  porse, ma prima che lei riuscisse ad afferrarla, perse i sensi, cadendo al suolo.
Selim la sollevò da terra, lasciandole un bacio sulla guancia. La guardò, non riuscendo ancora una volta a provare rancore nei suoi confronti, perché sapeva fosse la verità, sapeva che l'amore che Hurrem provava nei suoi confronti era vero, reale, non frutto di un interessamento politico o di denaro.
Col tempo, si disse, avrebbero dimenticato entrambi. Lei avrebbe dimenticato di aver mai amato Ibrahim e lui avrebbe dimenticato il loro tradimento e di aver ucciso il suo migliore amico, l'amante di sua moglie e il marito di sua sorella.
-A te, mia bella Hurrem, non potrei mai fare nulla, poiché il mio amore nei tuoi confronti è troppo grande, tale da impedirmi di agire contro di te. - Se la sistemò fra le braccia, scomparendo poco alla volta nel lungo e semibuio corridoio di Palazzo Topkapi.
Il destino non aveva ancora terminato di disporre le sue carte, l'ultimo pezzo del puzzle stava andando al suo posto, cosa stava per accadere?
Era la fine o solo l'inizio?

*** ***




Istanbul, 2017.

I rumori della città erano indistinguibili. Automobilisti infuriati suonavano i loro clacson contro il traffico senza pietà, camion si incastravano in vicoli troppo stretti e persone si muovevano velocemente sui marciapiedi, chi telefonando, chi parlando, chi camminando.
La giornata stava finalmente giungendo al suo termine e i lavoratori potevano far ritorno alla proprie case.
Il tramonto era meraviglioso; colorava il cielo di arancione, mentre il sole sembrava essere inghiottito dal Bosforo.
Il cellulare della donna trillava da circa dieci minuti, che ella ebbe a malapena il tempo di controllarsi un'ultima volta allo specchio, prima di afferrare le chiavi del suo piccolo appartamento e la borsetta.
I   capelli ondulati e rossi le arrivavano a malapena all'altezza delle clavicole. Non aveva mai amato i capelli corti, ma voleva cambiare. Le sembrava di portare lo stesso taglio di capelli da secoli!
Non si era truccata, ma aveva usato del semplice mascara per dare un po' di volume alle ciglia ed evidenziare i suoi occhi verdi da cerbiatta. Le lentiggini sul naso e sulle guance, che tanto odiava, erano ancora lì e non sarebbero mai scomparse.
Quel giorno appariva tremendamente pallida, più di quanto lo era di solito; aveva la pelle bianchissima.
Sentiva uno strano senso di nausea all'altezza dello stomaco e non sapeva spiegarne il motivo.
Indossava un paio di jeans stretti e strappati alle ginocchia e una semplice maglietta verde, che le metteva in risalto gli occhi.
Doveva semplicemente uscire con la sua amica Kadir e il fidanzato di lei, Drake, il quale aveva in mente di farle conoscere un ragazzo, poiché non usciva con un esponente dell'altro sesso da molto tempo. Tuttavia dubitava che avrebbe trovato l'amore.
L'appuntamento era al 'Sultan's eye', l'occhio del Sultano, il loro bar preferito. Era lì che lei, Kadir e Drake si erano incontrati ad una festa di carnevale. Loro erano vestiti da pirati, mentre lei da principessa. Le piacevano le epoche passate, per questo studiava Storia e Filosofia all'università.
Quando il telefono trillò un'ennesima volta, Alexandra lo afferrò, portandoselo all'orecchio. La voce di Kadir urlò nel suo orecchio talmente forte, che la ragazza dubitava di avercelo ancora: - Dove cazzo sei? E' da mezz'ora che ti aspetto, muovi il tuo culo da principessa e raggiungici subito! -
-Sto arrivano, Kadir, non urlare. Per poco non ho perso l'udito! - Urlò di rimando la rossa, attirando l'attenzione di parecchie persone, ma l'amica aveva già riattaccato a metà frase.
Percorreva una strada in salita, il sole era quasi del tutto scomparso e c'era uno strano odore di arance nell'aria. Lo stesso che aveva sentito, quando si era trasferita ad Istanbul qualche anno prima. La via sulla sinistra era piena di negozi che vendevano fiori e souvenir per turisti e bar. Sulla destra, invece, c'era un parco con tanto di laghetto, nel quale gli adolescenti e i vecchi passavano i loro pomeriggi in tranquillità.
Il cellulare trillò un'ennesima volta, ma Alexandra lo ignorò. Kadir aveva sicuramente litigato con Drake e aveva bisogno di qualcuno con cui sfogarsi. Quei due litigavano in continuazione, nonostante ciò erano una coppia adorabile e soprattutto si amavano. Si poteva notarlo dal modo in cui si guardavano negli occhi. Erano due anime gemelle, due spiriti affini che si erano trovati e mai si sarebbero lasciati.
Una ragazza stava facendo da guida turistica ad un gruppo di persone e quando le passò accanto, le sorrise. La conosceva perché frequentavano la stessa facoltà, anche se indirizzi differenti. Era una ragazza dal viso comune; aveva  capelli corti, rossi e ricci, labbra grandi e carnose e due occhi castani ovali da folte ciglia e sopracciglia nere, probabilmente il naso era troppo lungo. Era altissima e con qualche chilo di troppo. Era sempre stata molto gentile con lei e la guardava come se sapesse qualcosa su di lei, che Alexandra non sapeva.
-Qualcuno di voi conosce la storia di Hurrem Sultan? - Domandò la ragazza, guardando le facce dei ragazzini in viaggio di istruzione, probabilmente. Non sembravano essere di lì. I ragazzi scossero la testa, incuriositi. - Beh, è stata una donna davvero potente ai tempi dell'impero ottomano. Adesso vi farò visitare alcuni dei suoi monumenti e vi illustrerò la sua storia d'amore con Solimano il Magnifico, per i più romantici fra di voi. -
Alexandra le sorrise, continuando a camminare e guardandosi le scarpe bianche. Andò a sbattere contro qualcuno di alto e duro, un petto massiccio.
-Oh, mi dispiace, non volevo venirle addosso! - La ragazza arrossì, facendo un passo indietro. Era finita di faccia contro il petto di quell'uomo.
-So di essere un uomo affascinante, rossa, ma non c'è bisogno di rovinarmi la giacca, è italiana. Sa quanto costino? - Ribatté l'uomo-giacca-e-cravatta-italiana con voce profonda e irritata. Era alto e non troppo muscoloso, dimostrava di avere circa trentacinque anni. Aveva i capelli folti, ricci e neri e due occhi di un particolare verde-castano con sopracciglia e ciglia folte e nere. Le labbra erano sottili e rosee.
In poche parole l'uomo più bello che la ragazza avesse mai visto. Ma anche il più antipatico; infatti il modo in cui le aveva risposto e il modo in cui la guardava, come se avesse potuto incenerirla all'istante, non erano certo propri di un uomo simpatico, alla mano e cordiale.
-Non lo so, ma non mi sembra il caso di esagerare così tanto. Le ho chiesto scusa. - Disse Alexandra sulle difensive. Aveva assottigliato li occhi e incrociato le braccia sotto il seno per assumere un'aria spavalda.
-Ma lei sa chi sono io, rossa? - Domandò l'uomo duro. Lo odiava già. Tuttavia quando la chiamò così, un brivido le percorse la schiena.
Era strano, ma era come se lui l'avesse già chiamata così in passato, se lo sentiva nella pelle, come una sorta di deja-vu. Aveva un viso familiare.
-Lei smetta di chiamarmi a quel modo, in primo luogo e in secondo luogo, non mi interessa chi lei sia e non voglio saperlo. - Borbottò, mentendo.
Certo che sapeva chi fosse. Si chiama Ibrahim Kristos, era un importante uomo d'affari lì ad Instabul. Lui e il suo fidato amico Selim Mehmetaj,   in pochi anni erano riusciti a creare un impero. Erano partiti dal basso e adesso tenevano in mano tutta la Turchia. Erano praticamente diventati i loro padroni. I telegiornali non facevano altro che parlare di quei due e i giornalisti televisivi facevano a gara per averli in studio. -Le auguro buona giornata, Ibrahim Kristos. -
-Anche a lei, rossa. Ho la netta sensazione che non finisce qui. -
Senza aggiungere altro, Alexandra scrollò le spalle, continuando per la sua strada. La sua sensazione di nausea si era calmata, ma al suo posto si era aggiunto il battito irregolare del cuore. Certo che l'aveva fatta spaventare!
Sentiva gli occhi di Ibrahim puntati sulle scapole e sconfisse con tutta se stessa l'istinto di girarsi.
Quando Kadir la riconobbe, le corse incontro abbracciandola e Alexandra sorrise, quando la ragazza le sussurrò qualcosa di divertente su Drake all'orecchio. Il vento cominciò a soffiare incessantemente, mentre la notte era definitivamente scesa su Istanbul. Ululava come un matto e sembrava sussurrare un nome preciso nell'orecchio di Alexandra.
Un nome che le era appartenuto, un nome che l'aveva identificata in un'altra vita, un nome che le aveva dato un uomo che aveva amato.
Roxelana.
Aveva ragione Ibrahim, si sarebbero incontrate altre volte. Le carte si erano di nuovo posizionate sul tavolo da gioco e i giocatori si era appena incontrati.
La loro storia -  fatta di sangue, passione, dolore e lacrime – era in procinto di ricominciare. Due anime affini si erano incontrate dopo secoli di lontananza e il gioco era appena cominciato.




SPAZIO AUTRICE!
Ed eccoci alla fine di questa storia, dopo circa quattro anni.
Che dire? E' stato un lungo percorso, durante il quale ho avuto modo di legarmi a questi personaggi. Spero che voi li abbiate amati, come li ho amati io, nonostante tutti i loro difetti.
Vi chiedo, adesso che siamo arrivati alla fine, di lasciarmi un parere. Cosa ne pensate? Delusi oppure no? Fatemi sapere tutto ciò che volete, a me fa solo piacere!
Vorrei rigraziare tutti i miei lettori per essermi stata affianco e avermi supportata sempre, mia madre, mia zia Lena, la mia Chiaretta per avermi sopportata ad ogni sclero e ad ogni dubbio.
E se vorrete seguirmi ancora, a me farà molto piacere.
Sul mio profilo trovate il sequel "Rinnegati: Neve e Fuoco" e l'altra mia storia "La famiglia del Diavolo".
Ancora grazie di essere arrivati fin qui.
Anche noi, come Ibrahim e Roxelana, ci vedremo presto xD
Luxanne Andrea xx
   
 
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