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Autore: Dea Agnesa    13/03/2017    8 recensioni
MALEC.
Alec è un giovane ragazzo di 18 anni, non potrebbe chiedere di meglio perchè si è appena diplomato e non vede l'ora di trascorrere una serena estate con i suoi amici prima di iniziare il college.
Purtroppo non sempre le cose vanno come ci aspettiamo.
A volte un semplice giorno come tanti altri può trasformarsi in un incubo.
Quando tutto cambia, come si comporterà Alec per superare il dolore? chi potrà aiutarlo?
Genere: Mistero, Romantico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Magnus Bane, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Sapeva che quello che stava facendo era molto stupido. Poteva sentire nella sua testa la voce dei suoi amici, come se fossero lì con lui, che gli intimavano di tornare indietro, che quella era solo una trappola. “Ovvio che fosse una trappola”  rispondeva lui, ma cos’altro avrebbe potuto fare, non poteva abbandonare Jonathan, non voleva che anche lui finisse in mezzo a quella storia ed era anche stanco di scappare. Di non sapere chi erano i suoi nemici. Finalmente avrebbe scoperto chi c’era dietro a tutta quella storia. Si sarebbe consegnato, avrebbe fatto quello che gli veniva chiesto. Tutto quello che voleva era che non venisse toccata la sua famiglia e i suoi amici. Per arrivare fino al posto che gli era stato scritto prese la macchina di sua madre, in fondo Maryse diceva sempre che doveva essere usata solo per le emergenze, e quella era un’emergenza. Spense il motore e scese cauto dalla macchina. Si guardò intorno ma non vide niente. La fattoria degli Holton era praticamente un rudere, e in effetti Alec non aveva idea in quale epoca fosse stata davvero una fattoria. A Londra, e soprattutto tra i giovani, tutti conoscevano quel posto perché si diceva fosse infestato dai fantasmi dei coniugi Holton, morti misteriosamente. Parecchi anni addietro lui e Jace, per vincere una scommessa, entrarono nel fienile e scattarono qualche foto. Non videro nulla di strano e niente accadde ma nonostante ciò non vollero avventurarsi dentro la casa.
Alec andò deciso verso i gradini dell’ingresso, era sicuro che chiunque gli avesse mandato il messaggio lo stesse aspettando all’interno. La porta era chiusa ma la maniglia marcia gli  permise di entrare senza forzarla. L’interno era come se lo aspettava. Esattamente come dovrebbe essere una vecchia casa abbandonata. I mobili all’interno erano antichi e il legno era pieno di scheggiature e buchi, probabilmente tutto il mobilio e la casa erano invasi da tarme. Quando fece qualche passo in avanti sentì echeggiare uno scricchiolio da sotto i piedi. Trattenne il respiro sperando che nessuno avesse sentito. O forse il sequestratore sapeva già che lui era lì? La casa, almeno al piano di sotto, sembrava deserta, gli spessi strati di polvere e le ragnatele gli fecero intuire che nessuno era passato da lì. Andò allora verso le scale che portavano al piano superiore. Il secondo gradino era in frantumi, il legno probabilmente aveva ceduto sotto il peso di qualcuno. Alec chiuse gli occhi e respirò profondamente. Quella era la strada giusta. Ad ogni passo cercava di fare meno rumore possibile. Il silenzio era inquietante e fu solo pensiero che Jonathan fosse in pericolo a dargli la forza di andare avanti. Quando arrivò in cima alle scale la prima cosa che pensò era di andare verso l’unica stanza che aveva la porta socchiusa. Se ci fosse stato qualcuno dentro avrebbe potuto sentirne le voci. Camminando accostato al muro arrivò fino a quella porta. Tese l’orecchio ma non sentì niente. Provò a guardare attraverso la fessura. Neppure il sole quel giorno voleva andargli in aiuto. Era ridicolo che in piena estate il cielo fosse completamente coperto da nuvoloni neri. Sembrava quasi che il clima volesse rispecchiare l’attuale stato d’animo del ragazzo. Grigio e pronto a far scoppiare una tempesta.
Non poteva star lì in attesa di essere scoperto, perciò spinse piano la porta che cigolò forte appena Alec la fece muovere. La stanza era completamente vuota e Alec spalancò gli occhi quando a terra, privo di sensi, vide…
    -Jonathan!!- disse Alec fiondandosi a terra vicino a lui. Prese il ragazzo e se lo rigirò tra le braccia. Non sembrava ferito e Alec tirò un sospiro di sollievo.
    - Ehi, Jon…svegliati, dai!- Alec tentava di scuoterlo.
Gli si fermò il cuore quando sentì la porta della stanza, che aveva lasciato aperta, sbattere violentemente. Si girò stringendo più forte l’amico ma non vide nessuno. Poi spostò lo sguardo al balcone che era completamente aperto e ipotizzò che fosse stato il vento a chiudere la porta. In ogni caso se vi era qualcuno in quella casa era impossibile che non avesse sentito il rumore, perciò dovevano andare via alla svelta. Quando si voltò verso l’amico notò con sollievo che aveva aperto gli occhi. Guardò Alec come se avesse visto un fantasma e cercò di allontanarsi dalla sua presa.
    - Alec…co..cosa ci fai tu qui?-
    - Sono venuto a prenderti, dai dobbiamo andarcene!- gli disse Alec ancora in ginocchio a terra cercando di strattonare l’amico per un polso.
    - No no no, devi andartene Alec! Devi andartene!-
Jonathan sembrava sconvolto.
    - Ma che dici?! Andremo via insieme, non ti lascio qui!-
    - No! Non capisci Alec…non capisci…- gli disse Jonathan afferrandolo per il davanti della maglietta – Devi andartene, prima che arrivi…devi…- Jonathan iniziò a singhiozzare.
Alec non era mai stato così sconvolto come in quel momento, si rendeva perfettamente conto che la situazione era rischiosa ma conosceva il suo amico e non era tipo da farsi intimorire da nessuno. Adesso invece era terrorizzato. Di chi aveva così paura?
    - Ok…Jonathan calmati, andrà tutto bene…adesso andiamo via –
    - Noooo!- Jonathan spinse con forza sul petto di Alec il quale cade con il sedere a terra – Devi lasciarmi qui!!-  
Jonathan sbarrò gli occhi, sorpreso dal suo stesso gesto violento, poi strisciò a terra, e  si rannicchiò in un angolo tenendosi la testa fra le mani.
    - J..jon…che sta succendo? ti hanno fatto qualcosa?- chiese Alec avvicinandosi di nuovo verso l’amico.
    - Sta arrivando…non voglio che ti succeda niente…Alec…- Jonathan continuava a piangere e a tenersi la testa – Mi dispiace…mi dispiace…-
    - Non mi succederà niente, non CI succederà niente. Ehi guardami ..- Alec prese il volto dell’amico fra le mani, nonostante cercasse di scansarlo - ..adesso andiamo via, INSIEME! Non mi muovo senza di te!-
Accadde tutto in un attimo. Jonathan ebbe un tremito e chiuse gli occhi. Quando li riaprì le sue pupille erano più dilatate, tanto che i suoi occhi sembravano completamente neri. Alec ci si specchiò rivedendo il suo viso preoccupato perdersi in quelle tenebre. Non seppe perché lo fece ma spostò le mani dal volto dell’amico come se si fosse ustionato. Fu un movimento inconscio, non dettato dalla ragione. Osservò in silenzio Jonathan e seppe che c’era qualcosa che non andava. Non piangeva più e sul viso aveva un lieve sorriso soddisfatto. Aspettò che fosse lui il primo a parlare e quello che disse gli fece fermare il cuore.
    - Alexander…finalmente ci conosciamo –
    - Jonathan, cosa stai dicendo?!- chiese Alec alzandosi di scatto.
Jonathan si alzò a sua volta, con calma e sicurezza, scrollandosi un po' di polvere dai vestiti.
    - Non sai da quanto aspetto questo momento, di poterti parlare e …- Jonathan si avvicinò ad Alec mettendogli una mano sul petto – toccare –
    - Perché parli come se non ci conoscessimo, cosa sta succedendo?- chiese Alec deglutendo
    - Perché non mi conosci Alexander…- rispose Jonathan spostando la sua mano fino al volto di Alec - …il mio nome è Sebastian –
Alec odiava lasciare che quella mano lo toccasse. Eppure si domandava il perché, non era la prima volta che quelle mani si posavano sul suo corpo. Forse tutta quella situazione era troppo per lui…non riusciva a capire cosa avessero fatto al suo amico ma sapeva che doveva portarlo in ospedale, il più lontano possibile da quel posto.
    - Tu sei…Sebastian? Ok senti Jonathan io non so quello che è successo ma adesso dobbiamo andare via non siamo al sicuro qui!-
    - Non ci succederà niente, sei al sicuro con me – gli rispose Jonathan/Sebastian.
    - Chi ti ha rapito potrebbe tornare!!-
 Jonathan/Sebastian scoppiò a ridere. Alec ebbe i brividi nel sentirlo. Era una risata priva di gioia…sembrava quasi fosse non umana, si sentì ridicolo a pensare una cosa del genere.
    - Sei sempre stato così ingenuo, è questo che amo di te Alexander. Questo mi ha colpito la prima volta che ti ho visto. – mentre parlava spingeva Alec verso il muro, finchè non riuscì a inchiodarlo con il suo corpo – I tuoi occhi sono così belli, chiari e limpidi come la tua anima. Non ho mai conosciuto una persona come te. Sei così puro. Mi piacerebbe… sporcarti – l’ultima parola gliela sussurrò nell’orecchio.
    - Jonathan …- Alec lo afferrò dalle spalle – Ti hanno chiaramente drogato, ma vedrai che…-
    - NON-SONO-JONATHAN!!- gli urlò Jonathan/Sebastian, il quale per la foga fece urtare la testa sul muro ad Alec. – Non potrei essere quel pietoso ragazzo. Quel bambino frignone non avrebbe mai fatto quello che ho fatto io!! È un debole…un incapace…ci ha messo due anni a dirti quello che provava per te, due anni di agonia perché a lui bastava solo poterti stare vicino mentre nel bagno si faceva le seghe pensando a te! Un codardo, ecco quello che è!!- disse digrignando i denti per la rabbia.
Alec riuscì a stento ad ascoltare quello che gli stava dicendo, il punto in cui la testa aveva colpito sul muro gli faceva male e la vista per un attimo si era fatta offuscata.
Sembrava che Jonathan/Sebastian non si fosse accorto di nulla perché continuò a parlare.
    - Vuoi sapere dov’è adesso il tuo caro amichetto? Chiuso dentro una stanza, buia…proprio qui – si indicò la testa – Non riesce più ad opporsi – si mise a ridere – Da quando gli hai spezzato il cuore è più facile prendere il sopravvento-
    - Io…- Alec si portò una mano dietro la testa, sentiva i capelli bagnati – Io non capisco…-
    - Sono stato io a rapire tuo fratello, Alexander! Era un piano perfetto, sapevo quanto ci tenessi a lui e io avevo bisogno di qualcosa che ti facesse soffrire in modo tale che sopraffatto dal dolore ti saresti lasciato guarire da me…-
    - Tu…hai rapito Max? ma come hai potuto?- Alec sentiva qualcosa di caldo colargli giù sul collo. Era sangue, la ferita alla testa doveva essere profonda ma quello che poteva fare adesso era cercare di farlo ragionare. I suoi discorsi non avevano alcun senso o forse era la testa che gli girava a rendere tutto surreale?
    - Non mi importava un cazzo di quel moccioso. Ma non l’avrei ucciso, mi serviva vivo. Te lo avrei riportato a casa e tu mi avresti amato per aver ritrovato il tuo fratellino scomparso. Ma Jonathan ha dovuto mettersi in mezzo!! Ha dovuto rovinare tutto consigliandoti di andare da quel detective…quel Magnus Bane…-
    - Jonathan!!!- alzò la voce Alec – tu e questo Sebastian siete la stessa persona, lo vuoi capire o no?? Tu non stai bene, dobbiamo andare in ospedale!-
   - ti sbagli Alexander – gli rispose lui bloccandogli le braccia sopra la testa – Condividiamo lo stesso corpo ma non siamo la stessa persona. – avvicinò con irruenza la sua bocca a quella di Alec e lo baciò. Alec cercò di opporre resistenza ma non aveva forze. Quel bacio non gli trasmetteva nessun sentimento d’amore ma solo possessione, era freddo e irrispettoso. Avrebbe voluto gridare. Con le poche forze che gli restavano riuscì a spingere via il ragazzo. Quello che aveva di fronte non era Jonathan, lui non gli avrebbe mai fatto questo.
    - Che cosa vuoi da me?- gli chiese Alec
    - Alexander è semplice…io voglio te e so che anche tu mi vuoi –
    - Non ti voglio…Sebastian –
    - Io non vorrei arrivare ad usare le maniere forti- gli disse Sebastian togliendosi dalla tasca dei pantaloni un coltello.
    - Non mi farai del male…so che non me ne farai – gli disse Alec
    - Ma certo che no...io ti amo Alexander –
Quelle parole sembravano veleno appena uscite dalla sue labbra. L’unica cosa che poteva fare era farlo parlare il più possibile, sperando che qualcuno lo andasse a cercare. Alec assunse un tono calmo quando gli rispose, nonostante stesse sudando freddo sia per i nervi tesi che per la ferita alla testa.
    - Chi mi ama? Sebastian o Jonathan?-
    - Sai è divertente – gli rispose Sebastian giocherellando con il coltello e facendosi sempre più vicino – Perché questa è l’unica cosa che ci accomuna, anche Jonathan ti ama…ma lui ha perso la sua occasione –
    - A..ancora non riesco a capire…questa cosa di te e Jonathan –
    - Non hai mai sentito parlare del disturbo dissociativo dell’identità?- gli chiese Sebastian sorridendo. Quando Alec negò con la testa continuò a spiegare – Mettiamola così: un bambino viene ripetutamente violentato da un uomo di cui si fidava. Il bambino non riesce ad accettare questo comportamento né a capirlo. Ma è comunque doloroso e terrificante perciò la sua mente conscia rimuove il fatto ma quei terribili ricordi non scompaiono, vengono solo chiusi dentro un cassetto e dimenticati. In questo modo il bambino può andare avanti proteggendosi da quel dolore. Ma quando l’abuso si ripete scatta la difesa dissociativa, emerge una parte nuova di sé che si stacca dalla personalità del bambino, si crea perciò una personalità a sè stante.-
    - Jonathan…lui…è stato violentato?- chiese Alec con un filo di voce.
    - Non sai davvero niente di lui, vero?- si mise a ridere Sebastian – Si…è stato violentato, parecchie volte anche. È stato allora che sono nato io. Lui era un debole, non aveva la forza di affrontare quella situazione.-
    - Che..cosa è successo?- balbettò Alec.
    - Jonathan ti ha mai parlato di nostro padre?-
    - Mi ha detto solo che…i suoi hanno divorziato quando lui era piccolo e non sa chi sia suo padre-
    - Falso. Nostro padre è Valentine Morgenstern, ne hai mai sentito parlare?-
    - No…-
    - Non è molto conosciuto a Londra. Lui è il presidente delle industrie Toyobo ed è anche a capo della Yakuza Giapponese. Quando Jonathan è nato sua madre è morta subito dopo il parto. Valentine non voleva avere un bambino tra i piedi, soprattutto in quegli anni in cui aveva sacrificato tanto per ottenere il potere. Un bambino sarebbe stata l’arma ideale per i suoi nemici se avessero voluto ricattarlo. Per cui non disse a nessuno che era suo figlio e lo affidò ad una governate che gli fece da mamma e un uomo, al suo servizio, che gli fece da papà. Jonathan ebbe un’infanzia felice fino ai 5 anni, non aveva idea che il suo vero padre fosse Valentine. Il finto padre di Jonathan svolgeva bene il suo lavoro, per i soldi si è disposti a fare di tutto, e Valentine lo pagava profumatamente per mantenere quel segreto. Ma più passavano gli anni, più quell’uomo, il falso padre, si sentiva attratto da Jonathan, finchè un giorno non ha resistito all’impulso…sai di cosa sto parlando, no? –
    - Lui…è stato lui ha…-
    - Oh si. La prima volta è successo proprio il giorno del suo quinto compleanno. Avresti dovuto vedere come frignava, cercava di coprirsi il volto con le mani sperando che tutto finisse presto. Non finì perché venne molestato ogni notte per mesi.- Sebastian parlava con una tale freddezza nella voce che ad Alec venne la nausea. – Dopo qualche mese di violenze all’uomo venne assegnato un incarico all’estero da Valentine e si assentò da casa per  due anni, nei quali Jonathan dimenticò l’accaduto, rimuovendolo dalla sua mente. La pace non durò a lungo quando l’uomo ritornò a casa si avventò di nuovo su Jonathan. Quello è stato il momento in cui si è spezzato qualcosa dentro di lui e sono emerso io.-
Alec non osava interromperlo, Sebastian aveva uno sguardo perso e i lineamenti del viso duri e immobili.
    - Sai…quell’uomo…quel porco…si atteggiava a padrone del mondo ma in realtà era patetico e senza spina dorsale. Così ho deciso di farlo sparire. Se non l’avessi fatto io l’avrebbe sicuramente fatto qualcun altro. Ho fatto un favore al mondo eliminandolo. Quella è stata la prima volta in cui ho potuto prendere il comando…ucciderlo è stato semplice, il mio cuore palpitava di gioia mentre aspettavo il momento di tagliargli la gola. Era come guardare un film. Ucciderlo mi ha dato così piacere, Alexander, ero davvero commosso nel guardarlo mentre si contorceva dal dolore sporcandosi del suo sangue…
    - Sebastian…-
    - Dicono che la vita delle persone sia sacra, io non ci trovo nulla di speciale negli altri…sono solo masse di carne e sangue…-
    - Sebastian…- tentò di nuovo Alec.
  Sebastian alzò lo sguardo e lo puntò verso Alec.
     - Tu sei diverso…- disse Sebastian guardandolo con interesse.
     - Lasciami andare, Sebastian –
     - Non è possibile. Tu sei mio adesso…- rispose Sebastian accorciando ancora di più le distanze e alzandogli il viso con la punta del coltello – …e poi non ho ancora finito la storia. Non fu facile per Jonathan accettare di avere me. Lui non voleva uccidere, credeva si potesse vivere in pace e armonia…era peggio di uno schifoso santo, le sue parole sembravano un sermone, predicava sempre il perdono…nostro padre decise di rivelarci la verità, lui sperava che Jonathan potesse essere il suo degno erede, ma scoprì presto che non c’era posto per lui nella famiglia. Portò Jonathan da uno psichiatra, voleva che facesse riemergere me e lui scomparisse, ma non ci riuscì,  non ero abbastanza forte…Jonathan mi impediva di uscire. Sono stati anni difficili per me…riuscivo a prendere il controllo solo per brevi momenti…la cosa davvero bella era che quando emergevo io Jonathan non se ne rendeva conto, aveva perdite di memoria di qualche ora. Sono riuscito a crearmi un legame con nostro padre senza che lui sapesse niente. La mia intelligenza era oltre i limiti e insieme siamo riusciti a creare un prototipo di una nuova sostanza in grado di cancellare la memoria. Quando Jonathan riuscì a capire quello che stavamo facendo scappò di casa insieme alla donna che l’ha cresciuto. Ed è venuto qui a Londra, sperando di crearsi una nuova vita lontano da nostro padre.-
    - Ci è riuscito! Qui ci sono persone che gli vogliono bene…ha degli amici…-
    - Non si è mai creato una nuova vita. Io ho continuato a mantenermi in contatto con nostro padre…è stato lui a far archiviare il caso di tuo fratello a Scotland Yard, lo sapevi? Non voleva che avessi la polizia tra i piedi…io gli ho detto che sarei tornato da lui appena avessi avuto ciò che bramo da tempo –
    - Sebastian non puoi obbligarmi a venire con te…appena avrò la possibilità scapperò. Non puoi davvero volere questo.-
    - Io so che non lo farai. Hai troppe cose da perdere –
    - Di cosa stai parlando?-
 Sebastian lo afferrò da dietro il collo e avvicinò i loro visi. Alec gli appoggiò le sue mani al torace per farlo stare lontano ma stava perdendo sangue, sudava freddo e non riusciva a mantenersi lucido.
    - Di Magnus Bane – gli sussurrò sulle labbra Sebastian.
    - Magnus!- Alec corrugò le sopracciglia e guardò con sfida Sebastian – Cosa gli hai fatto?! Dov’è?-
    - A tokyo, esattamente dove lo hai lasciato. Se n’è occupato il mio paparino. Probabilmente a quest’ora non si ricorderà più di te, nè di nessun altro. Io avrei voluto ucciderlo ma mio padre ha insistito…- fece lui alzando le spalle con disinteresse.
 Alec lo afferrò per la maglietta – Non devi toccarlo, hai capito?!-
Quello che passò negli occhi di Sebastian fu un lampo di odio, le sue narici si dilatarono e gli angoli della bocca si piegarono all’ingiù. Con il coltello provocò un lungo taglio sulla gamba del ragazzo che per il dolore gli cedette e cadde a terra.
    - Mi costringi ad usare la violenza Alexander, perché vuoi farmi diventare cattivo?-
Alec si premeva le mani sulla ferita per fermare il sangue, quel punto gli pulsava di dolore. Poi sentì Sebastian prenderlo di peso e farlo rialzare, appoggiandolo alla parete.
    - Io ti amo Alexander e nessuno può toccarti tranne me. Se farai quello che ti dico ti renderò felice.- lo costrinse ad alzare il volto – Dimmi che mi ami –
    - N..no – rispose Alec
Sebastian lo colpì di nuovo tagliandolo sul braccio. Alec gridò di dolore.
    - Dimmelo –
    - No!-
Un altro taglio lungo il torace. Alec gridava e stringeva gli occhi.
    - Non verrà nessuno a salvarti! Dimmi che mi vuoi! –
    - Non ..ti..vorrò mai –
    - DIMMELO!- lo tagliò sul ventre – Dimmelo!- sull’altro braccio – Dimmelo!- di nuovo sulla gamba. Alec si accasciò a terra, coperto di sangue. I tagli erano profondi e il dolore gli annebbiava i sensi. Puntò gli occhi su quelli di Sebastian e gli disse:
    - Puoi anche uccidermi ma non ti amerò mai. Io amo Magnus, voglio solo lui, solo le sue mani voglio sentire su di me…solo con lui voglio svegliarmi la mattina, condividere la mia giornata…sentire la sua risata e …baciare prima di andare a dormire la sera –
 Prima ancora che Alec potesse cogliere un segno, vide Sebastian affondare la lama del coltello sul suo stomaco. Rimase talmente stupito da quel gesto che per un paio di secondi gli sembrò che il tempo si fosse fermato, non avvertì neppure il dolore. Si trovava solo di fronte al nero di quegli occhi. Tossì e un dolore lancinante lo invase. Anche Sebastian sembrava incredulo di quello che aveva appena fatto, teneva Alec fermo al muro e guardava la lama che gocciolava sangue.
La porta della camera si aprì sbattendo nella parete. Entrambi si girarono a guardare chi era arrivato.
 
 
 
 
Va bene, è stata dura ma ho scritto questo capitolo. Mi ha lasciata con l’ansia per quello che è successo a Jonathan da piccino (porello) e quello che sta succedendo ad Alec…comunque ditemi voi cosa ne pensate. In questo capitolo c’è molta carne al fuoco, perché scopriamo che dietro tutto questo macello c’è Sebastian che altri non è che una personalità dissociata di Jonathan che si è creata nel periodo in cui lui subiva violenze…ho cercato di rendere Sebastian pazzo e malvagio, spero di esserci riuscita. Come sempre per qualsiasi cosa vi invito a lasciarmi una recensione. Il disturbo dissociativo dell’identità è a parer mio uno dei disturbi mentali più affascinante, anche se non ho trovato moltissimo materiale. Vorrei solo dire che in tutto questo Jonathan non ha nessuna colpa, povero cucciolo, è stato solo molto sfortunato nella sua vita. Vabbè…tocca a voi, esprimetevi XD.
  
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