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Autore: scarletredeyes    09/03/2017    2 recensioni
Un tentativo fallito di dichiararsi alla persona che gli piace e Hayden dovrà fare i conti con qualcosa... o meglio qualcuno che prenderà la sua vita mettendola completamente sottosopra.
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Storia nata come one-shot e leggermente ampliata.
Genere: Fluff, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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DEAR FRIEND,

WELCOME TO THE GAME OF MASTER AND SERVANT



Dean se ne stava seduto al tavolo della sua caffetteria preferita con la faccia, tremendamente annoiata, poggiata sui palmi delle mani, mentre aspettava di vedere Hayden, o come diavolo si chiamava, arrivare. Lo aveva telefonato solo poco prima per dargli appuntamento ed essendo solamente le nove di domenica mattina, non poteva nemmeno biasimarlo troppo per quel ritardo mostruoso. Non capiva ancora fino in fondo cosa lo avesse spinto ad accettare quel compromesso che lui, in partenza, non aveva alcuna intenzione di rispettare, costringendo sé stesso – tra l'altro controvoglia – a dover avere a che fare con un altro essere umano.

Forse lì per lì aveva pensato che fosse una buona idea ricattare quel disastro con le gambe per farlo diventare il suo schiavetto personale, un modo alternativo alle umiliazioni pubbliche, ma altrettanto divertente; un passatempo meschino di quelli che piacevano a lui, però la verità era che non aveva la più pallida idea di come quel marmocchio potesse anche solo lontanamente rendersi utile ai suoi scopi. Forse invece era stata semplicemente la determinazione che Hayden aveva dimostrato ad incuriosirlo o, forse, ancora vibrava la necessità di scoprire qualcosa in più sull'autore di quella lettera che continuava a martellargli il cervello. Per la prima volta in vita sua, pensava di provare seriamente un insensato interesse per qualcuno che non fosse lui stesso. Fatto stava che ormai si era trascinato da solo in quel ballo e, seppure gli costava parecchio ammetterlo, voleva vedere fin dove sarebbe arrivato e cosa ne sarebbe venuto fuori.

Dovette comunque aspettare altri dieci minuti buoni prima di sentire la campanella del locale tintinnare e osservare quello spaventapasseri affacciarsi nel locale muovendo la testa a destra e a manca per cercarlo. Dean inarcò entrambe le sopracciglia sbuffando, coprendosi contemporaneamente il volto con una mano, mentre in faccia gli si dipingeva un'espressione che urlava “perché proprio a me!?”. Aveva quasi vergogna di fargli segno affinché si avvicinasse al tavolo. Più lo guardava e più non riusciva a concepire come certa gente fosse del tutto carente di quello che si definisce senso estetico. Hayden oltre a essere decisamente troppo magro per i suoi gusti, aveva sempre una certa aura troppo... imbranata ad aleggiargli intorno, il che serviva solo a mettere di più in risalto tutto ciò che proprio non andava. Non capiva sul serio come facesse ad andare in giro con quei vestiti così indescrivibili e scialbi, accozzati insieme senza un minimo di logica. Nemmeno se avessero chiesto a qualcuno di bendarsi e pescare abiti a caso dall'armadio questo sarebbe riuscito a replicare quel miscuglio informe e abbondante di almeno tre taglie! Poi quegli occhiali così ingombranti e quei capelli che non andavano di moda nemmeno negli anni di sperimentazione più feroce erano quello che lui amava definire un pugno in un occhio. Ultimo, ma non da meno, la parlata era un disastro. Troppo aulica, forbita e intelligente. Chi mai gli si sarebbe avvicinato se metà della popolazione manco capiva quello che diceva? Figuriamoci farci un discorso e Dean poteva già sentire il mal di testa aumentare di intensità.

Violentando sé stesso agitò una mano attirando l'attenzione del ragazzino, vedendolo avvicinarsi con fare quasi scocciato... quando teoricamente quello scocciato doveva essere lui! Lo vide sederglisi proprio di fronte con faccia interrogativa e l'aria di chi doveva ancora svegliarsi del tutto.

«Ciao.» biascicò Hayden ancora assonnato, afflosciandosi letteralmente sulla seduta.

«Buongiorno!» rispose energico l'altro, ridacchiando leggermente soddisfatto di vederlo ridotto in quello stato.

Dopo un breve momento di silenzio imbarazzante, il più piccolo alzò gli occhi in quelli di Dean, sbadigliando e decidendosi finalmente a chiedere il motivo per il quale era stato tirato giù dal letto all'alba di quella che doveva essere una tranquillissima domenica mattina. «Ok... beh, ti dispiacerebbe illuminarmi sul perché siamo qui?»

«Innanzitutto perché tu mi offra la colazione.» asserì il castano tranquillo, facendo sgranare gli occhi di Hayden «secondo, perché dobbiamo andare ad allenarci.» espose con un sorrisino per nulla amichevole.

«A-allenarci?» ripeté l'altro frastornato, accantonando momentaneamente il discorso colazione. «P-perché devo venire anche io ad allenarmi con te!?» sbottò non capendo che utilità potesse mai avere lui.

«Sai, per essere un cervellone fai domande davvero stupide...» osservò Dean, attirando poi l'attenzione di una cameriera per ordinare.

Hayden storse il naso infastidito. «Beh, scusami se non capisco cosa potrei fare io su una pista ghiacciata! E poi, chi ti ha detto che sono un cervellone!?»

«Ti sei visto?» replicò l'altro squadrandolo dall'alto in basso.

«Ti stai basando su uno stereotipo.» precisò offeso.

«Non è colpa mia se tu incarni uno stereotipo.» gli fece il verso, distraendosi poi per dare udienza alla cameriera. «E comunque...» riprese «vedrai da solo come renderti utile.»

Hayden curvò le spalle sospirando, maledicendo già il giorno in cui si era cacciato in tutto quel pasticcio. Non pensava minimamente che Dean potesse prendere così seriamente quella sottospecie di patto che avevano stipulato... o meglio, che lui non aveva avuto altra scelta se non accettare.

«Ah, tra l'altro, riflettendoci non hai ancora risposto come si deve alla mia domanda...» se ne uscì Dean mescolando la sua tazza di caffè appena servita «per quale assurdo motivo non hai lasciato perdere la faccenda, nascondendoti dietro l'anonimato della lettera invece di venire a farti vedere in faccia da me?» Sicuro non era stata una mossa furba da parte sua.

«B-beh...» balbettò l'altro colpito dalla durezza e dall'acume di quella domanda che non si aspettava potesse essere riproposta «In realtà me lo chiedo anche io...» ammise. «Il fatto è che credevo, anzi, speravo fossi una persona comprensiva e umana in fondo e che capissi che si era trattato di un incidente e che quindi lasciassi perdere?»

«Me lo stai chiedendo o è un'affermazione la tua!?» lo sfotté da dietro la sua tazza, sorridendo per quel cambio di verbo.

«Probabilmente entrambi. In ogni caso non ci ho visto poi così male, anche se mi stai ricattando, mi hai comunque dato la tua parola che non avresti detto a nessuno della vicenda.»

Dean represse un'ennesima risatina di scherno che nacque spontanea. Come poteva essere così ingenuo quel ragazzino? Sul serio credeva che si sarebbe tenuto quella chicca per sé? Stava solo aspettando di godersi un po' quel periodo di sfruttamento gratuito e una volta che si fosse rotto le palle di averlo accanto lo avrebbe cacciato a pedate nel culo e spifferato a tutto il mondo della sua sfigataggine innata.

«Non ti sfiora nemmeno lontanamente l'idea che potrei anche avere altri piani? Non so... per esempio che ti stia ingannando?» domandò facendosi serio.

Hayden sospirò di nuovo facendo spallucce. «Certo che sì.» replicò. «Non sono stupido, almeno non fino a questo punto...»

«Ma?» lo esortò Dean, sapendo che c'era un ma.

«Ma per ora spero ancora che tu possa cambiare idea e... in realtà non è che abbia molte altre alternative al momento.» spiegò lucidamente.

Dean annuì un paio di volte distogliendo lo sguardo, sorpreso da tutta la fiducia che quel ragazzino stava continuando a riporre in lui. «Vero anche questo.» concordò alla fine chiudendo la faccenda.

 

Il palaghiaccio dove Dean aveva trascinato Hayden era praticamente vuoto. Non c'era anima viva fatta eccezione per il custode e, adesso, loro. Non era la solita struttura che la squadra usava per gli allenamenti di routine e per le partite, quella era almeno quattro volte più grande e distava coerentemente quattro volte di più. Quel palazzetto ospitava invece la pista vecchia, usata parecchi anni addietro e che aveva resistito offrendo corsi di pattinaggio sia per giovanissimi che per adolescenti a prezzi decisamente più abbordabili. A quanto aveva capito Hayden però, Dean ci andava ogni santissimo fine settimana per fare pratica, tanto che il custode era parecchio tentato dall'idea di lasciargli una copia di chiavi, visto che oramai si conoscevano da anni.

«Wow!» esclamò il più piccolo appena ebbe messo piede nella sala che ospitava il terreno ghiacciato «Non ero mai entrato qui dentro.» lui e lo sport non avevano poi un così bel rapporto.

«Hai una pista praticamente sotto casa e non sei mai venuto a fare un giro?» domandò l'altro incredulo. Il ragazzino si strinse nelle spalle scuotendo il capo, vedendo Dean armeggiare con qualche cono e qualche asta che intendeva usare come ostacoli. «Non ho mai avuto dei buoni motivi per farlo.»

«Oh, invece ce l'avresti avuto, credimi!» rise l'altro «Con me di solito viene sempre anche Brandon... ti sei perso parecchie occasioni per guardarlo da vicino... intendo oltre a tutte le partite a cui venivi.»

Hayden si accese di imbarazzo, guardandolo malissimo, realizzando in un attimo che effettivamente Dean Collins aveva sul serio letto la sua lettera. «B-beh, pazienza!» sbottò «E poi scusa, ma come fai a sapere che venivo a vedere tutte le partite?» sviò.

«Ogni tanto capita anche a noi giocatori di darci un'occhiata intorno.»

Il ragazzino aggrottò le sopracciglia. «E ti ricordi sul serio di me!?»

Dean mascherò il principio di una risata con un fintissimo colpo di tosse. «Sai, non è facile dimenticarsi di qualcuno così...» avrebbe voluto aggiungere – con termini più rozzi e volgari – qualcosa di simile a “dall'aspetto-estremamente-particolare”, ma il broncio di Hayden lo convinse che il messaggio era stato comunque recepito.

«Sfoggi sempre questa sensibilità e questo tatto da gentiluomo con tutti?» lo rimbeccò il moretto, sistemandosi la maglia senza neanche pensarci.

Dean si limitò a fare spallucce, prima di appioppare tutto l'occorrente per preparare la pista fra le braccia di Hayden che rimase sorpreso e spaventato allo stesso tempo.

«Non avrai sul serio intenzione di farmi mettere piede lì dentro vero?» domandò quest'ultimo preoccupato indicando la pista ghiacciata, ricevendo in risposta solo uno sguardo serio che non ammetteva obiezioni.

 


 

 




Una settimana.

Una settimana era passata da quell'assurdo pomeriggio in cui Hayden aveva partorito l'idea più stupida e inutile che il cervello avesse potuto propinargli e che lo aveva spinto ad accettare di venire bistrattato da un dittatore senza cuore che non perdeva nemmeno mezza occasione per farlo correre a destra e a sinistra anche per la più stupida delle questioni. E in tutto questo ancora si chiedeva come avesse fatto a essere così idiota da arrivare a combinare tutto quello.

Dopo la mattinata passata a farsi massacrare, Hayden aveva pienamente confermato che Dean Collins fosse effettivamente l'incarnazione del demonio e lui solo una povera vittima sacrificale. Era tornato a casa ammaccato peggio di una lattina di coca-cola finita e con la voglia di non muovere più nemmeno un muscolo. Incurante del fatto che non sapesse nemmeno stare in piedi sul ghiaccio, Dean lo aveva comunque fatto trottolare avanti e indietro per il campo usandolo ora come raccatta-puck, ora come ostacolo umano e ora come schiavetto pronto a spostare coni, aste e quant'altro ad ogni suo schiocco di dita. Era caduto più di venti volte contate e ad ogni occasione in cui le sue ginocchia o il suo povero fondo schiena avevano salutato da vicino la superficie liscia, Dean se la rideva incurante e nemmeno si scomodava per andare ad aiutarlo. Eppure se Hayden già era arrivato al limite di sopportazione, l'altro invece aveva appena cominciato a prenderci gusto, scoprendo quanto in fondo la sua non fosse stata poi una così pessima trovata.

Ogni tanto il ragazzino pensava seriamente di mandare Dean a farsi benedire, ma poi soppesava le torture alle quali veniva sottoposto adesso e quelle a cui sarebbe stato sottoposto una volta rivelata la stupidaggine che aveva avuto idea di realizzare e giungeva sempre alla conclusione che era meglio non fare altri danni e che era sempre più saggio scegliere il male minore.

In fin dei conti, almeno a scuola, poteva godersi un po' di santa pace visto che Dean sembrava non considerarlo nemmeno – a parte qualche sporadico episodio in cui di nascosto quest'ultimo scaricava su Hayden le incombenze che non aveva voglia di svolgere – e a conti fatti la cosa gli faceva solo che piacere. Nessuno doveva venire a sapere di quella macchinazione e Dean certo non ci avrebbe guadagnato niente a farsi vedere in giro con lui. In più almeno per il momento il segreto sembrava essere ancora tale e Hayden era assolutamente intenzionato a non fare nulla di stupido per il quale quel pazzo lunatico con la mania di dare ordini potesse rivelarlo.

Per questo, anche quel pomeriggio, si era ritrovato rinchiuso in camera del suo aguzzino con il viso affondato fra le pagine del libro di algebra, preparandosi a dover spiegare a quel ragazzo con la voglia di imparare più bassa che si fosse mai vista, quel minimo qualcosa di indispensabile per fargli passare il compito.

«Partiamo dal presupposto che non so nemmeno cosa voglia dire la parola “funzione algebrica”...» sottolineò Dean, giocherellando con la matita che aveva in mano, non riuscendo a trovare neanche un briciolo di forza per concentrarsi.

Hayden sbuffò di nuovo, tirando su gli occhiali, facendo appello a tutta la sua pazienza. «Intanto sono due parole e non una e poi, se mi stessi ad ascoltare, lo sapresti già visto che lo sto ripetendo da almeno dieci minuti!» brontolò, strappando di mano la matita all'altro ragazzo.

«Ehi!» lo riprese quest'ultimo, come un bambino a cui tolgono il giocattolo preferito «Ti correggo: stai blaterando cose senza senso da dieci minuti, per questo non ti ascolto. Credevo che da cervellone quale sei fossi un bravo insegnante, ma evidentemente mi sbagliavo!»

«Non sono cose senza senso è la definizione che fornisce il libro, ovvero quella che dovresti sforzarti di comprendere e imparare a memoria, asino! E comunque, non sono un cattivo insegnante, sei tu ad essere un pessimo studente!» replicò stizzito il ragazzino, tornando a puntare il dito nello stesso punto della stessa pagina.

«Sbaglio o mi hai dato dell'asino?» insistette l'altro, facendo spazientire ancora di più il più piccolo.

«No, non sbagli.» replicò tranquillamente sostenendone lo sguardo.

«Dovresti stare più attento a quello che dici...» osservò Dean alla mo' di monito.

«E tu dovresti smetterla di divagare e prestare un po' più di attenzione a quello che stiamo facendo!»

L'altro alzò gli occhi al cielo, tornando a recuperare la sua matita sequestrata, sforzandosi davvero tanto per cercare di seguire anche solo mezza frase di quello che il suo insegnante stava spiegando.

Solo che se per miracolo era arrivato a capire come determinare il dominio di una funzione, per tutto il resto a seguire il suo cervello si era categoricamente rifiutato di andare in suo soccorso, con il solo risultato di farlo alterare.

«È inutile, la matematica e io viaggiamo su due binari completamente diversi!» sbottò chiudendo il libro sotto al naso di Hayden e buttandosi all'indietro sullo schienale, reclinando la testa.

Dopo un primo attimo in cui la voglia di prenderlo a schiaffi vinceva su tutto, il più piccolo con calma riaprì il libro alla pagina su cui si stavano concentrando, non credendo al fatto che avesse sul serio così tanta voglia di aiutarlo. «È solo che stai pensando a tutto, tranne che a quello che hai davanti agli occhi.» lo blandì con voce tranquilla.

L'altro aprì un occhio per guardarlo, alzando un sopracciglio confuso. «Sei gentile a volermi tirare su il morale a tutti i costi, ma credo che sia solo una inutile perdita di tempo.» asserì tornando a guardare il soffitto.

«Perché allora mi hai chiesto... pardon, obbligato ad aiutarti se poi getti la spugna così presto?»

«Non è gettare la spugna, è solo che so di non avere speranze per...» si bloccò.

«Per?» insistette l'altro.

Dean indugiò un secondo, valutando se fosse una buona idea o meno rivelargli le sue motivazioni. Probabilmente avrebbe finito col farsi ridere dietro, come era già accaduto quando ne aveva parlato con la sua famiglia, però Hayden non gli sembrava il tipo a cui piaceva ridicolizzare le scelte altrui e, più che altro, nemmeno lui era nella posizione giusta per poter ridere degli altri.

«Per ottenere la borsa di studio.» confessò quindi, quasi in un mormorio.

Hayden sgranò leggermente gli occhi sorpreso, non aspettandosi una simile uscita proprio da Dean. Effettivamente gli era sembrato ancora più strano che qualcuno come lui lo avesse obbligato a dargli ripetizioni praticamente ogni pomeriggio che aveva libero dagli allenamenti, su qualsiasi cosa non gli fosse chiara. Dean non rientrava esattamente nel prototipo di ragazzo diligente che Hayden aveva in mente. «Oh.» rispose infine, dopo un attimo di silenzio.

«Già, oh. Non avresti mai detto che uno come me si interessa di queste cose...» constatò amaramente.

Hayden tacque, non potendo negare.

«Se voglio avere qualche speranza di entrare al college e iniziare a giocare da professionista devo assolutamente riuscire a guadagnarmene una e per farlo dovrei come minimo avere una buona media in tutte le materie, cosa che attualmente mi è impossibile.» spiegò, tornando a far scorrere la matita fra le dita, in un movimento quasi ipnotico.

«Credevo che gli sportivi avessero altri vantaggi.»

«Magari tempo fa. Le società sportive hanno iniziato ad essere più selettive e a premiare solo gli studenti veramente meritevoli. Il college per cui ho intenzione di fare domanda ha una concorrenza davvero tosta e... al momento forse arriverei a piazzarmi fra i primi venti.» puntualizzò.

«E senza borsa di studio non potresti...»

«No. Non voglio gravare sulla mia famiglia per questo, non voglio sentirmelo rinfacciare un domani.» lo stroncò brusco, non avendo la minima intenzione di affrontare l'argomento.

«Capisco.» sospirò l'altro, tornando per l'ennesima volta a strappare la matita da mano a Dean che rimase a fissarlo interdetto. «Bene, allora smettila di continuare a pensare che vorresti essere da tutt'altra parte e inizia a starmi a sentire seriamente. Non ti permetterò più di prendere nemmeno una singola insufficienza da oggi in poi chiaro?! Ne va anche del mio orgoglio di insegnante improvvisato.»

Dean ridacchiò scuotendo il capo. «Mi stai sul serio dando ordini? Ancora?»

«Certo che sì. E già che ci sei, cerca di velocizzare i tempi di apprendimento... per le sei devo essere a casa.» aggiunse quasi in imbarazzo.

«Hai il coprifuoco!?» lo sfotté l'altro allibito.

«N-no! È solo che... che ho altre cose da fare!» dissimulò mentendo malamente.

Dean scoppiò a ridere definitivamente, divertito almeno questa volta. «Oh, certo... naturale!»

«Smettila subito.» si impose l'altro ormai color ciliegia.

«Sei un tipo strano Hayden, davvero davvero strano.»

 

 

   
 
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