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Autore: Rohhh    08/03/2017    0 recensioni
La ventunenne Ashley, dopo essere stata cacciata via da casa da sua madre ed essersi ritrovata completamente sola in una città a lei sconosciuta, ha riscoperto la serenità che cercava nel suo nuovo gruppo di amici, conosciuto grazie al fortunato incontro con Terence, un ragazzo gentile e premuroso e sua sorella minore Michelle, che le ha offerto una stanza nell'appartamento che condivide con altre tre ragazze. Con un lavoro che le permette di mantenersi gli studi che ha sempre desiderato e la vicinanza delle amiche, tutto sembra procedere liscio per Ashley, ma il ricordo del suo triste passato arriva spesso a tormentarla e l'unico che misteriosamente riesce a darle sollievo da quei pensieri è Matt, un ragazzo odiato dai suoi nuovi amici per motivi non ben chiari e considerato da loro come un vero e proprio nemico da cui stare alla larga. Ashley, nonostante sia conscia della fama del ragazzo nel suo gruppo, in un momento di disperazione e debolezza, finisce per cedere e commettere con lui un errore che la perseguiterà e che presto finirà per pagare caro.
Ma, forse, non tutto ciò che sembra perduto per sempre lo è davvero...
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Universitario
Capitoli:
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Cap. 3 Riflessioni, similitudini e altri turbamenti

 

Melissa stava seduta ad un tavolino nella veranda ombrosa della sua casa di campagna.

Attorno a lei il silenzio tipico delle ore successive al pranzo, intervallato raramente dall'abbaiare di qualche cane in lontananza e scandito dal frinire delle cicale nascoste tra le fronde degli alberi secchi.

L'atmosfera era rilassante e la sua concentrazione ne beneficiava per questo aveva il capo ben chino su un enorme libro universitario, troppo grande per le sue mani piccole e sottili che, di tanto in tanto, lo accarezzavano per svoltare pagina.

D'altronde, per essere una 'nanetta' di un metro e cinquantotto, come amava definirsi, era ben proporzionata e non poteva certo aspirare ad avere dita affusolate e gambe lunghe e slanciate.

Di crescere aveva finito da un pezzo. Solo fisicamente però, per il resto c'era ancora da lavorare parecchio.

Un passaggio più complicato degli altri la costrinse ad abbassare di più la testa sul tomo di patologia generale: quella materia la stava facendo impazzire, se la trascinava ancora dopo la fine del secondo anno di medicina ma aveva deciso che era giunto il momento di sconfiggerla.

Non era certo più paurosa di altri pensieri che le vorticavano in testa da un po' e che avevano il volto ben delineato di un ragazzo.

Sottolineò con l'evidenziatore mentre il suo caschetto corto di capelli neri e liscissimi ondeggiò in avanti, lasciandole scoperta la nuca.

Ammiccò gli occhi, che le divennero ancora più piccoli di quanto non fossero già di loro.

Avevano un bel taglio dolce ma niente a che vedere con gli occhi grandi e le ciglia lunghe di Michelle. Il loro colore indefinito, poi, l'aveva sempre odiato: troppo scuri per poter essere etichettati come verdi, troppo chiari per considerarli castani.

Le labbra sottili si mossero, come se stesse parlando da sola, per ripetere quella parte ostica finchè non si ritenne soddisfatta, solo a quel punto si concesse un sospirò sollevato e rilassò le spalle, raddrizzandosi sulla sedia.

Lo squillo del cellulare ruppe il silenzio e la obbligò a scattare e tornare vigile.

Il cuore le fece un tonfo e si sentì talmente avvampare che una sua mano si fiondò automaticamente a tastarsi le guance per constatare se quel calore improvviso non fosse solo un brutto scherzo dell'estate. Era bollente, più di quel pomeriggio di Agosto, e tutto per un breve nome di quattro lettere che lampeggiava insistente sul display.

'Luke è solo un tuo collega universitario, Melissa, solo un collega' provò a ripetersi per calmarsi. Peccato che non risultasse per nulla convincente, su quello aveva ancora da allenarsi.

«Pronto, Luke?» rispose, fingendo indifferenza ma il lieve tremore nel pronunciare il nome del ragazzo la tradì.

«Ciao Mel, come va? Avevo voglia di sentirti!» dichiarò candidamente il moro, pensando bene di mettere subito le cose in chiaro e farle spuntare in faccia un sorriso ebete.

«Qui in campagna si sta bene – gli rispose calma, provando a ignorare la galoppante felicità che quella precedente frase le aveva provocato – e tu, invece? Sei ancora in città?» domandò a sua volta.

«Sì, ma ancora per poco! Domani faccio un salto dai miei, mi fermerò solo qualche giorno, giusto per rassicurarli che sono ancora vivo e vegeto, litigare un po' con le mie sorelle e mangiare qualcosa che non siano panini unti e scatolette di tonno!» scherzò, facendola ridere sommessamente.

«Capisco! Beh, allora divertiti!» gli augurò, dando un'occhiata alla porta di ingresso alla veranda e cercando di mantenere la voce bassa. Odiava essere ascoltata nelle sue conversazioni.

«Contaci! Piuttosto, spero che tu stia facendo lo stesso, non so perché ma ho la vaga sensazione che ti sia già messa a studiare!» le fece notare con tono accusatorio.

«Ehm, beccata! - farfugliò Melissa, mangiucchiandosi l'unghia del mignolo – ma la prendo come una lettura a passatempo, niente di serio!» provò a discolparsi da quello che sembrava un crimine.

Dall'altra parte una risata cristallina risuonò e Melissa, pur non potendo vederlo, riuscì perfettamente a immaginare il sorriso grande di Luke e i suoi bellissimi e ridenti occhi neri che si piegavano all'insù da dietro gli occhiali.

Quanto lo avrebbe desiderato accanto a lei in quella stessa veranda, a ridere e prenderla in giro bonariamente come solo lui sapeva fare! Quanto avrebbe voluto che potesse succedere alla luce del sole e non solo tra le mura fredde dell'università, la loro unica zona sicura, il loro rifugio, la testimone di un sentimento puro e neonato che si stava facendo strada nei loro cuori.

«Cazzo Melissa, è patologia generale non un racconto fantasy! - esclamò quando ebbe di nuovo fiato per farlo – solo tu puoi considerarlo una lettura piacevole, quel libro è persino più grosso di te!» continuò a metà tra il divertito e lo sconcertato. Conosceva fin troppo bene ciò di cui stava parlando, frequentava medicina anche lui e, pur avendo 23 anni e quindi ben due più di Melissa, se la portava ancora intera sul groppone.

Per quella materia nutriva un sentimento di odio/amore: volendo usare una citazione famosa, era stata galeotta per loro due, si erano conosciuti proprio in un gruppo di studio organizzato tra colleghi per studiarla.

«Dai Luke, smettila! - rise Melissa, era innegabile che il ragazzo avesse ragione ma lei doveva difendere il suo spirito da studentessa modello – lo sai che sono fatta così» mormorò, quasi in imbarazzo, dannata insicurezza che la fregava sempre!

«Certo che lo so, se fossi diversa non saresti più la mia Mel» sussurrò alla cornetta Luke, mentre si passava una mano dietro la nuca, tra l'intricata massa di riccioli che la ricoprivano.

Dall'altra parte Melissa si ammutolì per un secondo, la voce del suo interlocutore era stata così dolce da averle anestetizzato ogni paura o incertezza. Solo lui ne era capace e lei non si sentiva così viva da anni, forse non lo era mai stata.

«Già...comunque tra una decina di giorni tornerò in città anch'io, magari possiamo vederci per parlarne, gli esami si avvicinano» disse, mascherando la voglia di incontrarlo con un banale invito a studiare insieme.

«Ovviamente...ti aspetto allora... mi manchi Melissa» confessò Luke infine, rivelando una dolcezza inaspettata, senza riuscire a trattenersi. Fingere, nascondersi, era difficile e pesante e lo diventava ogni giorno di più per entrambi.

Si chiese se mai quella tortura avrebbe avuto fine e se un giorno qualcosa sarebbe cambiato. Nell'attesa non poteva fare altro che aspettare e sperare.

«Mi manchi anche tu» gli fece eco la moretta prima di staccare la chiamata. Sospirò pesantemente e abbassò lo sguardo verso le righe sottolineate del libro.

Chi si fosse imbattuto per caso ad ascoltare quei loro ultimi scambi di battute non avrebbe esitato a pensare di trovarsi di fronte a una coppia innamorata e invece Melissa e Luke non si erano mai nemmeno scambiati un bacio, nè sfiorati.

Melissa sapeva che lui era il migliore amico di Matt e che per questo motivo era malvisto dalle sue amiche ma non aveva il coraggio di ribaltare la situazione. Da quando era uscita dal suo guscio sicuro due anni prima per mettere piede in quella città nuova, loro erano state il suo unico appoggio e combinare un casino era l'ultimo dei suoi desideri.

Dall'altro lato c'era quel sentimento nuovo e forte per lui, che si era intrufolato timidamente quasi per caso e la testa a volte aveva voglia di scoppiare.

«Melissa, tesoro, stavi parlando con qualcuno?» chiese preoccupata la voce di una donna.

Sua madre fece capolino dalla porta, facendola sobbalzare così forte da far stridere la sedia per terra.

«Era solo Michelle al telefono, mamma!» le mentì, sorridendo.

I suoi genitori erano iperprotettivi con lei e la trattavano ancora come se fosse una bambina.

Essere la loro unica figlia avuta in tarda età dopo anni di tentativi e desiderata più di ogni altra cosa al mondo era una responsabilità grossa per Melissa, che da sempre aveva vissuto la sua vita con il terrore di deludere le loro aspettative. Nonostante li amasse moltissimo le doleva ammettere che, probabilmente, era a causa loro che era cresciuta insicura e ansiosa, e quelle caratteristiche, aggiunte alla sua innata timidezza, la rendevano fragile e le impedivano di crescere e maturare in un mondo che spesso la spaventava.

Aveva 21 anni ma tutti la scambiavano per una diciassettenne dall'aspetto e la verità era che Melissa, in fondo, si sentiva ancora bloccata nell'adolescenza, un'età che non aveva vissuto appieno e che pareva tormentarla.

Sospirò, stringendosi nel suo vestito lilla a fantasia floreale, che la faceva sembrare ancora più piccola e le venne in mente Ashley, che divideva la casa con lei da soli due mesi.

Erano coetanee ed entrambe figlie uniche eppure lei sembrava molto più matura, dava l'impressione di chi avesse già dovuto passare tante di quelle cose da portarne i segni addosso e il suo sguardo raramente era sgombro da pensieri. Era introversa ma non timida come lei, che non riusciva a spiccicare parola con chi non conosceva bene e impiegava tempo per prendere confidenza con qualcuno.

Ashley era molto diversa da lei ma Melissa stava pian piano cominciando a sentirla vicina, più delle sue vecchie coinquiline, le piaceva stare in sua compagnia e soprattutto non si sentiva giudicata quando stava con lei.

Erano capitate volte in cui era stata persino tentata di raccontarle di Luke e di ciò che provava, i suoi sentimenti erano diventati un fardello troppo pesante da sopportare e Dio solo sapeva quanto avrebbe voluto una persona fidata con cui confidarsi ma, alla fine, non ci era mai riuscita.

Poggiò il mento sui palmi delle mani e mise da parte per un attimo lo studio: chissà se al suo ritorno avrebbe trovato il coraggio di aprirsi con lei e rivelarle ciò che faceva fatica ad ammettere anche a sè stessa.

 

 

Matt aprì gli occhi con un notevole sforzo e voltò la testa, sprofondata nel cuscino, alla sua sinistra.

La stanza era in penombra ma riuscì a distinguere abbastanza nitidamente i lunghi capelli biondi di Jessica, che dormiva accanto a lui, occupando la metà libera del suo letto a due piazze. Aveva il viso rilassato, il naso all'insù premuto sul guanciale e le labbra piene leggermente dischiuse. Le spalle erano scoperte e nude e un lenzuolo leggero le copriva il seno e la vita, lasciandole scoperte le gambe.

Una fitta di dolore gli attraversò la testa, che sentiva tremendamente pesante, e ricordò.

La sera prima aveva incontrato Ashley, era riuscito a guardare i suoi occhi da vicino e a scambiarci due parole ma poi era intervenuta Michelle che aveva cominciato a dare di matto come suo solito. Non sopportava quando lo additava come se fosse un pezzo di merda quando il motivo per cui lei e Terence lo odiavano in realtà aveva provocato più dolore forse a lui.

Che ne sapevano loro di come si fosse sentito quella volta e del perché avesse dovuto agire in quel modo? Potevano mai conoscere quella sensazione opprimente e soffocante, la pressione psicologica a cui era stato sottoposto per anni dalla sua famiglia, l'impressione di essere in gabbia, di non avere la libertà di scegliere?

Con la testa piena di quei brutti ricordi si era imbattuto in Jessica e dovevano anche aver bevuto abbastanza a giudicare dal suo mal di testa e dal fatto che la ragazza si trovava nuda nel suo letto.

Si sollevò, gemendo appena per il fastidio alle tempie, e cominciò a rivestirsi ma i suoi movimenti destarono la sua compagna.

«Ti alzi di già?» le chiese lei, sollevandosi a sua volta e strofinandosi gli occhi assonnati, senza curarsi del lenzuolo che scivolava via.

Matt non si voltò nemmeno, le diede le spalle e rimase a fissare il pavimento come se fosse turbato, poi continuò a infilarsi la maglietta senza fiatare.

Jessica aggrottò le sopracciglia: non era di certo la prima volta che passavano la notte insieme ma giurava di non averlo mai visto ridotto così male, freddo e distaccato e completamente disinteressato al fatto che accanto a lui ci fosse una ragazza praticamente mezza nuda. Si sentì quasi offesa dal suo comportamento.

«Onestamente non mi sembri uno che ha appena passato la notte a fare sesso con una bella ragazza – lo provocò, sperando di ottenere una qualche reazione che però non arrivò – ho fatto davvero così schifo ieri? Puoi dirmelo se è così, almeno apprezzerei la sincerità» proseguì delusa, mentre raccattava il suo reggiseno e piegava le braccia all'indietro per allacciarselo.

«Non è quello, il problema sono io» mormorò Matt, passandosi una mano fra i capelli e scombinandoseli, ottenendo come risultato di apparire ancora più malmesso.

Non poteva certo dirle che la sera prima si era sentito disperato e perseguitato dai suoi vecchi fantasmi e che, in più, non riusciva a togliersi dalla testa il viso di Ashley che lo guardava con quegli occhi troppo simili ai suoi.

Aveva provato a distrarsi con il sesso, a fare finta di non pensarci ma la verità era che invece di Jessica aveva continuato a vedere quella ragazza dai capelli rossi sotto di lui e per qualche frazione di secondo aveva anche desiderato che ci fosse davvero lei a contatto con la sua pelle, a perdersi insieme a lui. Ne era uscito deluso e per niente appagato e la cosa lo aveva sconvolto non poco.

Jessica nel frattempo si era rivestita, fece il giro del letto e sbuffando si piazzò davanti a lui, con le mani sui fianchi e un'espressione vittoriosa in volto.

«Ho capito che succede! - esclamò e gli puntò l'indice a un palmo dal naso – C'è per caso una ragazza nei tuoi pensieri?» gli chiese con aria maliziosa e finalmente ottenne l'attenzione di Matt.

«Cosa? Ma no! Ieri era semplicemente una serata no» le rispose apatico, massaggiandosi il collo per sgranchirsi.

Non era mica attratto in quel senso da quella ragazzina scorbutica, è che aveva quello sguardo, quel qualcosa che lo incuriosiva. Era solo quello il motivo di tutto.

Le labbra di Jessica si piegarono in un ghigno, si sistemò la gonna a fascia, lisciò i capelli tra le dita, buttandoli poi dietro la schiena e prese posto accanto a Matt, circondandogli le spalle con l'atteggiamento di un amico di vecchia data..

Non amava Matt o perlomeno non più, forse non l'aveva mai amato.

Erano stati assieme un anno e da qualche mese si erano lasciati, anche se la bionda ogni tanto era finita in mezzo alle sue lenzuola. Erano entrambi liberi e sicuri di non provare più niente l'uno per l'altra, non facevano male a nessuno e nemmeno a loro stessi. O almeno fino a quel momento, a quanto pareva.

«Matt, io ti conosco – cominciò la bionda con quella che aveva l'aria di essere una ramanzina, attirandosi una sua occhiata infastidita – non hai mai reagito così dopo una sana scopata e sappiamo benissimo che sta succedendo qui! – fece una pausa per rendere tutto più teatrale, mentre Matt già sbuffava esasperato – le cose sono due, o hai in mente qualcuna o stai diventando gay!» concluse, senza lasciargli altre alternative.

«La smetti di dire stronzate, per favore? Ora se non ti dispiace avrei bisogno di una doccia!» sbottò nervoso, dichiarando conclusa quella conversazione.

Jessica ridacchiò, l'atteggiamento risentito di Matt la diceva lunga e lei aveva già capito la verità ma sapeva che era meglio non insistere oltre, non gli avrebbe cavato nulla lo stesso.

Recuperò le sue cose, le infilò di getto nella borsa e si diresse verso l'uscita, salutando un Matt ancora frastornato che rispose con un grugnito e si infilò in bagno.

Di una cosa poteva dirsi quasi sicura quando varcò la soglia di casa sua per andarsene: non avrebbero più passato la notte insieme, quella era stata l'ultima volta.

Quando quel ragazzo si metteva in testa qualcuna non c'era posto per nessun'altra.

 

 

Ashley si sdraiò a letto dopo pranzo, aveva passato una lunga mattinata di lavoro che però non era stata granchè faticosa.

La maggior parte delle persone aveva abbandonato la città caotica per preferire zone più vacanziere e l'assenza di Carol, anch'essa via da lavoro per una settimana di relax con il suo neomarito, non si era fatta sentire più di tanto grazie ai clienti poco numerosi.

La rossa incrociò le braccia dietro la testa e puntò gli occhi al soffitto, un punto qualunque da sfruttare in realtà per perdersi nei suoi pensieri.

La sera prima era stata alla presentazione del saggio di un amico di Terence e aveva assistito al discorso di apertura che aveva tenuto lui stesso.

Era stato brillante, un giovane e promettente componente delle classi sociali più in vista, come da buona tradizione della sua famiglia. Di certo rappresentava un buon partito per qualunque ragazza e non era raro vederne alcune che gli ronzavano intorno eppure lui pareva nutrire una simpatia spiccata proprio per lei.

Ashley socchiuse gli occhi e si passò una mano sulla fronte, pensierosa.

Dopo la fine della cerimonia Terence si era fermato a parlare con i vari amici e conoscenti ma poi si era diretto verso di lei, che si era nascosta in un angolino, sentendosi troppo fuori posto in quell'ambiente che non era quello semplice e genuino da cui proveniva.

Le si era avvicinato e le aveva sorriso e lei aveva ricambiato, si era congratulata con lui, poi il viso del ragazzo si era fatto sempre più vicino, mentre cercava di farsi sentire in mezzo al vociare confuso attorno a loro, e così anche i suoi occhi e in un lampo nella testa di Ashley erano ricomparsi quelli azzurri e cupi di Matt che aveva visto poco prima, si erano perfettamente sovrapposti e lei non era riuscita più a distinguere il castano caldo di Terence.

Quella visione le aveva provocato un capogiro e aveva perso l'equilibrio, evitando una caduta solo aggrappandosi al suo amico, stringendosi a lui e affondando in un tenero abbraccio.

Era stata costretta a rimanere stretta a lui per riprendersi e si era ritrovata presto le braccia del giovane che le accarezzavano la schiena e risalivano fino ai capelli.

Aveva sgranato gli occhi, con il viso ancora appoggiato al suo petto, per la stranezza di quella situazione che non aveva cercato ma che si era creata per un equivoco, per colpa di quell'impiastro di ragazzo che continuava a tormentarla persino quando era assente.

L'abbraccio di Terence era stato sicuro e confortante ma non più di quello di un amico ed Ashley ebbe paura di avergli dato un'impressione sbagliata, di essere fraintesa.

Si era staccata in maniera brusca e aveva balbettato un paio di scuse senza senso ma fu quando ebbe alzato gli occhi che lesse nel volto di Terence l'espressione di chi, a quell'abbraccio aveva dato un significato forse troppo importante.

Dei colpi alla porta la salvarono dalle sue stesse paranoie, Ashley sobbalzò e si mise a sedere sul letto prima di ordinare a chi aveva bussato di aprire.

«Scusami Ashley non volevo disturbarti, stavi riposando?»

La testa bionda e scapigliata di Beth fece capolino dalla porta, la sua voce era mortificata ma quello che la ragazza non sapeva era che Ashley avrebbe voluto al contrario ringraziarla per aver interrotto il suo riposo per niente sereno.

«Non mi disturbi, entra pure!»

«Grazie! Volevo solo chiederti... ecco, sono un disastro con le valigie, ti andrebbe di darmi una mano, sempre se non hai altro da fare? Ti prego sono disperata!» la supplicò, giungendo le mani a preghiera e mettendo sù un broncio triste che la faceva sembrare una bambina.

Beth era forse la sua coinquilina più strampalata, metà del suo tempo la passava a fantasticare e scrivere storie al limite della fantascienza e l'altra metà a dedicarsi al suo lavoro, quello di grafica ed esperta di computer. Seguiva diversi corsi per perfezionarsi in un ambito in cui era già discretamente esperta, ma ogni tanto collaborava con delle aziende del posto per la programmazione dei loro siti o per la manutenzione dei pc e questo le permetteva di mantenersi autonomamente a soli 20 anni.

Era davvero buffo vederla passare da discorsi in cui faceva sfoggio di termini tecnologici e di una conoscenza informatica notevole, a momenti in cui la si poteva sentire imprecare o lagnarsi per non aver salvato la partita di qualche gioco on line o per aver fallito il record di punteggio per un soffio.

In fondo il suo lato bello era anche quello, l'essere lunatica, il riuscire a conciliare così bene i tanti lati della sua personalità senza che ne venisse fuori un caso umano.

«Certo, arrivo subito!» le rispose Ashley, sorridendo.

La camera di Beth era un vero e proprio campo di battaglia, di certo l'ordine non era una delle sue virtù, evidentemente la sua testolina geniale aveva bisogno di occupare l'intero spazio a sua disposizione per lavorare al meglio.

Ashley strabuzzò gli occhi un paio di secondi, poi si fece largo tra gli oggetti sparsi qua e là e raggiunse la bionda che, coi capelli legati disordinatamente con un grosso fermaglio, si era seduta a gambe incrociate per terra.

«Non riesco a fare entrare tutto! Sono un caso disperato!» piagnucolò, appoggiando la testa sulla spalla di Ashley, che le carezzò qualche ciuffo di capelli ondulati.

«Tranquilla, vedrai che ce la faremo!» la consolò, cominciando a mettere mano a quel caos.

«Mi dispiace lasciarti qui da sola ma questo è uno dei pochi periodi dell'anno in cui posso rivedere la mia famiglia, altrimenti sarei rimasta per farti compagnia» si scusò Beth, mentre tentava di sciogliere i nodi a un mucchio di cavi di chissà quale apparecchio elettronico.

«Ehi, ma scherzi? Non preoccuparti Beth, io credo di essere in grado di sopravvivere a qualche giorno da sola, non credi?» la rassicurò l'amica.

«Sì hai ragione, è che pensavo saresti andata con Terence, sai...voi due mi sembrate molto in confidenza, ormai» azzardò ingenuamente, la scena dell'abbraccio non era sfuggita nemmeno a una sbadata come lei.

Ashley si rabbuiò in volto, non voleva dare quell'impressione all'esterno, non voleva si creasse una falsa apparenza che avrebbe potuto rovinare tutto.

«No, ti sbagli, io e Terence siamo amici ma non più di questo!» si affrettò a chiarire, abbassando gli occhi e concentrandosi sui vestiti da piegare.

«Sì, scusami, non intendevo quello è solo che... - provò a giustificarsi Beth, agitando nervosamente le mani dopo che si fu resa conto di aver invaso troppo la privacy di Ashley, che era sempre molto riservata – beh dimentica ciò che ho detto!»

«Tranquilla, non fa nulla!» tagliò corto Ashey, per evitare di farla sentire in imbarazzo.

«Ieri Michelle era furiosa e persino stamattina! Prima di partire mi è sembrata un po' nervosa, era successo qualcosa per caso?» continuò Beth, cambiando discorso ma intraprendendone un altro altrettanto spinoso.

«Avevamo incontrato quel ragazzo, Matt» le spiegò Ashley, scandendo quel nome con indifferenza.

Beth annuì «Se la prende sempre troppo per lui, le ho detto che se continua così si rovinerà il fegato!» sbottò con rabbia, rischiando di far volare via dal naso i suoi grandi occhiali.

Evidentemente in quella casa Ashley non era l'unica a trovare esagerato e anomalo il comportamento dei due fratelli e soprattutto di Michelle.

Cogliendo l'occasione pensò bene di approfondire l'argomento e chiedere delucidazioni a Beth, che viveva lì da un anno e doveva per forza saperne più di lei.

Si fermò un attimo e voltò la testa verso la sua coinquilina che invece continuava placida a sistemare le sue cose.

«Beth, tu sai per caso come mai Terence e Michelle ce l'hanno tanto con Matt? Insomma, deve aver fatto loro qualcosa di davvero grave per odiarlo a tal punto!» disse finalmente, sperando di risolvere quel mistero.

Beth, però, scrollò le spalle e scosse la testa, deludendola.

«Non so di preciso cosa sia successo tra loro a dire il vero, l'unica cosa che so è che Matt e Terence erano compagni al liceo e che poi lui ha umiliato Terence in qualche modo e così.. beh, è andata com'è andata! - raccontò la biondina – in ogni caso loro esagerano secondo me, saranno passati anni ormai e poi la migliore arma in questi casi è l'indifferenza, non trovi anche tu?» le chiese, alzando gli occhi celesti per incontrare quelli di Ashley, che si erano lievemente accigliati.

«Sì, hai ragione» approvò, si fece seria per un secondo ma poi scacciò definitivamente dalla sua testa tutta quella faccenda, che in fondo non doveva interessarle.

 

 

Matt percorreva la stradina che portava al suo studio fotografico, con le mani in tasca e la sua inseparabile macchina fotografica al collo.

In quei due giorni era arrivato alla conclusione che doveva scacciare l'immagine di quella ragazza dalla sua testa e non permetterle più di interferire con la sua vita, specialmente quella sessuale.

Forse aveva ragione lei, non si conoscevano e nemmeno avrebbero dovuto farlo, la curiosità nei suoi confronti sarebbe svanita di sicuro presto.

I suoi propositi vennero spazzati via in meno di un minuto quando, su una vecchia panchina lungo la strada notó, seduta da sola, proprio l'oggetto dei suoi pensieri.

Ashley era chinata a leggere un piccolo libro, aveva le gambe lasciate scoperte dai pantaloncini corti, una semplice t-shirt addosso e il suo viso non gli era mai apparso così bello come in quel momento.

Era tardo pomeriggio, il sole cominciava a calare verso il tramonto e la illuminava con i suoi raggi aranciati, delineando alla perfezione la sua figura.

I suoi capelli rossi si erano accesi ancora di più, diventando di un arancione quasi irreale, da un lato li aveva bloccati dietro l'orecchio per evitare che la disturbassero nella lettura, lasciando quella metà di viso completamente libera e vulnerabile, il suo profilo lineare spiccava in controluce e gli occhi, i suoi soliti occhi pieni di tormento, stavano abbassati, coperti in parte dalle palpebre socchiuse che le davano un'espressione di serenità e sofferenza allo stesso tempo.

Quella particolare luce, la sua posa morbida, la sfumatura unica dei suoi occhi in quell'istante, tutto apparve meraviglioso e perfetto a Matt, che si innamorò all'istante dell' immagine di quella ragazza, come gli accadeva a volte di innamorarsi follemente di uno scorcio o di un angolo di paesaggio a tal punto da non poter resistere al bisogno di immortalarlo per sempre.

Come mossa da fili invisibili, la sua mano scorse rapida sull'obiettivo della sua reflex, mentre gli occhi rimasero puntati su Ashley, il passo si fece più svelto e in un batter d'occhio, con la bravura che lo contraddistingueva da quando anni prima si era buttato a capofitto nella sua grande passione per la fotografia, si allungò verso di lei e scattò.

Un click, un secondo e quel momento era già passato via.

Ashley si voltò di scatto, attratta da quel rumore e spalancò gli occhi quando capì quello che era successo.

L'espressione che tanto aveva colpito Matt svanì subito e venne sostituita da una smorfia di stizza.

Matt sospirò ma sorrise, dopotutto gli attimi unici erano tali proprio perché duravano un soffio e solo i più bravi riuscivano a coglierli.

«Si può sapere che diavolo fai? Cosa sei, una specie di maniaco?» sbottò, rossa in viso e con i muscoli tesi e pronti a scattare se ce ne fosse stato bisogno.

Possibile che quel ragazzo doveva sempre sembrarle strambo più che mai? Che problemi aveva?

«Tranquilla, per tua fortuna sono solo un fotografo. Catturare immagini è il mio mestiere, non volevo certo usarla per scopi osceni, non ne ho mica bisogno» cercò di calmarla senza guardarla, troppo impegnato a controllare la riuscita della foto che aveva appena scattato.

«E ti sembra normale andare in giro a fotografare la gente a sua insaputa?» continuò a sbraitare Ashley, sempre più sconvolta dalla sua aria tranquilla e per nulla scomposta.

«Eri bellissima, scusami – confessò apertamente, lasciandola senza parole per un attimo – non riesco a resistere, quando vedo un'immagine che mi attrae devo fotografarla, è un vizio del mestiere!» rise, sembrava sincero ma Ashley non voleva sentire ragioni e non era certo tipo da farsi incantare da un complimento a caso.

«Non mi interessa quello che fai, esigo che cancelli subito quella foto, non mi va che la mia faccia finisca chissà dove!» gli ordinò balbettando, ancora un po' scossa per quella situazione assurda.

Matt le si avvicinò e si sedette accanto a lei, facendola irrigidire e sbuffare, poi si sporse e le accostò la macchina fotografica per permetterle di vedere quel capolavoro.

«Sai, è un peccato cancellarla. É venuta davvero bene, guarda tu stessa» le propose.

Ashley guardò gli occhi di lui, chiari e vicini e i capelli, resi dorati dal sole che tramontava e che gli erano ricaduti in avanti, coprendogli la fronte mentre stava abbassato per mostrarle la foto, e per l'ennesima volta si chiese che cavolo ci facesse con lui quando doveva tenersene a debita distanza.

Poi, quando stava per alzarsi e andare via, lo sguardo le cadde su quella foto: era stupenda e il suo viso era ritratto al naturale, carico di espressività e di quella tristezza che non la lasciava mai.

Deglutì troppo rumorosamente mentre un nodo alla gola le si formava e le impediva di respirare regolarmente.

Dunque era così che appariva all'esterno a chi la guardava, era questo il suo aspetto reale.

«A me non piace così tanto, non voglio vederla, cancellala!» mormorò con un fil di voce.

Matt la guardò e la sua fronte si contrasse lievemente.

«Ne hai paura perché qui si vede la vera te – sussurrò a sua volta, avvicinandosi al suo orecchio e facendola sussultare – e tu non l'hai ancora accettata, la rifiuti, non è così?»

Ashley tremò appena, c'era troppa verità nelle parole di quel ragazzo che sembrava conoscerla bene e che la terrorizzava.

«Ti prego, cancellala» gli chiese quasi come una supplica, con la voce rotta e senza rispondere alla sua domanda.

Matt riguardò la foto, non sapeva se una bellezza simile si sarebbe ripresentata ma capiva quando era il momento di mettere da parte il suo egoismo fotografico per lasciare spazio a qualcosa di più importante.

Con un movimento rapido del dito premette un tasto e quel fotogramma sparì per sempre.

«Fatto, visto? - esclamò, mostrandole la macchina – l'ho cancellata, è sparita, sei più tranquilla adesso?»

Ashley lo guardò accigliata ma sospirò rilassandosi, gli annuì con un semplice cenno del capo.

«L'ho fatto solo perché sono sicuro che prima o poi mi permetterai di ritrarti di nuovo!» affermò, ritornando il solito ragazzo sfacciato e sicuro che per un attimo si era eclissato.

Ashley ne aveva abbastanza adesso, dopo quella strana parentesi si ricordò chi aveva di fronte, il loro nemico.

Chiuse con un tonfo il libro che teneva in grembo e si alzò di scatto.

«Ma insomma, è così difficile lasciarmi stare?» gli urlò contro, serrando i pugni ben piantati lungo i suoi fianchi.

Matt la osservò muto, una sfumatura di delusione gli attraversò gli occhi e per una frazione di secondo Ashley parve accorgersene e fu per quello che abbassò il tono, dopo.

«Non c'è quasi più nessuno in città, tu non torni a casa per le vacanze?» gli domandò in tono provocatorio, la città si era svuotata ed era incredibile che dovesse incontrarlo anche in quei giorni, era una coincidenza che la snervava perché più Matt la rendeva nervosa con la sua presenza, più il destino sembrava fare di tutto per farli incrociare.

«Io non ho più un posto in cui tornare»

La voce mesta ma dura di Matt la colpì come una coltellata al petto.

Quelle parole le appartenevano più di ogni altra cosa al mondo, rappresentavano il riassunto di come si sentiva costantemente da qualche mese, la sintesi di ciò che era la sua vita.

Se non fossero uscite dalla bocca di Matt, che adesso stava improvvisamente ad occhi bassi a fissare l'asfalto, avrebbe potuto giurare di averle pronunciate lei stessa, così come le aveva pensate poco tempo prima quando Carol le aveva posto la stessa identica domanda.

Si era spesso lamentata della facilità con la quale la gente ponesse domande all'apparenza banali senza sapere quanto male potessero procurare in realtà e lei aveva finito per fare la stessa cosa.

Anche lei non aveva più un posto dove fare ritorno, non aveva più una famiglia, delle origini.

Non aveva idea di cosa si nascondesse dietro gli occhi di quel ragazzo ma dopo quella frase pronunciata a bassa voce con dolore lo sentì di colpo vicino, simile.

Era forse per quello che lui sembrava comprendere le sue sfumature nascoste più di chiunque altro?

Mosse qualche passo verso Matt, senza neanche accorgersene.

«Nemmeno io» mormorò in un soffio.

Matt si girò a guardarla sorpreso, probabilmente anche per lui quelle poche parole erano state come un'illuminazione.

La strana attrazione verso Ashley trovava finalmente una spiegazione che andasse oltre le semplici sensazioni che gli scorrevano lungo il corpo al solo guardare i suoi occhi.

Una vicinanza, una similitudine che saltava fuori solo ora ma che le loro anime forse avevano già colto molto prima.

Si sa che la ragione a volte arriva in ritardo.

Forse non era così pazzo come credeva.

Un sorriso accennato comparve sulle labbra del ragazzo, Ashley sollevò la testa esitando, imbarazzata per l'essersi spogliata davanti a lui di qualcosa che non aveva mai affermato a voce alta e Matt, il più sbagliato di tutti, era stato il primo a sentirlo.

Si tormentò le mani nervosamente e un tremore l'avvolse: era una sensazione fortissima ma anche liberatoria e lentamente si sentì più leggera e libera da quei pesi, quasi svuotata e tutto solo grazie a quella confessione.

«Alla fine qualcosa in comune sembra proprio che ce l'abbiamo» asserì finalmente il biondo, dopo quegli interminabili minuti di silenzio.

Ashley non rispose ma nemmeno si allontanò, il suo sguardo era confuso ma più amichevole, adesso.

Matt si abbassò per riporre la sua macchina fotografica nella custodia, lei non mosse un passo, sembrava essersi pietrificata, come in attesa di qualcosa.

Rimase immobile ad osservare ogni piccolo movimento delle mani del ragazzo, che abilmente e con cura conservava lo strumento del suo lavoro, poi seguì la sua schiena che si raddrizzava e lo fissò in viso: era bello e pericoloso come il peccato ma c'era qualcosa che continuava a spingerla verso di lui.

«Ti va di prenderci un ghiacciolo?» le propose, allungando una mano verso di lei.

Ashley sollevò un sopracciglio per lo stupore. Le veniva quasi da ridere per quella proposta un po' infantile ma si trattenne.

«Un ghiacciolo?» ripetè con aria stranita.

Matt non si scompose, nè accennò a cambiare invito.

«Sì, un ghiacciolo, è estate se non te ne sei accorta» le fece notare sorridendo, quasi la stesse prendendo in giro amichevolmente.

«Lo so che è estate!» ribattè Ashley, orgogliosa come sempre e cercando di cadere in piedi.

«E quindi, che ne dici? Vieni o no?» le domandò per la seconda volta, porgendole di nuovo la mano.

Ashley la guardò, migliaia di pensieri le passarono per la testa tutti in una volta ma alla fine allungò il braccio e strinse la mano di Matt, la sentì avvolgere la sua saldamente e tirarla a sè piano, facendole muovere qualche passo.

La loro stretta durò solo quell'attimo e poi si sciolse in fretta ma con quel semplice gesto Ashley capì di aver suggellato una pericolosa intesa che non aveva idea di dove l'avrebbe condotta e al momento nemmeno le importava.

 

 

  
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