23)Il giardino delle
lucciole.
Yukari p.o.v.
Non c’è niente di meglio che stare sdraiata tra le
braccia del mio ragazzo tra le fresche lenzuola in una giornata estiva
secondo
me.
Ormai sarà quasi ora di pranzo e faremmo meglio ad
accendere i cellulari, li abbiamo spenti per non essere disturbati dai
ragazzi
in certe attività, e ritornare rintracciabili nel mondo.
Io accendo il mio e Lee il suo, immediatamente si scatena
un caos di messaggi non letti e chiamate perse, hanno chiamato tutti
incluse
mogli e fidanzate.
“Wow! Stai assente per un paio d’ore e il mondo
intero ti
cerca!”
Commento io.
“È febbre da gossip! Vogliono sapere se stiamo
insieme o
meno e se sei partita.
Immagino saranno anche preoccupati.”
In quel momento il cellulare di Lee inizia a suonare e lui me lo passa
senza
dire una parola, io guardo il mittente – Oli – e
rispondo.
“Alla buon’ora, cazzone!
Pensavo di dover chiamare la polizia e poi le pompe
funebri perché ti eri ammazzato dopo che Yukari ti aveva
mollato. Bella mossa
farti vedere baciare quella malattia venerea ambulante di Jennie invece
di dire
a Yukari che non la ami.
Dove cazzo sei e dove cazzo è la mia migliore amica?
Rispondi o vengo a casa tua e ti ammazzo!”
“Sono qui Oli, calmati.”
Rispondo con un sorrisino ironico che mi increspa il volto.
Quando Oli è agitato inizia a parlare a macchinetta e a
minacciare di morte chiunque lo turbi o lo abbia fatto arrabbiare.
“Yukari?”
“Ah ah.”
“Dove diavolo sei, anzi dove diavolo siete?”
Ruggisce lui costringendomi ad allontanare il cellulare dalle orecchie,
è bello
essere rimasta qui.
“Siamo a casa di Lee.”
“E perché cazzo non ci avete avvisati?”
“Davvero non lo indovini, Oli?”
Lo sento sbuffare dall’altra parte.
“Conigli, non siete altro che conigli!
Noi andiamo a mangiare al bar della spiaggia, il solito,
verrete?”
“Sì, verremo. Lasciaci il tempo di
sistemarci.”
Chiudo la chiamata e scoppio a ridere.
“Oli stava dando i numeri, sembrava una mamma
apprensiva.”
“Oli è una mamma apprensiva e molto severa per i
membri della band, ci
bacchetta se non facciamo bene i
compiti.”
Rido ancora.
“Gli ho detto che saremmo andati con loro al solito bar
sulla spiaggia, quindi, a malincuore, dobbiamo lasciare questo letto
così
comodo e fresco.”
“Ah, che palle! Me lo dovevo aspettare comunque.”
Usciamo dal letto e ci facciamo una doccia, poi ci vestiamo e infine
usciamo di
casa mano nella mano e ci dirigiamo alla spiaggia chiacchierando.
Troviamo Oli e il resto della band fuori dal bar e ci
scrutano tutti con aria apprensiva e l’attenzione di tutti si
focalizza sulle
nostre mani.
“Voi due avete risolto?”
“Sì.”
“E state insieme?”
“Beh, non ancora ufficialmente, ma sì.”
“Lee, non glielo hai ancora chiesto?”
Ride Matt Kean.
“No, prima ho dovuto convincerla che non ero uno stronzo
che voleva solo scoparla e poi a farmi perdonare il bacio con Jennie.
Rimedio
subito, comunque.”
Si inginocchia e prende una delle mie mani fra le sue,
facendomi arrossire come una ragazzina.
“Lee, smettila!”
“Sh! Non rovinare il momento.
Yukari, vuoi essere la mia ragazza?”
“Sì, lo voglio.
Adesso puoi alzarti? Ci stanno guardando tutti, pensano
tu mi stia facendo una proposta di matrimonio!”
“E non ti piacerebbe sposartelo, generale
Yamashita?”
“Sì!”
Poi mi metto una mano davanti alla bocca, magari l’ho
spaventato, affrettando
tanto i tempi.
“Ah, lo sapevo!”
Esclama Oli.
“Zitto, Sykes! Magari adesso Lee si è spaventato e
non mi
vuole nemmeno più come ragazza?
Perché diavolo mi hai fatto dire una cosa del genere
all’inizio della nostra relazione?
Come se non sapessi che i ragazzi hanno paura del
matrimonio!
Adesso…”
Non saprò mai cosa succederà adesso
perché Lee mi bacia.
“Stai calma, non penso al matrimonio ora, ma se dovesse
succedere la mia sposa deve essere una strana giapponese dai capelli
azzurri e
che indossa un chimono bianco.”
Io arrossisco e gli altri fischiano come dementi.
“Grazie mille.”
Entriamo nel bar e ci sediamo al nostro solito posto, ordiniamo tutti
un panino
tranne Oli che ordina un’insalata specificando chiaramente
che non ci vuole
tacchino, prosciutto o altra roba di derivazione animale, il solito
vegano.
Mangiamo tranquillamente, nessuno fa cenno all’assenza di
Hannah, ho l’impressione che dopotutto il loro matrimonio non
sia solido come
vogliono far credere e che mia madre abbia peso un abbaglio con lei,
d’altronde
nemmeno lei è infallibile.
“Stasera si va a ballare, siete dei nostri?”
Chiede Matt Nicholls.
“Negativo, stasera ho intenzione di godermi un po’
di
tempo con la mia ragazza, magari in un ristornate a lume di candela e
senza
nessuno di voi attorno.”
“Che stronzo!”
“Vi voglio bene, ma – ehy! – io e Yukari
dobbiamo anche
far sviluppare la nostra relazione.”
“Se vuoi andare a ballare, vai. Non voglio esserti
d’intralcio.”
Lee mi prende per mano e mi fissa negli occhi.
“Tutto quello che voglio fare stasera è andare in
quel
ristorante giapponese che ti piace tanto, mangiare tanto buon cibo e
godermi
una serata con te.”
Io sorrido come non ho mai sorriso mai.
“Va bene.”
“Siete diabetici!”
Esclama Oli, fingendosi schifato, quando il luccichio nei
suoi occhi tradisce la sua felicità per noi.
Mi era mancata la mia famiglia inglese, sono felice che
Vic mi abbia rifiutata perché se non fosse successo non
avrei mai iniziato a
guardare Lee in modo diverso dall’amico che è
sempre stato e non sarei così
felice.
“Sono felice di essere qui e vi ringrazio tutti per
avermi accolto come un’amica e non come una stronza che per
secoli non si è
fatta sentire.”
“Ti vogliamo bene, Yukari.”
Mi dice semplicemente Matt Kean.
Già, è questa la chiave di tutto: volersi bene.
La sera è arrivata, fa
meno caldo e io mi sto preparando
per l’appuntamento con Lee, andremo in un ristorante
giapponese quindi ho
deciso di onorare le mie origini nipponiche indossando un corto yukata
senza
maniche bianco a fiori viola con un obi azzurro come i miei capelli.
Decido di non legare i capelli e di lasciarli sciolti, mi
trucco gli occhi di nero e metto un rossetto rosso fuoco, sembro
vagamente una
ragazza tradizionale giapponese perché sono naturalmente
pallida.
Metto tutto nella tipica borsa giapponese che è
coordinata allo yukata e fatta dello stesso tessuto, è
davvero piccola, ci
stanno a malapena le sigarette, un accendino, il cellulare e un mini
portafoglio.
Un discreto bussare mi distrae dai miei pensieri.
“Sì?”
“Yukari, sei pronta?”
“Metto le infradito e arrivo.”
Lo sento mormorare un confuso “infradito?” e poi
apro la porta facendolo
rimanere a bocca aperta e a occhi sgranati.
“Yukari, tu ti sei messa un chimono!”
“È uno yukata, un chimono estivo.”
“Che differenza fa? Tu sei splendida e io sembro un barbone,
forse è meglio non
uscire.”
Sospirando prendo un giornale musicale abbandonato sul mobile fuori
dalla
stanza e lo picchio sulla zucca del mio ragazzo.
“Beh?”
“Mi sembravi uno di quei flipper bloccati che hanno bisogno
di una botta per
ripartire.”
“Eh?”
“Sì, ho messo uno yukata. Non
c’è bisogno di reagire così, io volevo
solo
vestirmi un po’ carina per te.”
Arrossisco di botto.
“Beh, missione riuscita!”
“Adesso possiamo andare?”
“Sì, andiamo.”
Sembra imbarazzato del suo sfogo di prima, ma Lee è
così: ogni tanto ha delle
crisi di timidezza di cui si vergogna poi.
Scendiamo al piano inferiore e lui prende le chiavi della
macchina borbottando qualcosa che non capisco, forse quanto
è stupito, non lo
saprò mai.
Usciamo e saliamo in macchina, sta scendendo quella che
si preannuncia una bella notte, il cielo è di verde acqua
scuro e iniziano già
ad accendersi le prime stelle nei punti in cui il blu si fa vivo.
Io sospiro e sorrido.
“Cosa c’è?”
“Niente, Lee. Solo penso che sia una bella notte e quasi
non ci credo.
Stamattina mi sembrava di stare in mezzo a una tempesta e
di annegare, da sola, senza che nessuno potesse aiutarmi o salvarmi e
adesso
sono qui con te felice.”
“Serve un po’ di tempesta prima di raggiungere il
bel
tempo e io non ho più intenzione di lasciarti
andare.”
Mi stringe la mano e io sorrido.
Il ristorante di Lee è alla periferia di Brighton e
dà
sul mare.
È un luogo isolato, circondato da un grande giardino in
stile giapponese con tanto di laghetto, la villa però
è ottocentesca e invece
di un portico c’è una grande finestra a bovindo.
“Ti assicuro che questo posto è
meraviglioso!”
Entra e mi sembra di aver passato oltrepassato la soglia
dello spazio e del tempo ed essere stata scaraventata nel Giappone
antico. Il
pavimento è di lucido legno e sulle pareti ci sono eleganti
stampe a motivi
floreali e di gru, la stanza è abbastanza grande e sul fondo
si intravede una
parete con una finestra circolare con decori di legno e un fusuma, la
porta
scorrevole in legno e carta tipicamente nipponica.
“Wow!”
“Vero? Vedrai il resto.”
Da dietro un paravento esce una donna in chimono che ci
sorride.
“Posso aiutarvi?”
“Ho prenotato un tavolo per due a nome Malia.”
“Certo, seguitemi.”
La donna si dirige verso il fusuma lo apre e ci troviamo in
un’ampia stanza con
molti separé e un portico giapponese che dà sul
mare.
Accidenti! Lee si è impegnato per darmi un appuntamento
indimenticabile!
Arriviamo al nostro tavolo che è davanti al portico, ci
sediamo,
la vista del mare è incantevole e la brezza marina
è piacevolmente
rinfrescante.
“Spero che il tavolo sia di vostro gradimento.”
“Lo è.”
“Grazie mille, tra poco vi sarà portato da bere e
l’occorrente per il nabe.”
Con un leggero inchino la donna se ne va lasciandoci da soli.
“Nabe?”
“Sì, so che ti piace e questo è uno dei
pochi locali che lo fa.”
“Lee, ti amo!”
“Sì, ti amo anche io!”
Dice ridendo, poco dopo la cameriera arriva con dell’acqua,
il fornello, la
pentola piena di brodo dashi, a cui fa seguito il resto delle cose da
cucinare:
pollo, verdure e condimento.
“Buon divertimento.”
Ci dice con un sorriso prima di congedarsi.
“Come funziona questa roba?”
“Allora, prendi qualcosa con le bacchette e lo metti nella
pentola, poi aspetti
che cuocia.”
Lee guarda un po’sospettoso i due bastoncini di legno, come
se non fosse certo
di saperli usare correttamente.
“Vuoi che chieda alla cameriera uno spiedo o
qualcos’altro?”
“Che? No! Ce la farò da solo.”
Con cautela prende qualche pezzo di pollo, di verdura e dei funghi e li
mette
tutti nella pentola d’argilla, io faccio lo stesso.
“Grazie, Lee.”
“Di niente, tesoro. Mi spieghi di preciso come mai ti piace
questo cibo?”
“Uhm… Perché è
un’occasione per stare insieme come famiglia o come gruppo di
amici. È un piatto tipicamente invernale che crea un
sentimento di cordialità,
si cucina insieme, si chiacchera e ci si sente più vicini al
prossimo. È per
questo che mi piace.”
Gli rispondo sorridendo, poi tiro fuori la mia roba e lui fa lo stesso.
“Adesso?”
"Uhm, la mangi o se vuoi ci metti qualche salsa.”
Io verso un po’ di salsa di soia sul mio, lui assaggia il
suo.
“Credo ci metterò un po’ di salsa di
soia.”
“Non è buono?”
“No, lo è. Sento che manca qualcosa.”
Lui versa un po’ di salsa di soia e prende un altro boccone.
“Oh, sì! Adesso è perfetto!”
Mangiamo quello che abbiamo cotto e poi mettiamo altra roba nella
pentola di
terracotta.
“È buffo.”
“Cosa?”
“Questo è un piatto tipicamente invernale, noi lo
mangiamo a Natale di solito.”
“Fai finta di essere in Australia.”
“Ottimo suggerimento. Sii sincero, ti piace il nabe o lo stai
mangiando solo
per farmi felice?”
“Devo dire che all’inizio ero un po’
scettico e che usare queste bacchette non
è facile, ma hai ragione. È buono e crea una
bella atmosfera. È bello cucinare
insieme e cucinare quello che vuoi, almeno se fa schifo è
colpa tua.”
Ridacchia come uno scemo.
“Come lo fate a Natale?”
“In un modo leggermente diverso. C’è
anche dell’altra
carne e se mio padre si sente ispirato ci mette anche del riso e del
pesce e
poi è lui che cucina.”
“Uh?”
“Non siamo noi che mettiamo quello che più ci
piace nella pentola e poi lo
cuociamo, è lui che decide cosa mettere e fa le porzioni.
Ridendo e scherzando
si chiama il signore del nabe e ha ragione, gli riesce sempre
benissimo.”
“Mi piacerebbe assaggiarlo.”
Dice prima di mettersi in bocca una generosa porzione di pollo e
verdure.
“Oh, succederà, stai tranquillo.
I miei vorranno conoscerti.”
“La cosa non mi sorprende, ma mi spaventa un po’, e
se non gli piacessi?”
“Sii te stesso e andrà tutto bene.”
Lui annuisce.
“Anche i miei vorranno conoscerti, soprattutto mia madre,
ogni tanto è così curiosa sulla mia vita da
mettermi a disagio.”
Io rido imbarazzata.
“Speriamo di piacerle.”
“Basta che mi veda felice con te e non ci saranno
problemi.
Ma perché stiamo parlando di cose spiacevoli davanti a
del buon cibo?”
“Non lo so, sinceramente.
Cambiamo argomento?”
“Sono d’accordo.”
Annuisce lui.
Iniziamo a parlare del Giappone e di come l’abbiamo
visitato in modo frettoloso e poco accurato durante i vari tour che
abbiamo
fatto, pressati come eravamo dal dover fare un concerto in una
città diversa
quasi ogni sera.
Alla fine decidiamo che durante le prossime vacanze lo
visiteremo per bene, dando la giusta attenzione a ogni cosa, io
potrò persino
mostrargli il luogo d’origine dei miei antenati: un villaggio
in campagna.
Ci sono andata una volta da piccola ed era solo un gruppo
di vecchie case tradizionali in mezzo ai campi di riso, adesso
sarà tutto
cambiato immagino, anche se in fondo al cuore spero di no.
Tra una chiacchiera e l’altra finiamo tutto il cibo e
nella pentola non c’è più brodo.
“Ah, è stata una bella mangiata!”
Commenta Lee.
“Vuoi anche il dolce?”
“Non dico mai di noi al dolce, Malia.”
Gli rispondo sorridendo.
Questo appuntamento sta andando alla grande, non pensavo
sarebbe andato così bene dato che stamattina eravamo
sull’orlo di lasciarci per
sempre.
“Cosa mi consigli?”
“Eh?”
Chiedo confusa.
“Il dolce, cosa mi consigli, Yukari?”
“Ah, oh! Budino alla menta!”
“A cosa stavi pensando?”
“A niente di importante.”
“Dai, dimmelo.”
“Che questo appuntamento sta andando alla grande e non lo
credevo possibile
visto che stamattina ci stavamo per lasciare per sempre.”
Dico a voce bassa, rossa come un pomodoro, non mi piace che mi si
becchi con il
fianco scoperto.
“Magia del nabe?”
“Forse, dai pensiamo al dolce! La cameriera sta
arrivando.”
La donna in chimono che ci aveva portato l’occorrente per il
nabe torna per
recuperare la pentola e i piatti.
“È stato di vostro gradimento?”
“Sì, molto. Era davvero ottimo.”
“Desiderate un dolce? Del caffè?”
“Vorremmo il dolce, c’è il budino alla
menta?”
“Sì, certo. Ne porto due?”
“Sì, grazie.”
La donna finisce di sparecchiare e se ne va.
Poco dopo torna con due budini alla menta molto
gelatinosi, sono molto buoni e li divoriamo nonostante tutto quello che
abbiamo
mangiato prima.
Prendiamo il caffè e un bicchierino di sakè, poi
usciamo.
Il giardino è invaso da piccole lucciole gialle che si
librano sopra il terreno,
non le vedevo da quando ero piccola, pensavo si fossero estinte.
Prendo una mano di Lee e gliele indico.
“Guarda, ci sono le lucciole!”
“Figo!”
I suoi occhi si illuminano.
“Non le vedevo da quando ero bambino, ne prendiamo
qualcuna e la liberiamo a casa?”
“No. Non
hai mai visto “Una tomba per le
lucciole”?
I protagonisti prendono delle lucciole, le portano nella
caverna in cui vivono e le liberano, la mattina dopo le trovano tutte
morte.
Godiamoci lo spettacolo adesso, intanto che sono vive e
libere.”
Rimaniamo un attimo nel giardino, camminando lungo i sentieri e
sentendoci un
attimo fuori dal tempo in una dimensione dove la modernità
non esiste solo la
natura incontaminata.
Un quarto d’ora dopo usciamo dal giardino incantato e io mi
accendo una sigaretta, scuotendo la testa, una lucciola vola via e
torna verso
la sua casa.
“Un giardino magico, chi l’avrebbe mai
detto…”
“Già, a proposito di magia… Adesso ti
porto in un posto che è magico per me, il
mio posto segreto.”
Io mi illumino.
“Finalmente me lo mostri!”
“Come fai a sapere che ce l’ho?”
“Ogni tanto sparivi e ho ipotizzato che ce
l’avessi.”
“Buona ipotesi.”
Saliamo in macchina e guidiamo per un paio di chilometri, poi ci
fermiamo in
una piazzola e Lee scende, io faccio lo stesso. Davanti a noi, mezzo
nascosto
da un albero c’è un sentierino.
“Fa attenzione, è un po’ accidentato.
Usa la pila del
cellulare.”
“Ok.”
Iniziamo a scendere il sentiero pietroso, io mi chiedo
dove porti, a una radura? Al mare?
Continuiamo a scendere per un tempo che mi sembra
infinito, poi finalmente la discesa finisce e mi trovo davanti a una
piccola
spiaggia che dà sul mare.
“Wow!”
Esclamo senza fiato.
La luna e le stelle si riflettono sul mare come se fosse
un immenso specchio, è tutto così calmo e
rilassante che sembra impossibile che
una cittadina grande come Brighton sia a pochi chilometri di distanza.
“Forza, vieni.”
Mi tende una mano e poi mi fa sedere su una roccia piatta.
“Questo è il mio posto segreto e ho pensato di
condividerlo con te, perché mi piacerebbe trascorrere un
periodo abbastanza
lungo con te. Diciamo che un giorno mi piacerebbe portarci i nostri
figli e
dire loro che questo è il posto in cui mamma e
papà si sono dichiarati il loro
amore.”
Due lacrime sfuggono al mio controllo, io le asciugo subito e sorrido.
“Sì, sarebbe una bella storia da raccontare
loro.”
Mi avvicino al suo volto e lo bacio, lui ricambia e mi stringe a
sé con forza.
“Ti amo, Yukari.
Voglio stare con te per sempre.”
“Ti amo, Lee.
Voglio la stessa cosa.”
Ci baciamo ancora e penso che queste promesse siano il
migliore auspicio per l’inizio della nostra storia.
Sono sicura che davvero un giorno mostreremo ai nostri
figli questo posto.
Angolo di Layla.
Ringrazio Nico_Ackerman per la recensione. Siamo arrivati al penultimo capitolo, spero che questa storia vi sia piaciuta.