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Autore: athenawinchester    12/03/2017    0 recensioni
Qualche riga sulle cose che cerchiamo e che non dimentichiamo.
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sei lesbica?


Alla mia scuola c'era una ragazza, che stava con un'altra ragazza. La mia era una scuola di tutte donne, e fuori si diceva che fossimo tutte quante lesbiche. Io non ero lesbica però, lo sapevo bene: alle medie mi piaceva da impazzire un certo Lorenzo, anche se non ricordo il cognome.

Eppure c'era qualcosa in questa ragazza, che stava con un'altra ragazza, e non sapevo bene che cosa. Aveva i capelli neri, corti, e gli occhi scuri e profondissimi: lo sapevo perché una volta, sull'autobus, ci eravamo guardate.

Un pomeriggio, dopo scuola, la ragazza mi chiese una sigaretta, ma io ancora non fumavo, quindi dovetti dirle che no, non l'avevo, ma lei mi ringraziò comunque e poi, senza che glie lo avessi chiesto, mi disse che si chiamava Chiara. Ricordo che pensai che quel nome non le si confaceva affatto.

A me piaceva chiamarla Mei quando facevamo l'amore, perché Mei in giapponese significa oscurità, e in quel momento ero così ossessionata dal Giappone che lei mi prendeva in giro allungandomi gli occhi, ma poi mi lasciava teneramente un bacio sul collo, così io glie ne lasciavo uno sul seno, e lei me ne lasciava altri mille sulle cosce, questa volta meno teneri.

Quando la ragazza di Mei ci sorprese fui sinceramente dispiaciuta, ma lei non volle ascoltare ragioni. Il giorno dopo a scuola tutti sapevano tutto, ed il giorno dopo ancora lo sapeva anche mia madre, ed entro la domenica lo sapevano persino i miei parenti. Come? Non sarai mica lesbica? No, dicevo, io non sono lesbica: lo so bene.

Fui mandata dalla psicologa, e intanto mentre tornavo da ogni seduta incontravo la mia Mei alla fermata dell'autobus, con i suoi capelli neri disordinati e gli occhi luminosissimi, e mi sussurrava che mi amava. Quindi fui mandata a confessarmi, e la responsabilità della mia anima era tutta nelle mani di quel prete dalla testa pelata, che mentre parlava se ne stava in una posizione così rigida che pensai che non credesse a nulla di quello che diceva. Ora mia madre veniva a prendermi con la macchina, e intanto dal finestrino salutavo la mia Mei che continuava a sussurrare da lontano.

Cominciai a vedere Mei sempre più raramente, e quando infine cambiai scuola non la vidi più. Prima che me ne rendessi conto tutto era tornato ad essere come prima, ed i parenti ora erano fieri di me, perché non ero più lesbica.

All'università studiai il giapponese, mi laureai in scienze politiche e poi mi trasferii a Tokyo. La prima sera che vi trascorsi decisi di voler trovare, per scherzo, una ragazza che si chiamasse Mei. Non ve n'era alcuna, in nessuno dei bar in cui ero entrata, ed un uomo anziano estremamente curioso ma dal volto simpatico, seduto accanto a me con il suo bicchiere di umeshu, mi chiese chi fosse questa ragazza che tanto cercavo. Io gli dissi nessuno, nessuno. Ma lui sorrise e fece: è il nome della ragazza che ami, non è vero? Sì, sì, risposi subito, senza pensieri o rimorsi, e lui annuì, però non mi chiese se fossi lesbica.

  
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