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Autore: J o k e r_    08/03/2017    3 recensioni
[AU][Viktuuri][Yuuri!Pianista, Viktor!Violinista][Rating a salire]
"Continuava a ripensare alla chiamata che aveva ricevuto, qualche giorno prima, dal suo migliore amico, Pichit Chulanont. Avevano parlato per un'ora buona del più e del meno, dopotutto erano già passati due anni dall'ultima volta che si erano visti, e poi dal nulla era venuta fuori la fatidica domanda.
"Suoni ancora, vero?"
No, avrebbe dovuto rispondergli, il concerto dell'anno scorso è stato un tale disastro che ho deciso di abbandonare definitivamente la mia carriera da pianista, e invece aveva asserito, dicendogli che sì, suonava ancora, quando in realtà non toccava da mesi il suo pianoforte.
Il padre di Pichit, che era il proprietario di un'importante catena di ristoranti in Thailandia, era stato infatti contattato da un suo collega francese, imprenditore, e che aveva organizzato una serata di beneficenza, per cui aveva ingaggiato diversi musicisti.
Ovviamente il ragazzo non aveva minimamente esitato a chiedere al padre se l'imprenditore stesse cercando anche un pianista, ed era stato proprio così che il suo nome era venuto fuori. E Yuuri aveva accettato."
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Un po' tutti, Victor Nikiforov, Yuuri Katsuki
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Terzo capitolo


III. Adagio



Yuuri in quel momento stava provando troppe emozioni allo stesso tempo per poter essere abbastanza lucido da protestare.
Posso parlarti in privato?
Aveva annuito senza neanche pensarci due volte.
Le dita di Viktor si erano strette con appena più decisione attorno al suo polso e l'aveva condotto via dalla sala, da quella folla scalpitante; due minuti più tardi si era trovato su una terrazza di cui non sapeva neanche l'esistenza.
Ad essere onesti, non ricordava neppure la strada fatta per arrivare lì.
C'era solo Viktor in quel momento, Viktor e quella dannatissima mano che non aveva lasciato la sua neppure per un istante durante il tragitto.
Fu la vista della città a riportarlo alla realtà: si trovavano abbastanza in alto da riuscire perfettamente a vedere la torre Eiffel.
Era bella Parigi; sembrava un'immensa distesa di luci e colori, sempre in movimento, quasi non vi calasse mai la notte.
Mai nella sua vita, senza contare il suo attuale stato di disoccupazione, si sarebbe potuto permettere una camera in un albergo come quello dove si trovavano adesso.
Viktor parlò,
spezzando il momento di trance in cui il pianista era momentaneamente caduto.
«Finalmente soli! Non potevo sopportare più quel vociare.»
«Già.» gli rispose, ancora rivolto al panorama. «Volevi parlarmi?»
«Sì, in verità.»
Spostò lo sguardo su di lui e l'ansia tornò a divorarlo.
«Vedi, Yuuri, sono ormai tre anni che suono con l'orchestra di San Pietroburgo, e ad agosto scadrà il contratto che mi lega a loro. Vorrei riprendere a suonare da solista, e mi piacerebbe se ti unissi a me come pianista accompagnatore.»
Oh Dio.
Aveva sentito bene? Aveva davvero detto quelle parole?
Pianista accompagnatore.
Stava certamente sognando, perché Viktor Nikiforov in persona lo voleva al suo fianco.
Strinse le dita sul parapetto dietro di lui, sicuro che le sue gambe fossero diventate molli e incapaci di reggerlo a dovere.
«Ma... ma perché io?» chiese, ancora sconvolto. «Insomma, ci sono migliaia di pianisti con più esperienza di me che potresti-»
«No! No, Yuuri, tu non capisci.»
Il russo rise e gli si avvicinò con un paio di passi veloci fino a trovarglisi di fronte, fece come per prendergli il viso tra le mani, ma infine le posò sulle spalle, stringendole appena.
Yuuri si fermò a pensare che non fosse umanamente possibile provare tante emozioni contemporaneamente: paura, ansia, eccitazione, curiosità, insicurezza, speranza. 
Fu quando Viktor gli sorrise che il suo cuore si sciolse completamente. Poteva morire, lì ed ora.
Paziente n. 66: Yuuri Katsuki.
Ora del decesso: 22:34
Causa: arresto cardiaco.
No, l'unica cosa assolutamente inumana lì in mezzo era sicuramente il violinista.
«È... complicato. Vedi, Yuuri, io non ho mai suonato con gli altri... Nel senso che mi vengono date solo parti da solista, non suono mai con il coro di violini. So bene che il mio è solo il capriccio di un violinista anche troppo famoso ma... non mi piace, lo detesto. Io...  mi piace fare di testa mia, cambiare il brano sul momento, improvvisare, e con l'orchestra tutto questo non è possibile. Odio far parte di quel maledetto coro.»
«Allora come mai ti sei unito a loro?»
«Mi serviva un posto fisso in attesa di comporre il nuovo album, ma è stata la decisione peggiore della mia vita.» ammise con un sospiro. «Mancano solo tre mesi, poi tutto sarà finito e potrò dedicarmi nuovamente alle mie composizioni, e per farlo vorrei te.»
«Scusa, Viktor, ma continuo a non capire: perché proprio io?»
«Perché, ieri sera, Yuuri, è successo qualcosa che non mi capitava da molto tempo: suonare con qualcuno. E non intendo l'averti avuto fisicamente accanto, ma mi riferisco al suono del pianoforte che si univa impeccabilmente a quello del mio violino. Io ho dettato i ritmi e tu mi hai seguito immediatamente, senza fiatare, e ancora prima, mentre tu suonavi da solo, unirmi a te mi è sembrata semplicemente la cosa più semplice da fare. Mi sono divertito. Non mi capitava da molto, molto tempo ormai.»
Yuuri restò a bocca aperta per qualche istante, cercando di analizzare mentalmente il significato di quelle parole.
«È per questo che non posso, non voglio scegliere l'altro migliaio di pianisti. Voglio te.»
Non stava sognando, no, davvero. Viktor era serio, lo voleva davvero con lui in Russia.
Si sentì improvvisamente l'uomo più fortunato della terra: la sua cotta più grande gli aveva appena esplicitamente detto di voler lavorare con lui.
Di voler suonare con lui.
«
E poi hai arrangiato uno dei miei pezzi più famosi, insomma... mi sento onorato.» scherzò «Era stupendo, Yuuri. La tua versione di Eros era davvero meravigliosa.»
Per una vita aveva osservato e ascoltato in religioso silenzio i concerti del russo, sognando di prendere il posto di quei pianisti che avevano avuto l'onore di accompagnare Viktor. Sognando che un giorno quello sgabello e quello Steinway sarebbero stati suoi.
E ora aveva quell'opportunità proprio lì, davanti a lui, e voleva rispondere che sì, voleva stare, suonare con Viktor, seguirlo a San Pietroburgo, ma tutte le conseguenze e le difficoltà che quella risposta avrebbe comportato lo colpirono in petto come una cannonata.
Si sarebbe dovuto trasferire in Russia, un paese sconosciuto, senza sapere come mantenersi, perché Yuuri era un adulto, disoccupato, e assolutamente non intenzionato a chiedere aiuti economici ai suoi genitori, che avevano fatto già tanto pagando - in parte - la sua lunga permanenza a Detroit.
L'album avrebbe richiesto tempo e duro lavoro, e i profitti non sarebbero giunti abbastanza velocemente da assicurargli in qualche modo una certa stabilità economica.
Avrebbe potuto suonare nei locali, magari, come aveva fatto in America del resto, ma, a differenza dell'inglese, Yuuri non conosceva per nulla il russo.
«Allora, che ne dici?»
«Io...»
No.
Per una volta che la fortuna sembrava voler venirgli incontro, ecco che anche quell'unica speranza si eclissava.
«Sarebbe troppo complicato, non avrei neanche un posto dove alloggiare o lavorare...»
La fronte del russo si corrugò per un attimo, segno che stava riflettendo, poi il suo viso si rilassò nuovamente.
«Puoi stare da me finché non trovi un altro posto, e al teatro dove provo con l'orchestra avranno sicuramente qualche occupazione per te!» ribatté.
Avrebbe vissuto con Viktor.
Finché non trovi un altro posto.
In tal caso si sarebbe fatto bastare il breve periodo di convivenza.
Le mani del violinista si strinsero attorno alle sue, docilmente. 
«Ti prego, Yuuri.»
Una piccola parte della sua coscienza cercava ancora di farsi valere contro il suo istinto, e convincerlo a non accettare.
«Ci penserò.»
Viktor sospirò.
«Hai ragione, scusa, ti ho messo pressione. D'altronde, come ho detto prima, mancano ancora tre mesi. Magari potremmo scambiarci i numeri di telefono? Così puoi contattarmi non appena prenderai una decisione. Io tornerò a San Pietroburgo domattina e penso che tu farai lo stesso, per cui dubito ci rivedremo nuovamente...» disse infine con un sorriso.
«Già...»
Il russo digitò qualcosa, la luce dello schermo illuminava il suo volto.
«Ecco, tieni, inserisci il tuo numero.»
Prese dalle sue mani il cellulare e fece quanto richiesto, riporgendoglielo qualche secondo più tardi. Yuuri non esitò a fare lo stesso.
«Otlichno! Detto ciò, credo sia il caso di tornare dagli altri, si staranno chiedendo che fine abbiamo fatto.»
«Sì, è vero.» rispose, portando una mano dietro il collo per grattarsi svogliatamente la nuca.
Viktor gli diede le spalle e s'incamminò per primo, facendo strada; sembrava conoscesse piuttosto bene l'albergo, e probabilmente non era la prima volta che alloggiava lì.
Nel ristorante, intanto, il quartetto jazz stava ancora suonando, e l'attenzione dei commensali era totalmente rivolta al loro cibo, più che alla musica.
Pichit, in un angolo, stava conversando con alcuni dei musicisti che avevano suonato con lui, ma gli rivolse un'occhiata complice non appena lo vide fare il suo ingresso in sala, al seguito di Viktor.
Gli aveva fatto l'occhiolino due volte: era il loro segnale per dire "devi raccontarmi tutto in ogni singolo dettaglio".
Perlopiù, Pichit lo aveva utilizzato ogni volta che Yuuri si era presentato nel loro appartamento con qualche ragazzo, e prima di lasciare la casa con qualche scusa per poter dare al giapponese un po' di intimità quel muto segnale non era mai mancato.
Yuuri, dal canto suo, non lo aveva mai usato spesso. Non gli era mai veramente interessato conoscere le avventure sentimentali del suo migliore amico, che invece era sinceramente preoccupato per le sue, di esperienze romantiche (nonostante nessuna fosse mai andata a buon fine).
Rispose al cenno del thailandese e si rivolse a Viktor, dicendogli brevemente che era stanco e voleva ritirarsi.
«Già a letto? Così presto?»
«È stata una giornata intensa.» si giustificò.
Il violinista lo guardò in silenzio per qualche secondo.
«Beh, spero con tutto il cuore che penserai alla mia offerta, Yuuri.»
Prese la mano destra del ragazzo tra le sue e, davvero, Yuuri voleva solo sparire sei metri sotto terra in quell'istante.
«È stato un piacere fare la tua conoscenza.»
«A-Altrettanto.»
Viktor lasciò la sua mano e quello segnò il loro congedo.
Guardò in direzione di Pichit, poi fece ritorno nella sua stanza.

_______________________________________


Il viaggio di ritorno fu stancante, ma non quanto la partenza per Parigi.
Dormì un paio d'ore, ne trascorse altre due a leggere e per il resto del viaggio cercò di fare conversazione con l'anziana signora che gli stava seduta accanto.
Si trattava di una donnina educata, minuta, dal forte accento francese, che gli raccontò di come aveva programmato la sua permanenza in Giappone e di quanto fosse emozionata.
Ascoltò in silenzio quella vivace ottantenne, sorridendo genuinamente nel sentirla parlare; del resto, non aveva di meglio da fare.
Pensò a lungo a Viktor; un paio di volte, addirittura, ricontrollò la sua rubrica telefonica per dirsi che sì, aveva davvero avuto il suo contatto, e sì, quello nella foto profilo di WhatsApp era proprio Viktor Nikiforov in persona col suo cane.
Se avesse mantenuto il suo scetticismo fino alla fine e non avesse accettato l'offerta di Pichit, la sua vita sarebbe probabilmente diversa.
Sarebbe rimasto ad Hasetsu, con la sua famiglia,  avrebbe aiutato sua sorella a servire ai tavoli, suo padre con la manutenzione delle terme, o forse avrebbe trovato lavoro in qualche locale piano bar.
Tornare a terra, respirare l'aria di casa sua fu un gesto semplice che tuttavia lo tranquillizzò profondamente, e bastò a infondere un po' di calma nel suo animo turbato.
Quando finalmente uscì dall'aeroporto di Fukuoka, non riuscì a trattenere un sorriso nel vedere la sua insegnante di piano con un ridicolo striscione rosa che gli faceva segno.
«Yuuri!»
«Minako-sensei!»
Minako Okukawa era una delle donne più brillanti che Yuuri conoscesse.
Aveva iniziato a studiare pianoforte quando aveva appena cinque anni, e in men che non si dica era diventata una vera e propria celebrità internazionale, quasi al pari di Viktor. Nonostante il suo carattere un po' severo e il suo problemino con l'alcool, Minako era una delle persone a lui più care.
Un genio della musica la cui carriera era stata stroncata prematuramente.
A soli ventidue anni la sua infiammazione al tunnel carpale nella mano sinistra era gravemente peggiorata, e aveva dovuto lasciare la sua carriera da musicista.
Fu qualche anno più tardi che la conobbe, quando era un docile bambino di dieci anni, ansioso di apprendere l'arte di quello strumento tanto imponente quanto affascinante.
La donna fu più veloce di lui e lo stritolò in un abbraccio non appena furono abbastanza vicini.
«Bentornato, Yuuri! Sei mancato molto a tutti!»
«Grazie, è un piacere vederla. C'è solo lei?»
«Sì, l'onsen è piuttosto affollato e i tuoi genitori hanno chiesto se potessi venire a prenderti io.»
«Sono spiacente per il disturbo.»
«Oh, figurati! E poi voglio sapere com'è andata a Parigi. Raccontami tutto!»
Yuuri sorrise e la seguì fino al parcheggio, raccontandole durante il tragitto di alcuni particolari sul viaggio e l'hotel in cui aveva alloggiato.
Fu solo quando entrarono in auto e il motore partì che si lasciò sfuggire un flebile:
«Ho incontrato Viktor Nikiforov.»
«Cosa?! Davvero?! Yuuri ma è fantastico! Non è il tuo musicista preferito?» 
«Già...»
Si torturò le mani, improvvisamente nervoso.
«Beh? Com'è?» chiese maliziosa.
Minako sapeva che Yuuri era gay, anche se non gliel'aveva mai detto esplicitamente, ma da anni ormai lo sospettava.
«Suona davvero bene.» rispose evasivo, ma la donna non mancò di notare il rossore che colorì le guance del suo allievo dopo quella domanda, e decise di non insistere ulteriormente, sebbene volesse qualche dettaglio in più.
«È davvero l'uomo più sexy del 2016 come dicono i giornali?»
Yuuri sembrava andare a fuoco.
«È un bell'uomo.» assentì brevemente.
L'insegnante gli lanciò un'occhiata di sfuggita e poi tornò a concentrarsi sulla strada davanti a sé.
Per un periodo calò il silenzio nell'automobile, finché Yuuri non parlò.
«Mi ha chiesto di andare a suonare con lui in Russia.»
E per poco Minako non rischiò di scontrarsi con la macchina davanti alla sua.
«Che cosa?! Yuuri ma è fantastico! Tu devi preparare i bagagli, è l'occasione di una vita! Diventerai famoso, lavorerai col tuo idolo! Certo la Russia è un po' fredda ma puoi abituartici ne sono cert-» strillò euforica.
«Io non parlo un'acca di russo, Minako!»
«A chi interessa se non parli russo, devi suonare, non parlare, idiota!»
«E se non trovassi un lavoro?»
«Yuuri tu sei un pianista eccezionale, certo che troverai un lavoro. E poi scommetto che i tuoi genitori saranno più che disposti ad aiutarti economicamente nei primi tempi, no? I tuoi genitori lo sanno, vero?»
«No, devo ancora parlargliene.» ammise il minore, grattandosi la nuca. «E comunque non dovrei partire subito, il suo contratto con l'orchestra scade ad agosto, dovrei aver tempo fino all'inizio di settembre.»
La donna lo ascoltò, meditabonda.
«Fino ad allora ti interessa racimolare qualche soldo veloce?»
«Uhm?»
«Te ne avrei parlato non appena ti fossi sistemato meglio a casa, ma Yuuko mi ha fatto sapere che alla scuola di Hasetsu stanno cercando un maestro di musica per dei corsi pomeridiani. Sia estivi che curricolari. Certo, ti sarà ovviamente impossibile durante l'anno, ma almeno impiegheresti questi tre mesi in qualcosa di produttivo. Si tratta di tre lezioni da un'ora a settimana, e la scuola è disposta a pagare di più se puoi tenere corsi su più strumenti. Sbaglio o sai suonare anche la chitarra?»
Yuuri annuì.
«Ho imparato da un amico a Detroit, quando convivevo con Pichit. Non sono un professionista, ma non me la cavo tanto male.»
«Chitarra e pianoforte, ottimo no? Certo, non sarà una paga altissima, ma almeno puoi iniziare a mettere da parte qualcosa.»
Riflettendoci, non era nulla di particolarmente complicato, insegnare dei bambini a suonare non poteva essere di certo catastrofico.
«Parlerò con Yuuko della cosa, ti ringrazio per avermelo detto.»
Minako non rispose, si limitò a sorridere.
Trascorse un altro quarto d'ora di silenzio, prima che lei esordisse con un "Siamo arrivati". Aiutò il ragazzo con il suo unico bagaglio - «Yuuri, pesa quanto una montagna questa valigia, che diavolo ci hai messo dentro?» - e poi si accomodò nella sala da pranzo dell'onsen senza troppe cerimonie, chiedendo da subito una bottiglia di saké, mentre il suo povero allievo veniva invaso dalle domande dei suoi genitori e dei pochi clienti presenti oltre a lei.
Dal suo canto, Yuuri si trovò intrappolato tra sua madre e sua sorella.
La prima voleva sapere come fosse andato il viaggio, la seconda invece, senza pietà, gli diede una lista di lavoretti e mansioni da svolgere.
Si ritrovò a sbuffare nonostante avesse rimesso piede all'onsen da neanche cinque minuti, ma, come si dice, casa dolce casa.





Note dell'autrice:

Lo so, sono una disgraziata, nelle eventuali recensioni siete autorizzati a prendermi a parole, tranquilli.
È stato un brutto periodo, sono stata spesso sotto stress e questo capitolo non doveva fermarsi all'arrivo di Yuuri ad Hasetsu, ma un po' per non farvi attendere oltre, un po' per restare in linea col numero di parole dei precedenti capitoli, ho preferito postarlo ugualmente.
Che dire? Stanno facendo piano pianino tutti quanti la loro comparsa. In realtà non succede davvero molto, è un capitolo di passaggio, e così sarà anche il prossimo - che spero di pubblicare entro luglio, magari - ma vi prometto che dal capitolo cinque le cose inizieranno a smuoversi, soprattutto per i nostri dolci piccioncini ♥
Vi anticipo che sarà tutto molto lento, Yuuri e Viktor soffriranno, ma poi staranno bene(?)
EEEE niente, non so cos'altro aggiungere.
Chiedo ancora scusa per l'immenso ritardo, e cercherò di pubblicare quanto prima - se se, non mi crede più nessuno ormai - il prossimo capitolo ;_;
Ringrazio tutto il pubblico che mi segue silenziosamente e quelle splendide personcine che hanno commentato il capitolo precedente ♥
Leggere i vostri commenti mi ispira sempre un sacco ♥ Vi amo ç_ç
Se volete farmi sapere cosa ne pensate della storia, se avete domande, curiosità o altro potete scriverle in una recensione o un messaggio privato ;)
Io vi saluto, gentaglia!

With love,
your Joker ♥
 


















  
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