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Autore: scarletredeyes    13/03/2017    1 recensioni
Un tentativo fallito di dichiararsi alla persona che gli piace e Hayden dovrà fare i conti con qualcosa... o meglio qualcuno che prenderà la sua vita mettendola completamente sottosopra.
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Storia nata come one-shot e leggermente ampliata.
Genere: Fluff, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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DEAR FRIEND,

AND THEN THAT HAPPENED...



Sei settimane.

Proprio quel giorno si contavano sei settimane da quando quella follia era iniziata e, come ormai di consuetudine, Hayden se ne stava seduto a gambe incrociate sul pavimento in camera di Dean guardando fuori dalla finestra, mentre aspettava che questo finisse di svolgere gli esercizi che gli aveva assegnato.

Sinceramente non poteva ancora arrivare a concepire di essere durato così tanto, anche se doveva ammetterlo: le cose si erano addolcite e tranquillizzate negli ultimi tempi. Forse perché Dean aveva iniziato a darsi una calmata... o forse perché si era semplicemente e finalmente stufato di comandarlo a bacchetta. Ultimamente, infatti, doveva dire che il suo "padrone" aveva smesso di ricordargli puntualmente del loro accordo e che al contrario aveva imparato come chiedere le cose anche con un minimo di tatto e gentilezza. E nonostante Hayden non si sentisse più né minacciato, né costretto, continuava comunque ad assecondarlo imperterrito senza sapersi dare una motivazione valida.

La verità era che stare a contatto con Dean era un qualcosa di assolutamente nuovo per lui.

Hayden non l'aveva previsto, non l'aveva chiesto né tanto meno lo aveva desiderato, ma suo malgrado si era accorto di aver cominciato a provare tutta una serie di sentimenti estremamente contrastanti fra loro nei confronti di quell'individuo praticamente indescrivibile.

Era da un lato arrabbiato, frustrato e stanco di dovergli correre dietro, ma dall'altro era altrettanto vero che quando stava in sua compagnia – e non importava quanto questo potesse punzecchiarlo e prenderlo in giro – lui stava bene, era sereno e felice. Era come se non aspettasse altro che vederselo piombare davanti pronto a dare ordini, pronto a chiedergli di seguirlo in qualsiasi strambo posto avesse in mente, pronto a chiedergli di aiutarlo a fare una qualsiasi cosa avesse voglia fare. Tutto purché fossero insieme. E allora la rabbia e la costrizione diventavano solo una maschera per celare le sue vere intenzioni, la scusa perfetta per continuare tutto quello.

Forse era dovuto al modo in cui era iniziata la loro frequentazione e alle clausole che ci stavano dietro, ma si era aperto con lui come non aveva fatto praticamente con nessun altro e la cosa gli era risultata anche abbastanza piacevole. Era stato in effetti costretto a raccontarsi, a farlo entrare nei suoi spazi, nella sua vita, a passarci più tempo di quanto non avesse mai dedicato a qualcun altro e soprattutto a doverlo sopportare nei momenti peggiori imparando anche come conviverci. E si poteva tranquillamente dire che anche lui avesse dimostrato al più grande i suoi lati peggiori, specialmente all'inizio, ma nonostante questo entrambi avevano resistito per un mese e mezzo facendosi andare bene uno gli aspetti negativi dell'altro. E Hayden in tutto quel tempo passato a stretto contatto con lui aveva imparato a capirlo, a saperlo prendere per il verso giusto, a non averne paura e ad apprezzare quello che nonostante tutto cercava di offrire. Perché, seppure a modo suo, Dean sapeva essere anche estremamente gentile e a tratti persino premuroso.

E questo lo aveva capito fin da subito, fin dalla prima volta in cui lo aveva visto acconsentire alle sue richieste e rinunciare a umiliarlo pubblicamente. Dean era così. Era inaspettato, faceva sempre la prima cosa che il cervello gli suggeriva e puntualmente era capace di sorprenderlo.

Lo aveva sorpreso non solo al loro primo incontro, ma anche quando gli aveva permesso di entrare nella sua vita a trecentosessanta gradi, proprio a lui che ai suoi occhi non doveva apparire altro se non un perfetto sconosciuto. Poi quando gli aveva rivelato dei suoi progetti per il futuro, o quando gli aveva regalato quel completo che non aveva ancora avuto il coraggio di indossare, quando lo aveva portato a pattinare, quando lo aveva tenuto al telefono per quasi due ore con la scusa di volere un po' di compagnia e quando ormai per qualsiasi cosa si era accorto di come cercasse sempre il suo parere.

Tuttavia Hayden francamente non sapeva per quale motivo Dean continuasse a cercarlo e a contare su di lui se praticamente non c'era niente che glielo imponesse, a differenza sua.

Aveva sempre pensato che sarebbe arrivato il momento in cui il castano lo avrebbe sputtanato davanti a tutti per quello che aveva fatto licenziandolo dal suo ruolo di servo una volta sfinito. Eppure niente di tutto questo era successo, non ancora per lo meno, ma aveva la netta sensazione che quel momento non sarebbe mai arrivato.

Non sapeva spiegarsi come mai, ma sentiva di potersi fidare di Dean. Dopotutto Dean era troppo schietto, troppo diretto, menefreghista e arrogante per mentirgli a quei livelli, non era proprio il tipo che finge di essere ciò che non è o che finge di compiacere gli altri per i suoi scopi, ormai lo conosceva piuttosto bene. Se un giorno si fosse stancato di averlo attorno, lui sarebbe sicuramente stato il primo a saperlo e ad accorgersene.

Hayden era tornato per la prima volta dopo tanto tempo a fidarsi di qualcuno, di un qualcuno tanto stronzo da sapersi approfittare sempre troppo della sua generosità e al quale lui, per colpa di tutte le considerazioni in cui si era perso, non avrebbe mai saputo dire di no.

 

«Ho finito!» esclamò Dean sollevato stiracchiandosi aspettando che cervellone desse il proprio benestare al suo operato.

Hayden però sembrava non averlo minimamente sentito. Se ne stava ancora con la faccia poggiata sul palmo aperto, con lo sguardo perso apparentemente nel vuoto a rimuginare su troppe cose contemporaneamente estraniandosi totalmente da tutto il resto.

Dean si accigliò schiarendosi la gola per attirarne l'attenzione, ma nulla.

«Pronto!?» lo chiamò allora insistendo, non ottenendo comunque alcun risultato. Perplesso inarcò un sopracciglio sporgendosi sul tavolino verso il moro, sedutogli di fronte, guardandolo insistentemente a due millimetri dal viso sperando che si accorgesse della sua presenza. Eppure neanche in questo modo Hayden sembrò ritornare dal mondo delle nuvole.

Stufo di sentirsi ignorato, con noncuranza Dean gli spostò una ciocca di capelli ribelli dietro l'orecchio tornando poi a chiamarlo quasi urlandogli nell'orecchio, tanto che l'altro fece un salto dal pavimento di almeno mezzo metro.

«Ma sei impazzito!?» gli urlò a sua volta contro il ragazzino spaventato.

«Ti ho chiamato con le buone un milione di volte. Stavi dormendo a occhi aperti.» gli fece notare.

«Sì, scusa... sono stanco.» si giustificò lui prendendo subito a visionare il quaderno del compagno.

«Se vuoi mentire almeno impara a farlo per cortesia!» lo riprese questo strappandogli il blocco da sotto al naso, accantonandolo per un momento. «Avanti, cos'è che ti disturba?» chiese poi assumendo un'improbabile posa di ascolto.

«N-niente.» biascicò l'altro sorpreso. Dean versione "gruppo di ascolto" non si poteva proprio vedere.

«Partendo dal fatto che, come sai, queste stronzate da amichetti non sono il mio forte... potresti apprezzare il mio sforzo e dirmi che ti passa per la testa, così ti sfoghi e poi torni il solito rompicoglioni di sempre?» insistette l'altro non smentendosi mai.

«Sono quasi commosso da questo tuo gesto di infinita bontà, ma non c'è niente che non va! E non sono un rompi scatole!» precisò.

«Intanto ho detto rompicoglioni e non rompi scatole, la differenza è tanta. Secondo, invece ti conosco troppo bene per sapere che in quella testolina si sta agitando qualcosa. Fai sempre una faccia da rimbambito quando ti incanti a pensare, la stessa che avevi ora, ergo... se vuoi ti prometto che fingerò di interessarmi per trovare una soluzione ai tuoi problemi.» sentenziò rimanendo in attesa.

Hayden lo guardò negli occhi per qualche secondo, per poi scuotere il capo ridacchiando, mentre Dean tornava ad accigliarsi guardandolo ridere. «Soffri di schizofrenia o di disturbi di bipolarità per caso?» gli chiese preoccupato.

«No!» rispose l'altro ancora col sorriso sulle labbra «È solo che stranamente hai detto una cosa molto carina.»

«Cosa di preciso? Che hai l'aria di un rimbambito quando pensi o che posso sforzarmi di farmene fregare qualcosa dei tuoi problemi?»

Hayden scosse il capo alzando gli occhi al cielo, senza però smettere di sorridere. «Lascia stare!» esclamò infine passandoci sopra.

 

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Dean se ne stava stravaccato sul divano con la faccia annoiata, il telecomando in una mano, il cellulare nell'altra e la televisione in sottofondo che parlava per i muri. Tanto non stava minimamente prestando attenzione né al programma in onda né alla pagina che stava scorrendo sul telefono. La sua mente da un po' di tempo sembrava aver acquisito una propria fisicità indipendente iniziando a operare per i cavoli suoi, senza che a volte lui se ne rendesse conto. Non poteva che essere così altrimenti non si spiegava come mai, arrivato a una certa ora del giorno, iniziasse a pensare a Hayden e a che scuse usare per infastidirlo, per vederlo.

A parte Brandon, si era reso conto che Hayden era stato l'unico individuo al quale aveva permesso di avere accesso a quella parte di lui che invece era ben nascosta ai più. L'unica persona, a parte Brandon, la cui presenza non era un peso o un fastidio e probabilmente l'unica che riusciva a sopportare nonostante gli facesse friggere le palle ogni volta che apriva bocca.

Sì, perché in quei quasi due mesi di frequentazione che erano letteralmente volati, Dean aveva capito molte cose di Hayden che di primo approccio non avrebbe mai pensato.

Primo, aveva appurato il suo essere un genio in qualsiasi cosa e quanto questa caratteristica gli stesse enormemente sulle palle; secondo, aveva però anche constatato che quando si trattava di agire di corpo era un completo disastro: scoordinato, goffo, maldestro e sgraziato oltre il consentito. Poi aveva scoperto che nonostante l'apparenza così timida e impaurita, quando perdeva le staffe o si impuntava su qualcosa non c'erano Santi a tenerlo. Si trasformava letteralmente e sebbene lui vantasse il primato in stronzaggine e testardaggine Hayden in quei frangenti lo batteva senza nemmeno sforzarsi troppo. Aveva una lingua davvero tagliente che a volte era capace di spiazzare completamente persino Dean. Altre volte invece – quando lo si prendeva per il verso giusto o si chiacchierava di cose che gli interessavano particolarmente – si trasformava di nuovo tirando fuori una passione che riusciva quasi a coinvolgerlo. A riposo invece si poteva dire generalmente che probabilmente fosse la persona più gentile, disponibile e caparbia che lui avesse mai conosciuto.

Non scherzava affatto quando si era ripromesso di aiutarlo nella sua impresa di voler vincere la borsa di studio e a costo di litigarci ogni secondo lo aveva bacchettato per bene fino a fargli, finalmente, entrare un briciolo di conoscenza in più in quella testa bacata.

E Dean si era accorto che non lo stava affatto facendo per la storia del ricatto, anche perché il più delle volte lui lo avrebbe rispedito volentieri a casa sua piuttosto che impegnarsi tutti i pomeriggi con materie diverse e una valanga di compiti da fare. Eppure il cervellone si presentava ugualmente, sempre puntuale, pronto a rompergli i coglioni fino allo sfinimento. A detta sua Hayden era davvero l'essere più strano che avesse mai incontrato. Per non parlare poi del fatto che già il solo riuscire a sopportare lui e il suo caratteraccio fosse un qualcosa di estremamente degno di nota.

Quasi inconsciamente estrasse dalla tasca il portafoglio prendendo il biglietto che aveva piegato in quattro con precisione e infilato in uno scompartimento, aprendolo e rileggendolo per l'ennesima volta. Era una cosa che faceva spesso ormai e che si era reso conto fosse diventata una sorta di ossessione quasi morbosa, specie da quando aveva avuto occasione di conoscerne meglio l'autore.

Sapeva perfettamente, nonostante non avrebbe mai trovato il coraggio di ammetterlo neanche a sé stesso, come e perché era nato tutto. Tutto il suo interesse, la sua voglia di tenere segreta quella lettera, la sua voglia di conoscere Hayden e anche quella di tormentarlo.

Tutto era nato da una pura, semplice e violenta invidia nei confronti di quelle parole scritte su una carta scelta appositamente.

Aveva trovato tremendamente ingiusto il fatto che il destino avesse voluto giocare così con lui facendogli trovare per sbaglio nel suo armadietto quel qualcosa che lui desiderava forse da sempre, ma che comunque non avrebbe mai avuto, perché – come fosse stato il più brutto degli scherzi – non gli apparteneva.

Più leggeva e più, parola dopo parola, sentiva il petto stringere; più leggeva e più sentiva crescere l'astio verso quel pezzo di carta che doveva fare la felicità di qualcun altro e non la sua. Più lo leggeva e più si rendeva conto di essere estremamente geloso di quel tipo di sentimento, perché era assolutamente conscio del fatto che probabilmente mai nessuno sarebbe arrivato a fare tanto per lui, a provare qualcosa di simile nei suoi confronti. Nei confronti di una persona così cattiva, altera, arrogante, antipatica e menefreghista. Si era sentito come se gli avessero fatto provare l'ebbrezza di aver vinto il primo premio per poi vederselo sottrarre e farsi piazzare in mano la coppa di consolazione. Tutto per colpa di uno sbaglio.

Forse era insensato, però il contenuto di quel foglio era così bello e sincero che non ce l'aveva fatta a rimanerne impassibile e poi, sapere che lo aveva scritto Hayden per qualcun altro, faceva ancora più male di tutto il resto. Forse, pensava, se al posto del nome Brandon ci fosse stato scritto Dean fin dall'inizio, sarebbe stato tutto decisamente molto più semplice da gestire.

 

-¨-¨-¨-¨-¨-¨-¨-¨-¨-¨-¨-¨-¨-¨-¨-

«Com'è che ultimamente non ti facevi più vedere in giro?» domandò Brandon a Dean stando comodamente spaparanzato sul tappeto a casa del suo amico. «È più di un mese che mi rifili scuse...» brontolò.

L'altro fece spallucce prendendo una patatina dalla ciotola posta sul basso tavolino alla sua sinistra iniziando a premere a intermittenza tutti i tasti del telecomando. «Ero impegnato.» rispose secco.

«Ok... se non me lo vuoi dire non fa niente.» insistette il biondo sperando di smuoverlo a compassione, ottenendo però solo un'occhiata scocciata. Dean odiava quando l'amico faceva così.

«Non è niente di importante.» replicò comunque mentendo «Non avevo molta voglia di fingere che il mondo non mi stesse sulle palle.» borbottò tornando a riempirsi la bocca di snack.

Brandon scoppiò a ridere inarcando un sopracciglio. «Certo che non cambi mai, eh!» lo sfotté scuotendo il capo. Dean sollevò leggermente gli angoli delle labbra senza farsi notare.

Ovvio era che non poteva dirgli che ultimamente la sua vita era stata quasi monopolizzata da un occhialuto cervellone piombato nella sua quotidianità nel più impensabile dei modi. Sarebbe stato costretto a vuotare il sacco su tutta la vicenda e la promessa che aveva fatto a Hayden non era l'unico ostacolo che gli impediva di aprire bocca. Brandon era sul serio l'ultima persona a cui avrebbe voluto far conoscere l'intera situazione e forse anche uno dei tanti altri motivi che lo avevano spinto, ancora agli inizi, a tenere segreto l'intero incidente. Cosa avrebbe fatto lui se, leggendo la lettera, Brandon avesse deciso di cercare il mittente? E se poi lo avesse trovato? Cosa ne sarebbe stato di lui se, alla fine, avesse voluto approfondire la conoscenza con Hayden?

«Comunque sono serio.» riprese il biondo spostando lo sguardo sullo schermo del televisore. «Se c'è qualcosa che non va sai che puoi parlarmene. Ti vedo molto perso ultimamente.» gli fece notare.

Dean per tutta risposta gli lanciò un salatino che andò ad incastrarsi perfettamente in uno dei ricci dorati dell'altro ridacchiando. «Sei diventato anche psicologo ora, Raynolds

Brandon trattenne una risata sfilando il cibo dai capelli. «Vuoi la guerra, Collins

«Figurati! E se poi ti si spezza un'unghia?!» lo provocò tirandogli un'altra patatina, mentre l'altro si alzava dal pavimento andandogli addosso. Riempì anche lui la mano della prima cosa che trovò a disposizione iniziando a "lottare" per cercare di svuotarne il contenuto nella maglia del suo avversario.

«Stai sprecando cibo!» lo riprese Dean difendendosi.

«Ricordami chi è che ha iniziato!»

Dopo cinque minuti di rotolamento sul tappeto Brandon riuscì, con molta fortuna, a inchiodare l'amico al pavimento portando a termine la sua opera, alzandosi in piedi esultando come se avesse appena vinto la Coppa del Mondo.

«Sei veramente uno stronzo!» lo insultò Dean ridendo tirandosi a sedere sul pavimento e scrollando la maglia per liberarsi dalle briciole.

«Che c'è? Brucia la sconfitta?» continuò a sfotterlo l'altro mentre da fuori qualcuno suonava il campanello.

«Pizza!» urlarono entrambi guardandosi in faccia quasi in contemporanea, euforici e affamati.

Dean recuperò il portafogli caduto a terra durante lo "scontro" e si avviò verso la porta per pagare la consegna e ritirare il cibo, mentre invece l'attenzione di Brandon veniva catturata da uno spesso rettangolo di carta ambrata caduto dal portamonete dell'amico.

 

«Sono dodici e quarantotto centesimi.» disse svogliatamente il ragazzo delle consegne esibendo lo scontrino e allungando le confezioni chiuse. Dean pagò quanto richiesto afferrando i tre cartoni extra large e una bustina di plastica con le lattine di coca ringraziando poi anche lui svogliatamente. Chiuse la porta e girò i tacchi per tornare in salotto, bloccandosi sull'uscio quando vide Brandon seduto a terra intento a leggere l'ultima cosa di cui avrebbe dovuto conoscere l'esistenza.

Entrò nella stanza adagiando la consegna sul tavolo restando poi in piedi a scrutare il volto concentrato dell'amico, abbandonando le braccia prive di forze lungo i fianchi.

Si sentì proprio raggelare, bloccare, quasi morire. Il cuore nel petto iniziò a pulsare all'impazzata, totalmente fuori controllo, mentre la salivazione si azzerava del tutto. Non aveva neanche il coraggio di tirare un respiro e fare rumore.

Stava accadendo tutto quello che si era ben premunito di non far succedere in quei quasi due mesi. Che accidenti doveva fare ora? Era sicuro che Hayden lo avrebbe ucciso, se non peggio. Gli aveva dato la sua parola che non avrebbe mai fatto leggere la sua lettera a nessuno, men che meno al destinatario e ora non era riuscito a mantenere la promessa fatta. Un brivido gelido gli corse lungo la schiena. E ora che tutto era venuto alla luce, che ne sarebbe stato del suo rapporto con Hayden? Non avrebbe più potuto ricattarlo, no, non avrebbe più avuto una scusa per obbligarlo a stare con lui. E se lui lo avesse abbandonato una volta libero da quella specie di accordo? O peggio, se non avesse più voluto avere niente a che fare con lui perché non era stato in grado di rispettare i patti? O, peggio di tutti gli scenari che poteva immaginare, se Brandon avesse deciso di portarglielo via? Dopotutto sarebbe stato facile per lui. Hayden ne era innamorato.

Quell'ultimo pensiero lo lasciò completamente scombussolato, quasi frastornato. Perché si stava preoccupando così tanto per Hayden?

Continuava inevitabilmente a fissare Brandon sentendo l'ansia crescere ad ogni secondo che passava.

Niente. Non poteva fare più niente oramai. Non ne aveva il diritto.

Anche se avrebbe voluto strappargli di mano il foglio, non avrebbe potuto. Non era suo, ma al contrario adesso, per la prima volta, si trovava fra le mani del giusto destinatario.

Non poté fare altro che osservare fino alla fine il suo migliore amico divorare quelle parole, così come aveva fatto lui ormai un triliardo di volte restando in disparte.

Brandon abbassò il foglio alzando entrambe le sopracciglia rimanendo per un attimo spiazzato, senza parole. «Wow.» soffiò poi non sapendo come altro definire quanto appena letto. «Cos-... Chi!?» domandò poi al vuoto dando voce alla prima domanda che aveva tormentato per giorni anche Dean.

«Scusami» aggiunse poi guardando l'amico in viso «ma ti dispiacerebbe spiegarmi come mai questa era nel tuo portafoglio?» domandò incredulo, quasi seccato.

Dean abbassò lo sguardo mordendosi l'interno di una guancia. Doveva mentire.

Doveva cercare a tutti i costi di riparare al danno, di aggiustare la situazione.

Doveva proteggere Hayden. Non poteva fare altrimenti.

«Ah sì, me ne ero dimenticato!» sbottò cercando di risultare il più credibile possibile. «L'ho trovata nel mio armadietto, qualcuno deve essersi confuso, sai... il mio e il tuo sono attaccati.» iniziò a blaterare sotto pressione. «L'ho aperta e poi... volevo dartela, ma fra una cosa e l'altra me ne sono completamente dimenticato!» ridacchiò.

«Quando?» domandò il biondo.

«Quando... cosa?»

«Quando l'hai trovata.»

Dean strinse la mascella fingendo di cercare di ricordarsene. «Beh... la settimana scorsa, credo.» mentì. Non poteva certo dire che la conservava da quasi due mesi ormai, anche se da come la carta era usurata a forza di venire dispiegata e ripiegata, non era poi così credibile.

«Capisco.» replicò Brandon meditando.

Seguirono degli attimi di silenzio che Dean non seppe proprio come interpretare. Voleva, per la prima volta, entrare prepotentemente nella testa del suo migliore amico e sapere cosa vi vorticasse dentro. Voleva sapere cosa provasse, cosa avesse intenzione di fare, cosa significasse per lui quel biglietto e se gli aveva dato la stessa importanza che gli aveva dato lui.

«Beh, parecchio sfigato questo tipo... insomma, sbagliare armadietto...» cercò di sdrammatizzare ottenendo però l'effetto contrario.

«Dean! Come puoi dire una cosa così brutta!?» lo accusò l'altro scattando in piedi. «Capisco che possa non fregartene niente, ma almeno abbi un po' di tatto!» poi prese a rigirarsi il foglio fra le mani. «C'era solo questo nell'armadietto?» domandò infine addolcendo leggermente il tono.

«Sì.» annuì Dean mentendo di nuovo.

«Caspita!» imprecò l'altro. «E ora come faccio a sapere chi la manda?» gli domandò aspettandosi seriamente una risposta.

Dean si strinse nelle spalle scuotendo il capo. «Significa davvero così tanto per te?» gli chiese sentendo la gola ostruirsi dolorosamente.

«Sono solo curioso. Cioè... voglio dire... voglio sapere almeno che faccia ha e ringraziarla... o ringraziarlo del pensiero. Insomma, non capita tutti i giorni di ricevere cose così

E Dean lo sapeva bene.

Anche troppo bene.

Quella era stata la sua identica reazione, solo che poi si era aggiunta la delusione, l'incazzatura e tutta una serie di altre cose che lo avevano portato ad incasinare completamente la sua vita.

«Cosa... cosa hai intenzione di fare?» domandò con un filo di voce vedendo il suo migliore amico, piegare di nuovo il foglio riponendolo al sicuro nella tasca dei suoi jeans, portandoglielo via per sempre spedendogli una pugnalata dritta al cuore.

«Qualcosa mi verrà in mente.» sentenziò. «Ora mangiamo però perché sto per morire di fame!» esclamò con un bel sorriso stampato in viso.

Un sorriso che Dean, anche volendosi sforzare, non poteva in alcun modo replicare.

   
 
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